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La legge di stabilità del governo Draghi

 


21 Ottobre 2021

Al riparo della cortina fumogena no green pass, il governo procede come un rullo compressore. È ora di una opposizione vera, come chiedono i compagni della GKN

Al riparo della cortina fumogena delle iniziative contro il green pass, il governo Draghi colpisce lavoratori e disoccupati. Le misure annunciate dalla nuova Legge di stabilità parlano chiaro.

Si cancella l'elemosina di "quota 100" tornando a grandi passi verso una legge Fornero a pieno regime (quota 102 il primo anno, quota 104 il secondo...). Si peggiora la miseria del reddito di cittadinanza, con l'obbligo di accettazione della seconda “offerta” pena l'abbattimento del sussidio. Si annuncia una riforma del fisco in cui al momento l'unica cosa certa è l'abbassamento delle tasse sulle rendite finanziarie (dal 26% al 23%), la cancellazione dell'IRAP (che finanzia la sanità pubblica), l'incentivo fiscale alle fusioni d'impresa (altri 4 miliardi ai padroni).
Per la sanità, in piena pandemia, si destinano le briciole (2 miliardi in più al fondo sanitario), meno della metà degli sconti fiscali offerti al padronato e alle banche. Per gli ammortizzatori sociali, la grande riforma epocale annunciata da Orlando, avanzano appena 3 miliardi e rotti: di conseguenza addio all'estensione della cassa integrazione alle imprese di piccole dimensioni (da 1 a 5 addetti). Quanto poi ai famosi provvedimenti contro le delocalizzazioni, il veto di Confindustria ha chiuso l'argomento. I padroni non solo continueranno a licenziare, ma vedranno allargato lo sblocco per la piccola impresa e l'industria tessile già a partire dal 31 ottobre. I padroni che non volessero licenziare possono beneficiare di una cassa gratuita per tredici settimane, a carico delle finanze pubbliche, cioè a carico dei lavoratori. Ma la loro libertà di licenziare è garantita.

“Libertà, libertà” gridano i cortei no vax e no green pass. Libertà dal vaccino o dal tampone o da entrambi. La libertà dai licenziamenti, dalla fatica di 67 anni di lavoro per pensioni da fame, dal precariato e dal lavoro nero, non incrocia la loro sensibilità. In compenso il governo usa il movimento no green pass e l'ambiente reazionario che lo guida per procedere indisturbato come un rullo compressore contro le condizioni dei salariati. Avevano annunciato ai mari e ai monti che i soldi europei avrebbero cambiato il volto dell'Italia, invece serviranno solo a irrorare i portafogli di industriali e banchieri. Per il resto, tutto come prima ed anzi peggio di prima. Con l'attiva corresponsabilità di una burocrazia sindacale che protesta giustamente contro i fascisti ma non muove un dito per difendere i lavoratori. Ed anzi fa leva sull'abbraccio di Draghi per iscriversi all'unità nazionale. Una politica che non tutelando chi lavora lo regala a volte ai demagoghi reazionari di turno, e agli irrazionalismi più demenziali.

Tutta la sinistra di classe, politica e sindacale, deve allora voltare pagina, ritrovando il passo di un'opposizione radicale a padronato e governo sui temi veri dello scontro sociale. Parliamoci chiaro. Lo sciopero dell'11 ottobre è stata un'occasione preziosa buttata al vento per inseguire i no green pass, col risultato di offrire loro una nuova passerella mediatica e di alimentare la confusione anche all'interno dell'avanguardia. Occorre ora cambiare registro. Riprendere la centralità della piattaforma originaria dello sciopero di ottobre. Recuperare le ragioni di classe poste dall'iniziativa di lotta dei lavoratori della GKN e dalla grande manifestazione del 18 settembre a Firenze. È il tema di uno sciopero generale vero, unitario e di massa, attorno a una piattaforma di lotta unificante che interessi diciassette milioni di salariati. Altro che star dietro a sindacati reazionari (Trieste) e alle Madonne di Medjugorje.

Partito Comunista dei Lavoratori