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Immunità di capitale

L'altra faccia della pandemia

25 Maggio 2020
La crisi colpisce alcuni settori capitalistici e ne favorisce altri. Nel primo come nel secondo caso, i padroni sanno solo chiedere soldi
La grande crisi mondiale innescata dalla pandemia ha fatto la fortuna di alcuni settori capitalistici. I dati globali trimestrali sono chiarissimi. I grandi gruppi del Web hanno aumentato i propri ricavi del 17,4% e gli utili netti del 14,9%. La grande distribuzione rispettivamente del 9,1% e del 34,8%. Il settore farmaceutico del 6,1% e del 20,5%. L'elettronica del 4,5% e del 10%. L'industria alimentare del 2% (non sono riportati gli utili). Ovviamente i relativi comparti italiani hanno seguito il flusso. Miliardi a palate. Eppure sono anch'essi beneficiari del taglio di 4 miliardi dell'IRAP, sottratti alla sanità pubblica. E anch'essi ovviamente chiedono l'azzeramento totale dell'IRAP (12 miliardi) più un nuovo ribasso dell'IRES, la tassa sui profitti, già portata in tredici anni dal 34,5% al 20%. La favola del soccorso alle imprese in crisi in questo caso non regge.

In compenso, nonostante i profitti d'oro e i soldi presi dalla sanità, i capitalisti “beneficiati” approfittano spesso del paravento dell'emergenza per abbassare i “costi” del personale scaricandolo sulle casse pubbliche. È il caso di Carrefour, che sta facendo incassi alle stelle ma ha mandato 4472 dipendenti in cassa in deroga. Oppure di ArcelorMittal, che ha fatto operazione analoga con i propri lavoratori mentre si prepara ad abbandonare gli stabilimenti italiani dopo aver incassato tutto quello che c'era da incassare.
Poi troviamo anche altri casi, formalmente opposti, ma nei fatti analoghi: come quello di Jabil, che nel suo stabilimento di Marcianise rifiuta di ricorrere ad altre settimane di cassa per passare direttamente al licenziamento degli operai, nonostante il blocco dei licenziamenti formalmente in vigore. Oppure la Novolegno, che approfitta della pandemia per gettare su una strada i suoi lavoratori campani, nel mentre aumenta la produzione nel suo stabilimento friulano.

Non si tratta di casi. Si tratta di un sistema economico fondato sulla rapina. I profitti sono privati, le risorse di cui beneficiano sono pubbliche. Dunque sono pagate dagli stessi che col proprio lavoro mantengono chi li sfrutta. Ciò vale anche, come si vede, quando i profitti procedono a gonfie vele. A maggior ragione se poi subentra la crisi vera, come nel caso dell'automobile. FCA batte cassa per 6,5 miliardi, coperti da garanzie pubbliche a favore della banca che elargisce il prestito. E la stampa di sua proprietà rivendica il suo diritto a pagare le tasse a chi vuole (Olanda) e a distribuire un utile di oltre 5 miliardi agli azionisti. Un impegno “scolpito su pietra”, dichiara il giovane Agnelli. Come scolpiti su pietra sono stati gli impegni che tutti i governi hanno preso da un secolo a oggi per riempire il portafoglio della FIAT. Stessa storia per i Benetton, che controllano Atlantia, che controlla Autostrade. La quale oggi rivendica i miliardi “dovuti” del sostegno pubblico con la stessa naturalezza con cui li ha intascati per vent'anni.
Del resto, così fan tutti. La Germania versa dieci miliardi agli azionisti di Lufthansa, la Francia mette cinque miliardi nel portafoglio della Renault...

La conclusione è semplice. Altro che dimostrare scandalo per la rivendicazione comunista dell'esproprio del capitale! La nazionalizzazione delle grandi aziende sotto controllo dei lavoratori e senza indennizzo per i grandi azionisti significa semplicemente riprendersi ciò che i lavoratori hanno già pagato con decenni di regalie pubbliche e di sfruttamento. L'esproprio vero è quello che si compie ogni giorno ai loro danni da parte dei capitalisti. Solo una rivoluzione cambia le cose.
Partito Comunista dei Lavoratori