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A fianco della sollevazione colombiana

 


O rivoluzione socialista o reazione militare

Da sei giorni la Colombia è attraversata da un'autentica sollevazione popolare. Il governo Duque aveva varato una riforma fiscale basata sull'aumento delle imposte indirette sui consumi di prima necessità. Questo in un paese stremato da una recessione economica impressionante, che ha visto nel 2020 il crollo del 6,8% del Pil e la caduta verticale delle già miserabili condizioni di vita della maggioranza della popolazione povera. La reazione di massa non si è fatta attendere. Sei giorni di sciopero generale, promosso dalle tre centrali sindacali (CUT, CTC e CGT) e dalla Federazione dei docenti; enormi manifestazioni di massa in tutto il paese a partire da Bogotà, Medelin, e soprattutto Calì. Tutta la Colombia è paralizzata dalla mobilitazione, che ha bloccato la produzione, i trasporti, i servizi. Il governo ha dapprima usato l'arma della repressione poliziesca, che ha fatto al momento trenta morti tra i manifestanti. Ma la repressione non solo non ha piegato il movimento, ma gli ha conferito una nuova spinta e un nuovo allargamento. A questo punto il governo ha dovuto fare una clamorosa marcia indietro, prima dichiarando la disponibilità a rivedere la riforma fiscale, poi di fronte all'intransigenza della protesta comunicando in TV il ritiro del progetto. Il ministro delle Finanze Alberto Carrasquilla ha rassegnato le dimissioni. È una prima grande vittoria della mobilitazione dovuta alla sua radicalità, alla sua ampiezza, al suo carattere prolungato.

Il governo si attendeva che il ritiro della riforma rasserenasse gli animi e riportasse la calma. Ma ha fatto male i suoi conti. La vittoria strappata incoraggia il movimento a proseguire sulla propria strada. I nuovi bersagli della mobilitazione sociale sono le altre “riforme” che il governo persegue, nel campo delle pensioni, del lavoro e persino della sanità, dove in piena pandemia il governo ha disposto un progetto di privatizzazione ulteriore del servizio che prevede il pagamento di una polizza per patologia senza la quale nessuno ha più diritto alle cure.
Non si tratta di misure casuali. Sono dettate alla Colombia dal Fondo Monetario Internazionale, a fronte dell'enorme debito pubblico accumulato. Il governo Duque pretende che il conto sia pagato dalla popolazione povera del paese a vantaggio del capitale finanziario, lo stesso che saccheggia le materie prime della Colombia, requisisce le terre e l'acqua, inquina l'ambiente, colpisce le diverse minoranze indigene che popolano il paese.
Ormai l'impoverimento di massa, letteralmente la fame, investe secondo gli stessi dati ufficiali il 42% della società colombiana. Questo spiega l'ampiezza della mobilitazione: nelle strade si va esprimendo un grande fronte di massa che vede fianco a fianco la classe operaia, i giovani, le popolazioni indigene, le organizzazioni delle donne, l'insieme delle masse oppresse. È il potenziale della rivoluzione colombiana.

Non vi sono sul campo possibili soluzioni intermedie cosiddette democratiche. Le promesse dei cosiddetti accordi di pace tra governo colombiane e FARC del 2016, che avrebbero dovuto, secondo l'annuncio di entrambi, aprire un epoca nuova di prosperità, di concordia, di democrazia, si sono rivelati com'era prevedibile una truffa. Dal 2016 ad oggi oltre 900 leader sociali, a partire dai sindacalisti, sono stati assassinati dalle forze militari o da milizie private reazionarie e parafasciste.
Il sangue nelle piazze di questi giorni per opera dei corpi di polizia dimostra una volta di più che non c'è pace possibile tra le domande di libertà e di riscatto sociale e l'apparato repressivo dello Stato borghese colombiano. Né è possibile alcuna pace col capitale finanziario che dissangua il paese e coi governi esattori che lo servono.
Al tempo stesso, proprio l'esperienza di queste giornate dimostra una volta di più che la via della rivoluzione vera non passa per le mitologie della guerra di guerriglia. Passa per la sollevazione di massa della classe lavoratrice e della gioventù, per il loro diritto di autodifesa contro la repressione militare, per l'esercizio collettivo della loro forza. O rivoluzione socialista o reazione militare: questa è la lezione che ci viene dai fatti di Colombia di questi giorni e di queste ore.

È necessaria e urgente una azione internazionale di solidarietà di classe con la ribellione popolare colombiana, con presidi e manifestazioni sotto i consolati di Colombia. È necessario portare nella più ampia iniziativa di solidarietà un contenuto di classe anticapitalista e antimperialista.

Ritiro integrale delle misure d'austerità e di tutte le controriforme sociali!
Via il governo reazionario e assassino di Duque!
Scioglimento dei corpi repressivi dello stato colombiano e punizione dei responsabili dei crimini compiuti!
Comitati operai e popolari e loro coordinamento nazionale!
Cancellazione del debito estero della Colombia, non un soldo alle banche strozzine e al FMI!
Radicale riforma agraria!
Governo operaio e contadino, basato sulla forza e l'autorganizzazione delle masse!

Partito Comunista dei Lavoratori