26 Settembre 2021
L’azione di sciopero generale prevista per l’11 ottobre si pone in un passaggio cruciale dei rapporti di classe. La standing ovation dell’assemblea di Confindustria al Presidente del Consiglio non è casuale. Fotografa la piena identificazione del padronato col governo Draghi. Gli industriali battono cassa su tutta la linea. Il governo li rassicura. Un PNRR che in piena pandemia destina alla sanità l’ultima voce di spesa e che al contempo cancella l’IRAP che finanzia la sanità pubblica è ciò che chiedono i padroni, assieme a nuove detassazioni dei profitti e delle rendite finanziarie, liberalizzazione di appalti e concessioni, innalzamento dell’età pensionabile, revisione peggiorativa del reddito di cittadinanza. Alle burocrazie sindacali si offre un posto a un tavolo già imbandito con menù già prenotato, in cambio di un riconoscimento istituzionale. Le burocrazie sindacali, com’è noto, sono di bocca buona. Padroni e governo lo sanno molto meglio di tanti lavoratori.
In questo quadro le lotte dell’ultima fase nella logistica (FedEx) e nell’industria (GKN) hanno rappresentato un fascio di luce in controtendenza. La lotta di GKN in particolare ha riproposto con chiarezza agli occhi di milioni di salariati la vera linea di demarcazione di classe: quella che contrappone il lavoro al capitale. “Mentre Landini preferiva discutere col governo di green pass, noi siamo qui a manifestare per le ragioni del lavoro e a chiedere attorno a queste uno sciopero generale unitario e di massa”: così si è espresso il coordinatore del collettivo di fabbrica GKN nella giornata della grande manifestazione di Firenze. L’azione di sciopero generale prevista per l’11 ottobre, promosso finalmente in modo unitario dall’insieme del sindacalismo di classe, deve porsi in questa direzione. Condividiamo pienamente la piattaforma unitaria dello sciopero indicata il 13 agosto, perché traccia con chiarezza la linea di classe discriminante, anche sul tema della sicurezza sanitaria, senza ammiccamenti a posizioni antivacciniste o avacciniste.
Per la stessa ragione non condividiamo il punto specifico della risoluzione della assemblea del 19 settembre a Bologna che rivendica il no al green pass. Sappiamo bene che i compagni non hanno posizioni no vax e difendono la vaccinazione di massa, ma proprio per questo troviamo assurda la posizione espressa. Perché senza rivendicare né l’obbligo vaccinale né più in generale la vaccinazione di massa, la parola d’ordine "no green pass" avalla di fatto una posizione antivaccinista. Non conta l’intenzione, conta il significato obiettivo di una formulazione equivoca. Il fatto che altre organizzazioni del sindacalismo di classe, come ad esempio la CUB, assumano la stessa parola d’ordine alla vigilia dell’11 ottobre – fuori dalla piattaforma unitaria concordata – accresce la nostra preoccupazione.
Abbiamo espresso già ampiamente la nostra posizione sul tema della vaccinazione (Opporsi ai padroni e al governo, non alla vaccinazione di massa). Siamo per la massima estensione della vaccinazione di massa come misura di salute pubblica. Il fatto che lo siano anche Draghi e i padroni non cambia nulla. Draghi e i padroni chiedono la vaccinazione di massa per assicurare la continuità della produzione e dei profitti, la stessa ragione per cui in Val Seriana, quando non c’era il vaccino, preferivano morti e contagi alla interruzione produttiva. Ai lavoratori la vaccinazione interessa per la ragione opposta: il proprio diritto alla salute pubblica e alla massima protezione collettiva nei luoghi di lavoro. È la ragione per cui sempre il movimento operaio nella sua storia si è battuto per la vaccinazione di massa e ove necessario per l’obbligo vaccinale, contro le posizioni piccolo-borghesi reazionarie che opponevano la “libertà individuale” alla sicurezza collettiva.
Il green pass è oggi una misura di incentivazione della vaccinazione di massa. È un fatto incontestabile. L’alternativa è o l’opposizione/indifferenza alla vaccinazione di massa o l’obbligo vaccinale. L’indifferenza alla vaccinazione di massa “per non dare sponda alla borghesia” è un non senso. Mostrerebbe una subalternità capovolta nei confronti della borghesia stessa. E regalerebbe a padroni e governo il consenso distorto di quella larga maggioranza dei salariati già vaccinati che giustamente chiede sicurezza. L’obbligo vaccinale è una soluzione in astratto ottimale, e un possibile aggravamento della pandemia può renderlo necessario, ma le sue ricadute sanzionatorie per i non vaccinati sarebbero molto più pesanti del green pass, in termini economici e non solo. Il certificato vaccinale dovrebbe essere comunque esibito in quanto obbligatorio, e la violazione dell’obbligo di legge sarebbe inevitabilmente più grave.
Il green pass è oggi la forma più graduale e progressiva della estensione della vaccinazione. Ciò non significa avallare tutte le sue modalità di gestione, tutte le sanzioni previste (o sanzioni, come la sospensione integrale dello
stipendio), e tanto meno l’uso che i padroni possono farne in situazioni specifiche. I padroni sono sempre padroni, gli abusi vanno contestati e combattuti sul terreno del controllo operaio e sindacale. A maggior ragione va respinta ogni tendenza padronale a coprirsi dietro la vaccinazione di massa per allentare o cancellare le altre misure di sicurezza sanitaria in azienda, spesso strappate da lotte e scioperi. Ma questo è terreno della lotta di classe, non del rifiuto o della indifferenza verso la vaccinazione di massa.
La vaccinazione di massa è decisiva ma non è l’unica forma di contrasto della pandemia. Va raddoppiata la spesa sanitaria pubblica con una patrimoniale del 10% sul 10%. Va espropriata la sanità privata, che investe in borsa i soldi pubblici ricevuti mentre diserta la lotta al Covid. Va rivendicato l’esproprio senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori dell’industria farmaceutica e delle industrie produttrici di vaccino, perché senza una produzione e distribuzione di massa dei vaccini su scala mondiale non sarà possibile venire a capo della pandemia. Sono necessari investimenti pubblici concentrati nella scuola e nei trasporti pubblici, che anche oggi continuano ad essere tagliati per pagare il debito pubblico alle banche e foraggiare interessi privati.
Ma sviluppare questo terreno centrale di contrapposizione anticapitalista non implica l’indifferenza o addirittura l’ostilità alla vaccinazione di massa. Ed anzi il no al green pass rischia di oscurare la centralità della piattaforma classista in fatto di sicurezza sanitaria, a vantaggio obiettivo di padronato e governo.
Ci riserviamo di esprimere e formalizzare la nostra posizione e proposta all’interno dell’Assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi e del Patto d’azione anticapitalista - per il fronte unico di classe, di cui siamo parte, alla prima occasione utile, e di rilanciare la nostra proposta più generale sul terreno della ricomposizione del fronte di classe che la vicenda GKN ha posto di fatto con forza (vedi l’appello Unire la lotta contro i licenziamenti).