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L'addio di Pablo Iglesias

 


Quella di Podemos è l'ennesima parabola di una sinistra riformista che consuma le proprie fortune sui banchi ministeriali, e che così contribuisce alla vittoria della reazione

Le elezioni di Madrid hanno registrato un tracollo elettorale del PSOE, che perde il 10% dei voti, e la forte affermazione elettorale del PPE, combinata col consolidamento dell'estrema destra di Vox.
Il risultato non ha solo una valenza locale. Era la prima prova elettorale del nuovo governo Sanchez-Iglesias in Spagna. Un disastro. Le dimissioni di Pablo Iglesias col suo addio alla politica ne sono un portato.

Podemos non ha registrato una débâcle dal punto di vista elettorale. Il 7% riportato gli consente di avere una rappresentanza nel consiglio comunale di Madrid. Ma politicamente è il vero sconfitto. Pablo Iglesias si era dimesso da vicepresidente del governo Sanchez per candidarsi a Madrid. Lo scopo era sbarrare la strada alla destra. Tutta la sua campagna elettorale si è fondata sulla denuncia del pericolo franchista e sulla difesa della democrazia. La parola d'ordine era “no pasaran”, mutuata dall'esperienza del fronte repubblicano nella guerra civile del 1936-1939.
La candidatura di Iglesias si era presentata come la garanzia della vittoria. Il gesto delle dimissioni dalla vicepresidenza ministeriale per candidarsi a Madrid voleva essere inoltre un atto di rilancio dell'immagine pubblica di Iglesias e di Podemos come partito capace di sacrificare il potere all'interesse superiore della “democrazia” e della sua vittoria. Ma il gesto estetico finalizzato all'immagine è stato sepolto dal risultato.

Il governo Sanchez-Iglesias non ha realizzato alcuna politica di svolta. La sua gestione della pandemia è stata del tutto simile a quella di ogni altro governo borghese europeo. Come in Italia, è emerso lo sfascio della sanità pubblica, lo scandalo della sanità privata, l'assenza della medicina territoriale, la gestione criminale delle case di riposo degli anziani. Sanchez e Iglesias hanno amministrato lo sfascio, cui i precedenti governi di destra e di sinistra avevano pesantemente contribuito.

Ma soprattutto, il governo ha marcato la continuità col passato sul terreno delle politiche sociali. Tutta la politica di bilancio e del lavoro è stata affidata alla grande concertazione con il padronato e le burocrazie sindacali. Le promesse di superamento del precariato sono rimaste lettera morta, con la permanenza di tutta la legislazione precedente. La strombazzata patrimoniale, di entità esclusivamente simbolica, si è ridotta ad una possibile opzione facoltativa delle amministrazioni regionali. Le politiche sull'immigrazione sono rimaste inalterate, ed anzi si sono appesantite in fatto di respingimenti e negazione dell'approdo, a partire dalla Canarie e da Ceuta e Melilla. Infine, per incassare le risorse del Recovery Plan, il governo ha aperto un negoziato interno per l'aumento dell'età pensionabile.

Coi suoi quattro ministri, Podemos è parte integrante e inseparabile di questa politica del capitalismo spagnolo. Il partito sospinto nel 2011 dal movimento degli indignados è oggi un ingranaggio del potere, utile paravento al PSOE per coprire e legittimare a sinistra la continuità della politica del capitale.
Tutti gli spartiti retorici di Pablo Iglesias sono stati recitati: quello del “partito degli onesti”, “né di destra né di sinistra”, quello della “vera socialdemocrazia” spagnola candidata al sorpasso del PSOE, quello del pungolo decisivo sul PSOE per costringerlo al cambio di passo, quello della diga decisiva contro la destra... Ora che tutte le maschere sono cadute, il re è davvero rimato nudo: l'ennesima parabola di una sinistra riformista che consuma le proprie fortune sui banchi ministeriali, e che perciò stesso contribuisce alla vittoria della reazione.
A segretaria di Podemos ora si candida l'attuale ministra del lavoro Yolanda Diaz, che viene dalla storia dello stalinismo spagnolo (PCE), in perfetta continuità con la politica del predecessore, e semmai con un tratto ancor più moderato. Podemos resterà ancor più incardinato al governo di coalizione col PSOE, in una compromissione ancor più stringente. Come già il PRC, come già Syriza, come già il PCP e il Bloco de Esquerda in Portogallo, come si candida a fare in un prossimo futuro la Linke tedesca. La ruota del riformismo gira su se stessa, e non riserva sorprese.

La costruzione di una sinistra classista e rivoluzionaria è all'ordine del giorno in Europa.

Partito Comunista dei Lavoratori