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No alla condanna per antisionismo del nostro compagno Alejandro Bodart (segretario del Movimento Socialista dei Lavoratori e della Lega Internazionale Socialista)

  Raccolta firme internazionale Nella città di Buenos Aires, in Argentina, il 30 dicembre, la Corte di Cassazione e d'Appello Penale ha ...

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No alla condanna per antisionismo del nostro compagno Alejandro Bodart (segretario del Movimento Socialista dei Lavoratori e della Lega Internazionale Socialista)

 


Raccolta firme internazionale

Nella città di Buenos Aires, in Argentina, il 30 dicembre, la Corte di Cassazione e d'Appello Penale ha revocato l'assoluzione del nostro dirigente Alejandro Bodart a causa della denuncia dell'organizzazione sionista DAIA (Delegazione delle Associazioni Israeliane in Argentina) contro i suoi tweet contro il genocidio israeliano e a sostegno del popolo palestinese. In questo modo, è stato condannato a una pena sospesa di sei mesi di carcere, al pagamento delle spese e a una sorveglianza che implica essere sotto il controllo della giustizia per due anni, compresa l'eventualità di non permettergli di lasciare il paese.

Come è evidente, se questa sentenza dovesse diventare definitiva, sarebbe un gravissimo precedente antidemocratico contro la libertà di espressione in generale e contro il nostro partito fratello e l'ISL in particolare, con il conseguente danno a tutta la nostra attività politica internazionalista in termini di viaggi, incontri e altri eventi, proprio in un momento in cui le relazioni e la costruzione internazionale si stanno intensificando.

Dal punto di vista giudiziario ci sono altri tre gradi di appello: un'altra camera della stessa Camera, la Corte Superiore di Giustizia della Città di Buenos Aires e la Corte Suprema della Nazione. La prima presentazione sarà fatta dagli avvocati difensori di Alejandro nei primi giorni di febbraio.

Sapendo che più si sale nella piramide del sistema giudiziario, più si è vicini al potere politico borghese, si sta sviluppando una campagna internazionale di solidarietà con l'obiettivo di ottenere l'assoluzione del coordinatore internazionale della nostra organizzazione e direttore di Permanente Revolution, la rivista dell'ISL.

Siamo di fronte a una difficile battaglia politica, perché in molti paesi è in atto un processo di vera e propria colonizzazione del sistema giudiziario da parte dell'apparato sionista per cercare di vittimizzarsi e mettere a tacere le critiche a Israele basate sulla definizione ingannevole dell'IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance) che equipara l'antisionismo all'antisemitismo. Questa pressione è particolarmente intensa in Argentina, approfittando dell'allineamento politico incondizionato del governo di estrema destra di Milei con Israele e gli Stati Uniti.

Il procedimento penale contro Alejandro è stato avviato due anni fa dalla DAIA con l'accusa di antisemitismo per tre suoi messaggi sui social network. Nel maggio 2023 è stato respinto da un giudice di primo grado, ma la DAIA ha presentato ricorso e poi la camera ha ordinato il rinvio a giudizio. In quel processo, con la presenza di leader e personalità di spicco come testimoni a suo favore, una giudice si è dichiarata per l’assoluzione Alejandro per la seconda volta ma poi la camera di consiglio, a maggioranza, ha rivisto la sentenza e lo ha condannato.

In ogni caso, non è impossibile ottenere una vittoria perché, allo stesso tempo, il ripudio e il discredito dello Stato sionista per i crimini brutali che continua a commettere sta crescendo in tutto il mondo. La notizia della condanna di Alejandro ha avuto molte ripercussioni sui media argentini, che hanno dovuto includere le nostre argomentazioni e presentarle come un argomento "in discussione". E Alejandro, il MST e la LIS stanno ricevendo espressioni di solidarietà da organizzazioni e personalità di un vasto arco politico nazionale e internazionale.

In Argentina è un banco di prova che qualunque sia il risultato avrà un'enorme importanza, anche a livello internazionale. La recente condanna è stata celebrata dai media sionisti nello stesso Israele con il pomposo titolo di "sentenza storica". Invertire la rotta sarebbe un duro colpo per l'arroganza sionista e un precedente da usare a favore di altri combattenti che sono anch'essi perseguitati per aver sviluppato solidarietà con la Palestina in diversi paesi.

Per questo vi invitiamo tutti a firmare in questa pagina.

Partito Comunista dei Lavoratori

Verità per Ramy, ucciso dallo stato borghese


 Lo stato ha ammazzato Raiy Elgaml e cerca di salvarsi la faccia. Lo stato ha le mani sporche del sangue dei lavoratori e dei loro figli. Così prova a raccontarci che non è stato ammazzato un ragazzo di 19 anni per la violenza e la prepotenza con cui agiscono le sue forze dell'ordine, ma che è morto un ladro e che è morto un immigrato.

Lo Stato italiano non produce altro che morte e violenza, toglie tutto alle nuove generazioni e le accusa della loro rabbia. Questa mobilitazione è il chiaro esempio che tutto ciò non può più essere la normalità, e non si può più accettare.

Il Partito Comunista dei Lavoratori si schiera dalla parte di Ramy, della sua famiglia dei suoi amici. Continuerà a lottare perché gli oppressi di tutta Italia, che subiscono la stessa violenza da parte dello stato, prendano in mano gli strumenti per costruire un mondo in cui nessun uomo possa ammazzare un altro uomo! Un mondo senza più padroni, un governo dei lavoratori.

Partito Comunista dei Lavoratori

Australia: campagna in supporto alle e agli student3 per la Palestina


 In Australia, nonostante il governo sia oggi in mano ai laburisti, si è andati oltre a quanto avvenuto in altri paesi. Dopo una manifestazione di circa 2500 persone a Melbourne, oltre un centinaio di partecipanti e organizzatori, in genere in base a riconoscimento fotografico, sono stati denunciati per reati che vanno dal blocco stradale alla resistenza alla polizia, e andranno a processo nelle prossime settimane. Diversi di loro sono stati addirittura arrestati, dopo i fatti, con irruzione violenta di squadre di poliziotti nelle loro abitazioni. 

Molti tra gli arrestati sono militanti o simpatizzanti di Azione Socialista (Socialist Action), la principale organizzazione di estrema sinistra in Australia

 I compagn@ australiani hanno lanciato una campagna di raccolta firme internazionale, rilanciata dalla LIS. Invitiamo tutt@ a firmare e a far firmare anche a persone di altre organizzazioni, specialmente se hanno ruoli istituzionali o sindacali. 


Il link per firmare è nel testo. Purtroppo non abbiamo tempo di tradurlo, ma, a parte chi conosce almeno un po' l’inglese, il link è in rosso e quindi facilmente riconoscibile nel testo e le modalità di firma semplici.

 

A questo indirizzo potete trovare il link per la sottoscrizione:

 


Australia: Campaign in support of students for Palestine 

La legge finanziaria del governo Meloni

 


La legge di stabilità del governo Meloni è la prima legge finanziaria dopo il varo del nuovo Patto di stabilità europeo, sottoscritto da tutti i governi capitalisti dell'Unione Europea e dall'insieme della vecchia e nuova maggioranza che sorregge la Commissione Europea (per intenderci, dal PD a Giorgia Meloni, sul versante italiano).


L'obiettivo della manovra economica è dichiarato: ottenere il placet di Bruxelles, dopo la procedura d'infrazione subita in estate, e un giudizio positivo del capitale finanziario e delle relative agenzie di rating, quelle che debbono certificare il grado di solvibilità di un paese sul proprio debito pubblico.
Su entrambi i lati, il governo ha ottenuto ciò che cercava. Ursula Von Der Leyen ha tutto l'interesse a incassare il sostegno di Giorgia Meloni e di buona parte del blocco del Partito dei Conservatori Europei, guadagnando uno spazio di azione più ampio. Meloni a sua volta ha interesse a proseguire sulla linea del proprio accreditamento politico e personale presso le cancellerie del continente, valorizzando la stabilità del proprio governo, a fronte della crisi politica di Francia e Germania, e quindi attestandosi quale diretta interlocutrice della nuova amministrazione americana. La nomina di Fitto tra i vicepresidenti della Commissione UE è un obiettivo successo di questa politica di scambio.

In tale cornice si colloca la manovra Meloni-Giorgetti, che la stessa stampa borghese saluta, con linguaggio improprio ma significativo, come “ritorno dell'austerità”.
7,7 miliardi di tagli ai ministeri, con conseguenze multiple, tra cui 702 milioni di tagli all'università e alla ricerca, e il blocco del turnover al 75% in una pubblica amministrazione già disossata; 5,6 miliardi di tagli agli enti locali, che significano riduzione della spesa sociale, ulteriore ridimensionamento dei servizi essenziali (asili, trasporto locale, welfare) e spinta a un nuovo aumento della tassazione comunale e regionale (IRPEF); continuità dei tagli al disastrato sistema sanitario, ormai ridotto al 6,2% del PIL; ulteriore peggioramento del sistema pensionistico, con l'innalzamento prima a 25 e poi a 30 anni degli anni di contributi necessari (per chi è in regime solo contributivo) al fine di poter accedere alla pensione anticipata a 64 anni, con parallelo rafforzamento della previdenza privata. L'unica spesa pubblica che sale è quella militare, ed in particolare in armamenti, in sintonia con lo scenario mondiale e l'indirizzo UE.

Parallelamente il governo offre un concordato fiscale biennale alle partite IVA (tassazione preventivamente concordata indipendentemente dalla crescita dei profitti, quindi detassazione preventiva degli stessi), combinata con la diretta riduzione dell'IRES sugli utili aziendali (dal 24% al 20%): la cosiddetta “IRES premiale” chiesta a gran voce da Confindustria. Un ulteriore abbassamento, seppur condizionato, della tassa piatta sui profitti, in sé scandalosa. Una tassa peraltro già ridotta verticalmente negli ultimi vent'anni: prima dal secondo governo di Romano Prodi che nel 2007 la portò addirittura dal 34% al 27% (col sostegno di Rifondazione); poi da tutti i governi successivi, in particolare dal governo Renzi.
È la risultante della concorrenza fiscale tra gli stati capitalisti della stessa UE nell'offrire condizioni di favore al capitale. La manovra Meloni è solo l'ennesimo passaggio di questa partita infinita. Le banche italiane sono chiamate a favorire l'operazione con un semplice anticipo, senza pagare un euro in più sui propri utili.

La grancassa propagandistica del governo (“abbiamo aumentato i salari”) ruota attorno al famoso taglio del cuneo fiscale, ora reso “strutturale”, attraverso una combinazione di taglio contributivo e detrazioni fiscali. Si tratta in realtà di una truffa, perchè finge di aumentare i salari quando in realtà mette a loro carico l'operazione attraverso il fisco: in altri termini, una fiscalizzazione della vecchia decontribuzione varata da Draghi, una grande partita di giro a saldo zero. E per di più, nell'ultima versione, persino peggiorativa: perché agendo attraverso il gioco delle detrazioni finisce per ridurre i salari di un'ampia fascia di salariati.
Il vero fine del taglio del cuneo fiscale era ed è quello di proteggere i profitti d'impresa dal rischio di forti rivendicazioni salariali. È un caso che Confindustria sia la più convinta sostenitrice del taglio del cuneo, che infatti vorrebbe ancor più consistente?

Tutto ciò acquista il suo pieno significato nel quadro più generale della cosiddetta dinamica dei redditi. Lo studio condotto al riguardo da un gruppo di ricerca della Facoltà di Ingegneria dell'Università La Sapienza in ottobre, e presentato con disinvoltura dal quotidiano di Confindustria, è eloquente: «Il travaso di ricchezza dal lavoro al capitale è stato pazzesco. I soci hanno prelevato come dividendi l'80% degli utili netti e hanno lasciato il 20% come autofinanziamento di nuovi investimenti... Oltretutto i rari investimenti delle imprese sono stati per il 40% materiali nelle fabbriche e per il 60% finanziari in partecipazioni» (Il Sole 24 Ore, 22 ottobre 2024). Lo scrivono i padroni. È la confessione testuale del parassitismo della borghesia.

A ciò si aggiunge una altrettanto eloquente informativa dell'Istat (29 ottobre): «I 46 contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica riguardano il 47,5% dei dipendenti... i contratti che a fine settembre 2024 sono in attesa di rinnovo ammontano a 29 e coinvolgono il 52,5% del totale dei dipendenti». Significa che la maggioranza dei salariati lavora con contratti scaduti. Con una ennesima diminuzione dei salari.
L'attuale aggravamento della crisi recessiva in Germania, a partire dall'industria automobilistica, viene usata dal padronato come ulteriore leva di chiusura verso le richieste contrattuali, come mostra lo stallo del rinnovo contrattuale dei metalmeccanici.

La richiesta di un forte aumento salariale per tutti i lavoratori e le lavoratrici, di almeno 400 euro netti, si impone sempre più come esigenza generale della classe lavoratrice, al di là dei confini di categoria, assieme alla rivendicazione di una tassa patrimoniale straordinaria del 10% sul 10% più ricco. Paghi chi non ha mai pagato. Paghino i profitti di banche e imprese. È la voce necessaria di una piattaforma unificante per la vertenza generale dell'intero lavoro salariato, pubblico e privato. L'unica via per prendere sul serio l'evocazione della “rivolta sociale”. Evitando di ridurla a recita ipocrita da talk show, o a comizio di piazza una tantum.

Partito Comunista dei Lavoratori