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Ischia. La violazione della legge e la legge del capitale

 


Il disastro di Ischia occupa lo schermo dell'informazione. Nessuno tra i grandi organi di stampa e della televisione può addebitare il fatto ad un destino cinico e baro, o all'inclemenza imprevedibile della natura. E tuttavia nell'individuare “le responsabilità dell'uomo” si tende ad attribuire il ripetersi di questi eventi all'incuria della popolazione che ne è vittima, ai sindaci del territorio, alla piaga dell'abusivismo, a questo o quell'altro decreto che in passato l'ha coperto e incoraggiato. Un'interpretazione povera del fenomeno, che finisce col rimuovere le cause strutturali e di fondo di questi eventi: la criminalità della società capitalista. A monte e a valle.


Naturalmente l'abusivismo esiste, e a Ischia è stato un fattore importante. Ma non tutti i disastri sono il prodotto dell'abusivismo, e lo stesso ha bisogno di una spiegazione che vada al di là della pura individuazione e denuncia.
L'abusivismo impera laddove manca la pianificazione edilizia ecologicamente compatibile. E questa manca anche e soprattutto in presenza della cosiddetta urbanistica contrattata. I sindaci negoziano direttamente coi costruttori i piani regolatori. Per incassare gli oneri di urbanizzazione concedono licenze edilizie a più non posso. In altri termini, i piani regolatori sono fatti a uso e consumo degli interessi dei costruttori. Ma perché i sindaci ricorrono a mani masse all'urbanistica contrattata? Perché i governi centrali (di ogni colore) tagliano regolarmente i trasferimenti pubblici ai comuni per pagare il debito pubblico alle banche con i relativi interessi. Dal 2008 al 2016 sono stati tagliati ai comuni 18 miliardi. Altri tagli sono stati fatti successivamente dai governi Conte e Draghi. A loro volta i comuni, per compensare i tagli, si indebitano con le banche e poi tagliano le spese per pagare il debito. L'urbanistica contrattata e la piaga dell'abusivismo sono l'effetto terminale di questa dinamica.

Va aggiunto che questa logica, che direttamente e indirettamente subordina al profitto la cura del territorio, agisce anche in assenza di abusivismo nel quadro di piani regolatori perfettamente in regola con la legge. Ricordiamo che gli stessi decreti che hanno liberalizzato l'abusivismo negli ultimi quarant'anni (in particolare del governo Spadolini nell'82, poi del governo Craxi nell'85, poi dei governi Berlusconi nel '94 e nel 2003, poi del governo Conte-Salvini nel 2018) sono stati tutti motivati pubblicamente dalla necessità di fare cassa per pagare il debito pubblico alle banche e alle compagnie di assicurazione. Non è dunque la violazione della legge la prima responsabile del crimine ma la legge del capitale.

Ridurre all'abusivismo la responsabilità dei disastri nasconde anche un altro fattore decisivo: l'incuria del territorio da parte dei governi centrali e delle relative leggi finanziarie.
Negli ultimi decenni non si sono tagliate solamente le spese per la sanità e l'istruzione, come tutti sappiamo, ma anche le spese ambientali. Sia le spese per la Protezione Civile, che presidia i soccorsi, sia soprattutto le spese per il riassetto idrogeologico del territorio. In Italia secondo l'attuale capo della Protezione Civile «il 94% dei nostri comuni è minacciato dal dissesto idrogeologico» (La Stampa, 28/11). Eppure proprio gli investimenti contro il dissesto sono stati impietosamente tagliati dallo Stato centrale. Persino il famigerato PNRR – simbolo reclamizzato della ripresa e resilienza della nazione, secondo il linguaggio meloniano – destina al dissesto idrogeologico 2,5 miliardi su 229 da qui al 2026. Praticamente nulla. E per di più a debito, come il grosso dei soldi del PNRR. E come mai questi tagli sistematici sull'investimento ambientale? Ancora una volta per pagare il debito pubblico alle banche coi relativi interessi. Il capitale finanziario è sempre l'alfa e l'omega dei disastri e dei crimini.

A tutto questo si aggiunge nell'epoca attuale la moltiplicazione dei cosiddetti fenomeni naturali estremi, prodotto ultimo del cambio climatico connesso al riscaldamento del pianeta. Un inquinamento dettato dal peso pregresso e perdurante delle energie fossili, e dall'incapacità del capitalismo mondiale di governare una transizione ecologica vera, imprigionato com'è dalla guerra dei poli imperialisti gli uni contro gli altri armati per la spartizione delle zone d'influenza, delle materie prime, ed anche del nuovo mercato mondiale delle rinnovabili. La soluzione inventata dall'ultimo summit ambientale a Il Cairo (COP 27) è emblematica: nulla per il rispetto del famoso obiettivo del contenimento a 1,5 dell'aumento di temperatura rispetto all'età preindustriale, obiettivo molto modesto in realtà, e purtroppo già archiviato dalla dinamica in corso. In compenso un fondo finanziario internazionale per pagare i costi di inondazioni, alluvioni, stragi. In altri termini la monetizzazione dei crimini ambientali.

Chi pensa di poter riformare questa organizzazione capitalistica del mondo con buoni consigli e appelli ai governi è un inguaribile utopista. Oggi più che mai possiamo dire: solo una rivoluzione può cambiare le cose.

Partito Comunista dei Lavoratori

Alluvione a Casamicciola. A quando la prossima?

Basta con le geotragedie!



Ancora una volta una catastrofe colpisce Casamicciola, nell’isola di Ischia.
Diversi terremoti, l’ultimo nel 2017 con le macerie ancora non rimosse, frane (2009), alluvioni. Il tutto senza la partenza di un intervento di tutela idrogeologica su un territorio notoriamente fragile.

Ma Casamicciola non è un caso isolato; centinaia di geotragedie (come dimenticare Giampilieri?) si sono consumate nell’inerzia totale colpendo, in particolare, il territorio meridionale, quello più esposto a pericoli di ogni sorta.

Altro che Ponte sullo stretto!

Il PCL si batte per una nuova politica: colpire i patrimoni frutto di abusivismo e speculazioni capitalistiche, reperire le risorse per un reale risanamento ambientale soggetto a un controllo di massa.
Solo un governo dei lavoratori potrà procedere fino in fondo su questa strada.

Partito Comunista dei Lavoratori - Commissione meridionale

La manovra economica della destra

 


Una truffa per i salariati. Un colpo alla popolazione povera

I conti in tasca alla manovra della destra sono molto semplici. Una manovra di 32 miliardi di cui ventuno sulle bollette, recita lo spartito di Palazzo Chigi. Ma non vuol dire nulla. Il punto è capire da chi prendono i soldi e a chi vanno, a fronte di una mattanza salariale senza precedenti (+13% di aumenti sul carrello della spesa con stipendi in calo).

Ventun miliardi “sulle bollette” sono in deficit, cioè ricavati dalla vendita di titoli di stato a banche e assicurazioni, che andranno ripagate con tanto di interessi (a tassi accresciuti). Dunque messi a carico della fiscalità generale (che grava all'80% su salariati e pensionati) o finanziati dal taglio futuro alle spese sociali. In ogni caso pagati da lavoratori e lavoratrici.

In cosa consiste il beneficio, e a chi va? Una prima voce riguarda il sussidio per benzina e gasolio alla pompa. Un sussidio che però si riduce del 40%. Dai 25 centesimi attuali a 15 centesimi, per la durata di tre o quattro mesi. Il mantenimento del sussidio integrale “costerebbe un miliardo al mese” dichiara Fazzolari, responsabile economico di Fdi, e dunque l'elemosina viene dimezzata. I risparmi ricavati andranno in aiuti per il caro bollette di ospedali e amministrazioni locali (costi extra del trasporto pubblico): 1,9 miliardi alla sanità, a fronte di un calo progressivo della spesa sanitaria sul PIL già programmato dal DEF; 350 milioni ai trasporti; più 200 milioni alla regione Marche per le recenti alluvioni. In poche parole qualche cerotto mal messo sulle emergenze sociali a spese della popolazione povera, mentre si alza a 5000 euro il tetto al contante a vantaggio degli evasori, e si revoca persino la misura annunciata del taglio dell'IVA su pane e latte perché “troppo costosa”.

Una voce centrale della manovra riguarda le imprese, che si vedono confermati e maggiorati i benefici elargiti da Draghi. Maggiorazione del credito d'imposta (dal 30% al 35%) per bar, ristoranti, piccole attività. Maggiorazione dal 35% al 40% dei bonus fiscali alle imprese a forte consumo di energia elettrica e gas. Rifinanziamento per 500 milioni delle agevolazioni fiscali per le imprese che investono in macchinari. Rinnovo di un anno del credito d'imposta per attività di formazione 4.0. Sostegno con nuove risorse (pubbliche) al made in Italy. Inoltre si prevede l'estensione della flat tax al 15% per le partite IVA che raggiungono gli 85000 euro l'anno, e una flat tax sempre per le partite IVA sui cosiddetti redditi incrementali, cioè sull'aumento di reddito annuo rispetto alla media dei tre anni precedenti. A fronte di un fisco che già si appoggia quasi integralmente sui salariati, si amplia ulteriormente il principio discriminatorio a loro danno.

Il governo cerca di mascherare la realtà, vantando l'investimento di 4,2 miliardi per aumentare la busta paga dei dipendenti attraverso la riduzione del cuneo fiscale. È una truffa. Si tratta di un taglio dei contributi previdenziali a carico dell'erario pubblico senza che i padroni debbano scucire un solo euro. Non a caso l'operazione cuneo fiscale è una bandiera di Confindustria, che chiede formalmente una riduzione di 16 miliardi pagata col taglio del 4% della spesa pubblica. Il governo dà un primo acconto al padronato muovendosi nella direzione richiesta. Per i salariati un apparente beneficio di 10 euro netti al mese in busta paga (a proprie spese), per i padroni la decontribuzione totale per le assunzioni under 36. Un'operazione simbolo dell'età renziana che ha saccheggiò il bilancio pubblico senza un solo vero occupato in più.

L'abbattimento del reddito di cittadinanza finanzia la riduzione del cuneo fiscale. Il governo muove verso la soppressione del reddito nel 2024 per tutti “gli occupabili”. Ossia per coloro che, tra i 18 e i 59 anni, “possono lavorare”. La misura è odiosa. Colpisce chi non trova lavoro, attribuendogli la colpa della propria miseria. Colpisce coloro che lavorano per 3/4 euro all'ora e per questo beneficiano di un sussidio di integrazione. Complessivamente milioni di persone, concentrate soprattutto nel Sud ma non solo, a fronte di una crescita impressionante della povertà assoluta documentata da tutti i rilevatori. L'operazione risponde a un duplice scopo. Da un lato ricava risorse da destinare alle imprese, dall'altro abbatte uno scudo, per quanto precario, di difesa sociale dal supersfruttamento. Che è la vera ragione della canea piccolo e medio-borghese a favore dell'abolizione del reddito. Il governo onora una cambiale presso il proprio elettorato, ma si espone al rischio di un contraccolpo sociale.

Sulle pensioni la truffa è non meno scoperta. “Evitare il ritorno della legge Fornero” è stata una bandiera propagandistica della destra, in particolare di Salvini. In realtà, com'è noto, la legge Fornero non è stata mai abrogata da nessuno, e nessuno dei partiti borghesi rivendica la sua cancellazione. In una società che invecchia, anche in ragione della miseria crescente, la previdenza è un costo troppo grande (più 50 miliardi entro il 2025) per chi deve pagare il debito pubblico alle banche. Si ragiona pertanto solo di finestre per piccole quote di salariati. La soluzione fresca di giornata è quella di quota 63, 41 anni di anzianità contributiva e 62 di vecchiaia, con penalizzazione per chi ne usufruisce. Per di più, siccome, al netto del deficit sulle bollette, ogni spesa si deve autofinanziare all'interno del proprio settore, l'obolo di quota 63 viene pagato dalla riduzione dell'indicizzazione delle pensioni per chi riceve una pensione di 2100 euro lordi. Mentre le pensioni minime vengono portate a 570 euro: il nulla rispetto ai 1000 euro promessi in campagna elettorale.

La conclusione è una sola. Nel momento della nuova precipitazione della crisi sociale, il governo non ha nulla da offrire alla classe operaia. La sua manovra combina la continuità della politica economica di Draghi con le marchette offerte alla piccola e media borghesia, ai suoi privilegi, ai suoi umori reazionari. La sola rendita di posizione di cui l'esecutivo dispone è la pace sociale offerta dalle burocrazie sindacali. Una piattaforma di lotta generale che possa unire gli sfruttati è l'unico modo di sbarrare la strada alla reazione.

Partito Comunista dei Lavoratori

Qatar, lo spettacolo può iniziare

 


Il calcio d'avvio in una pozza di sangue

20 Novembre 2022

Per capire cos'è il capitalismo basta guardare al mondiale di calcio che si apre in Qatar. Gli emiri qatarini hanno comprato nel 2010 l'assegnazione dei giochi a suon di mazzette. Il governo francese di Sarkozy ha sponsorizzato la richiesta in cambio dell'acquisto di armi francesi. Un vero "Qatargate" che ha coinvolto nella pubblica corruzione i massimi dirigenti del calcio mondiale.

Nel frattempo dal 2010 a oggi quasi settemila lavoratori immigrati sono morti in Qatar nei famigerati cantieri del mondiale. Operai indiani, pakistani, bengalesi, nepalesi, costretti a lavorare al sole per 12 ore di fila a 45 gradi, morti per lo più di infarto. Operai schiavizzati, privi di ogni diritto, impossibilitati a spostarsi dal luogo di lavoro, con cellulare e passaporto posti sotto sequestro dai loro padroni. Un campionario dell'orrore.

Non è tutto. Il regime del Qatar calpesta i diritti più elementari delle donne, considera pubblicamente “malati” gli/le omosessuali, disprezza la comunità LGBT. Immagini o gesti che possano evocare la libertà sessuale saranno banditi dal mondiale, assicurano le autorità. Del resto il Qatar è il tempio internazionale dei Fratelli Musulmani, il suo oscurantismo misogino è degno della tradizione. Quanto agli scrupoli ambientali, la promessa retorica degli “stadi verdi”, spesa in anni di propaganda ingannevole, si è risolta nell'esatto opposto: sette stadi dove la temperatura si mantiene a 20 gradi quando fuori ce ne sono il doppio. 3,6 milioni di tonnellate di CO2, un tasso d'inquinamento quasi doppio di quello prodotto in Russia nel campionato del 2018.

In compenso, il Qatar ha pubbliche virtù per il capitale. Produce e vende gas in grandi quantità e a prezzi contenuti. E soprattutto è un grande committente per la produzione bellica internazionale. Da dieci anni l'emiro sta allestendo la propria potenza militare, in particolare nella flotta. Fincantieri è in prima fila nella costruzione della marina militare del paese, non senza sgomitamenti con la concorrenza francese. Del resto, in tempi di guerra tutti gli imperialismi vecchi e nuovi si affacciano alla corte del Qatar, offrendo e chiedendo servizi.

L'imperialismo russo e quello cinese onorano l'emiro con naturale disinvoltura: non hanno bisogno di salvare l'apparenza. Gli imperialismi liberali d'Occidente non sanno invece dove nascondere la faccia. Mascherano la propria ipocrisia dietro i fuochi d'artificio dello spettacolo. Panem et circenses è in fondo una ricetta millenaria, al pari della schiavitù.

Partito Comunista dei Lavoratori

Due mesi di ribellione in Iran

 


Per una manifestazione nazionale a sostegno della rivolta contro il regime teocratico

È iniziata la decima settimana di ribellione di massa in Iran contro il regime teocratico. Era il 16 settembre quando la ventiduenne curda Mahsa Amini fu assassinata a bastonate dalla polizia religiosa perché portava irregolarmente il velo. Da allora un fiume di proteste ha attraversato il paese, coinvolgendo ampi settori della gioventù, a partire dalle università e dalle scuole, e l'avanguardia della classe operaia iraniana.

La repressione del regime ha ucciso oltre 300 manifestanti, tra i quali 41 minori. Ma non basta. Domenica 6 novembre 227 parlamentari iraniani integralisti hanno votato una mozione che chiede alla magistratura iraniana di condannare a morte le centinaia di persone arrestate che ora si trovano in galera. La mozione votata denuncia gli arrestati come “mohareb” che significa “nemici di Dio”, responsabili con i loro assembramenti di aver attentato alla sicurezza nazionale, e dunque meritevoli di pena capitale.

Naturalmente gli avvenimenti iraniani, come ogni fatto internazionale, incrociano le attenzioni delle potenze imperialiste, ognuna nel suo proprio interesse. L'imperialismo russo solidarizza col regime teocratico di Teheran che lo sta rifornendo di quei droni militari che bombardano senza pietà le citta dell'Ucraina. Gli imperialismi occidentali, rivali dell'imperialismo russo e cinese, si affrettano invece a dichiarare il proprio appoggio ipocrita alle manifestazioni di protesta, nel mentre allargano la NATO sulla pelle del popolo curdo. Gli imperialismi vecchi e nuovi sono tutti banditi senza scrupoli. Chi attende soluzioni dalla loro diplomazia non fa che ingannare l'umanità.

La verità è che la rivolta iraniana, come ogni autentica ribellione di massa, ha un solo possibile alleato: il movimento operaio internazionale e i popoli oppressi del mondo. In Germania settimane fa una enorme manifestazione nazionale a Berlino ha rivendicato il sostegno alla rivolta iraniana nel nome di “donna, vita, libertà”. A quando un'analoga manifestazione unitaria delle sinistre italiane?

Partito Comunista dei Lavoratori

Ciao Bianca. Comunque vada sarà una vittoria

 


...i'm not going to carry banners of defeat and wear shackles of resignation...




La compagna Bianca Cerri ci ha lasciato. Le è stato fatale questo stramaledetto Covid, che mesi fa ce l'ha portata via senza senza che potessimo rivederla un'ultima volta, senza che potessimo perfino accorgercene. D'altra parte non amava le luci della ribalta, Bianca, lei che faceva di tutto perché le luci si indirizzassero altrove, dove era sempre e solo buio pesto, dove in pochi potevano o volevano guardare.

Abbiamo incrociato Bianca a Roma tanti anni fa, alla ricerca di un interprete per un compagno greco. Lei, che conosceva sette lingue, accettò divertendosi, senza nemmeno chiederci chi fossimo. Da allora è stata sempre, generosamente, al nostro fianco, come è stata al fianco di altri e di chiunque le chiedesse un aiuto, chiunque le proponesse di fare qualcosa insieme, fosse pure nello spazio di un pomeriggio.

"Continuo a collaborare come posso e resto incrollabilmente fedele agli ideali del comunismo, che sono stati la portante della mia vita", ci tenne a precisare subito, fin da quella prima occasione. Bianca è rimasta fedele agli ideali del comunismo combattendo la bestia del capitalismo laddove questa mostrava il massimo della sua brutalità all'interno del massimo della sua espressione più idolatra e demente: le carceri del più grande paese imperialista del mondo, gli Stati Uniti. Alle carceri USA, alle leggi penali ed elettorali, e in generale alla storia recente di quel paese, Bianca aveva dedicato la sua attività professionale di giornalista e scrittrice. Sull'universo concentrazionario a stelle e strisce aveva scritto un libro nel suo stile, documentato e "in presa diretta", America letale. Epistolario dal braccio della morte.

Un'attività professionale che non sarebbe potuta essere ciò che è stata se non avesse poggiato sullo spirito profondamente e interamente militante di Bianca, militante nel senso pieno ed etimologico della parola. Tant'è che aveva iniziato ad occuparsi di carceri leggendo su un giornale italiano un appello di detenuti dell'altra parte dell'Atlantico, e questo le è bastato perché iniziasse un lavoro decennale non di distaccato giornalismo davanti a uno schermo ma di viaggi infiniti in giro per le prigioni americane, di acquisizione diretta dei dati e dei meccanismi, e soprattutto di colloquio e scambio con i carcerati, che conosceva personalmente a decine. Un lavoro di ricerca e scavo condotti in prima persona, nel cuore del cuore della bestia. Un lavoro da militante, appunto. Che l'aveva portata a contatto con larga parte dei dannati di quella terra: con detenuti cosiddetti comuni, con condannati alla pena capitale, con prigionieri politici delle Pantere Nere e di altre organizzazioni, con la repressione politica nei confronti dei detenuti che avevano sviluppato una coscienza politica e si erano avvicinati al marxismo.

"Non resistere è acconsentire alla tua stessa oppressione" (Mumia Abu-Jamal). E Bianca ha resistito, eccome se ha resistito. Come ha potuto e come ha saputo, nelle sue condizioni di salute "abbastanza precarie", come le definiva lei stessa abbozzando e senza mai perdersi d'animo; le sue condizioni che la piegavano ma non la spezzavano, e che non hanno spezzato mai, fino alla fine, il suo sorriso, il suo sguardo dolcissimo, la sua voglia infinita di discutere, di fare, di progettare.

Sei anni fa, in questo periodo dell'anno, Bianca commentò i primi risultati della contesa elettorale che incoronò Trump esclamando, a ragione: "Comunque vada sarà una sconfitta". Noi oggi ti salutiamo, compagna Bianca, ringraziandoti per quello che ci hai dato e che ci hai insegnato, e non perdendo la certezza che alla fine di questa lotta, tua e nostra, comunque vada sarà una vittoria. E allora ci sarà tempo per un'altra chiacchierata, un altro caffè, un'altra sigaretta.

Partito Comunista dei Lavoratori - sezione di Roma

Le menzogne di Valditara a difesa del capitalismo

 


La confusione tra comunismo e stalinismo è un servizio all'ordine esistente

Testo di un volantino del PCL in distribuzione nelle scuole.


Il nuovo ministro dell'istruzione, Giuseppe Valditara, ha sentito il bisogno di stabilire ex cathedra la verità della storia, presentando il 9 novembre 1989 – il giorno della caduta del Muro di Berlino – come il giorno della morte del comunismo e del «fallimento definitivo dell'utopia rivoluzionaria». Non solo. Il ministro ha esaltato l'attuale ordine politico e sociale come «l’unico ordine politico e sociale che possa dare ragionevoli garanzie che umanità, giustizia, libertà, verità non siano mai subordinate ad alcun altro scopo». Clap, clap, clap.

Un concentrato di menzogne. La caduta del Muro di Berlino segnò il crollo non del comunismo ma dello stalinismo. Di un regime burocratico che pur appoggiandosi sull'economia pianificata nata dalla rivoluzione, coi suoi innegabili vantaggi sociali, privò la classe lavoratrice di ogni potere e di ogni democrazia, perseguitando i comunisti coi metodi del terrore, sino ad assassinare tutti i dirigenti della Rivoluzione d'ottobre.

Presentare come “comunisti” regimi che hanno sterminato i comunisti è una volgare falsificazione della storia. Tanto più inaccettabile di fronte alla lotta eroica di Leone Trotsky e dell'Opposizione di sinistra contro lo stalinismo, nel segno della fedeltà al programma originario della rivoluzione. Di più. Trotsky aveva previsto già nel 1936 che se la burocrazia staliniana non fosse stata rovesciata da una nuova rivoluzione, si sarebbe trasformata in una nuova borghesia proprietaria restaurando il capitalismo. Esattamente quanto è avvenuto dopo il 1989 in Russia, nell'Est Europa, e poi in Cina. Il fallimento dello stalinismo non poteva essere più completo. La previsione di Trotsky non poteva conoscere conferma più clamorosa.

Quanto all'attuale ordine politico e sociale, nato dalla globalizzazione capitalista post-'89, è l'esatto opposto dell'umanità, della giustizia, della libertà, come vorrebbe Valditara. Il capitalismo non ha nulla da offrire alle giovani generazioni. Corsa agli armamenti e guerre imperialiste; saccheggio della natura e catastrofe cilmatica; precarizzazione del lavoro; sfruttamento del lavoro gratuito dei giovani; oppressione patriarcale delle donne e delle persone LGBT; smantellamento della sanità pubblica per ingrassare la sanità privata e pagare il debito alle banche; disuguaglianze sociali sempre più ampie in ogni paese e su scala mondiale... Ovunque domina la dittatura del profitto, contro ogni principio di umanità.

Non è possibile alcuna riforma dell'ordine capitalista. È necessario lottare per rovesciarlo, recuperando e attualizzando proprio quel programma della Rivoluzione d'ottobre che lo stalinismo tradì. La rivoluzione comunista è l'unica alternativa reale al capitalismo, l'unica che possa porre le leve fondamentali dell'economia e della società sotto il controllo della maggioranza, riorganizzando su basi nuove l'intero ordine sociale, cancellando lo sfruttamento, salvando la natura, ponendo fine alle guerre.

Se la giovane generazione riacquista coscienza politica, tutto diventa possibile. Anche una rivoluzione. Valditara vuole nascondere agli studenti questa verità. Il Partito Comunista dei Lavoratori la riafferma con forza, controcorrente.

Partito Comunista dei Lavoratori

In Gran Bretagna scioperano gli infermieri. Non accadeva da 106 anni

 


Gli infermieri britannici hanno votato a favore di un proprio sciopero generale contro il nuovo governo conservatore. Lo sciopero sarà attuato entro la fine dell'anno e si annuncia duro. Nei suoi 106 anni di storia è la prima volta che il sindacato di categoria del personale sanitario (RCN, Royal College of Nursing) promuove uno sciopero in Gran Bretagna. Al centro della piattaforma una forte rivendicazione salariale.


Lo sciopero ha un impatto politico, non solo sindacale. La Gran Bretagna sta attraversando una durissima crisi economica e sociale. Il nuovo premier di recentissima nomina Rishi Sunak sta predisponendo in questi giorni una legge finanziaria di lacrime e sangue, fatta di tagli alla spesa pubblica, per rimontare il crollo della sterlina. Il ministro della sanità Steve Barclay ha drammatizzato la convocazione dello sciopero annunciando un imprecisato intervento d'emergenza contro i lavoratori e le lavoratrici. Di certo nulla cozza contro la politica dei conservatori più di una domanda di investimento nella sanità pubblica e nei salari di chi ci lavora.

L'aspetto interessante della situazione inglese sta nella propagazione degli scioperi salariali in diversi settori proprio nel momento della massima crisi di direzione politica dell'imperialismo britannico e della sua stessa monarchia. È un esempio per la classe operaia italiana, e un monito al governo Meloni. Ma anche uno schiaffo all'inettitudine vergognosa della burocrazia sindacale di casa nostra, disposta a inginocchiarsi persino di fronte a un governo a guida postfascista.

Partito Comunista dei Lavoratori

L'imperialismo italiano gioca la sua partita

 


Ai margini dell'incontro tra Giorgia Meloni e il boia al-Sisi

9 Novembre 2022

La nuova presidente del Consiglio ha esordito in sede internazionale stringendo le mani insanguinate del boia Abdel al-Sisi, nell'interesse del sovranissimo imperialismo italiano. Altro che la verità su Regeni.

L'Italia vuole vendere all'Egitto propri gioielli militari. Dopo le due fregate di Fincantieri vendute da Conte al Cairo nel 2021 per 1,2 miliardi, è ora la volta di più succosi affari: la vendita di ventiquattro jet da addestramento Aermacchi M-346 per pattugliare i mari egiziani, e la vendita di uno stock di caccia Eurofighter per oltre 4 miliardi a vantaggio del gruppo Leonardo. Siccome la Francia ha venduto in Egitto trenta caccia Rafale per 4,5 miliardi, l'imperialismo italiano sente l'esigenza di un recupero sulla concorrenza. In cambio, l'Italia chiede ad al-Sisi garanzie per ENI in ordine allo sfruttamento del giacimento di gas di Zohr – scoperto da ENI stessa nel 2015 e di cui ENI è proprietario azionario – e un appoggio dell'Egitto nel contrasto dei flussi migratori verso l'Italia.

Quest'ultimo punto è importante. L'Egitto è alleato del generale Haftar a Bengasi, in lotta col governo di Tripoli per il controllo della Libia. L'appoggio di Haftar per impedire le partenze dei migranti dalla Libia (o per andare a riacciuffarli in mare e riportarli nei lager libici) è centrale per il governo italiano. Al-Sisi può mettere al riguardo una buona parola.

L'imperialismo italiano sta giocando la propria partita nello scenario internazionale. La guerra in Ucraina sposta verso nord il baricentro della NATO. L'Italia chiede allora agli USA un riequilibrio NATO sul fronte sud a proprio vantaggio. Di fronte a un imperialismo tedesco che accentua la propria autonomia in sede UE anche nel rapporto con la Cina, e di fronte a un imperialismo francese che non disdegna proprie velleità di ruolo in diversi scacchieri, l'imperialismo italiano offre la propria fedeltà alla politica estera americana in cambio di un sostegno USA agli interessi italiani in Nord Africa, in Centro Africa, in Corno d'Africa.
Nella lotta per le sfere d'influenza ogni potenza, grande o piccola, muove le proprie pedine. Chi vede l'Italia come “colonia” USA o di Bruxelles è incapace di capire la realtà, mascherando la natura dell'imperialismo di casa nostra.

Partito Comunista dei Lavoratori

Sgombero della GKN. Al fianco di lavoratrici e lavoratori

 


Contro la provocazione padronale

La vertenza GKN è arrivata a uno snodo. L'azienda che ha rilevato la fabbrica di Campi Bisenzio promettendo ai lavoratori il suo rilancio non solo non ha predisposto, come era facile attendersi, nessuna soluzione, ma ha ordinato per lunedì mattina alle ore 8 l'avvio dello sgombero della fabbrica occupata. Si tratta di una gravissima provocazione contro una lotta tenace, contro i lavoratori che la sostengono, e contro la rete di solidarietà che attorno alla fabbrica si è raccolta, nel territorio fiorentino e sul piano nazionale. Una provocazione che fa leva anche sul nuovo scenario politico per piegare con la forza la resistenza operaia.

È l'ora di un fronte compatto a difesa della fabbrica occupata. Lunedì mattina i camion che arriveranno per sgombrare il presidio devono trovare davanti a sé un muro umano insormontabile. Tutte le sinistre sindacali, ovunque collocate, debbono mobilitare le proprie forze. La CGIL e la FIOM si assumano nazionalmente la responsabilità di sostenere il presidio e impedire materialmente lo sgombero. Hanno la forza per farlo, la usino.
Il Partito Comunista dei Lavoratori, da sempre solidale con la lotta della GKN, sarà presente lunedì mattina con i propri militanti a sostegno del presidio. Ci sarà tempo e necessità dopo lunedì di fare il punto sullo stato della vertenza. Ora è il momento di respingere la provocazione padronale con tutte le forze disponibili.

Partito Comunista dei Lavoratori

In difesa dei rave party, da una prospettiva di classe

 


Il "decreto rave party" è un pericolo che interessa anche il movimento operaio

Tutta la solidarietà alle realtà organizzatrici del Witchtek e ai partecipanti. Oltre allo sgombero, denunce e sequestro, è successo qualcosa di più grave: un decreto legge che pretende di essere solo “anti-rave”. Purtroppo, è un attacco da parte del governo che va oltre l’organizzazione delle feste. È un attacco all’organizzazione di molte pratiche di lotta della classe lavoratrice: picchetti, occupazione di abitazioni, occupazione di fabbriche, scioperi, manifestazioni e molto altro ancora. Va sottolineata la solidarietà e la difesa innanzitutto al movimento dei free parties, direttamente interessato e colpito. Non lo si può ignorare perché scomodo o denigrare in modo bigotto perché non adatto ad un falso modello di opposizione sociale di sinistra.


MOLTO PIÙ DI UNA FESTA. CONTRO I FALSI MITI

L’occupazione e l’autogestione è una pratica irritante per la borghesia e i suoi funzionari, poiché aggira le dinamiche generali di profitto e gestione dei loro modelli di festa, che impongono indirettamente l’applicazione di un modello sociale oppressivo e intollerante alle forme di espressività non conformi. È un terreno fertile per lo sviluppo di una nuova coscienza critica. In questi ambienti si è in grado di tutelare e sviluppare molti aspetti discriminati nella società capitalista: dalla libera manifestazione della propria identità di genere alle innovazioni musicali e creative (in tutti i campi artistici), all’accessibilità economica a un grande evento. È più di una festa, è una manifestazione politica, insita nella sua natura per il modo stesso in cui si va ad organizzare e scontrare con l’ordine attuale.


DIFESA DI CLASSE. SMASCHERIAMO LE CHIACCHIERE DEI RIFORMISTI

Non abbiamo nulla da spartire con chi critica questa nuova legge da un versate giuridico costituzionalista e liberal-borghese. La libertà e la Costituzione che difendono è la Costituzione che difende la proprietà privata, che ha tutelato fino ad ora i padroni che inquinano, sfruttano e abbandonano quegli stessi capannoni usati per le feste. Dell’”ordine pubblico”, tanto sbandierato, non ci interessa. Non abbiamo interesse alla governabilità di questo sistema in quanto è lo stesso sistema che ci sfrutta e opprime ogni giorno a lavoro; vogliamo distruggerlo. Questo non vuol dire che non dobbiamo batterci anche per i diritti democratici e conquiste progressive, quanto invece che dobbiamo denunciare le responsabilità di quei briganti che da un lato ci dicono che abbiamo dei diritti in quanto cittadini e dall’altro ce li negano in quanto proletari. Infine, denunciare le illusioni dei partiti riformisti che continuano a cercare di andare al governo nella speranza di una governabilità del sistema capitalista.


CASTLEMORTON 2022

I ricordi portano a quello che fu il Criminal Justice and Public Order Act del 1994 dopo il festival di Castlemorton (Gran Bretagna) del 1992, in cui si criminalizzò la musica «interamente o prevalentemente caratterizzata dall’emissione di una successione di battiti ripetitivi». Ridicolo allo stesso modo, ma molto più pericoloso per il modo in cui è stato scritto, il decreto italiano è un attacco a campo aperto verso l’organizzazione di dissenso di massa. “Le leggi non ci fermeranno”: purtroppo, a volte, le leggi e i poteri dello Stato hanno un grande peso anche nello sviluppo dell’opposizione sociale. Le crew emigrate dall’Inghilterra in seguito alla legge del 1994 sono una dimostrazione. Quindi, con la consapevolezza che la realtà non dipende solo dalle idee, non possiamo innanzitutto accettare che questa legge passi senza una degna opposizione di massa. Tanto più ora bisogna raggruppare tutte le forze, le crew che organizzano free parties, con le organizzazioni del mondo del lavoro, realtà di lotta, associazioni e sindacati. Costruire un fronte unico di massa e di classe che sappia rispondere all’attacco dello Stato con altrettanta forza.

Non ci limitiamo a chiedere che la spada del boia sia costituzionale, noi chiediamo la decapitazione del boia. Per una prospettiva anticapitalista, internazionalista e rivoluzionaria, dobbiamo partire da alcune rivendicazioni immediate:

• Dissequestro senza multe delle attrezzature musicali e mezzi di trasporto
• Ritiro delle denunce agli organizzatori
• Nessuna conseguenza per le persone identificate
• Abolizione del decreto rave party
• Organizzazione di una cassa di resistenza internazionale contro denunce e sequestri
• Per una grande manifestazione nazionale in risposta all'attacco dello Stato
• 10, 100, 1000 rave contro l'ordine pubblico borghese. Viva l'autorganizzazione degli oppressi!





Alleghiamo un comunicato per le spese legali che dovranno affrontare i partecipanti al rave di Modena.

Ciao a tutti ragazzi all’uscita del witchtek 2k22 sono stati sequestrati gli impianti audio a 16 diverse crew
Stiamo cercando di capire come risolvere al più presto questa situazione per riprendere le nostre cose e tornare a farvi ballare tutti!
Ci saranno dei benefit in molti locali/occupazioni in tutta Italia per far fronte alle spese legali che tutte le crew interessate dovranno affrontare
Chiediamo però anche a voi di darci se volete una mano
Metteremo qua sotto una carta dove poter fare ricariche o bonifici perché vuole darvi una mano.
Noi vi abbiamo fatto ballare e divertire, ora però c’è bisogno del vostro aiuto per tornare a farlo!
Ringraziamo tutti i partecipanti che ci hanno supportato dall’inizio alla fine!
Non è finita qua! State connessi ragazzi!!

I SOLDI RICAVATI SARANNO UTILIZZATI PER FAR FRONTE A TUTTE LE SPESE LEGALI CHE LE 16 CREW INTERESSATE DOVRANNO AFFRONTARE.
CARTA INTESTATA A FEDI EDOARDO
5333 1711 2932 1192
FDEDRD99C03I726T
IBAN: IT71K3608105138208471108481

Luca Gagliano