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Maurizio Landini per la liquidità alle imprese

La burocrazia sindacale ai tempi del coronavirus

8 Aprile 2020
«Va assicurata subito la liquidità alle imprese [...] È importante prevedere forme di prestito agevolato e misure fiscali che tutelino le imprese, anche il sistema bancario può svolgere un importante ruolo sociale. Ma le imprese non devono chiudere, né delocalizzare...»

Queste sono le parole che Maurizio Landini ha voluto riservare al quotidiano di Confindustria in una lunga intervista di domenica 5 aprile, alla vigilia del Consiglio dei ministri che avrebbe varato 400 miliardi di garanzie pubbliche a favore delle banche perché facciano prestiti alle imprese.
Il significato dell'intervista non sta negli appelli platonici ai padroni perché non chiudano. Sta nella pubblica perorazione della richiesta centrale di Confindustria: “dateci soldi e datecene tanti”. Non a caso Il Sole 24 Ore ha incorniciato l'intervista col titolo “Urgente la liquidità alle imprese”. Come dire: messaggio ricevuto e rilanciato.

Il gioco è trasparente. Confindustria cerca tutte le sponde possibili per difendere gli interessi dei propri associati. Assolve in definitiva il proprio ruolo. La sponda sindacale, se è disponibile, è di prim'ordine per i padroni. Ma in questo caso la sponda della burocrazia CGIL non è servita loro per (cercare di) rimuovere gli scioperi di fabbrica, come in occasione del protocollo d'intesa sulla sicurezza. No. È servita solamente per battere cassa, con un'eco più forte, presso il Consiglio dei ministri. Così come i padroni usarono a fine febbraio un comunicato congiunto Confindustria/sindacati contro gli eccessivi “allarmismi” sul coronavirus nel nome de ”L'Italia non si ferma”. Anche allora gli industriali si fecero forti nel rapporto col governo della complicità sindacale. Purtroppo erano gli stessi giorni in cui Confindustria lombarda poneva il veto (criminale) alla soluzione Codogno per Bergamo e Brescia.

Ma la funzione di un segretario della CGIL è quella di sostenere le cause degli industriali presso il governo? Qualcuno dirà che quella di Landini è una tattica intelligente per ottenere contropartite vantaggiose sul terreno sindacale. Ma di quali contropartite stiamo parlando? I padroni stanno forzando ovunque per riaprire le fabbriche attraverso la pressione sulle prefetture mettendo in gioco la salute dei lavoratori. E ora, dopo aver beneficiato, col plauso CGIL, dei 400 miliardi di garanzie pubbliche a favore dei prestiti bancari, chiedono di “non sperperare denaro pubblico” per dare reddito a chi finisce su una strada (magari dopo essere stato usato come lavoratore in nero da un padrone evasore). Di più: chiedono liberi voucher in agricoltura, “assoluta e totale libertà di deroga negli appalti” (Bonomi), nuova flessibilità in fabbrica per “ritrovare la produttività” (Bazoli), e naturalmente un progetto di rientro prima o poi dal nuovo debito accumulato dallo Stato. Tradotto in prosa: nuovi sacrifici per gli operai.

Sarebbero queste le contropartite della disponibilità mostrata da Landini?
Il paradosso è che oggi la concertazione sindacale, in buona parte, è praticata solo dalle direzioni sindacali, non dai padroni. È una concertazione... unilaterale, se così si può dire. Ma ugualmente vantaggiosa per lor signori. Perché i padroni sanno, col loro fiuto di classe, qual è il vero rischio. Leonardo del Vecchio, fondatore di Luxottica, lo ha esplicitato chiaramente: «Ho vissuto le bombe e la guerra, la fame e la povertà. Da tutto questo ne potremo uscire solo in due modi: con la rabbia lasciata correre per le strade, o puntando sul sacrificio e sulle energie di tutti» (La Repubblica, 4 aprile). E per i sacrifici di «tutti» (?), e soprattutto per contenere «la rabbia», la burocrazia sindacale è uno strumento sperimentato.
Partito Comunista dei Lavoratori