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Elezioni in Umbria. Rifondazione con il PD e con Di Maio

Incredibile ma vero.

«Rifondazione comunista dell'Umbria rispetto alle elezioni regionali condivide pienamente la proposta avanzata dal Movimento 5 Stelle. Abbiamo lavorato da tempo proprio nella direzione oggi individuata da Di Maio all'interno del metodo e dei contenuti de L'Altra Umbria e della coalizione civica, verde e sociale. Siamo disposti a ragionare su come costruire una nuova coalizione politica e di cittadinanza capace di essere includente, ma anche fortemente rinnovata per battere le destre e la Lega in discontinuità con il passato, centrando il programma sulla questione ambientale e sulla emergenza lavoro. Oggi si apre una prospettiva reale che sia sul piano programmatico che sul profilo politico intendiamo esplorare per la svolta necessaria che serve all'Umbria e al Paese». (Dichiarazione del segretario regionale umbro di Rifondazione Comunista, 15 settembre) (1).

IL PRC umbro entra dunque in coalizione (“civica”) con PD e M5S nel nome di Di Maio. Un'enormità impresentabile, la copertura politica del trasformismo.

Il PD umbro, storico partito di potere in regione, è travolto dagli scandali su affarismo, nepotismo, corruzione. Non è in grado di presentarsi come PD, deve nascondersi dietro una lista civica. Di Maio ha lo stesso problema. Il M5S è profondamente logorato sia per l'esperienza di governo nazionale con la Lega sia per l'improvvisa svolta di governo col PD. Meglio dunque riparare in Umbria in una lista civica che lo stesso Di Maio ha proposto e concordato col PD. Una classica operazione trasformista, di segno politico nazionale, non solo locale. La lista civica umbra è infatti un esperimento pilota. È la forma attraverso cui PD e M5S, oggi alleati nel governo nazionale, provano a esportare la propria alleanza su scala locale. Oggi l'Umbria, domani l'Emilia e la Calabria. Il governo Conte bis prova così a rafforzarsi mettendo radici nei territori.

Cosa dovrebbe fare un partito di classe che si dichiara formalmente di opposizione? Denunciare l'operazione trasformista umbra, smascherare il suo vero significato nazionale, spiegare ai lavoratori e alle lavoratrici che occorre costruire un'alternativa di classe a tutto questo. Sarebbe, come si suol dire, il minimo sindacale. I dirigenti di Rifondazione fanno invece esattamente l'opposto. Pur di rientrare nel gioco politico istituzionale umbro, dopo decenni di governo a braccetto del PD regionale, sposano l'operazione di PD e M5S, cioè di Conte. E siccome si vergognano di dire che si accodano a PD e M5S come ultima ruota del carro, si presentano addirittura come battistrada («abbiamo lavorato da tempo proprio nella direzione oggi individuata da Di Maio...»). Chiedono una soluzione «includente» (che in gergo significa “non teneteci fuori, fateci salire a bordo”) ma anche «discontinuità», la stessa parola magica e falsa con cui Zingaretti ha benedetto il Conte bis. Il tutto nel nome, naturalmente, della «svolta necessaria che serve all'Umbria e al Paese».

Interessante quest'ultimo richiamo al “Paese”. Ed anche rivelatore. Se l'alleanza umbra con PD e M5S, sia pure sotto mentite spoglie (coalizione civica) è la strada della possibile “svolta necessaria”, per quale ragione non dovrebbe essere “esplorata” (usano proprio questo termine) su scala nazionale?
Ecco il punto. Qui casca l'asino, come dice un vecchio adagio. Se un partito che si dichiara di opposizione al governo nazionale si intesta un'operazione nazionale che lo rafforza, di quale opposizione stiamo parlando? Anche la logica ha i suoi diritti. E i conti tornano, tutti. Purtroppo.

Prima la rivendicazione insistita in agosto di un governo PD-M5S, poi la richiesta a questo rivolta di “una svolta necessaria”, attraverso una politica di pressione critica e non di opposizione aperta acquistano ora una nuova luce. Non si trattava di uno svarione o di un errore, né si trattava solamente della contropartita offerta in cambio di una legge elettorale proporzionale, che oltretutto PD e M5S non faranno se non con soglie di sbarramento proibitive. Si trattava anche di tenere aperto un canale di relazioni politiche per operazioni come quella umbra. Per provare a rientrare nelle giunte col PD attraverso l'intercessione di Di Maio. Per provare a rientrare a pieno titolo nel nuovo ennesimo “fronte democratico” contro la destra.

È una politica non solo priva di ogni riferimento di classe ma anche irresponsabile dal punto di vista democratico. Perché Salvini e Meloni avranno un argomento in più, e non in meno (e non solo in Umbria), per fare la loro squallida demagogia reazionaria tra i lavoratori contro “il governo dei comunisti” e le coalizioni ammucchiata. Rimuovere l'opposizione di sinistra significa ampliare lo spazio di rivincita della destra.

Ai tanti compagni e compagne di Rifondazione che in questi giorni, spesso con assoluta sincerità, hanno lamentato un presunto eccesso polemico da parte nostra verso il loro partito diciamo con altrettanta sincerità: il vostro avversario non è il PCL, ma la politica disastrosa del vostro gruppo dirigente. Disastrosa per i lavoratori e per i comunisti. E non da oggi.

Anche per questo il Partito Comunista dei Lavoratori sta lavorando alla presentazione elettorale del proprio partito in Umbria, contro mille ostacoli normativi e burocratici. L'opposizione comunista, classista, internazionalista, non può e non deve essere rimossa, né in Umbria né altrove. Tanto meno nel nome di Di Maio e del PD.




(1) Elezioni regionali, Rifondazione comunista dell'Umbria condivide la proposta del M5S
Partito Comunista dei Lavoratori