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Ucraina. Per il cessate il fuoco immediato e il ritiro delle truppe di aggressione russe

 


Per una giusta pace. Ucraina indipendente e neutrale; riconoscimento della scelta della Crimea di unirsi alla Russia; per il diritto di autodeterminazione del Donbass

22 Aprile 2022
Per una prospettiva socialista in Europa, da Lisbona a Vladivostok

La disastrosa guerra in Ucraina continua con i suoi massacri (decine di migliaia di morti, in primis civili, distruzione di interi città e villaggi, profughi a milioni...), senza interruzione, anzi sembra pronta ad aggravarsi.

La responsabilità maggiore di questa ignobile strage è dell’imperialismo della Russia capitalista degli oligarchi e del suo “neozar” Putin.
Con questo noi non dimentichiamo le provocazioni della NATO e il carattere reazionario e sciovinista dei governi ucraini nati dal movimento reazionario di Maidan e del conseguente colpo di stato del 2014. Per questo abbiamo sempre difeso il diritto della Crimea di riunirsi alla Russia (dopo l’assurdo “regalo” della penisola all’Ucraina da parte di un autocratico Krusciov nel 1954) e quello del popolo del Donbass all’autodeterminazione.
Abbiamo quindi sostenuto il diritto all’autodifesa delle “repubbliche popolari” di Donetsk e Lugansk; nonostante l’ausilio dell’imperialismo russo e il carattere reazionario dei lori governi, in particolare di quello semifascista di Donetsk che, come e più che in Ucraina, ha messo fuori legge le organizzazioni di opposizione che si richiamavano al comunismo e ha assassinato i comandanti dei “battaglioni operai” del 2014.

Nel 2015 a Minsk fu siglato, con cooperazione internazionale, un accordo tra Russia e Ucraina che, pur con molte ambiguità, prevedeva la fine della guerra a bassa intensità, una Ucraina indipendente e neutrale, una struttura autonoma (all’interno dell’Ucraina) per il Donbass e, implicitamente, la non messa in discussione del recupero della Crimea da parte della Russia.
Questo accordo non è stato mai applicato, in primo luogo per responsabilità della NATO e dei governi reazionari di Kiev. Anzi, la NATO ha imposto le sanzioni contro la Russia e la guerra a bassa intensità nel Donbass è continuata, con un bilancio ufficiale, in otto anni, di quattordicimila morti.

Ma l’aggressione putiniana non nasce dalla difesa dei diritti del popolo del Donbass e la fine della guerra locale, caso in cui la nostra posizione sarebbe stata diversa.
Se fosse stato così, la Russia si sarebbe limitata ad inviare apertamente le sue truppe nel Donbass e porle a protezione armata delle due “repubbliche popolari”. Invece è entrato in tutto il paese e ha puntato in primis verso Kiev. Come dicono i nostri coraggiosi compagni russi del Revolyutsionnaya Rabochaya Partiya (Partito Operaio Rivoluzionario) nel loro comunicato del 24 febbraio: «La Russia ha iniziato la guerra con l’Ucraina, nascondendosi ipocritamente e falsamente dietro le sofferenze del popolo lavoratore delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk [...]. Nessun ragionamento sul “contenimento della NATO”, nessuna critica del regime politico ucraino e nessuna altra fesseria geopolitica può giustificare questa strage».

Putin, del resto, ha dichiarato apertamente le sue concezioni e i suoi obiettivi.
Si deve dire che egli ha dichiarato apertamente due guerre. La prima contro l’Ucraina, la seconda contro Lenin e i “comunisti bolscevichi” (come lui li chiama). Per Putin e il suo regime, il popolo ucraino, e anche quello bielorusso, semplicemente non esistono. Sono parti del grande popolo russo e la loro indipendenza è stata un'invenzione di Lenin. Secondo lui Stalin riequilibrò in parte la situazione, ma senza risolvere il problema. Per cui degno erede, a suo giudizio e con paranoia crescente, dello Zar Pietro il Grande, spetta a lui ricomporre, prima di morire, l’unità del popolo russo.

Naturalmente, il popolo ucraino e quello bielorusso non sono un'invenzione di Lenin. Ma è certo che senza la Rivoluzione bolscevica queste due nazioni non sarebbero mai veramente nate; e senza la battaglia di Lenin morente contro Stalin, per garantire il diritto all'eventuale separazione delle repubbliche federate dell’URSS, dopo la crisi di quest’ultima, l’Ucraina e la Bielorussia non avrebbero mai visto il giorno.

Putin ha quindi mandato l’esercito a invadere l’Ucraina per distruggerne l’indipendenza reale e cancellare una delle pochissime conquiste della Rivoluzione d’ottobre ancora esistenti.
Il suo obbiettivo evidente era conquistare rapidamente Kiev, far fuggire o imprigionare Zelensky, sostituirlo con un suo pupazzo (Yanukovich?) e trasformarla in un paese subordinato come la Bielorussia di Lukashenko, passando poi probabilmente a qualche forma ufficiale di federazione.
Putin e la sua cricca pensavano di riuscire nella loro operazione in pochi giorni, contando sul sostegno della parte non solo etnicamente russa, ma in generale russofona della popolazione.
Il rigetto quasi unanime dell'invasione da parte della popolazione e la sua coraggiosa resistenza hanno sconfitto il piano originario di Putin, il quale tuttavia ha tentato di implementarlo con la forza di carri armati, aerei e missili con conseguenti massacri di civili per tutto un mese. Solo allora Putin ha dovuto arrendersi – almeno momentaneamente – alla realtà, ed è passato a un piano meno ambizioso, che tuttavia continua a prospettare, cioè di occupare e staccare dall’Ucraina tutta la cosiddetta Nova Rossia, da Karkhiv al Nord a Odessa al Sud, cioè più della metà del paese. Se ci riuscirà o meno dipenderà dalla capacità della coraggiosa resistenza ucraina. Se il 9 maggio, anniversario della vittoria del 1945, sarà il giorno della verità o meno non ci è certo dato di sapere.
Certamente solo se Putin accettasse di porre termine allo scontro militare e ritirasse le truppe (ad eccezione ovviamente della Crimea e degli oblast di Donetsk e Lugansk) e dichiarasse apertamente di ritornare a chiedere solo l’applicazione degli accordi di Minsk (o una soluzione analoga: autodeterminazione del Donbass, ecc.), la situazione di aggressione russa verrebbe a cessare.

Noi abbiamo sempre affermato, riprendendo le posizioni di Lenin rispetto alla Serbia nella Prima guerra mondiale, che un intervento diretto della NATO o di una sua parte nella guerra (anche solo sul piano dell’aviazione con la no fly zone) ne cambierebbe la natura trasformandola in un vero scontro militare interimperialistico, per cui la difesa dell'indipendenza reale dell’Ucraina diventerebbe una questione subordinata, e noi prenderemmo una posizione intransigente di disfattismo bilaterale.
Vogliamo ora precisare che se Putin e il governo russo fossero costretti a passare all’ipotesi sopra prospettata di limitarsi ad accettare gli accordi di Minsk o soluzione analoga, e il governo ucraino, a causa dello sciovinismo reazionario suo e (purtroppo) della maggioranza della popolazione ucraina in reazione all'aggressione, rifiutasse un tale accordo, magari sotto la pressione della NATO o di USA e Gran Bretagna da soli, cercando di recuperare il Donbass, ugualmente questo cambierebbe la natura della guerra e ci vedrebbe passare su una posizione di disfattismo bilaterale.
Per il momento però non c’è alcun indizio di tale cambiamento, e pertanto noi restiamo sulla posizione di sostegno all’Ucraina, senza alcun appoggio politico al suo governo; paese vittima di un'aggressione imperialista da parte della Russia.

Fermo restando che l’unica garanzia di pace in Europa è lo sviluppo nei suoi vari paesi di rivoluzioni socialiste, che si concludano con la costituzione di una federazione socialista europea, da Lisbona a Vladivostok.

Partito Comunista dei Lavoratori