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La loro emergenza e la nostra

Due interessi opposti. Da un lato il profitto, dall'altro la salute e il lavoro

6 Aprile 2020
Si sta aprendo una contraddizione profonda tra la pressione confindustriale a ripartire subito e a qualunque costo e la richiesta di continuità del confinamento per un tempo non breve da parte delle autorità sanitarie. Il governo sta in mezzo, e non sa bene che fare, a fronte di un contagio che non accenna a svoltare. Ciò mentre continuano a mancare, su tutto il territorio nazionale, strumenti di protezione elementare per la popolazione, per gli operatori sanitari, per i lavoratori e le lavoratrici.

Di fatto emerge in forma sempre più chiara che l'emergenza per i lavoratori è altra cosa dall'emergenza per i padroni.

Per il padronato l'emergenza è riprendere a macinare profitti, difendere le proprie posizioni di mercato, ricostruire la propria filiera produttiva, e intanto intascare tutto quel che si può in fatto di elargizioni finanziarie da parte del governo, della BCE, della UE. Quanto alle protezioni sanitarie si faccia “quel che è possibile” e ciò che il mercato “realisticamente” consente. “Non si possono attendere i tempi delle mascherine, e degli accertamenti diagnostici per ripartire, la ripartenza dev'essere rapida e ad ogni costo” recita il credo quotidiano dei grandi azionisti, delle banche, della borsa. Sulle risorse pubbliche nessuno “spreco” per assistenze sociali “eccessive”. Altro che “miliardi buttati per i lavoratori in nero”, dice Carlo Bonomi di Assolombarda (Il Foglio, 4 aprile), “perché se facciamo così poi è chiaro che la UE diffida”. I miliardi (pubblici) vanno riservati alle imprese (private). Se per questo occorre aumentare il debito pubblico, che importa. Il debito è benedetto se serve per i profitti, non per le pensioni o la sanità. Ciò che va bene alle imprese (cliniche private incluse) va bene alla società (...come infatti si è visto negli ultimi quarant'anni).

I lavoratori e le lavoratrici, come la maggioranza della popolazione, hanno invece un'esigenza esattamente opposta. Si riprende il lavoro solo in condizioni di sicurezza. E dove si lavora, le condizioni di sicurezza vanno accertate, definite, imposte dagli operai stessi. Non sono né i padroni né i prefetti che possono stabilire dove c'è sicurezza. Lo possono fare solo i lavoratori e le lavoratrici attraverso proprie strutture di controllo (RSU, RSL, comitati). Quanto alla protezione sociale, va assicurata a tutti i lavoratori colpiti dalla crisi: salariati pubblici e privati, precari, stagionali, disoccupati, piccole partite Iva in rovina, lavoratori in nero gettati su una strada, immigrati senza permesso. Tutte e tutti. E non con le elemosine centellinate che elargisce il governo, per di più messe sul conto dei salariati attraverso il debito pubblico, ma coi miliardi ricavati da una tassazione patrimoniale straordinaria e sulle grandi fortune. Il 10% di patrimoniale sul 10% più ricco. Per raddoppiare innanzitutto l'investimento nella sanità pubblica, nazionalizzando senza indennizzo quella privata. Paghi chi non ha mai pagato, non i lavoratori e le lavoratrici.

Due programmi opposti al servizio di due interessi inconciliabili: da un lato il profitto, dall'altro la salute e il lavoro. Da un lato il capitale, dall'altro l'umanità.
Partito Comunista dei Lavoratori