♠ in Angelucci,banchieri,capitalismo,Coronavirus,ospedali,posti letto,Rocca,Rotelli,sanità privata,sanità pubblica,sovranisti,terapia intensiva,Tosinvest at 02:45
25 Marzo 2020
Il commentario quotidiano dei media documenta lo stato pietoso della sanità pubblica a fronte dell'epidemia: mancanza di letti, di personale medico e paramedico, di ventilatori, di ambulanze, di servizi di assistenza domiciliare per i non ospedalizzati, di presidi sanitari territoriali, di laboratori. Di tutto. L'alto tasso di decessi prima ancora di arrivare in terapia intensiva è il riflesso di questa condizione, come lo è l'improvvisa scoperta in una grande metropoli di 1800 malati all'interno delle proprie abitazioni, fuori dal raggio di ogni ricognizione e assistenza.
Tutto ciò è il prodotto dei tagli portati alla sanità pubblica degli ultimi vent'anni. Colpisce che questo massacro sociale sia emerso alla cronaca al prezzo di migliaia di morti. Ma tant'è. Ciò che invece non emerge ancora sufficientemente, ed anzi viene rimosso, è la ragione sociale di quei tagli. Che direzione hanno preso i 37 miliardi sottratti al servizio sanitario pubblico? Quale classe ha intascato il malloppo? È un interrogativo che non si può più ignorare. Perché inchioda il mandante del crimine in corso.
CHIUDERE OSPEDALI PER PAGARE I BANCHIERI
Per rispondere a questo interrogativo è sufficiente leggere le motivazioni che hanno accompagnato ogni legge finanziaria, già prima della grande crisi del 2008 e a maggior ragione dopo: la necessità di tagliare la spesa in ragione del contenimento del debito pubblico. In realtà in ragione del pagamento del debito pubblico e degli interessi sul debito: 60 o 70 miliardi di soli interessi ogni anno. Una cumulazione di interessi che ha concorso oltretutto ad espandere proprio quel debito pubblico che si doveva “contenere”. Ma a chi è andata ogni anno questa gigantesca mole di risorse sottratte ai servizi sociali, sanità inclusa? Naturalmente a chi ha comprato i titoli pubblici, cioè ai detentori del debito italiano. Principalmente le banche. Non le banche tedesche o straniere, come vorrebbe la propaganda sovranista un tanto al chilo. Ma principalmente, più di ogni altro, le grandi banche italiane, assieme alle compagnie di assicurazione. Cioè le stesse banche italiane che controllano coi propri pacchetti azionari buona parte di quella grande stampa che documenta... il disastro della sanità. Curioso no? È la misura della pubblica ipocrisia.
I CAPITALISTI DELLA SALUTE INGRASSANO IN BORSA
C'è tuttavia un altro soggetto che ha beneficiato largamente dei tagli alla sanità pubblica. È la sanità privata. Privata ma coi soldi pubblici.
Nel 2000 la sanità privata convenzionata assorbiva un esborso di 15,8 miliardi. Nel 2016 l'esborso arrivava a 31,5 miliardi, praticamente un raddoppio. Proprio in quel quindicennio, guarda caso, dilagava la soppressione degli ospedali pubblici, e con essi di 30.000 posti letto, incluse le postazioni di terapia intensiva. Già nel 2004 il convegno internazionale di Trieste sulla medicina d'urgenza denunciava la drammatica carenza dei posti di terapia intensiva negli ospedali italiani, che stavano al di sotto del 3%, un terzo della media europea. Nei tredici anni successivi quella soglia è stata ulteriormente tagliata al ribasso.
Parallelamente, la sanità privata ha conosciuto, nello stesso periodo, un autentico sfondamento, in un rapporto di complicità (e corruzione) coi governi regionali di ogni colore (Formigoni docet). I margini di profitto garantiti ai capitalisti della salute sono stati ingenti.
Più si tagliava lo spazio della sanità pubblica, più si ampliava il mercato di quella privata, e più saliva il drenaggio dei privati sulle risorse pubbliche attraverso il sistema delle convenzioni. Grazie a queste risorse diversi gruppi capitalistici della sanità privata hanno accumulato enormi fortune, investendole a loro volta in lucrosi affari immobiliari e finanziari. Basti pensare al gruppo Tosinvest, agli Angelucci, ai Rotelli, ai Rocca. Nuove dinastie della borghesia italiana si sono fatte largo per questa via, sino a fare nel 2018 il proprio ingresso in borsa, dove i titoli della sanità privata hanno conosciuto in soli due anni una crescita di valore del 56,9%. Un autentico record.
Ecco, quando parliamo ogni giorno del dramma sanitario in atto, delle morti silenziose e terribili senza il conforto delle persone care, teniamo anche uno sguardo d'insieme sulla natura della società capitalista. Perché la radice di tutto sta lì. Ripartire dai bisogni dei malati e della salute significa chiamare in causa l'intero ordine sociale, ben al di là di un virus. Ricordiamocelo per quando tutto sarà finito. Quando dovremo presentare il conto.
Tutto ciò è il prodotto dei tagli portati alla sanità pubblica degli ultimi vent'anni. Colpisce che questo massacro sociale sia emerso alla cronaca al prezzo di migliaia di morti. Ma tant'è. Ciò che invece non emerge ancora sufficientemente, ed anzi viene rimosso, è la ragione sociale di quei tagli. Che direzione hanno preso i 37 miliardi sottratti al servizio sanitario pubblico? Quale classe ha intascato il malloppo? È un interrogativo che non si può più ignorare. Perché inchioda il mandante del crimine in corso.
CHIUDERE OSPEDALI PER PAGARE I BANCHIERI
Per rispondere a questo interrogativo è sufficiente leggere le motivazioni che hanno accompagnato ogni legge finanziaria, già prima della grande crisi del 2008 e a maggior ragione dopo: la necessità di tagliare la spesa in ragione del contenimento del debito pubblico. In realtà in ragione del pagamento del debito pubblico e degli interessi sul debito: 60 o 70 miliardi di soli interessi ogni anno. Una cumulazione di interessi che ha concorso oltretutto ad espandere proprio quel debito pubblico che si doveva “contenere”. Ma a chi è andata ogni anno questa gigantesca mole di risorse sottratte ai servizi sociali, sanità inclusa? Naturalmente a chi ha comprato i titoli pubblici, cioè ai detentori del debito italiano. Principalmente le banche. Non le banche tedesche o straniere, come vorrebbe la propaganda sovranista un tanto al chilo. Ma principalmente, più di ogni altro, le grandi banche italiane, assieme alle compagnie di assicurazione. Cioè le stesse banche italiane che controllano coi propri pacchetti azionari buona parte di quella grande stampa che documenta... il disastro della sanità. Curioso no? È la misura della pubblica ipocrisia.
I CAPITALISTI DELLA SALUTE INGRASSANO IN BORSA
C'è tuttavia un altro soggetto che ha beneficiato largamente dei tagli alla sanità pubblica. È la sanità privata. Privata ma coi soldi pubblici.
Nel 2000 la sanità privata convenzionata assorbiva un esborso di 15,8 miliardi. Nel 2016 l'esborso arrivava a 31,5 miliardi, praticamente un raddoppio. Proprio in quel quindicennio, guarda caso, dilagava la soppressione degli ospedali pubblici, e con essi di 30.000 posti letto, incluse le postazioni di terapia intensiva. Già nel 2004 il convegno internazionale di Trieste sulla medicina d'urgenza denunciava la drammatica carenza dei posti di terapia intensiva negli ospedali italiani, che stavano al di sotto del 3%, un terzo della media europea. Nei tredici anni successivi quella soglia è stata ulteriormente tagliata al ribasso.
Parallelamente, la sanità privata ha conosciuto, nello stesso periodo, un autentico sfondamento, in un rapporto di complicità (e corruzione) coi governi regionali di ogni colore (Formigoni docet). I margini di profitto garantiti ai capitalisti della salute sono stati ingenti.
Più si tagliava lo spazio della sanità pubblica, più si ampliava il mercato di quella privata, e più saliva il drenaggio dei privati sulle risorse pubbliche attraverso il sistema delle convenzioni. Grazie a queste risorse diversi gruppi capitalistici della sanità privata hanno accumulato enormi fortune, investendole a loro volta in lucrosi affari immobiliari e finanziari. Basti pensare al gruppo Tosinvest, agli Angelucci, ai Rotelli, ai Rocca. Nuove dinastie della borghesia italiana si sono fatte largo per questa via, sino a fare nel 2018 il proprio ingresso in borsa, dove i titoli della sanità privata hanno conosciuto in soli due anni una crescita di valore del 56,9%. Un autentico record.
Ecco, quando parliamo ogni giorno del dramma sanitario in atto, delle morti silenziose e terribili senza il conforto delle persone care, teniamo anche uno sguardo d'insieme sulla natura della società capitalista. Perché la radice di tutto sta lì. Ripartire dai bisogni dei malati e della salute significa chiamare in causa l'intero ordine sociale, ben al di là di un virus. Ricordiamocelo per quando tutto sarà finito. Quando dovremo presentare il conto.