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La risposta delle sinistre classiste alla nostra proposta di alleanza elettorale

 


Le diverse organizzazioni classiste cui abbiamo proposto un'alleanza elettorale hanno risposto negativamente. Non è una buona notizia, ma purtroppo neppure una notizia inattesa.


La nostra proposta richiamava un principio elementare di realtà. Le elezioni incombono, in un quadro di confusione nello stesso campo borghese. La crisi sociale si acuisce giorno dopo giorno contro la classe dei salariati, mentre salgono a livello di capogiro i profitti delle banche e dei capitalisti. Manca una rappresentanza indipendente con basi di massa della classe lavoratrice, in contrapposizione a tutti i poli borghesi o piccolo-borghesi. Le sinistre che si affollano nello scenario elettorale o si subordinano al PD (Sinistra Italiana) o fanno blocco con destre reazionarie (Rizzo) o danno vita a un polo civico democratico-progressista (Unione Popolare), che per di più vorrebbe l'accordo con il M5S, cioè col partito più governativo di tutta la legislatura, quello che ha firmato con Salvini i decreti più forcaioli, contro gli immigrati e gli operai.

Perché allora non unire le forze della sinistra classista, anticapitalista, internazionalista, per far emergere una proposta di classe anche sul terreno elettorale? Questo era il senso della nostra proposta unitaria nelle condizioni straordinarie che si sono prodotte, a fronte di una normativa borghese che ostacola pesantemente nei tempi imposti la presentazione di una organizzazione, ma può essere facilmente affrontata da uno sforzo congiunto.

Non abbiamo letto motivazioni pubbliche del diniego, pur a fronte di una proposta pubblica. Le motivazioni reali le interpretiamo noi, e sono tra loro diverse: in un caso la subalternità pervicace al Partito della Rifondazione Comunista (Sinistra Anticapitalista), in un altro caso l'isolazionismo autocentrato e settario nel proprio mondo (Sinistra Classe Rivoluzione), in altri casi, se abbiamo ben inteso, il disinteresse per il terreno elettorale in quanto tale (Tendenza Internazionalista Rivoluzionaria).

Non siamo elettoralisti, facciamo lavoro di massa” ci è stato detto. Ma perché non usare anche la tribuna elettorale borghese per lavorare alla ribellione sociale d'autunno presentando una risposta anticapitalista alla crisi? Perché lasciare campo libero ai filoliberali, ai rossobruni, al riformismo civico progressista, con ulteriori danni per la coscienza politica di massa e di avanguardia? In poche settimane lo sforzo comune nella raccolta delle firme avrebbe garantito facilmente l'accesso alla tribuna elettorale nazionale. Rinunciarvi significa dar prova di un elettoralismo capovolto: la demonizzazione delle elezioni come terreno di battaglia politica. Comprensibile per i movimentisti, non per chi formalmente si richiama al leninismo.

Nel caso del Fronte della Gioventù Comunista, accanto alla divergenza (reale) sulla questione ucraina, si è mossa l'obiezione del carattere controproducente di presentazioni elettorali parziali con risultati insignificanti. Ma sul tema della guerra, fermo restando l'autonomia di ogni soggetto (e dunque, per quanto ci riguarda, il diritto di resistenza dell'Ucraina all'imperialismo russo, come di ogni popolo aggredito dall'imperialismo), si poteva mettere a valore la comune contrapposizione ai due poli imperialisti, la denuncia della guerra d'invasione dell'imperialismo russo, il rifiuto del riarmo dell'imperialismo di casa nostra e la comune contrapposizione alla NATO, la parola d'ordine “se vuoi la pace prepara la rivoluzione”, che è il terreno della lotta generale contro la guerra imperialista: una linea generale di demarcazione rispetto al pacifismo, al sovranismo, ad ogni imperialismo. Quanto alla presentazione elettorale, uno sforzo congiunto avrebbe consentito di coprire larga parte del territorio nazionale e di conquistare la tribuna.
I risultati riflettono sempre i rapporti di forza reali, non dipendono dalla nostra volontà. Ma la paura del risultato elettorale non deve paralizzare i rivoluzionari, se rifiutano l'elettoralismo. Mentre il risultato certo della non presentazione è la rinuncia alla presenza di una voce classista, ad esclusivo vantaggio degli avversari.

Detto questo, come si suol dire, prendiamo atto. Evidentemente l'autoconservatorismo di routine ha avuto la meglio su ogni altra considerazione.

A questo punto proveremo a presentarci come PCL in alcuni collegi senatoriali, ove possibile, per dare voce e rappresentanza a un programma classista, anticapitalista, internazionalista. Indicheremo nei prossimi giorni gli eventuali collegi. Chiunque voglia aiutarci nella raccolta delle firme per favorire la presentazione può prendere contatto col nostro partito.

Partito Comunista dei Lavoratori