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La manovra economica della destra

 


Una truffa per i salariati. Un colpo alla popolazione povera

I conti in tasca alla manovra della destra sono molto semplici. Una manovra di 32 miliardi di cui ventuno sulle bollette, recita lo spartito di Palazzo Chigi. Ma non vuol dire nulla. Il punto è capire da chi prendono i soldi e a chi vanno, a fronte di una mattanza salariale senza precedenti (+13% di aumenti sul carrello della spesa con stipendi in calo).

Ventun miliardi “sulle bollette” sono in deficit, cioè ricavati dalla vendita di titoli di stato a banche e assicurazioni, che andranno ripagate con tanto di interessi (a tassi accresciuti). Dunque messi a carico della fiscalità generale (che grava all'80% su salariati e pensionati) o finanziati dal taglio futuro alle spese sociali. In ogni caso pagati da lavoratori e lavoratrici.

In cosa consiste il beneficio, e a chi va? Una prima voce riguarda il sussidio per benzina e gasolio alla pompa. Un sussidio che però si riduce del 40%. Dai 25 centesimi attuali a 15 centesimi, per la durata di tre o quattro mesi. Il mantenimento del sussidio integrale “costerebbe un miliardo al mese” dichiara Fazzolari, responsabile economico di Fdi, e dunque l'elemosina viene dimezzata. I risparmi ricavati andranno in aiuti per il caro bollette di ospedali e amministrazioni locali (costi extra del trasporto pubblico): 1,9 miliardi alla sanità, a fronte di un calo progressivo della spesa sanitaria sul PIL già programmato dal DEF; 350 milioni ai trasporti; più 200 milioni alla regione Marche per le recenti alluvioni. In poche parole qualche cerotto mal messo sulle emergenze sociali a spese della popolazione povera, mentre si alza a 5000 euro il tetto al contante a vantaggio degli evasori, e si revoca persino la misura annunciata del taglio dell'IVA su pane e latte perché “troppo costosa”.

Una voce centrale della manovra riguarda le imprese, che si vedono confermati e maggiorati i benefici elargiti da Draghi. Maggiorazione del credito d'imposta (dal 30% al 35%) per bar, ristoranti, piccole attività. Maggiorazione dal 35% al 40% dei bonus fiscali alle imprese a forte consumo di energia elettrica e gas. Rifinanziamento per 500 milioni delle agevolazioni fiscali per le imprese che investono in macchinari. Rinnovo di un anno del credito d'imposta per attività di formazione 4.0. Sostegno con nuove risorse (pubbliche) al made in Italy. Inoltre si prevede l'estensione della flat tax al 15% per le partite IVA che raggiungono gli 85000 euro l'anno, e una flat tax sempre per le partite IVA sui cosiddetti redditi incrementali, cioè sull'aumento di reddito annuo rispetto alla media dei tre anni precedenti. A fronte di un fisco che già si appoggia quasi integralmente sui salariati, si amplia ulteriormente il principio discriminatorio a loro danno.

Il governo cerca di mascherare la realtà, vantando l'investimento di 4,2 miliardi per aumentare la busta paga dei dipendenti attraverso la riduzione del cuneo fiscale. È una truffa. Si tratta di un taglio dei contributi previdenziali a carico dell'erario pubblico senza che i padroni debbano scucire un solo euro. Non a caso l'operazione cuneo fiscale è una bandiera di Confindustria, che chiede formalmente una riduzione di 16 miliardi pagata col taglio del 4% della spesa pubblica. Il governo dà un primo acconto al padronato muovendosi nella direzione richiesta. Per i salariati un apparente beneficio di 10 euro netti al mese in busta paga (a proprie spese), per i padroni la decontribuzione totale per le assunzioni under 36. Un'operazione simbolo dell'età renziana che ha saccheggiò il bilancio pubblico senza un solo vero occupato in più.

L'abbattimento del reddito di cittadinanza finanzia la riduzione del cuneo fiscale. Il governo muove verso la soppressione del reddito nel 2024 per tutti “gli occupabili”. Ossia per coloro che, tra i 18 e i 59 anni, “possono lavorare”. La misura è odiosa. Colpisce chi non trova lavoro, attribuendogli la colpa della propria miseria. Colpisce coloro che lavorano per 3/4 euro all'ora e per questo beneficiano di un sussidio di integrazione. Complessivamente milioni di persone, concentrate soprattutto nel Sud ma non solo, a fronte di una crescita impressionante della povertà assoluta documentata da tutti i rilevatori. L'operazione risponde a un duplice scopo. Da un lato ricava risorse da destinare alle imprese, dall'altro abbatte uno scudo, per quanto precario, di difesa sociale dal supersfruttamento. Che è la vera ragione della canea piccolo e medio-borghese a favore dell'abolizione del reddito. Il governo onora una cambiale presso il proprio elettorato, ma si espone al rischio di un contraccolpo sociale.

Sulle pensioni la truffa è non meno scoperta. “Evitare il ritorno della legge Fornero” è stata una bandiera propagandistica della destra, in particolare di Salvini. In realtà, com'è noto, la legge Fornero non è stata mai abrogata da nessuno, e nessuno dei partiti borghesi rivendica la sua cancellazione. In una società che invecchia, anche in ragione della miseria crescente, la previdenza è un costo troppo grande (più 50 miliardi entro il 2025) per chi deve pagare il debito pubblico alle banche. Si ragiona pertanto solo di finestre per piccole quote di salariati. La soluzione fresca di giornata è quella di quota 63, 41 anni di anzianità contributiva e 62 di vecchiaia, con penalizzazione per chi ne usufruisce. Per di più, siccome, al netto del deficit sulle bollette, ogni spesa si deve autofinanziare all'interno del proprio settore, l'obolo di quota 63 viene pagato dalla riduzione dell'indicizzazione delle pensioni per chi riceve una pensione di 2100 euro lordi. Mentre le pensioni minime vengono portate a 570 euro: il nulla rispetto ai 1000 euro promessi in campagna elettorale.

La conclusione è una sola. Nel momento della nuova precipitazione della crisi sociale, il governo non ha nulla da offrire alla classe operaia. La sua manovra combina la continuità della politica economica di Draghi con le marchette offerte alla piccola e media borghesia, ai suoi privilegi, ai suoi umori reazionari. La sola rendita di posizione di cui l'esecutivo dispone è la pace sociale offerta dalle burocrazie sindacali. Una piattaforma di lotta generale che possa unire gli sfruttati è l'unico modo di sbarrare la strada alla reazione.

Partito Comunista dei Lavoratori