Centocinquanta manifestazioni in tutta la Francia, grande corteo a Parigi. Una giornata nazionale di sciopero intercategoriale convocata da CGT, Force Ouvrière, Solidaires. 500000 lavoratori nelle piazze su scala nazionale secondo le cifre fornite dal sindacato CGT. Non è ancora una marea travolgente ma è più di un'azione sindacale ordinaria.
L'impulso all'azione di lotta viene dal basso. Da tre settimane gli operai delle raffinerie della Total sono in sciopero con i picchetti all'entrata per chiedere un forte aumento salariale. La Total nei primi sei mesi del 2022 ha accumulato 10 miliardi di profitti netti. L'inflazione in Francia, poco più bassa che in Italia, sta mangiando il potere d'acquisto. Gli operai della Total chiedono semplicemente di redistribuire i profitti. La Total prima ha opposto un rifiuto, poi ha offerto un aumento del 7%. La CFDT ha accettato, la CGT lo ha respinto perché «assolutamente inadeguato». A questo punto gli scioperi si sono estesi alle altre raffinerie con richieste analoghe, bloccando il rifornimento di benzina in larga parte del paese. Il governo è intervenuto precettando i lavoratori in sciopero. Il risultato è che lo sciopero si è esteso, combinando le rivendicazioni salariali con la difesa del diritto di sciopero. Il tutto alla vigilia del passaggio parlamentare della legge di bilancio, dove un governo privo di una maggioranza parlamentare ha evocato l'utilizzo dell'articolo 49 della Costituzione della Quinta Repubblica: quello che consente al governo di varare una legge senza il voto dell'aula parlamentare, a meno di essere sottoposto a un voto di sfiducia. L'impossibile convergenza parlamentare di NUPES e RN di Marine Le Pen è usata da Macron per affondare il colpo. Sarebbe la prima volta nella storia della Francia che l'articolo 49 viene applicato sulla legge nazionale di bilancio.
In questo quadro generale la burocrazia sindacale di CGT è stata indotta a proclamare una giornata nazionale di sciopero. Il suo obiettivo è duplice: rimontare il sorpasso della CFDT nelle recenti elezioni sindacali, consolidare la propria direzione sul movimento di sciopero per evitare dinamiche fuori controllo. A ciò si aggiunge la “concorrenza” d'immagine con la France Insoumise di Mélenchon, che cerca di intestarsi la rappresentanza politico-elettorale degli scioperi nel nome della creazione di un fronte popolare che unisca tutte le componenti del popolo francese. Un approccio populista e interclassista. Mentre il Partito Comunista Francese si allinea alla burocrazia CGT, di cui è parte, contro «abusive interferenze politiche». Tanto per dare l'idea delle contraddizioni che attraversano la NUPES francese.
Vedremo gli sviluppi della situazione. I marxisti rivoluzionari francesi hanno un ruolo importante nell'avanguardia, e spingono alla generalizzazione del conflitto. I ferrovieri, gli infermieri, gli insegnanti, l'intero settore energetico, diverse aziende industriali, hanno ieri scioperato a fianco dei lavoratori delle raffinerie. Non solo in segno di solidarietà, ma rivendicando un aumento generale dei salari di almeno il 10% (7% per il recupero sull'inflazione e 3% per la redistribuzione dei profitti) e un salario minimo intercategoriale di 2000 euro.
Certo è che dopo l'ascesa degli scioperi operai per rivendicazioni salariali, in Gran Bretagna, in Belgio, negli Stati Uniti, è venuto il momento della Francia. Non è il momento migliore per Macron, che in questo clima ha annunciato il ritorno alla carica per l'aumento dell'età pensionabile. Una prova di forza che si annuncia durissima.
Tutto il movimento operaio italiano deve dare solidarietà al proletariato francese e alla sua lotta. Di certo lo fa il nostro partito. La migliore azione di solidarietà è quella di fare come in Francia, come in Gran Bretagna, come in Belgio, come negli Stati Uniti, rompendo finalmente la lunga pace sociale che la burocrazia CGIL ha garantito ai padroni e ai governi italiani.
Per un forte aumento salariale unificante di 300 euro netti, la scala mobile dei salari, il blocco immediato delle bollette e dei prezzi alimentari. Per una lotta generale che vada sino in fondo. Non per un fronte popolare interclassista, ma per un governo dei lavoratori e delle lavoratrici.