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28 Aprile 2020
Chi a sinistra ha invocato una BCE simile alla Fed è stato accontentato. Ma anche così i soldi finiscono comunque nelle tasche dei capitalisti
L'emergenza del coronavirus ha spinto l'Unione Europea a cambiare orientamento sui cosiddetti aiuti di Stato a gruppi capitalistici privati.
In realtà gli aiuti di Stato al capitalismo, diretti o indiretti, non hanno mai cessato di operare, perché sono fisiologici nella società borghese. Ed anzi dopo la crisi del 2008 hanno conosciuto una netta espansione. È vero tuttavia che la liberalizzazione interna del mercato europeo all'insegna della libera concorrenza aveva comportato una sorta di vigilanza reciproca: ogni stato imperialista teneva d'occhio gli stati concorrenti della fraterna Unione per evitare colpi bassi. Mentre i processi continentali di privatizzazione nel campo dei servizi, dei trasporti, della stessa industria allargavano a vantaggio di tutti le basi materiali dell'accumulazione capitalista.
Ora si cambia registro. Il collasso della nuova grande crisi innescata dalla pandemia è di tali proporzioni ed estensione da indurre i governi imperialisti della UE, e dunque la loro Commissione Europea, a benedire gli “aiuti di Stato”. Il vecchio credo liberista si è trasformato nel nuovo verbo statalista. La stessa ipocrisia ha solo cambiato vocabolario. Le sinistre riformiste ideologicamente neokeynesiane – che in realtà hanno capito ben poco del keynesismo reale, rimpiazzandolo con quello immaginario – salutano la svolta come progressiva, vedendovi i prodromi di un New Deal continentale nel segno della green economy e delle protezioni sociali. Purtroppo la realtà non è mai generosa con i riformisti.
Giovedì 22 aprile, nel nome della liberalizzazione degli aiuti di Stato, la Commissione UE si è avviata a concedere agli Stati membri il permesso di fornire garanzie pubbliche anche al debito subordinato delle aziende. La stessa identica scelta compiuta dalla Fed il 23 marzo. Chi a sinistra ha invocato “una BCE simile alla Fed” ha dunque coronato il proprio sogno. Se non che gli aiuti permessi da Fed e BCE ai relativi Stati di riferimento non sono esattamente un'operazione misericordiosa. Si tratta del soccorso pubblico al debito privato, e dunque ai profitti, di 76 grandi compagnie capitaliste messe in crisi dal crollo del prezzo del petrolio e dalla nuova recessione. Compagnie americane come la Ford e compagnie europee come Esselunga e Renault. Compagnie che sono state minacciate di declassamento dalle agenzie di rating per via dei loro debiti stratosferici (solo la Ford ha un debito di 113,8 miliardi di dollari) e della relativa difficoltà di rientro, e sono finite nella bassa classifica dei cosiddetti junk (titoli spazzatura).
La BCE, sulle orme della Fed, ha preferito giocare d'anticipo sul rischio declassamento offrendo alla compagnie europee l'ombrello protettivo delle garanzie di Stato. Lo Stato nazionale copre con risorse pubbliche i titoli spazzatura delle aziende private, la BCE a sua volta copre le spalle allo Stato con la propria garanzia. Così grandi azionisti vengono salvati dalla bancarotta coi soldi di tutti, quelli presi da trent'anni di tagli sociali e compressione dei salari.
Come volevasi dimostrare. Il problema non è il liberismo ma il capitalismo, come il nostro partito ha sempre sostenuto. L'alternativa non è “più Stato e meno mercato” come dicono i riformisti di tutte le salse, ma un altro Stato e un'altra società. Dove a comandare sia chi produce la ricchezza, non i parassiti che la intascano.
In realtà gli aiuti di Stato al capitalismo, diretti o indiretti, non hanno mai cessato di operare, perché sono fisiologici nella società borghese. Ed anzi dopo la crisi del 2008 hanno conosciuto una netta espansione. È vero tuttavia che la liberalizzazione interna del mercato europeo all'insegna della libera concorrenza aveva comportato una sorta di vigilanza reciproca: ogni stato imperialista teneva d'occhio gli stati concorrenti della fraterna Unione per evitare colpi bassi. Mentre i processi continentali di privatizzazione nel campo dei servizi, dei trasporti, della stessa industria allargavano a vantaggio di tutti le basi materiali dell'accumulazione capitalista.
Ora si cambia registro. Il collasso della nuova grande crisi innescata dalla pandemia è di tali proporzioni ed estensione da indurre i governi imperialisti della UE, e dunque la loro Commissione Europea, a benedire gli “aiuti di Stato”. Il vecchio credo liberista si è trasformato nel nuovo verbo statalista. La stessa ipocrisia ha solo cambiato vocabolario. Le sinistre riformiste ideologicamente neokeynesiane – che in realtà hanno capito ben poco del keynesismo reale, rimpiazzandolo con quello immaginario – salutano la svolta come progressiva, vedendovi i prodromi di un New Deal continentale nel segno della green economy e delle protezioni sociali. Purtroppo la realtà non è mai generosa con i riformisti.
Giovedì 22 aprile, nel nome della liberalizzazione degli aiuti di Stato, la Commissione UE si è avviata a concedere agli Stati membri il permesso di fornire garanzie pubbliche anche al debito subordinato delle aziende. La stessa identica scelta compiuta dalla Fed il 23 marzo. Chi a sinistra ha invocato “una BCE simile alla Fed” ha dunque coronato il proprio sogno. Se non che gli aiuti permessi da Fed e BCE ai relativi Stati di riferimento non sono esattamente un'operazione misericordiosa. Si tratta del soccorso pubblico al debito privato, e dunque ai profitti, di 76 grandi compagnie capitaliste messe in crisi dal crollo del prezzo del petrolio e dalla nuova recessione. Compagnie americane come la Ford e compagnie europee come Esselunga e Renault. Compagnie che sono state minacciate di declassamento dalle agenzie di rating per via dei loro debiti stratosferici (solo la Ford ha un debito di 113,8 miliardi di dollari) e della relativa difficoltà di rientro, e sono finite nella bassa classifica dei cosiddetti junk (titoli spazzatura).
La BCE, sulle orme della Fed, ha preferito giocare d'anticipo sul rischio declassamento offrendo alla compagnie europee l'ombrello protettivo delle garanzie di Stato. Lo Stato nazionale copre con risorse pubbliche i titoli spazzatura delle aziende private, la BCE a sua volta copre le spalle allo Stato con la propria garanzia. Così grandi azionisti vengono salvati dalla bancarotta coi soldi di tutti, quelli presi da trent'anni di tagli sociali e compressione dei salari.
Come volevasi dimostrare. Il problema non è il liberismo ma il capitalismo, come il nostro partito ha sempre sostenuto. L'alternativa non è “più Stato e meno mercato” come dicono i riformisti di tutte le salse, ma un altro Stato e un'altra società. Dove a comandare sia chi produce la ricchezza, non i parassiti che la intascano.