Lo scontro sulla legge Zan conferma la natura reazionaria del Vaticano e del papato
La Segreteria di Stato vaticana ha compiuto un passo ufficiale presso lo Stato italiano per chiedere la modifica della legge Zan, invocando il rispetto del Concordato.
Non si tratta della abituale ingerenza delle gerarchie cattoliche in fatto di legislazione ordinaria, ma di un passo formale da Stato a Stato. C'è un solo parziale precedente: la denuncia della proposta di legge sul divorzio come lesione al Concordato da parte di Paolo VI nel lontano 1967. Ma in quel caso non intervenne la Segreteria di Stato; parlò direttamente il monarca assoluto della Chiesa. Qui interviene il suo braccio diplomatico, con la minaccia di un'impugnazione giuridica.
L'interpretazione per cui saremmo in presenza di una divisione interna alla Chiesa, di un atto non condiviso dal Papa, è ridicola. Sia perché il segretario di Stato, cardinal Parolin, è un fedelissimo di Bergoglio, sia perché il Papa presunto “progressista” ha sempre espresso le posizioni più reazionarie in fatto di omosessualità. Anche ai tempi del suo vescovato a Buenos Aires, quando denunciò la legalizzazione dei matrimoni gay da parte del governo argentino come «un attacco devastante ai piani di Dio, ispirato dall'invidia del diavolo» (2010). Solo una sinistra italiana papalina ha potuto, e può, presentare Bergoglio come riferimento progressista, indicandolo addirittura ad esempio.
L'iniziativa vaticana si commenta da sé. Nello stesso momento in cui le gerarchie ecclesiastiche di tutto il mondo sono travolte dall'emersione di centinaia di migliaia di crimini, abusi, violenze, normalmente occultati e impuniti, in fatto di pedofilia, la Chiesa chiede che le scuole cattoliche siano esentate dalla legge italiana in fatto di omofobia. Chiede che la Chiesa e le sue proprietà siano un territorio franco sottratto allo Stato. Chiede insomma che la legge italiana si subordini ai dogmi del catechismo.
Nella nota vaticana infatti si legge: «Ci sono espressioni della sacra scrittura e della tradizione ecclesiale e del magistero autentico del Papa e dei vescovi che considerano la differenza sessuale secondo una prospettiva antropologica che la Chiesa cattolica non ritiene disponibile perché derivata dalla stessa rivelazione divina». Dunque se la “rivelazione divina” considera l'omosessualità peccato, le scuole cattoliche non possono legittimare l'omosessualità parlando di omofobia e transfobia. È il modello di Orban, che vieta si parli di omosessualità nelle scuole prima dei 18 anni.
I partiti più reazionari, da FdI alla Lega, naturalmente esultano. La separazione tra Chiesa e Stato vale per loro solo se si tratta di Islam. Con la Chiesa cattolica vale invece il principio opposto: i dogmi religiosi diventano linea di confine della legge, lo scudo dell'“identità italiana” contro la minaccia degli “invasori”. Il fatto che ci sia qualche partito cosiddetto comunista che gioca di sponda con questi ambienti fa davvero venire il voltastomaco.
Ma se i reazionari esultano, i partiti borghesi liberalprogressisti balbettano. Rassicurano la Chiesa, professano “volontà di dialogo”, annunciano mediazioni. Di Maio attiva il ministero degli Esteri, Letta comprende “il nodo giuridico”, Draghi impegna governo e Parlamento nella ricerca di una soluzione concordata. Lo stesso presentatore della legge, Zan, si affretta a dichiarare al Corriere che la Chiesa non deve temere nulla: le scuole cattoliche potranno continuare a fare quello che vogliono, in virtù del «principio di autonomia scolastica, che è generale e si applica a tutte le scuole, pubbliche e private». Di più: «In Aula alla Camera, proprio per venire incontro alle preoccupazioni di parte del mondo cattolico, è stato precisato che le iniziative dovranno essere coerenti con il piano triennale dell'offerta formativa e con il patto di corresponsabilità educativa tra scuole e famiglie. Questo per ribadire oltre ogni ragionevole dubbio che il tutto potrà – non dovrà – avvenire nel rispetto dell'autonomia scolastica» (Alessandro Zan, Corriere della Sera, 23 giugno).
Oltre ogni ragionevole dubbio, il messaggio in soldoni è il seguente: “Cari vescovi e cardinali, potrete continuare a far ciò che volete, come prevede il Concordato e le stesse leggi scolastiche; vi abbiamo già dato tutte le garanzie possibili, al punto che alla Camera anche Lega e FdI hanno votato la legge; ora in cambio dateci la solita finta patacca da esibire come “vittoria” agli occhi del mondo laico e progressista. Per voi non cambierà nulla, permetteteci almeno di salvare la faccia”. Sarà questo il mercimonio dei prossimi giorni.
La verità è che solo rompendo con la Chiesa, a partire dalla cancellazione del Concordato, è possibile salvaguardare con coerenza i principi più elementari di laicità, e con essi i diritti delle donne, degli omosessuali, delle lesbiche, dei transessuali, di tutti gli oppressi. Il punto vero non è se la legge Zan viola il Concordato o meno, ma che l'intervento della Segreteria di Stato vaticana chiarisce una volta di più, se ve ne era bisogno, che il Concordato è un'arma intollerabile in mano alla Chiesa a tutela dei suoi privilegi. Inclusa la scandalosa evasione fiscale di 5 miliardi di euro sottratti allo Stato, da tempo accertati e che nessuno le chiede.
A sua volta non si può rompere con la Chiesa, e cancellare il Concordato, senza rompere con la borghesia italiana, i suoi partiti, i suoi governi.
La Chiesa è da sempre parte organica del capitalismo italiano, con le sue banche, le sue partecipazioni azionarie, le sue gigantesche proprietà immobiliari. Il Concordato del 1929 tra il cardinal Gasparri e Benito Mussolini non fece che sancire giuridicamente questa realtà, con un matrimonio di reciproci interessi. Il PCI di Togliatti lo mise in Costituzione col famigerato articolo 7. Il suo aggiornamento nel 1984, sotto il governo Craxi, assicurò al matrimonio lunga vita. La presenza della Chiesa in tutte le istituzioni dello Stato borghese e della vita pubblica (scuola, sanità, giustizia, esercito) lo testimonia quotidianamente.
Non è un caso che i partiti della sinistra cosiddetta radicale (PRC, PdCI) che si sono avvicendati nei governi con la borghesia e/o che aspirano a parteciparvi non solo non hanno mai rivendicato l'abolizione del Concordato, ma hanno cercato di legittimarsi presso gli ambienti clericali, a volte esaltando il Papa di turno. È la ragione per cui solo un partito marxista rivoluzionario, proprio in quanto anticapitalista, può essere coerente sino in fondo sullo stesso terreno delle libertà democratiche e dei diritti civili.
Via il Concordato!
Giù le mani della Chiesa dai corpi e dai diritti delle donne, degli omosessuali, delle lesbiche, dei transessuali, di tutti gli oppressi!