La candidatura di un antiabortista a Presidente della Repubblica da parte di Rizzo e PRC
«Quella [la candidatura] di Paolo Maddalena è un’ottima proposta che come Rifondazione Comunista non possiamo che apprezzare non solo perché tra proponenti ci sono anche parlamentari che ci rappresentano e collaborano con noi. Maddalena è un giurista che da anni condivide con noi la critica del neoliberismo [...] È un giurista democratico che crede fermamente nei principi costituzionali [...] Un candidato che [...] risponde al principale requisito per un Presidente della Repubblica: essere il garante della Costituzione.». È la pubblica dichiarazione di Maurizio Acerbo che campeggia sul sito del Partito della Rifondazione Comunista.
Disgraziatamente Paolo Maddalena, ex membro della Corte Costituzionale, a lungo consulente della DC all'epoca della Prima Repubblica, è un fervente cattolico antiabortista, nemico della legge 194 che accusa di aver «provocato milioni di morti innocenti». Siccome la Costituzione tutela la vita, si tratta di una legge anticostituzionale che va cancellata (post Facebook di Paolo Maddalena, 22 maggio 2018). Questa posizione reazionaria non appartiene solamente alla biografia della persona, ma anche al suo orientamento attuale. Com'è possibile che partiti della sinistra di classe possano presentare come “candidato dell'alternativa” (testuale) un ex magistrato antiabortista?
Di certo non si può sostenere che il tema dell'aborto sia materia secondaria, visto che riguarda direttamente metà del genere umano e un diritto democratico universale, oltretutto oggetto oggi di scontro e mobilitazioni di massa del movimento delle donne in ogni angolo del pianeta. Il fatto che sia stata eletta alla Presidenza del Parlamento europeo una dichiarata antiabortista (la maltese Roberta Metsola), votata anche dal centrosinistra, è la riprova della sua attualità. Né si può sostenere che il tema non riguardi la materia istituzionale, visto che rientra più che mai nel rapporto tra Stato e Chiesa, per di più in Italia, per di più in un contesto politico di conflitto aperto riproposto dal tema dell'eutanasia. Ribadiamo dunque la domanda: come è possibile che Rifondazione Comunista e Potere al Popolo possano aver anche solo pensato di candidare un simile personaggio alla Presidenza della Repubblica?
Capiamo l'entusiasmo con cui il PC di Marco Rizzo sostiene la candidatura di Maddalena. Per un partito stalinista tendenzialmente misogino, che contrappone i diritti sociali ai diritti civili, la candidatura di un antiabortista, nemico dichiarato dei matrimoni gay, è persino naturale. Ma cosa c'entrano con tutto questo PRC e PaP, da sempre presenti nei diversi movimenti di emancipazione e liberazione?
Abbiamo letto che ieri sera PaP ha ritirato il proprio sostegno a Maddalena, dopo l'esplosione dello scandalo sui social. Potremmo dire: meglio tardi che mai. Anche se il ripetersi di pentimenti tardivi (dopo quello sul candidato D'Orsi pro PD a Torino) qualche interrogativo dovrebbe porlo sulla chiarezza della linea.
E tuttavia sarebbe troppo semplice liquidare la questione come un errore. Non solo perché la candidatura resta in piedi col pieno sostegno del PC e del PRC. Ma anche perché la candidatura di Maddalena è in ultima analisi il riflesso condizionato di un orientamento politico culturale aclassista presente da tempo nella galassia post-Rifondazione. È l'eterna ricerca di candidati civici, al di sopra dei partiti e della classi, nel nome della Costituzione (borghese) di De Gasperi e Togliatti come “Costituzione di tutti”. È la ricerca che ha selezionato Ingroia e Di Pietro, poi Barbara Spinelli, e oggi De Magistris, recentemente proposto dal PRC come candidato dell'alternativa per le prossime elezioni politiche. Persone certo diverse tra loro in fatto di biografie personali, ma tutte attinte da un vivaio populista di sinistra. Che può anche mimare, all'occasione, una retorica sociale antiliberista, spesso peraltro declinata in chiave sovranista e patriottica (“difesa della sovranità dell'Italia dalla finanza tedesca e dalla burocrazia di Bruxelles”, ecc. ecc.), come spesso fa anche la cultura reazionaria. Ma assumere queste pose come prova di affidabilità, anche solo democratica, significa prendere lucciole per lanterne e andare inevitabilmente a schiantarsi.
E infatti. Ogni volta i candidati civici prescelti cui viene affidato (sempre solennemente) il futuro della sinistra, si rivelano bidoni autocentrati, unicamente vincolati al mandato del proprio ego e delle proprie ambizioni. Ogni volta segue l'immancabile autocritica, più o meno impacciata, di chi li ha proposti. Ma ogni volta si ricomincia da capo come se nulla fosse accaduto. L'infortunio di Maddalena antiabortista non è minore dell'infortunio di Ingroia e Di Pietro questurini, contrari persino all'indagine sulla polizia del G8 di Genova. Quando si cercano candidati al di sopra delle classi, “amici del popolo” (e dello Stato), è un esito fatale. Non un'eccezione ma la norma, aggravata dalla coazione a ripetere.
Come Partito Comunista dei Lavoratori ritroviamo in tutto questo una ragione in più per confermare la nostra politica classista, proprio per questo coerente anche sul terreno democratico. Una sinistra che non ritrovi coerentemente il proprio campo di classe difficilmente avrà un futuro diverso dal suo presente.