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Ponte Morandi, il processo che non c'è

 


Le lezioni di un crimine borghese

15 Agosto 2022

Quattro anni dopo, inizia il processo per il crollo del ponte Morandi, con la benedizione delle autorità e la loro retorica commossa. Ipocrisia pura. Pagheranno nel migliore dei casi alcuni manager della società Autostrade. Ma è già stata assolta la responsabile vera del crimine: la società borghese e il suo Stato.

Pochi casi come la vicenda del ponte Morandi fanno da cartina al tornasole del capitalismo italiano, e dell'intreccio fra grandi gruppi e apparato statale. Riassumiamo. Le Autostrade furono vendute alla grande famiglia dei Benetton a prezzi stracciati dal primo governo Prodi (sostenuto da un centrosinistra comprensivo di Rifondazione). Era il 1998. Dieci anni dopo, 2008, venne introdotta la clausola aggiuntiva capestro, non a caso secretata, secondo cui se lo Stato avesse mai revocato la concessione avrebbe dovuto risarcire all'azienda i profitti perduti, persino in presenza di colpa grave dell'azienda. E i profitti assicurati ai Benetton, già al piede di partenza della privatizzazione, erano letteralmente d'oro: regime di monopolio, liberalizzazione delle tariffe autostradali, e soprattutto assenza di ogni controllo sulla manutenzione.
Dal 1998 al 2018, per la bellezza di vent'anni, i cosiddetti enti di sorveglianza del Ministero dei Trasporti non hanno mai visto né richiesto un solo rapporto sulla sicurezza del ponte più a rischio d'Italia. Parallelamente, per vent'anni i Benetton finanziavano elettoralmente in misura cospicua tutti i principali partiti, al governo e all'opposizione, come risulta in particolare proprio nell'anno 2008, l'anno della clausola capestro.

I fatti del 14 agosto 2018 erano solo un crimine annunciato. Quarantasei persone assassinate dal profitto.
Tutti all'epoca si strapparono le vesti, mimarono scandalo, annunciarono indagini severe e punizioni esemplari. Il Movimento 5 Stelle e l'appena nominato governo Conte vagheggiarono addirittura la nazionalizzazione delle autostrade, con le smargiassate a uso telecamere dei vari Di Maio, Di Battista, Toninelli. Ma era solo demagogia per gonzi. I Benetton non solo sono fuori dal processo, in quanto si ritiene, singolarmente, che la proprietà azionaria non sia responsabile di ciò che fa o che non fa il suo amministratore delegato. Ma escono dalla vicenda col portafoglio rigonfio. Il 22 maggio 2022 la holding Atlantia (cioè in larga misura i Benetton) ha infatti concluso la vendita di Autostrade alla Cassa Depositi e Prestiti (all'80% del Tesoro) per la bellezza di 8,2 miliardi. Otto virgola due miliardi per una società piena di debiti. In altri termini, la grande famiglia capitalistica che ha incassato per vent'anni i profitti (anche) della mancata manutenzione esce dalla scena del crimine più ricca di prima, grazie all'ennesima donazione di risorse pubbliche da parte di quello Stato che si era presentato moralmente come “parte lesa”. La clausola capestro del 2008 è stata a suo modo rispettata. Il conto sarà presentato agli operai.

L'amministratore delegato di Aspi Giovanni Castellucci, liquidato con una buonuscita di 13 milioni di euro, viene processato non senza aver prima spostato sui propri conti in Lussemburgo (così sembra) circa sette milioni di euro. Ma non pagherà nessun altro. Non i Benetton. Non i ministri che trafficarono con loro. Non i partiti che li sostennero. Non lo Stato.
Nessuna meraviglia. Non può essere la magistratura borghese a realizzare una giustizia sociale riparativa, ma solo una rivoluzione che liberi la società dalla dittatura dei capitalisti e della loro “democrazia”. Solo un governo dei lavoratori può fare realmente pulizia.

Partito Comunista dei Lavoratori