L'appello “Ora l'unità. Per il partito comunista in Italia” è una truffa. Lo è sia dal punto di vista dell'evocazione unitaria che dei contenuti di merito. Infatti non è né unitario né comunista.
Innanzitutto non è unitario, se non nella finzione retorica. Da un lato liscia il pelo alla domanda di un'indistinta unità comunista di tanti compagni e compagne indirizzandola verso i partiti comunisti italiani, i loro gruppi dirigenti, i loro segretari. Come dire “noi siamo per l'unificazione di tutti, chi non ci sta ne risponda”. Dall'altro lato lo stesso appello afferma giustamente che l'unificazione «può verosimilmente avvenire solo sulla base prioritaria ed essenziale di una forte affinità ideologica e politico-teorica tra le parti». Un concetto ribadito in modo insistente nella lettera aperta di accompagnamento dell'appello, e nell'immediato commento di plauso di Marco Rizzo.
Bene. Noi siamo d'accordo con questo concetto. Una unificazione senza una base programmatica comune sarebbe un pasticcio senza futuro. È fallita con Rifondazione nonostante disponesse di un bacino di massa, a maggior ragione fallirebbe come operazione a freddo tra piccoli partiti. Ma se gli stessi primi firmatari dell'appello pongono come condizione dell'unificazione la «forte affinità ideologica e politico-teorica» sono loro stessi a confessare che l'unificazione generale evocata dall'appello con toni retorici, solenni e struggenti, è solo una finzione penosa. L'unificazione proposta è, legittimamente, quella tra chi condivide le posizioni di Marco Rizzo e Fosco Giannini. Un'unificazione in casa propria. Auguri, ma cosa c'entrano gli altri?
Ma soprattutto le posizioni di merito di Marco Rizzo e Fosco Giannini, poste a condizione dell'unità dei comunisti, non hanno nulla a che vedere col comunismo.
La sostanza dell'appello è la seguente: siccome il mondo cammina verso la guerra, occorre stringersi attorno alla Cina di Xi Jinping quale «cardine del fronte antimperialista in progress», e attorno alla Russia di Putin «avversario politicamente indomabile» dell'imperialismo. Bisogna che si «osteggi ogni equidistanza tra l'imperialismo USA e dei suoi alleati e la Repubblica Popolare Cinese». Va rivendicata l'uscita dell'Italia dalla NATO, dalla Unione Europea, dall'euro, per recuperare la sovranità nazionale dell'Italia, oggi svenduta a Bruxelles e ridotta a un paese Quisling.
È una legittima posizione sciovinista. Quella contro cui nacque la Terza Internazionale comunista.
1) Se il mondo cammina verso una possibile guerra occorre contrapporsi a tutti gli imperialismi nel nome della fraternizzazione internazionale degli operai. “Il nemico è in casa nostra” è la parola d'ordine essenziale. In casa nostra il nemico è innanzitutto l'imperialismo USA, gli imperialismi europei, e l'imperialismo italiano. Imperialismi dei quali vanno denunciati e sbugiardati gli interessi economici, militari, diplomatici, fautori di guerra, a partire dalla NATO. Ma la contrapposizione al nemico di casa nostra va fatta dall'angolo di visuale della nostra classe e di una prospettiva di rivoluzione, non dal versante degli imperialismi rivali e dei loro interessi.
La Cina è oggi una potenza imperialista che saccheggia buona parte dell'Africa, usa l'arma del debito come strumento di dominio su altre nazioni, contende palmo a palmo all'imperialismo d'occidente il controllo delle zone di influenza, esercita sfruttamento sui salariati di casa propria cui nega spesso i diritti sindacali più elementari. Lo stesso vale, in forma diversa e più limitata, per la Russia. Perché allora i lavoratori italiani, europei, americani, che giustamente vanno chiamati a denunciare i propri governi e i propri sfruttatori, dovrebbero sostenere l'imperialismo cinese? E perché dovremmo chiamare gli operai cinesi e russi a solidarizzare coi propri governi e i propri imperialismi nella spartizione delle zone di influenza?
L'appello di Rizzo e Giannini oltretutto non solo sostiene l'imperialismo cinese ma addirittura lo presenta come “cardine del fronte antimperialista”. Quindi, se le parole hanno un senso, come guida e faro del proletariato mondiale. È una posizione delirante, in ogni caso antiproletaria e anticomunista.
2) L'Italia non è affatto un “paese Quisling”, cioè una colonia o semicolonia degli USA e di Bruxelles. È un paese imperialista, seconda potenza industriale d'Europa, in concorrenza con l'imperialismo tedesco per l'egemonia nei Balcani, impegnato a contendere alla Francia l'egemonia in Nord Africa, interessato a pattuire con la Francia una penetrazione economica in Africa. Certo, dobbiamo rivendicare la rottura dell'Italia con la NATO e con l'Unione Europea imperialistica, ma dal versante degli interessi della nostra classe, in solidarietà con i lavoratori tedeschi, francesi, americani, per una comune prospettiva internazionale anticapitalista e socialista. Viceversa, contrastare la NATO e la UE nel nome della sovranità mutilata dell'Italia, cioè dell'imperialismo italiano, significa lisciare il pelo alle destre reazionarie e alla loro retorica nazionalista. “Via dalla NATO, dalla UE, dall'euro” senza altre specificazioni è oggi formalmente uno slogan anche di Forza Nuova e CasaPound. È un fatto. Non diciamo ovviamente che “allora Rizzo è fascista”. Diciamo che le sue posizioni lisciano il pelo alla destra, la quale spesso ricambia con toni affettuosi. È la filosofia del rossobrunismo, cara a Diego Fusaro, quella del superamento del vecchio confine tra destra e sinistra, quella che contrappone i diritti sociali ai diritti civili... Appunto le posizioni di Rizzo. Cosa c'entrano i comunisti con tutto questo?
Colpisce che in un appello che si offre come fondamento dell'unità comunista non vi sia alcun cenno alla prospettiva socialista, né ad un programma d'azione anticapitalista, né a un bilancio dei decenni passati.
Le uniche misure della borghesia italiana che vengono denunciate sono quelle prese dai governi degli ultimi anni, dall'articolo 18 in su. Nulla invece sulle responsabilità determinanti dei governi di centrosinistra che Marco Rizzo e Fosco Giannini hanno appoggiato. Quei governi che hanno realizzato il lavoro interinale, il record delle privatizzazioni in Europa, il bombardamento su Belgrado, la detassazione dei profitti di industrie e banche, il finanziamento delle missioni militari in Afghanistan. Su tutto questo un pietoso silenzio, e non è un caso. L'unificazione attorno a Rizzo e Giannini non può che rimuovere pudicamente le responsabilità di entrambi. Anche in fatto di sostegno alla NATO.
In conclusione. L'unità dei comunisti è buona e giusta, ma può avere un futuro solo se avviene in un partito comunista, quindi attorno ai principi del marxismo rivoluzionario: l'indipendenza di classe da ogni governo borghese e da ogni imperialismo; una prospettiva socialista internazionale; la riconduzione degli obiettivi immediati di lotta ad una prospettiva di rivoluzione. Erano i fondamenti su cui venne fondato il Partito Comunista d'Italia nel 1921, il partito diretto da Bordiga, Gramsci, Tresso. Il partito distrutto politicamente dal PCI per mano di Stalin,Togliatti, Secchia.
Il PCL è interessato a ricostruire il PCd'I, Marco Rizzo a riesumare il PCI. Non può esserci confusione tra due prospettive tra loro incompatibili. Da un lato i comunisti, dall'altro gli stalinisti.