Pubblichiamo un'intervista di Repubblica a Marco Ferrando, portavoce nazionale del PCL
FERRANDO SU PUTIN E LA GUERRA IN UCRAINA: "IL ROSSOBRUNISMO È REALTÀ INTERNAZIONALE, MALAPIANTA DELLO STALINISMO"
Marco Ferrando, fondatore del trotskista Partito comunista dei lavoratori, creato nel 2006 dopo aver sancito la rottura con Rifondazione comunista, ha alle spalle una lunga stagione di 'eresia' in tema di politica estera. Proprio per aver difeso il diritto degli iracheni alla propria resistenza fu depennato dalle liste elettorali del Prc durante la segretaria di Fausto Bertinotti. Oggi, dice, "anche gli ucraini hanno diritto alla difesa e all'autodeterminazione come popolo, in coerenza con l'insegnamento di Lenin".
Nell'area della sinistra radicale, i 'rossobruni' che invece difendono le ragioni della Russia esistono davvero? O sono una invenzione, o montatura, giornalistica?
"Il rossobrunismo è una realtà internazionale, che è esistito in Russia attorno all'esperienza di Limonov, esiste in Ucraina ai vertici delle repubbliche popolari soprattutto del Donbass, con Donetsk che mette fuorilegge cinque organizzazioni di sinistra, e anche di Lugansk. In Italia abbiamo il Partito comunista di Marco Rizzo, o ad esempio Patria socialista".
Che origine ha?
"È un prodotto ibrido di tante cose diverse: l'arretramento generale del mondo operaio, ma pure un effetto di rimbalzo dell'avversione al capitalismo e all'imperialismo".
Ma ritiene il rossobrunismo un fenomeno isolato, marginale, nella galassia della sinistra-sinistra?
"In termine organici è limitato, però la fascinazione culturale ha un bacino più esteso, ha una influenza indiretta che si esprime anche attraverso una sottovalutazione o una simpatia latente del putinismo. Rimuovendo le ragioni pubbliche della sua guerra: Putin in Russia l'ha presentato come un conflitto anticomunista, contro i bolscevichi, è curioso che oggi un comunista possa appoggiarla".
Però Putin ha anche parlato di 'denazificare' l'Ucraina, il che forse richiama antichi miti a sinistra.
"La costruzione rossubruna pesca nella grande guerra patriottica, ma quella è la rivendicazione dell'Urss come grande potenza, non come paese socialista. Poi certo che i nazisti in Ucraina ci sono, certo che il nazionalismo ucraino esiste, ma nello sciovinismo russo vediamo fenomeni simili, penso ad esempio a Dugin che rivendica la morte agli ucraini. Dopodiché aggiungo a scanso di equivoci che siamo per i diritti di autodeterminazione delle popolazioni russofile del Donbass, ma come lo si esercita questo diritto con delle truppe di occupazione in casa propria?".
Lei come definirebbe Putin?
"Un Bonaparte reazionario ai vertici di un apparato statale verticalizzato, capo di una grande borghesia erede della grande burocrazia staliniana, che ha dato vita a un gruppo monopolistico e capitalistico enorme: le prime 15 imprese del Paese hanno in mano il 51 per cento del Pil".
La Russia è uno stato imperialista?
"Lo è come per noi lo è la Cina, con la differenza che la seconda ha in corso uno sviluppo economico enorme, e può ambire a sottrarre l'egemonia mondiale agli Stati Uniti. La Russia è meno solida sul piano economica ma eredita una forza militare estesa che ora sta utilizzando con una politica neozarista. Sarà pure vero che la Russia vuole contenere la Nato ma allo stesso tempo cerca di inserirsi nelle debolezze degli Usa, non solo in senso difensivo, ma attivamente in mezzo mondo, penso alle milizie Wagner in giro per il mondo".
Cosa ne pensa dello slogan 'né con Putin né con la Nato' di Rifondazione?
"È anche uno dei nostri slogan, ma non il solo. Russia e Nato si contendono il controllo imperialistico dell'Ucraina, seppur con metodi diversi, per noi quindi il né-né significa contrapposizione al potere capitalistico su entrambi i fronti. Non abbiamo nulla a che spartire al Pd e ai partiti borghesi che oggi rivendicano il riarmo, le politiche di guerra e il maccartismo. Né siamo a favore delle sanzioni perché sono un meccanismo di guerra all'interno di questo imperialismo che poi ricade soprattutto sulle popolazioni".
Però l'invasione oggi è russa, la guerra è scatenata da Putin. Perché non limitarsi a prendere le distanze dalla Russia?
"Perché la Nato in mezzo c'è, le politiche del Fmi in Ucraina che hanno tagliato le spese sociali sono quelle di oppressione imperialistica occidentale. Se poi si aprisse un confronto aperto tra Nato e Russia, noi ci sposteremmo in una posizione di disfattismo bilaterale".
Gli ucraini, per voi, cosa possono fare?
"L'Ucraina è una nazione che ha subito un'oppressione prima zarista e poi staliniana, per noi è del tutto naturale la propria difesa, il principio di autodeterminazione non è in discussione ed è coerente con la nostra storia politica. Un diritto che difendiamo indipendentemente dal governo Zelensky, del quale siamo in opposizione, ma un principio è un principio".
Questo sostegno lo si può esprimere anche attraverso l'invio di armi?
"La resistenza è tale se ha a disposizione delle armi, la mitologia assolutista della non violenza si pone al di fuori della realtà e della lotta tra oppressi e oppressori. C'è un invio funzionale che si fa affinché l'Ucraina passi dall'influenza dell'imperialismo occidentale a quello russo, ma la Resistenza ha diritto a utilizzare ogni arma difensiva possibile. Poi ricordiamo che se ostacoli i bombardamenti o i carri armati le vite le salvi. In Parlamento voteremmo no all'invio di armamenti, però il diritto a usarle c'è tutto".
In Russia invece i comunisti come si stanno posizionando?
"Come PCL abbiamo un'organizzazione di riferimento, il Partito operaio rivoluzionario russo, che ha invitato a scioperare contro la guerra e ha tenuto una propria manifestazione a Mosca in occasione della fondazione dell'Armata rossa poco prima dell'inizio del conflitto. Viceversa il Partito comunista di Zjuganov ha votato i crediti di guerra e le misure restrittive in corso, inoltre ha espulso propri dirigenti che erano critici rispetto all'appoggio della guerra".
Da buon trotskista, lei direbbe - immagino - che alla fine il problema è sempre lo stalinismo.
"Se si pensa al rossobrunismo, sicuramente si sviluppa come malapianta dal ceppo dello stalinismo e tutte le tendenze di questo tipo hanno il mito di Stalin. Storicamente comunque Lenin rivendicava il principio di autodeterminazione, anche eventualmente come separazione, dei popoli dell'Unione sovietica. Contrariamente a Stalin. Noi oggi pensiamo che 'se vuoi la pace prepara la rivoluzione', una citazione di Karl Liebknecht, nel senso che la rivoluzione il rovesciamento del capitalismo è la condizione di una pace durevole e giusta".