Contro l’avvio dei lavori per la realizzazione del gasdotto Azerbaigian–Italia si era prodotta una grande mobilitazione. Da Melendugno era partito un segnale chiaro contro l’ennesima grande opera calata dall’alto, cioè dai tiranni del sistema capitalistico, e carica di effetti devastanti su territorio e società.
Ovviamente nella protesta si collocavano molteplice spinte, alcune delle quali confuse e interclassiste.
L’aspirante premier Di Maio giurò e spergiurò che la TAP non si sarebbe mai fatta. Solo qualche mese dopo, la resa dei conti è quella di Giuseppe Conte pronto a stravolgere il solenne impegno di Di Maio dietro il ricatto di una penale plurimilionaria da versare ai soggetti beneficiari della grande opera in caso di una sua mancata realizzazione. Goffa e ridicola la giustificazione con la quale Di Maio ha cercato di giustificare l’ennesimo voltafaccia dei 5 Stelle. Il giovane virgulto pentastellato è caduto nel ridicolo allorquando ha dichiarato di ignorare l’esistenza di penali in caso di mancata realizzazione di opere pubbliche.
In realtà, messi alla prova dai fatti, i 5 Stelle, anche sulla TAP, hanno fatto una precisa scelta di campo, cinica e sfrontata, calpestando le aspettative di decine di migliaia di attivisti mobilitati per difendere ambiente e territorio e non piegarsi servilmente ai diktat di multinazionali, grandi costruttori e speculatori.
Nel giro di pochi mesi emerge un ineguagliabile campionario ci cialtronerie e meschinità.
Dopo avere costruito una maschera di “amici del popolo” con l’elemosina del reddito di cittadinanza e, proprio in Puglia, con la rivendicazione del ruolo di salvatori dell’Ilva, la foglia di fico (sic) non copre più nulla.
La Caporetto sulla TAP, la precarizzazione sistematica prodotta dal reddito di cittadinanza, le ambiguità sui costi del risanamento dell’Ilva, la loro tempistica, la loro modalità di controllo e le garanzie istituzionali non lasciano più dubbi.
I contorsionismi di Di Maio si sviluppano tutti dentro una cornice di totale subalternità ai padroni del vapore.
I problemi posti dal movimento No TAP, che il PCL sostiene nel massimo della chiarezza, ci dicono che di fronte alla catastrofe causata da un sistema produttivo putrescente, la risposta non può essere costituita da demagogie e populismi.
Il movimento dei lavoratori deve assumere su se stesso il complesso di questi problemi, che sono risolvibili solo con una rottura rivoluzionaria del presente e un’alternativa socialista.
Il PCL lavora con tenacia per questo sbocco.
Ovviamente nella protesta si collocavano molteplice spinte, alcune delle quali confuse e interclassiste.
L’aspirante premier Di Maio giurò e spergiurò che la TAP non si sarebbe mai fatta. Solo qualche mese dopo, la resa dei conti è quella di Giuseppe Conte pronto a stravolgere il solenne impegno di Di Maio dietro il ricatto di una penale plurimilionaria da versare ai soggetti beneficiari della grande opera in caso di una sua mancata realizzazione. Goffa e ridicola la giustificazione con la quale Di Maio ha cercato di giustificare l’ennesimo voltafaccia dei 5 Stelle. Il giovane virgulto pentastellato è caduto nel ridicolo allorquando ha dichiarato di ignorare l’esistenza di penali in caso di mancata realizzazione di opere pubbliche.
In realtà, messi alla prova dai fatti, i 5 Stelle, anche sulla TAP, hanno fatto una precisa scelta di campo, cinica e sfrontata, calpestando le aspettative di decine di migliaia di attivisti mobilitati per difendere ambiente e territorio e non piegarsi servilmente ai diktat di multinazionali, grandi costruttori e speculatori.
Nel giro di pochi mesi emerge un ineguagliabile campionario ci cialtronerie e meschinità.
Dopo avere costruito una maschera di “amici del popolo” con l’elemosina del reddito di cittadinanza e, proprio in Puglia, con la rivendicazione del ruolo di salvatori dell’Ilva, la foglia di fico (sic) non copre più nulla.
La Caporetto sulla TAP, la precarizzazione sistematica prodotta dal reddito di cittadinanza, le ambiguità sui costi del risanamento dell’Ilva, la loro tempistica, la loro modalità di controllo e le garanzie istituzionali non lasciano più dubbi.
I contorsionismi di Di Maio si sviluppano tutti dentro una cornice di totale subalternità ai padroni del vapore.
I problemi posti dal movimento No TAP, che il PCL sostiene nel massimo della chiarezza, ci dicono che di fronte alla catastrofe causata da un sistema produttivo putrescente, la risposta non può essere costituita da demagogie e populismi.
Il movimento dei lavoratori deve assumere su se stesso il complesso di questi problemi, che sono risolvibili solo con una rottura rivoluzionaria del presente e un’alternativa socialista.
Il PCL lavora con tenacia per questo sbocco.