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Bonaccini, come Fontana, Zaia e Cirio, obbedisce al richiamo del padrone

In questi giorni Confindustria sta facendo pressioni fortissime sul governo per l'avvio al più presto della fase due, ossia della riapertura delle attività produttive. Le autorità scientifiche lo sconsigliano, perché dati i numeri ancora alti del contagio da coronavirus, soprattutto nelle regioni del Nord, le più industrializzate, è ancora alto il rischio di una recrudescenza dell'epidemia.
Il governo traccheggia, mente i governatori del Nord fanno asse con Confindustria.
È il potente richiamo del padrone, quello sotto la cui influenza decisiva sono stati commessi autentici crimini, come il Partito Comunista dei Lavoratori ha denunciato recentemente.

Bonaccini, governatore dell'Emilia-Romagna, proprio non ce la fa: nemmeno lui può sottrarsi a questo richiamo.
Nella riunione con il governo insieme agli altri "governatori" regionali – la cosiddetta cabina di regia – ha proposto, analogamente alla Lombardia, la riapertura delle filiere internazionali, dal comparto automobilistico, alla ceramica, alla nautica ecc..., per «salvaguardare l'export», l'edilizia e le costruzioni, ovviamente «garantendo ciò che serve per avere la massima sicurezza».
Peccato che, come affermano le autorità scientifiche, questa benedetta sicurezza non solo non è massima, ma non esiste finché il tasso di contagio non sia azzerato.

Se la sicurezza non è la preoccupazione principale, secondo le dichiarazioni del nostro Presidente di regione un'altra è la vera minaccia: «evitare che ci sia un problema di scontro sociale e di perdita di lavoro per troppe persone». Vale a dire che l'intenzione del padronato è proprio quella di scaricare la crisi sui lavoratori, e Bonaccini se ne fa un fidato messaggero.

Alle elezioni regionali di gennaio il Partito Comunista dei Lavoratori ha rifiutato di dare il proprio sostegno a Bonaccini, denunciando il suo ruolo in continuità sostanziale con le politiche antisociali del PD e del governo di manutenzione degli interessi capitalistici. La manutenzione evidentemente continua, a dispetto di ogni emergenza e del pericolo di contagio per milioni di lavoratori.
Bonaccini lo aveva dimostrato allora, allineandosi ai governatori leghisti e della destra sulla richiesta di autonomia regionale differenziata. L'emergenza sanitaria ha dimostrato impietosamente che proprio la frammentazione regionale ha favorito la disastrosa disorganizzazione del Servizio Sanitario Nazionale di fronte all'epidemia. Oggi il governatore dell'Emilia-Romagna conferma il suo ruolo subalterno agli interessi padronali facendosi alfiere degli interessi di Confindustria insieme alle regioni governate dalla destra.

Intanto Emilia Romagna Coraggiosa, la sinistra che ha appoggiato la rielezione di Bonaccini, rimane in silenzio. Dov'è finito tutto il suo coraggio? Forse bisogna ammettere, come Don Abbondio, che in certi casi, quando si rischia l'osso del collo (politicamente parlando, s'intende) “uno il coraggio... mica se lo può dare”.

Per quanto ci riguarda, come Partito Comunista dei Lavoratori, rimaniamo fermamente dall'altra parte della barricata: quella delle lavoratrici e dei lavoratori che hanno tutto il diritto, anche in Emilia-Romagna, di tornare al lavoro solo quando sarà garantita la prevenzione dal contagio, di controllare essi stessi le condizioni di sicurezza della propria mansione lavorativa, di aver garantiti salario e occupazione per tutti, compresi i precari, di poter usufruire di una sanità pubblica adeguata mediante il massiccio rifinanziamento del SSN e la nazionalizzazione della sanità privata, di imporre che questa volta siano i padroni a pagare la crisi tramite una patrimoniale straordinaria del 10% del patrimonio sul 10% più ricco della popolazione.
Per questo sosterremo ogni forma di mobilitazione unitaria della classe lavoratrice senza alcun timore dello scontro sociale.
Partito Comunista dei Lavoratori - sezione di Bologna