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La Sanità di Confindustria, e quella dei lavoratori

 


Confessione e scopi del quotidiano dei padroni

5 Settembre 2022

A parlare è il quotidiano di Confindustria, al di sopra di ogni sospetto (ma, come vedremo, non innocente). Domenica 4 settembre titolo “Sanità, le sette emergenze dimenticate”. Seguono cifre impietose che sbugiardano tutti i partiti borghesi. Gli stanziamenti per la sanità sono l'ultima voce di spesa del favoleggiato PNRR, meno dell'8% dell'operazione complessiva (operazione a debito, da restituire con gli interessi).

La spesa sanitaria prevista dal Documento di Economia e Finanza si riduce dello 0,6% ogni anno da qui al 2026, passando dal 6,6% del PIL nel 2023 al 6,2% del 2025. Le nuove “Case di Comunità” strombazzate da Speranza non dispongono di risorse certe, secondo lo stesso Ufficio parlamentare di bilancio. Permane il vincolo di spesa che impedisce di superare la spesa del 2004, ridotta dell'1,4%. Resta il numero chiuso in Medicina. La mancanza di personale si aggrava. Mancano oltre 20.000 medici e infermieri solo per tornare a livelli di dieci anni fa, di fronte a esigenze enormemente accresciute. Il grosso delle nuove assunzioni è con contratti a tempo determinato, del tipo “usa e getta” già sperimentato col Covid. I pronto soccorso, prima trincea degli ospedali, sono ovunque al collasso, col personale in fuga per il carico di lavoro insostenibile. Le liste d'attesa per visite e cure si allungano oltre ogni limite, al punto che in alcuni casi sono addirittura “sospese” (San Martino di Genova).

Tutto questo accade dopo gli anni della pandemia, dopo che tutti i partiti borghesi si sono stracciati le vesti per il taglio dei 37 miliardi del precedente decennio, dopo che tutti hanno giurato in ore drammatiche che “nulla sarà più come prima”. Invece tutto è come prima, ed anzi peggio di prima.
Le promesse elettorali stanno a zero come in passato, contano i fatti. Ed oggi la nuova crisi delle bollette, che si scarica anche sulle strutture ospedaliere, minaccia semmai nuovi tagli al servizio e costi più alti per le prestazioni.

C'è un solo settore della sanità che prospera a gonfie vele. Si tratta della sanità privata. Quella che trionfa in Borsa grazie al sostegno delle risorse pubbliche. L'8 agosto il Corriere della Sera ha ospitato un editoriale di Gianfelice Rocca, presidente dell'Istituto Clinico Humanitas, dal titolo “Più investimenti privati per cambiare la sanità”. «Stante i vincoli finanziari della finanza pubblica, dobbiamo mobilitare massicciamente le risorse private». L'argomentazione è di mercato. «Nel 2070, secondo le previsioni dell'Istat, [coloro che avranno più di 65 anni] supereranno il 65% [della popolazione] […] Dobbiamo costruire la sanità di domani, ma dobbiamo farlo anche tenendo conto di un vincolo di bilancio sempre più pressante». Da qui anche la richiesta allo Stato di maggiori agevolazioni fiscali ai privati e di un innalzamento delle tariffe che tengano il passo dell'inflazione.
Tutto quadra. Il Sole 24 Ore che lamenta la dimenticanza della sanità pubblica lo fa per invocare quella privata. I governi borghesi sono solo comitati d'affari dei suoi interessi.

Non si cambia il volto della sanità senza una svolta anticapitalista. La sanità privata va nazionalizzata, sotto controllo sociale. La spesa pubblica per la sanità va raddoppiata, con un piano di assunzione a tempo indeterminato di 100.000 unità tra medici e infermieri, la ricostruzione della medicina territoriale, la riapertura degli oltre duecento ospedali chiusi, un investimento massiccio in tecnologie sanitarie, nei sistemi di tracciamento, nei laboratori, nella ricerca medica. È possibile solo con una patrimoniale straordinaria del 10% sul 10% più ricco (oltre i due milioni di euro), che detiene nelle proprie mani una ricchezza finanziaria di 4000 miliardi. È possibile solo con l'annullamento del debito pubblico verso le banche, che ogni anno sottrae alle casse pubbliche 70-80 miliardi di soli interessi.

Solamente un governo dei lavoratori può realizzare queste misure. Solo una rivoluzione può cambiare le cose.

Partito Comunista dei Lavoratori