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La lotta per l'eutanasia legale, lotta contro la burocrazia di Stato


 La Corte Costituzionale ha definito inammissibile il quesito referendario inerente l’“Abrogazione parziale dell’articolo 579 del Codice penale - omicidio del consenziente” con le seguenti motivazioni: «a seguito dell’abrogazione, ancorché parziale, della norma sull’omicidio del consenziente, cui il quesito mira, non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili». La burocrazia vale più dei nostri diritti.


La proposta referendaria, al di là degli aspetti burocratici, aveva ed ha il pregio di slegare la questione etica del diritto alla vita dalla logica sovrastrutturale cattolica. Il quesito dava la possibilità di somministrare farmaci che avrebbero accompagnato il paziente verso una morte non dolorosa, facendo leva sulle sue volontà. Al contrario della vulgata generale diffusa dalla reazione, che va dal centro alla destra, il referendum non aveva il compito di legalizzare il “suicido”, tutt’altro. Il quesito non intaccava minimante il diritto e il dovere alla cura. Insomma, il suicidio assistito si sorreggeva sia sul consenso del paziente, sia su una specifica richiesta fatta in totale libertà fuori da qualunque pressione, e anche dal quadro clinico che ne valutava la relativa l’applicazione. Senza parere medico sul decorso delle condizioni del paziente, l’applicazione del suicidio assistito non sarebbe stata possibile.

Legalizzare tale tipo di eutanasia non solo rappresenterebbe un passo in avanti verso il progresso, sciogliendo quei residui tossici lasciati dalle visioni grottesche della Chiesa, ma significherebbe anche andare incontro al più elementare bisogno di aiuto di malati incurabili, afflitti da dolori lancinanti, come accade, ad esempio, in altri paesi come l'Olanda e il Belgio, dove questa legge viene applicata a chi ha gravi affezioni come tumori in stadio molto avanzato o malattie neurodegenerative come la SLA.

In questo nuovo scenario odierno, riportiamo la dichiarazione di Mina Welby: «Non me lo aspettavo. Dalla Corte Costituzionale mi è arrivata una stilettata al cuore. Sono senza parole e molto triste. Sto pensando a cosa poter fare, vorrei portare avanti l'eredità di mio marito perché era lui che voleva una buona legge sul fine vita» (1).
Da questa spinosa situazione non sappiamo se usciremo e quando, ma sappiamo quale strada si dovrebbe percorrere per farlo. La strada è quella del conflitto e della protesta. Nessuna legge può fare quello che il popolo esige, solo la forza dei lavoratori, degli sfruttati, può essere il vettore di questa conquista.



(1) https://it.wikipedia.org/wiki/Piergiorgio_Welby

Partito Comunista dei Lavoratori