Unire le forze, prepararsi allo scontro
Liberalizzazione del subappalto al massimo ribasso significa moltiplicazione dello sfruttamento e degli omicidi bianchi. Sblocco dei licenziamenti a fine giugno significa centinaia di migliaia di lavoratori e lavoratrici buttati su una strada. Prolungamento sino a fine anno dello smart working con decisione unilaterale dell'azienda significa stralciare l'organizzazione del lavoro dalla contrattazione. Ritorno a pieno regime della Legge Fornero con la fine dell'elemosina di quota 100 significa aumento dell'età pensionabile per milioni di lavoratori e lavoratrici.
Il governo Draghi è, come si vede, un cantiere aperto. Dietro la cortina fumogena del Recovery Plan e delle sue meraviglie, celebrate con magna pompa dalla grande stampa, emerge sempre di più il suo contenuto di classe.
Da un lato un gigantesco travaso di miliardi nelle tasche di imprese e banche attraverso un'operazione a debito presso il capitale finanziario che sarà scaricata sui lavoratori senza che i padroni paghino un solo euro. Persino l'idea miserabile di Enrico Letta di un obolo simbolico sopra i cinque milioni di patrimonio è stato considerato irricevibile da Draghi, perché «è il momento di dare e non di togliere», cioè di continuare a dare ai padroni togliendo soldi e diritti agli operai.
Dall'altro lato un semaforo verde alla ristrutturazione delle aziende attraverso la mano libera su operai e impiegati: l'eterno rilancio del processo di accumulazione sulla pelle degli sfruttati.
Tutto questo, si badi bene, nel momento stesso in cui imprese e banche annunciano la forte ripresa dei dividendi da distribuire agli azionisti: dopo la manna dei 21 miliardi del 2019, e la discesa a “soli” 13 miliardi nell'anno della pandemia, si torna ora alla previsione di 18 miliardi di dividendi con l'annunciata ripresa. Piazza Affari fa festa.
E il sindacato? Maurizio Landini ha dichiarato che la liberalizzazione del subappalto e del massimo ribasso è «indecente» e che «se dovesse restare», lui sarebbe pronto «persino» allo sciopero generale. Tutte ipotetiche di terzo tipo che servono solo a chiedere al governo una qualche foglia di fico dietro cui ripararsi. Come dire: “Sto accettando di tutto. Sto accettando lo sblocco dei licenziamenti in cambio di qualche ammortizzatore. Sto firmando contratti capestro. Ho assicurato la pace sociale nelle aziende sul fronte della pandemia, con protocolli farsa. Ho celebrato le virtù del nuovo governo offrendo collaborazione su tutti i tavoli, dalla Whirlpool, all'Alitalia, all'Ilva, alla logistica, pur sapendo che si avvicina un bagno di sangue. Almeno preoccupatevi di salvarmi la faccia agli occhi degli operai evitando di prendermi pubblicamente a schiaffi, come sul subappalto, senza neanche avvisarmi. Non costringetemi a proclamare controvoglia uno sciopero che potrebbe danneggiare l'unità nazionale cui per primo mi sono iscritto, e a cui tanto tengo”.
Non costringetemi, insomma, a fingere di fare sindacato.
Così ragiona Maurizio Landini, tutto chiacchiere e distintivo. Uno, nessuno, centomila, avrebbe detto Pirandello. Si offre ai padroni come controllore degli operai, e agli operai come mezzo di tutela dai padroni. Per piacere agli operai minaccia lo sciopero, per piacere ai padroni assicura che lo vuole evitare. Ma questo gioco dura fino a quando esiste uno spazio materiale di manovra. Quando la crisi capitalista morde, quando le leggi della competizione mondiale impongono scelte cruciali, la commedia della burocrazia perde il suo palco e il suo pubblico. Deve dire sì o no al programma dei padroni e del loro governo. E regolarmente pronuncia il suo sì, infarcendolo di preoccupazioni e di lacrime ipocrite. Come è accaduto lungo l'intero arco della grande crisi, dal 2008 ad oggi.
Di certo la nuova stretta che si annuncia, assieme ai balbettii della burocrazia CGIL, pongono a tutte le sinistre di classe, politiche e sindacali, una responsabilità precisa: quella di unire nell'azione le proprie forze in funzione di un fronte unitario di classe e di massa. Unità di classe contro unità nazionale. Piattaforma di classe contro piattaforma del governo e dei padroni. Forza contro forza.
I prossimi mesi saranno per tutti un banco di prova. O di qua o di là, in mezzo al guado non si può stare. Il Partito Comunista dei Lavoratori si batterà come sempre, in ogni sede, per la più larga unità di lotta e per la massima radicalità d'azione.