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Il PRC torna al governo... in Spagna

Non bastava l'esperienza dei governi di centrosinistra in Italia, di Tsipras in Grecia, di Costa in Portogallo. La sinistra cosiddetta radicale ha sposato l'ennesimo governo borghese in terra di Spagna: il governo del PSOE (Sanchez) appoggiato da Unidos Podemos.


FERRERO E ACERBO TORNANO AL GOVERNO

«La manovra del popolo la fanno in Spagna», esulta Maurizio Acerbo, segretario del Partito della Rifondazione Comunista, reduce dal naufragio dell'ultima avventura di Potere al Popolo. E cita le meraviglie della legge di stabilità del governo socialdemocratico presentandole come fatto epocale: l'aumento delle tasse per i ricchi, una patrimoniale, l'aumento del salario minimo. In realtà si tratta di misure molto modeste: la patrimoniale ha una portata irrisoria, il 99% delle imprese vede inalterato il prelievo fiscale, l'aumento del salario minimo si riduce a superare di 50 euro quanto già pattuito da sindacati e padronato. Ma soprattutto restano intatte le controriforme sociali realizzate negli ultimi trent'anni da tutti i governi, da Gonzalez ad Aznar, da Zapatero a Rajoy: le peggiori leggi di precarizzazione del lavoro in Europa, i tagli draconiani alla sanità e alla scuola, la controriforma delle pensioni, le politiche anti-immigrati (inclusi i respingimenti militari di Ceuta e Melilla). Siamo alla semplice manutenzione “progressista” del vecchio lascito dell'austerità e della reazione. Mentre Sanchez annuncia l'ennesima iniziativa politica e giudiziaria contro il Parlamento della Catalogna per aver “delegittimato” la Monarchia spagnola. Sarebbe questo il governo della svolta storica di cui parla Acerbo?

La verità è che il PSOE ha concesso a Podemos una foglia di fico per inglobarlo nella maggioranza di governo del capitalismo spagnolo. La capitolazione di Unidos Podemos è clamorosa. Il programma di Podemos del febbraio 2016 rivendicava un programma di riforme sociali per 96 miliardi di spesa, combinato con la “sfida” ai parametri dell'Unione. La legge di bilancio che Podemos ha votato è di 5 miliardi (anche proiettandola sulla legislatura, più o meno un quinto di quanto rivendicato due anni fa), e soprattutto si muove in un quadro concordato con la Commissione Europea, che ha dato la sua benedizione. Non a caso El Pais, il principale giornale borghese spagnolo, plaude apertamente alla svolta di Podemos: «Da Puerta del Sol alla Moncloa, la svolta di Podemos verso la socialdemocrazia» titola trionfante (14 ottobre). A parte il termine improprio di «svolta», una descrizione perfetta. Tanto più che ora Iglesias, ingolosito, chiede apertamente i ministeri: «il nostro voto a favore della legge di stabilità è il preannuncio di un governo di coalizione» (El Pais, 13 ottobre).

Dunque il PRC “torna al governo”. Non in Italia, perché qui ha già bruciato, col ministro Paolo Ferrero, il proprio capitale di credibilità votando la più grande riduzione delle tasse sui profitti degli ultimi trent'anni (Ires dal 34% al 27,5%)... ma in Spagna, per interposto Podemos. Tramontata la stella di Tsipras (col quale il PRC si guarda bene dal rompere), sale la stella di Iglesias. Al punto che Maurizio Acerbo indica proprio Podemos come la nuova bussola per la sinistra italiana: “anche in Italia va costruita una sinistra popolare come quella spagnola”, capace cioè di negoziare ministeri in cambio delle lenticchie.
A questo si riduce la rifondazione comunista.


ANCHE POTERE AL POPOLO SUL CARRO DI PODEMOS? 

Ma se il PRC festeggia, cosa ne pensa PaP?

Insieme hanno firmato con Podemos, France Insoumise, (Mélenchon), Bloco de Esquerda portoghese un appello politico per le elezioni europee. La compagnia è francamente un po' imbarazzante per una formazione che si proclama alternativa. Mélenchon – ex ministro del secondo governo Jospin - rifiuta la bandiera rossa nel nome del tricolore di Francia, e le sue posture scioviniste lo spingono addirittura a respingere una petizione democratica per l'accoglienza dei migranti. Podemos sventola la bandiera spagnola dagli scranni della maggioranza di governo col PSOE. Il Bloco già siede nella maggioranza di governo della socialdemocrazia portoghese, che ha tagliato del 30% gli investimenti pubblici nell'ultima legge di stabilità per rispettare i parametri della UE.

Ma PaP non aveva detto che avrebbe fatto «tutto al contrario»? Si può evocare ogni giorno la retorica della ribellione e poi accodarsi, come ultima ruota, alle sinistre di governo in Europa?

Ciò che emerge alla luce del sole è l'eterna attrazione della sinistra riformista per il governo della società capitalista. Del resto, se il programma si limita all'antiliberismo, una coperta adatta per ogni stagione; se non si vuol rompere con la società borghese, magari nel nome del mutualismo, allora si finisce fatalmente, prima o poi, nella lista d'attesa dei governi del capitale. Poi ci si può bastonare su uno statuto interno, cioè sul controllo dell'organizzazione, dopo aver decantato la democrazia del "popolo" e la vittoria del nuovo contro il vecchio... Ma in realtà si percorre esattamente la vecchia via del riformismo, già battuta e fallita infinite volte in tutte le possibili confezioni.

Quanto a noi, che a differenza di altri non abbiamo creduto alle fiabe, continueremo a batterci in direzione ostinata e contraria per una prospettiva anticapitalista e comunista. Al fianco dei marxisti rivoluzionari di Spagna (Izquierda Anticapitalista Revolucionaria e Corriente Revolucionaria de Trabajadores), oggi all'opposizione del governo PSOE-Podemos, e dei marxisti rivoluzionari conseguenti di tutta Europa.
Partito Comunista dei Lavoratori