♠ in Almaviva,art.18,Carta dei diritti universali del lavoro,CGIL,jobs act,referendum Alitalia,rinnovo CCLN metalmeccanico,scioperi Fincantieri,Testo unico sulla rappresentanza,voucher at 14:53
Per sabato 6 maggio la
CGIL ha indetto una manifestazione nazionale a Roma a sostegno della
proposta di legge di iniziativa popolare “Carta dei Diritti Universali
del Lavoro”, un nuovo Statuto dei lavoratori, nato dalla capitolazione
della CGIL al Jobs Act. Una manifestazione lanciata sottotono e in
assenza di un programma di mobilitazioni, dentro un percorso della CGIL
segnato ormai da tempo dall’abbandono del conflitto e dalla mancanza di
una strategia sindacale che si fondi sui bisogni materiali dei
lavoratori, e che sia in grado di portare miglioramento alle condizioni
del lavoro salariato e di conquistare diritti e salari.
L’affidamento che la CGIL pone ad un parlamento borghese non solo porterà a dubbi risultati in termini di riconquista di qualche diritto, ma addirittura potrebbe essere dannosa per la coscienza della classe operaia. La stessa Carta dei diritti è nata nel segno della debolezza perché è costruita sull’impianto del Testo unico sulla rappresentanza, che accresce diritti e prerogative delle organizzazioni sindacali a scapito dei lavoratori e delle lavoratrici, che vedono, per esempio, vincolata la possibilità di opporsi e scioperare contro gli accordi a favore dell’esigibilità padronale; e perché non si prefigge la riconquista dell’art. 18 con l’eliminazione del Jobs Act e di tutte le leggi precarizzanti.
Una manifestazione depotenziata dalla sospensione della campagna – per quanto debole nello svolgimento e nei contenuti - sui tre referendum, quello sull’articolo 18, bocciato dalla Corte Costituzionale che ha giudicato errata la formulazione del quesito, quello sull’abolizione dei voucher e quello sulla responsabilità solidale negli appalti, superati nei fatti da un decreto legge che il governo ha varato per paura di una ulteriore sconfitta, dopo quella subita per il referendum costituzionale.
La CGIL festeggia per quello che giudica un suo successo, ma la verità è che la cancellazione dei voucher, senza la soppressione di tutte le leggi che precarizzano il lavoro, è insufficiente; il governo è già impegnato ad aggirare l’ostacolo con altre proposte legislative (si è già parlato non a caso di introdurre forme di lavoro precario come i mini jobs). La stessa campagna di raccolta firme per i referendum è stata peraltro condotta nel vuoto più totale della mobilitazione, e nei fatti, dopo la resa davanti al pesante attacco padronale e governativo, questa manifestazione si prefigura come l’ennesima sfilata che rischia di incrementare la passivizzazione della classe lavoratrice. Se si aggiunge che la CGIL è lontana anche da qualsiasi mobilitazione sociale, come ha dimostrato per esempio con il rifiuto di proclamare lo sciopero generale in occasione dello sciopero internazionale delle donne dell’8 marzo, il quadro che ne esce mostra una grande debolezza e inconsistenza di questa iniziativa. In questi anni, grazie al sistematico tradimento della direzione maggioritaria del movimento operaio i lavoratori hanno subito enormi arretramenti.
Un peso non indifferente lo hanno le responsabilità delle burocrazie sindacali, soprattutto della CGIL, per il ruolo storico di consenso e rappresentanza che ha avuto questo sindacato nelle grandi masse di lavoratori. Ogni passo indietro della CGIL ha contribuito all’arretramento della coscienza collettiva. Il perseguire di politiche di accomodamento e compatibilità, accompagnato da pratiche di frantumazione delle lotte di resistenza, ha favorito disgregazione e sconfitte. Bisogna invertire la rotta e liberare le potenziali forze dei lavoratori.
Nella stagione passata i lavoratori francesi nonostante l’assenza di una direzione realmente conseguente sono stati in grado di mobilitarsi contro il Jobs Act d’oltralpe, e dentro un quadro di isolamento nel contesto europeo hanno subito una battuta d’arresto; mentre in Italia la CGIL aveva già capitolato al governo e al padronato. Anche nel nostro Paese ci sono stati e ci sono tuttora importanti episodi di resistenza che vengono da ampi settori di classe. Basti pensare alla resistenza dei lavoratori Almaviva, alla campagna per il no nel rinnovo del CCNL metalmeccanico, che ha ottenendo un risultato del 40% nelle grandi fabbriche, alle lotte della logistica, agli scioperi in Fincantieri a Palermo, e per ultimo lo straordinario risultato del referendum Alitalia, in cui i lavoratori e le lavoratrici hanno respinto l’ennesimo accordo capestro. Serve dare una svolta alle lotte. Questi segnali di resistenza non possono essere lasciati soli ad affrontare lo scontro di classe. Serve fare un salto di qualità dotandosi di un programma efficace per contrastare le nostre controparti e unificando le numerose battaglie disperse.
Bisogna organizzare una grande assemblea nazionale di delegati eletti nei posti di lavoro per varare un piano di lotta efficace, sostenuto da parole d’ordine che devono essere tanto radicali quanto radicale è l’aggressione in atto, e che sia in grado di mobilitare milioni di salariati e sfruttati contro il padronato e il governo.
Ritiro di tutte le leggi precarizzanti (dal pacchetto Treu al Jobs Act); riduzione generalizzata dell’orario di lavoro a parità di salario; rivendicazione di un salario sociale per i disoccupati e per chi è in cerca di una occupazione; blocco dei licenziamenti; esproprio senza indennizzo delle aziende che chiudono e licenziano, comprese le società dei trasporti (Trenitalia e Alitalia), con la rivendicazione della nazionalizzazione sotto il controllo di chi lavora, devono essere parte del piano di lotta. È necessario mettere in campo una mobilitazione prolungata, radicale e di massa, sostenuta da una cassa di resistenza nazionale per finanziare gli scioperi. Bisogna arrivare ad un vero sciopero generale ad oltranza, perché è l'unica via capace di opporre una resistenza reale all'aggressione sociale di padronato e governi. L'unica via che può realmente incidere sui rapporti di forza e strappare risultati.
Queste rivendicazioni e questo piano di lotta dovrebbero fare parte del programma messo in campo da un sindacato combattivo e di classe.
Il Partito Comunista dei Lavoratori, attraverso i propri militanti, è impegnato ogni giorno in ogni fronte di lotta, dentro i sindacati conflittuali e dentro la CGIL, per portare avanti questo programma, consapevoli che solo una lotta che metta in discussione il sistema capitalistico può essere il primo passo per la liberazione di tutti gli sfruttati.