10 Gennaio 2022
Senza eliminare il parassitismo del capitale non è possibile eliminare la pandemia
Abbiamo ampiamente analizzato in questi due anni la parabola della pandemia mondiale, le responsabilità del capitale nel suo innesco, nella sua propagazione, nell'incapacità di contrastarla con mezzi proporzionali alla sua gravità. Parallelamente ci siamo assunti la responsabilità di combattere apertamente le ideologie dei no vax e no green pass, in tutte le loro diverse declinazioni, da un punto di vista classista. La nuova moltiplicazione del contagio Omicron e le ultime misure varate dal governo confermano le nostre posizioni su entrambi i versanti.
Partiamo dal principio di realtà.
Le varianti si moltiplicano perché il tasso di vaccinazione sul piano mondiale è spaventosamente diseguale. È vero, i paesi poveri non sono sempre e necessariamente quelli più colpiti dal contagio e dalla sua letalità, nonostante il loro tasso di vaccinazione sia molto basso, talora inesistente. Incidono infatti anche il fattore demografico e climatico, come la possibile barriera di altre vaccinazioni pregresse. È in parte il caso dell'Africa, ad esempio. Tuttavia è nei paesi a bassa o inesistente vaccinazione che il virus circola liberamente senza incontrare ostacoli, moltiplicando per questa via le proprie mutazioni. L'India e il Sudafrica, non a caso, sono stati la culla di Delta e di Omicron. L'indifferenza no vax per la vaccinazione mondiale “perché tanto il vaccino non serve, come dimostra l'Africa” è dunque al tempo stesso cinica e stupida. Non solo perché nei paesi poveri ci si contagia e si muore eccome, spesso in misura inversamente proporzionale al tasso di vaccinazione (come ha dimostrato l'esperienza di buona parte dell'America Latina o quella dell'Est Europa), spesso con numeri sottostimati, perché mancano sistemi sanitari e di rilevazione. Ma anche perché in ogni caso la loro bassa vaccinazione è un fattore di moltiplicazione delle varianti, con un inevitabile impatto mondiale anche all'interno delle metropoli imperialiste. L'angolo di sguardo sovranista in materia sanitaria è dunque non solo reazionario ma orbo. Non solo assolve il proprio imperialismo ma è anche nemico della propria salute.
L'impatto di Omicron non si misura in base alla pericolosità individuale ma alla sua ricaduta sanitaria generale. Se anche Omicron è meno pericoloso per l'individuo (perché colpisce più i bronchi che i polmoni), il suo tasso di contagiosità è talmente più elevato rispetto a Delta che la risultante in termini assoluti in fatto di ricoveri e decessi può essere superiore. Soprattutto se la crescita del contagio mantiene l'attuale dinamica esponenziale.
La crescita di ricoveri e terapie intensive negli ospedali diventa infatti non solo un fattore di crescita dei decessi per Covid, ma un fattore di riduzione verticale degli altri trattamenti sanitari, anche gravi (cancro, ictus, infarto...), che possono colpire ogni fascia di età.
L'idea per cui Omicron è meno pericoloso “per me” quindi chissenefrega del vaccino è dunque demenziale anche... “per me”, oltre ad essere odiosa verso il resto della società. Nella stessa categoria rientra l'argomento secondo cui “il Covid minaccia i non vaccinati, se la vedano loro”. Che il Covid minacci soprattutto i non vaccinati non ci piove. Basta vedere il tasso dei non vaccinati su ricoveri, terapie intensive e decessi, in rapporto alla loro percentuale complessiva nella popolazione. Solo la stupidità accecata dal pregiudizio o dall'ignoranza può non cogliere questa assoluta evidenza. E tuttavia l'argomento di Marco Travaglio secondo cui il suicidio è una scelta democratica e chissenefrega è anch'esso cieco. L'aumento dei ricoveri e delle terapie intensive, fosse pure dei non vaccinati, colpisce infatti milioni di vaccinati che non possono accedere a un pronto soccorso intasato, trovare un letto in ospedale, ottenere una visita oncologica... Ancora una volta il piccolo-borghese, anche di salsa giustizialista, rimuove con l'interesse sociale anche il proprio interesse. Il “suicidio” del non vaccinato riguarda anche lui, a dispetto del suo cinismo.
È vero invece che se sono i non vaccinati, in larghissima misura, a occupare gli ospedali, e lo sono, la massima estensione della vaccinazione di massa è una necessità e un'urgenza sociale.
Questa evidenza logica è contestata a volte da una argomentazione che vorrebbe apparire “di sinistra”. Non parliamo ovviamente dell'argomento ridicolo “siete servi delle multinazionali del farmaco”. Perché sino al loro auspicabile esproprio – che siamo i soli a rivendicare, peraltro – i farmaci sono tutti prodotti da loro (più precisamente dai loro operai). Così come i cappotti sono prodotti dall'industria tessile, senza che nessuna persona che li indossa in pieno inverno possa essere accusato per questo di servilismo verso i capitalisti.
Ci riferiamo invece ad un altro argomento, apparentemente più serio: “Invece di fissarvi sulla vaccinazione, occupatevi dello sfascio della sanità, dei tagli cui è stata sottoposta, della mancanza di personale, o del fatto che i tamponi sono oggetto di speculazione, ecc. ecc.”. È un'argomentazione illogica. Noi ci siamo occupati pressoché tutti i giorni della denuncia dello sfascio della sanità pubblica. Anche quando a tagliarla erano i governi di centrosinistra col sostegno della sinistra cosiddetta radicale, tra cui anche qualche nostro critico. Ma perché mettere in concorrenza tra loro, o addirittura in contrapposizione, due esigenze del tutto complementari? L'argomentazione semmai va esattamente capovolta. Proprio la necessità e l'urgenza della massima estensione della vaccinazione di massa mette a nudo lo sfascio della sanità pubblica, la sua incapacità di affrontarla con le risorse e i tempi dovuti, l'ipocrisia del governo Draghi (e non solo). In altri termini, proprio la campagna per un serio obbligo vaccinale consente di attaccare la gestione capitalistica della pandemia. Lo dimostra la cronaca degli ultimi giorni.
Il Consiglio dei Ministri giorni fa ha varato l'obbligo vaccinale per gli over cinquanta con la multa di 100 euro per gli inadempienti, contestualmente alla riapertura delle scuole di oggi 10 gennaio, e prima alla riduzione delle quarantene. Tutta l'ipocrisia del governo si specchia nel complesso di queste misure.
Innanzitutto: perché l'obbligo solo per gli over 50? Non abbiamo alcuna riserva sull'obbligo vaccinale. Un anno fa lo rivendicammo per gli operatori della sanità (in pieno accordo con la posizione pubblica di Gino Strada) e per il personale della scuola. Di fronte al salto obiettivo della variante Omicron l'abbiamo rivendicato ora per tutta la popolazione. E troviamo davvero singolare che un vasto ambiente a sinistra che per un anno ha contestato il green pass con l'argomento “vogliamo l'obbligo, abbiate il coraggio dell'obbligo, ecc.” ora davanti all'introduzione dell'obbligo gridi alla violazione della libertà, come se oltretutto non vi fossero già vaccini obbligatori, con tanto di sanzioni. È il caso dunque di dire che l'ipocrisia è ben distribuita anche negli ambienti meno sospetti.
Semmai il punto è opposto: perché l'obbligo solo per gli over 50? È vero che gli over 50 non vaccinati sono i più esposti al rischio ricovero, ma il rischio non è solo loro. I ricoveri dei giovani aumentano, anche quelli pediatrici. Proprio tra i giovani e i giovanissimi si concentra una parte importante di non vaccinati, che restano un problema serio anche per chi non si può vaccinare. L'obbligo vaccinale va dunque esteso all'insieme della popolazione nell'interesse della salute di tutti. Non solo ai 2,2 milioni di non vaccinati over 50, ma anche agli altri quattro milioni che sinora hanno scelto di non vaccinarsi.
L'incentivo alla vaccinazione dev'essere reale. La multa una tantum di 100 euro per gli over 50 che non si vaccinano (ingiusta perché eguale per tutti indipendentemente dal reddito) è ridicola. Tanto più per persone che hanno speso ben di più per i tamponi. Il governo ha accolto semplicemente una proposta-farsa di Salvini per ottenere il suo via libera al decreto. Ma l'obiettivo di Salvini non è spingere alla vaccinazione bensì prendere i voti dei non vaccinati. I 100 euro sono dunque la monetizzazione della rinuncia a un obbligo vaccinale serio, che richiede multe proporzionali al reddito e il lockdown per i non vaccinati. Un lockdown necessario perché non solo spingerebbe realmente alla vaccinazione ma ridurrebbe la circolazione e dunque la diffusione del contagio. Il borghese piccolo piccolo protesterà per la (sua) “libertà violata”, l'operaio che vuole la protezione vaccinale per la società e innanzitutto per la propria classe saluterebbe questa misura come efficace e seria. Con buona pace di Salvini e Meloni.
Ma c'è di più. L'obbligo vaccinale del governo, già insufficiente perché limitato a una sola fascia di età, rischia di risolversi in una misura di carta. L'enorme ritardo sulla terza dose lo dimostra. Oggi infatti il problema non è solo la quota del 10% di non vaccinati, che indubbiamente è centrale. È anche quello del 42% di bivaccinati che è in coda chilometrica, a volte da mesi, per fare la terza dose, che è realmente risolutiva contro il rischio della patologia grave. Si tratta di un ritardo inaccettabile e non casuale.
La ragione vera è che sono stati tagliati un terzo degli hub vaccinali l'estate scorsa nella previsione irresponsabile di un'estinzione della pandemia. Le ragioni di cassa hanno prevalso sulla salute pubblica. Sono le stesse ragioni di cassa che nei due anni della pandemia hanno evitato assunzioni nel personale sanitario se non nella forma del lavoro interinale usa e getta. Per cui oggi semplicemente mancano i vaccinatori. Come mancano più in generale almeno 10.000 medici e 20.000 infermieri, secondo stime molto prudenziali.
La Legge di Bilancio appena approvata ha addirittura mantenuto, in piena pandemia, il tetto di spesa per le assunzioni! L'effetto domino è drammatico. La medicina territoriale (servizi territoriali e domiciliari) resta vacante. I tracciatori sono stati ridotti di 4.000 unità. I pronto soccorso ritornano ad essere il collo d'imbuto di mille richieste di assistenza e di aiuto, con le inevitabili code delle autoambulanze, e oltretutto luogo di contagio. Il poco personale sanitario, di nuovo colpito dal contagio, anche se protetto dalla vaccinazione, si carica sulle spalle turni di lavoro massacranti, sotto una pressione emotiva logorante.
La verità è che sono passati due anni, ma in sanità è tutto come prima, con l'eccezione del vaccino. Oggi la stessa malasanità riesce a minare alla radice persino il programma di vaccinazione del governo. Se quasi la metà dei bivaccinati fatica a ottenere la sospirata terza dose, per la mancanza di personale e strutture, immaginiamo cosa significa aggiungere anche solo il carico – insufficiente – di 2.200.000 prime vaccinazioni.
Non è tutto. La riapertura delle scuole, di fronte all'escalation della pandemia, è irresponsabile. Tanto più a fronte dell'attuale condizione della scuola. Come in sanità, anche nella scuola tutto è rimasto nella sostanza come due anni fa. Peggio. Sono state dismesse o ridimensionate persino le poche misure emergenziali abbozzate. Il distanziamento è diventato facoltativo. Classi con ventisette alunni sono considerate “non affollate”. Non un'aula in più è stata predisposta, oltre quelle improvvisate nell'estate del 2020. Il personale aggiuntivo è stato tagliato. Gli istituti faticano a trovare persino i supplenti dei docenti sospesi in quanto non vaccinati, ai quali ora si aggiungeranno inevitabilmente i nuovi contagiati Omicron. Lo screening promesso dal generale Figliuolo è inesistente. Le ASL non sono in grado di dare risposte in tempi accettabili già fin da fine novembre, prima dell'esplosione Omicron, figuriamoci adesso.
Quanto alle mascherine FFP2 sono (forse) in arrivo solo per “docenti a contatto con studenti” che per qualche ragione sono esentati dal portarla. Il resto è affidato alla cosiddetta autosorveglianza, la nuova formula geniale del governo per coprire l'assenza di misure certe ed esigibili.
Insomma, un disastro. In realtà in queste condizioni la cosiddetta “apertura delle scuole in sicurezza” di cui parla il ministro Bianchi è solo una penosa battuta propagandistica. Nei fatti la riapertura della scuola rischia di essere, nelle attuali condizioni, da un lato ingestibile e dall'altro un nuovo volano del contagio.
Occorre allora una misura opposta. La riapertura della scuola va rinviata di almeno venti giorni. Una misura di lockdown che va aggiunta al necessario lockdown per i non vaccinati, anche al fine di dare un colpo al ritmo attuale di propagazione del contagio. Misure di lockdown che vanno accompagnate dal “congedo DAD” retribuito al 100% per almeno uno dei due genitori. Nei venti giorni occorre predisporre tutte le misure di emergenza necessarie. Innanzitutto organizzare lo screening, andare avanti nella vaccinazione degli studenti, reperire mascherine gratuite FFP2 per tutti, insegnanti, personale ATA, studenti... Mascherine FFP2 che debbono anche essere disponibili gratuitamente per tutti i lavoratori e le lavoratrici a carico dei propri datori di lavoro.
Più in generale, va stroncata la speculazione affaristica che sta prosperando nella pandemia. I tamponi debbono essere gratuiti. La loro produzione va incrementata e posta sotto controllo pubblico. Va fatta un'assunzione immediata di personale, a tempo indeterminato, per provvedere all'esecuzione pratica dei test, al lavoro di laboratorio e delle ASL. Le scuole debbono essere anche hub vaccinali. Va assunta a tempo indeterminato una nuova leva di personale sanitario da impiegare nella vaccinazione, nei pronto soccorso, nella medicina territoriale, nell'assistenza domiciliare...
Ma anche solo per predisporre queste misure di emergenza è necessario imporre una patrimoniale sulle grandi ricchezze, cancellare il debito pubblico verso le banche, abbattere le spese militari. In altri termini, mettere in discussione il funzionamento complessivo della società e la logica capitalista.
Il caos che imperversa ad ogni livello nella gestione della pandemia dipende in ultima analisi dal fatto che siamo sotto la dittatura del profitto. I governi borghesi affrontano la pandemia solo entro i limiti angusti compatibili con la ripresa capitalista, una ripresa ingrassata con risorse pubbliche gigantesche riversate nel portafoglio dei capitalisti, e sottratte alla sanità, all'istruzione, ai servizi.
Per capire la mostruosità dell'attuale organizzazione dell'economia internazionale è sufficiente un dato: nei due anni tragici della pandemia, che viaggia ormai verso i sei milioni di morti (per parlare solo di quelli registrati), le Borse mondiali hanno celebrato il record del dopoguerra. Migliaia di miliardi pompati dalle banche centrali e dai bilanci statali si sono riversati nell'acquisto delle azioni, che hanno visto così lievitare i propri valori e i relativi dividendi a livelli mai visti.
La catastrofe dell'umanità da un lato, il più grande successo del capitale finanziario dall'altro. Senza liquidare il parassitismo del capitale non è possibile venire a capo di nulla, men che meno della pandemia. Per questo la migliore terapia contro il Covid è un governo dei lavoratori e delle lavoratrici.