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La confessione di Maurizio Landini

 


22 Luglio 2021

L'intervista alla Stampa chiarisce una volta di più le responsabilità della burocrazia CGIL

Dopo la firma dell'avviso comune con governo e padroni, che ha sbloccato i licenziamenti; dopo che i licenziamenti collettivi di Gianetti, GKN, Whirlpool, Timken hanno mostrato a tutti la natura truffaldina dell'accordo siglato, il segretario della CGIL Maurizio Landini ha sentito il bisogno di spiegare le proprie ragioni a La Stampa (21 Luglio). In realtà una involontaria confessione.

Il giornale padronale, cinicamente, affonda il dito nella piaga: «L'intesa con governo e imprese contro il taglio degli organici non sembra funzionare bene. Pochi giorni dopo lo sblocco vi sono stati migliaia di licenziamenti...». La risposta di Landini è un esercizio di balbuzie: «Premettiamo che l'accordo è stato realizzato dopo che i partiti della maggioranza di governo, tutti i partiti della maggioranza, avevano detto sì allo sblocco lasciando solo qualche eccezione di settore. Siamo riusciti ad impegnare governo e associazioni imprenditoriali a ricorrere prima agli ammortizzatori sociali».

Ma come? Il fatto che tutti i partiti di governo avessero deciso lo sblocco non doveva essere una ragione in più per mobilitarsi contro il governo e tutti i suoi partiti? Invece no. Landini sembra dire che siccome il governo aveva deciso, non si poteva fare di più. Ma allora cosa ci sta a fare un sindacato se la sua funzione è quella di notaio di un governo padronale di unità nazionale? Invece di spiegare perché l'“avviso comune” si è rivelato una bufala, vista l'ondata dei licenziamenti, Landini dice che “siamo riusciti a impegnare governo e associazioni imprenditoriali a ricorrere prima agli ammortizzatori”. In altri termini rivendica, come se nulla fosse accaduto, lo stesso “impegno” comune che è stato smentito dai fatti. Penoso.

L'intervistatore, che non vuol apparire cretino, pone ancora la domanda: «Perché non ha funzionato?» Risposta: «Ora stiamo chiedendo di far applicare quell'accordo ad alcune multinazionali che ragionano con una logica da Far West». Ma come? Landini scopre ora che i padroni fanno i padroni, tanto più se non sono vincolati a nulla, salvo la... “raccomandazione” di Landini? Se le multinazionali utilizzano lo sblocco dei licenziamenti che Landini ha firmato non è la riprova che l'avviso comune era solo la copertura dello sblocco, e che averlo presentato agli operai come una loro vittoria ha rappresentato semplicemente una truffa?

In realtà più il segretario della CGIL cerca di arrampicarsi sugli specchi per giustificare la propria capitolazione ai padroni, più conferma – se ve era bisogno – il senso vero dell'accordo firmato: la ricerca di un ruolo nell'unità nazionale, l'esibizione della propria volontà di far parte dello sforzo patriottico per il rilancio e riorganizzazione del capitalismo italiano e delle sue fortune sul mercato mondiale. L'unica vera preoccupazione di Landini è di non essere scaricato da Draghi e dai padroni. Di non veder ignorate e respinte le proprie offerte di collaborazione. Che infatti vengono rilanciate, non a caso, proprio nell'intervista in questione: «Il governo ci convochi presto al tavolo con le imprese per far applicare l'accordo contro i licenziamenti. Ma questo deve essere solo il primo passo. Il vero punto è come governare la riconversione produttiva che cambierà il paese nei prossimi 5-10 anni». «Cogestione alla tedesca?» chiede La Stampa. «Preferisco chiamarla codeterminazione. Aziende e sindacati si impegnano a consultarsi prima sulle scelte strategiche e a difendere insieme il lavoro e l'occupazione. Una scelta di riconoscimento reciproco». Lo scopo? Prevenire il conflitto in fabbrica, risponde il segretario della CGIL, sapendo di parlare al giornale di casa Agnelli.

Ma cos'altro ha fatto la burocrazia sindacale sinora se non prevenire il conflitto? Neppure un'ora di sciopero contro lo sblocco dei licenziamenti, persino peggio delle miserabili tre ore di sciopero contro la legge Fornero (peraltro tornata nel giro di governo).
Lo spazio che i padroni hanno preso è quello che la burocrazia sindacale ha lasciato loro. “Consultarsi prima sulle scelte...”: ma la “consultazione” è forse mancata? Non c'è stata forse consultazione prima dello sblocco dei licenziamenti? Una telefonata non si nega a nessuno, neppure un incontro, se occorre. Il riconoscimento reciproco rivendicato da Landini si riduce a questo: Confindustria riconosce a Landini la funzione di prevenire il conflitto, cioè di disinnescare gli scioperi. Landini dà a Confindustria e governo carta bianca, basta che “riconoscano” il suo ruolo di pompiere e provino a salvargli la faccia.

Questa logica di scambio è la politica della disfatta per gli operai a tutto vantaggio dei loro padroni. La richiesta di dimissioni di Landini, avanzata da una parte dell'opposizione CGIL, chiama apertamente in causa questo corso politico della burocrazia sindacale che oggi Landini rappresenta, e pone l'esigenza di un'altra linea e un'altra prospettiva. Per questo si rivolge a tutti i lavoratori combattivi che oggi militano in CGIL perché prendano la parola e impongano una svolta, classista e anticapitalista.

Partito Comunista dei Lavoratori