♠ in banche,Bertinotti,CEOE,governo,Iglesias,Indignados,Marocco,migranti,patto della Moncloa,Podemos,Sanchez,Spagna,Tsipras,Yolanda Diaz at 15:02
16 Maggio 2020
Bertinotti, Tsipras, Iglesias... tutti interpreti dello stesso spartito: prima l'opposizione in funzione del governo, poi al governo da maggiordomi dei padroni
Il governo spagnolo Sanchez-Iglesias (PSOE-Unidas Podemos) ha appena varato una politica economica fotocopia, nella sua impostazione di fondo, delle misure varate dal governo Conte. Decine di miliardi di risorse pubbliche messe a garanzia delle banche private (Banco Santander, Caixa Bank, Sabadell, Bankia, BBVA) come copertura dei crediti alle imprese. Le stesse politiche di sostegno al capitale finanziario di tutti i governi capitalisti, ad ogni latitudine del mondo, e indipendentemente dal colore politico, liberalprogressista o reazionario. Ma con alcune particolarità rilevanti.
La prima particolarità spagnola è che questa politica capitalista viene inquadrata in un grande patto di unità nazionale, sociale e politico. La Confindustria spagnola (CEOE) e la burocrazia sindacale hanno siglato in pompa magna quello che viene definito "il secondo patto della Moncloa", con riferimento al patto siglato dopo la caduta di Franco per la gestione della transizione. Un patto che sul piano politico oggi si allarga al partito di destra liberale Ciudadanos, che ha offerto in Parlamento i suoi voti. Si chiamano fuori dal patto solo il Partito Popolare di Casado, con divisioni interne, e i fascisti di Vox.
La seconda particolarità è che al governo siedono i ministri di Podemos, con ruoli rilevanti. Pablo Iglesias è il Vicepresidente del Consiglio, Yolanda Diaz è ministra del Lavoro, più i ministri di Ambiente e Turismo (Garzon). Come si vede, un coinvolgimento ben più più impegnativo di quello, disastroso, del PRC nell'ultimo governo Prodi. Una collaborazione di classe a pieni polmoni e in piena regola, con tanto di incenso istituzionale.
Tanti sono i risvolti concreti di questa compromissione. Valga per tutti la politica di espulsione dei migranti “irregolari”grazie agli accordi col governo reazionario del Marocco, o nel caso degli sbarchi alle Canarie, coi governi africani (in cambio di soldi). Oppure, tanto per stare in tema, il diritto di sfruttamento a tempo dei minori clandestini presso le imprese spagnole, senza alcuna regolarizzazione a conclusione del contratto. Oppure il mantenimento della legislazione del lavoro dei precedenti governi del PP, salvo alcuni modesti aggiustamenti.
Ma forse ciò che meglio illustra la natura del ministerialismo di Podemos è un'intervista oggi concessa a El Pais dalla ministra del lavoro Yolanda Diaz.
L'intervistatore chiede: «In un momento di tensione politica fortissima voi fate un accordo con il padronato. Come è possibile?».
«È ciò che chiede la società, e le parti sociali l'hanno capito» risponde la ministra.
«È compatibile la sua visione con quella di Nadia Calvino [ministra dell'Economia, pupillo del padronato]?» chiede il giornalista.
«In questa crisi la ortodossia economica coincide con l'impostazione del governo. Accade che Toni Roldan [vecchio portavoce economico di Ciudadanos] sia d'accordo con me. I dogmi e gli apriorismi economici sono finiti. Abbiamo punti di vista diversi ma la gravità della crisi ci ha cambiato tutti [...] Non vedo differenze tra i ventidue ministri del governo» risponde Diaz.
«Crede che si possa contare su Ciudadanos per votare il bilancio?» incalza l'intervistatore.
«Con Ciudadanos abbiamo differenze in materia di lavoro [...] Però questo governo non rinuncia a negoziare tra posizioni diverse perché ci si possa incontrare tutti» replica Diaz.
L'intervistatore, sempre più incredulo, chiede se almeno col padronato ci sono problemi: «Nell'ultimo negoziato non ha avvertito che la CEOE preferisce altri interlocutori?».
Risposta: «ho una magnifica relazione con Antonio Garamendi [il presidente di Confindustria], ciò che ho imparato in politica è che le relazioni personali sono importanti».
Infine la ministra si presenta come erede della tradizione del dialogo sociale del Partito Comunista di Spagna, da cui Diaz proviene. (Un'eredità autentica: quella del dialogo sociale con la borghesia, inaugurato coi fronti popolari di Stalin, che affossò la rivoluzione spagnola.)
Ecco, nelle pieghe di questa intervista vive tutta la cultura della compromissione governista: l'ambientamento dei parvenu presso la corte delle classi dirigenti alla ricerca della loro legittimazione.
Dalle piazze degli Indignados del 2011 alla collaborazione di governo col padronato, questa la parabola di Podemos. È l'approdo politico del riformismo. Quando l'ultimo orizzonte è la società borghese, il suo governo diventa il fine, e l'accesso al governo l'agognato paradiso. Bertinotti, Tsipras, Iglesias sono tutti interpreti dello stesso spartito: prima l'opposizione in funzione del governo, poi al governo da maggiordomi dei padroni.
Rompere con questa politica, costruire un'internazionale rivoluzionaria, è ovunque una necessità storica del movimento operaio.
La prima particolarità spagnola è che questa politica capitalista viene inquadrata in un grande patto di unità nazionale, sociale e politico. La Confindustria spagnola (CEOE) e la burocrazia sindacale hanno siglato in pompa magna quello che viene definito "il secondo patto della Moncloa", con riferimento al patto siglato dopo la caduta di Franco per la gestione della transizione. Un patto che sul piano politico oggi si allarga al partito di destra liberale Ciudadanos, che ha offerto in Parlamento i suoi voti. Si chiamano fuori dal patto solo il Partito Popolare di Casado, con divisioni interne, e i fascisti di Vox.
La seconda particolarità è che al governo siedono i ministri di Podemos, con ruoli rilevanti. Pablo Iglesias è il Vicepresidente del Consiglio, Yolanda Diaz è ministra del Lavoro, più i ministri di Ambiente e Turismo (Garzon). Come si vede, un coinvolgimento ben più più impegnativo di quello, disastroso, del PRC nell'ultimo governo Prodi. Una collaborazione di classe a pieni polmoni e in piena regola, con tanto di incenso istituzionale.
Tanti sono i risvolti concreti di questa compromissione. Valga per tutti la politica di espulsione dei migranti “irregolari”grazie agli accordi col governo reazionario del Marocco, o nel caso degli sbarchi alle Canarie, coi governi africani (in cambio di soldi). Oppure, tanto per stare in tema, il diritto di sfruttamento a tempo dei minori clandestini presso le imprese spagnole, senza alcuna regolarizzazione a conclusione del contratto. Oppure il mantenimento della legislazione del lavoro dei precedenti governi del PP, salvo alcuni modesti aggiustamenti.
Ma forse ciò che meglio illustra la natura del ministerialismo di Podemos è un'intervista oggi concessa a El Pais dalla ministra del lavoro Yolanda Diaz.
L'intervistatore chiede: «In un momento di tensione politica fortissima voi fate un accordo con il padronato. Come è possibile?».
«È ciò che chiede la società, e le parti sociali l'hanno capito» risponde la ministra.
«È compatibile la sua visione con quella di Nadia Calvino [ministra dell'Economia, pupillo del padronato]?» chiede il giornalista.
«In questa crisi la ortodossia economica coincide con l'impostazione del governo. Accade che Toni Roldan [vecchio portavoce economico di Ciudadanos] sia d'accordo con me. I dogmi e gli apriorismi economici sono finiti. Abbiamo punti di vista diversi ma la gravità della crisi ci ha cambiato tutti [...] Non vedo differenze tra i ventidue ministri del governo» risponde Diaz.
«Crede che si possa contare su Ciudadanos per votare il bilancio?» incalza l'intervistatore.
«Con Ciudadanos abbiamo differenze in materia di lavoro [...] Però questo governo non rinuncia a negoziare tra posizioni diverse perché ci si possa incontrare tutti» replica Diaz.
L'intervistatore, sempre più incredulo, chiede se almeno col padronato ci sono problemi: «Nell'ultimo negoziato non ha avvertito che la CEOE preferisce altri interlocutori?».
Risposta: «ho una magnifica relazione con Antonio Garamendi [il presidente di Confindustria], ciò che ho imparato in politica è che le relazioni personali sono importanti».
Infine la ministra si presenta come erede della tradizione del dialogo sociale del Partito Comunista di Spagna, da cui Diaz proviene. (Un'eredità autentica: quella del dialogo sociale con la borghesia, inaugurato coi fronti popolari di Stalin, che affossò la rivoluzione spagnola.)
Ecco, nelle pieghe di questa intervista vive tutta la cultura della compromissione governista: l'ambientamento dei parvenu presso la corte delle classi dirigenti alla ricerca della loro legittimazione.
Dalle piazze degli Indignados del 2011 alla collaborazione di governo col padronato, questa la parabola di Podemos. È l'approdo politico del riformismo. Quando l'ultimo orizzonte è la società borghese, il suo governo diventa il fine, e l'accesso al governo l'agognato paradiso. Bertinotti, Tsipras, Iglesias sono tutti interpreti dello stesso spartito: prima l'opposizione in funzione del governo, poi al governo da maggiordomi dei padroni.
Rompere con questa politica, costruire un'internazionale rivoluzionaria, è ovunque una necessità storica del movimento operaio.