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La recita su MES all'ombra del coronavirus

Le bugie di Conte, la faccia di bronzo di Salvini e Meloni

13 Aprile 2020
Dice un vecchio adagio che le falsità sono verità incomplete. In questo senso la performance di Conte, Salvini e Meloni attorno agli accordi stipulati a Bruxelles rappresentano un'ampia collezione di falsità belle e buone, recitate con appassionata disinvoltura, e anche per questo massimamente ipocrite.

Il Presidente del Consiglio ha magnificato i risultati strappati a Bruxelles nell'”interesse dell'Italia”. Sfrondato della retorica nazionalista e interclassista, non ha tutti i torti. Il capitalismo italiano qualcosa ha ottenuto, nell'ultimo mese, in sede europea. Prima l'onda d'urto continentale del coronavirus ha costretto la Commissione Europea a sospendere il Fiscal Compact e i relativi adempimenti, offrendo un margine di manovra più ampio al governo italiano. Poi la BCE ha stanziato 750 miliardi di acquisti di titoli pubblici (e obbligazioni private) contribuendo in modo determinante a tener bassi i tassi di interesse in Italia, a ulteriore vantaggio degli spazi di spesa del governo. Ora l'Eurogruppo vara altre linee di credito, con cifre apparentemente importanti: “cento miliardi a sostegno degli ammortizzatori sociali” (SURE); “duecento miliardi erogati dalla Banca Europea degli Investimenti”; 240 miliardi del Meccanismo Europeo di Stabilità (il famigerato MES) “senza condizionalità per le spese sanitarie dirette e indirette”. Cui si aggiunge l'allusione al prossimo possibile varo dell'European Recovery Fund, quale anticipazione degli eurobond.


IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO FA IL BARO

Giuseppe Conte, al netto del distinguo sul MES, ha esibito come trofeo l'insieme di queste cifre per dare l'idea di “un risultato storico”. Ma ha barato clamorosamente.

Non solo e non tanto perché le cifre esibite riguardano in realtà l'intera Unione Europea e non la sola l'Italia, che ne riceve una minima quota parte (ad esempio 15 miliardi per gli ammortizzatori che coprono di fatto, con l'aria che tira, un solo mese di cassa integrazione). Quanto soprattutto per il fatto che non si tratta di erogazioni, ma per lo più di fondi creditizi: fondi che prima si formano con versamenti degli Stati membri, poi emettono titoli sul mercato finanziario, infine ripagano gli acquirenti dei titoli. Tutte operazioni a debito: finanziate da risorse pubbliche a beneficio di profitti privati. Soldi presi in ultima analisi dal portafoglio dei lavoratori, attraverso il fisco, e girati alla fine nel portafoglio dei capitalisti.

Il MES è uno di questi fondi, con una differenza. Mentre gli altri vanno ancora costituiti e finanziati (sia il fondo SURE per gli ammortizzatori che l'aumento di capitale di 25 miliardi deciso per la BEI), il MES dispone già di un fondo proprio di 450 miliardi, attivabile nell'immediato. È un fondo intergovernativo, l'Italia controlla la parte del fondo proporzionale al contributo che ha offerto per la sua formazione (sempre pagato dai salariati). In base all'accordo raggiunto, il MES mette a disposizione una linea di credito di 240 miliardi su scala continentale sino a un massimo del 2% del Pil dello Stato membro richiedente. Il 2% del Pil italiano – nel caso l'Italia volesse ricorrere al MES – sono circa 36 miliardi. Questa cifra verrebbe prestata “senza condizionalità e per le spese sanitarie dirette e indirette!”, sottolineano con enfasi il PD e lo stesso Conte per attribuire un intento sociale e caritatevole al MES. Ma è un inganno.

Innanzitutto perché le spese sanitarie «dirette e indirette» (espressione voluta proprio dall'Italia) possono comprendere di tutto, anche il finanziamento delle spese aziendali dei padroni in fatto di “sicurezza” nei luoghi di lavoro, un bel vantaggio per i profitti. Ma soprattutto perché ogni creditore vuole indietro i soldi prestati. La vera condizione di ogni prestito è per definizione questa, al netto degli interessi previsti. E per pagare un debito bisogna essere nelle condizioni di farlo. Per questo l'accordo europeo prevede che alla fine dell'emergenza sanitaria gli Stati dovranno rafforzare i fondamentali economici, coerentemente con le regole fiscali della UE. Detto in parole povere, dovranno mettersi nelle condizioni di pagare i creditori. E per pagare i creditori, le terapie d'urto sono già state sperimentate: sulla pelle dei sistemi sanitari, delle pensioni, dell'istruzione.


SALVINI E MELONI, UNA MENZOGNA PER DUE

Ma le bugie di Conte sfigurano di fronte alla faccia di bronzo di Salvini e Meloni.
Com'è noto, Salvini e Meloni si scagliano contro il MES denunciandolo come cappio al collo della sovranità nazionale. Conte li accusa di compromettere l'interesse dell'Italia al tavolo negoziale europeo? Loro accusano Conte di tradire l'Italia svendendola alla Germania e condannandola al ruolo della Grecia. Una sciocchezza, purtroppo ripresa a pappagallo da ambienti sovranisti “di sinistra”.

In primo luogo l'Italia non è la Grecia. La Grecia è un paese semidipendente. L'Italia è la seconda potenza industriale d'Europa. Il debito greco era nella pancia delle banche tedesche, francesi e... italiane. Il debito italiano è prevalentemente in pancia alle banche tricolori. I creditori dell'Italia sono innanzitutto le italianissime Banca Intesa e Unicredit, quelle del salotto buono, le stesse banche rapinatrici che controllano parte importante del debito estero di Romania, Bulgaria, Serbia, Albania, in concorrenza con le banche tedesche.
Il MES è una creatura degli imperialismi europei, Italia inclusa. Se anche l'Italia un domani ricorresse al fondo comune intergovernativo del MES, come ha fatto a suo tempo l'imperialismo spagnolo, non cesserebbe per questo di essere un paese imperialista, creditore verso altri paesi. Semplicemente attingerebbe alla cassa di resistenza comune del capitale finanziario continentale di cui è membro onorario, impegnandosi a ripagare il debito a questa cassa comune a spese dei propri salariati. Non è in gioco la sovranità dell'Italia, ma gli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici, quelli che Salvini e Meloni vogliono abbindolare sventolando la bandiera tricolore.

Ma la faccia di bronzo di Salvini e Meloni sta soprattutto nel fatto che il MES è... (anche) roba loro. Conte lo ha ricordato con un riferimento impreciso (Meloni ministro nel 2012) e Meloni, «indignata», lo ha accusato di falso. Ma la controaccusa è più falsa dell'accusa. È vero, Meloni nel 2012 non era ministro, perché al governo c'era Monti. Ma Meloni stava nella maggioranza del governo Monti (a differenza della Lega), e dunque ne condivideva le responsabilità politiche: non solo il sostegno alla legge Fornero, ma anche il varo del MES.
Di più. Il MES costituisce l'evoluzione del precedente Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (FESF), entrambi preparati e decisi a livello europeo nel 2010-2011, quando l'Italia era governata da Berlusconi, e Giorgia Meloni era ministro della gioventù. La ministra Giorgia Meloni è stata dunque pienamente corresponsabile di quel MES che oggi denuncia come sventura biblica, assieme allo smemorato Matteo Salvini, allora eurodeputato della Lega, parte attiva del governo del Cavaliere, e poi sostenitore del pareggio di bilancio nella Costituzione (relatore Giorgetti).

Che dire? I politici borghesi sono tutti parte della stessa ciurma di mentitori seriali. È l'unica via per cercare di ottenere il voto dei lavoratori e al tempo stesso continuare a frodarli. Ma prima o poi il gioco può saltare. E allora per bari e bugiardi possono prepararsi brutte sorprese.
Partito Comunista dei Lavoratori