♠ in Alitalia,cassa integrazione,Coronavirus,crisi sanitaria,crollo delle borse,ferie,governo,Ilva,Italia,merci,operai,padroni,protezione,rivolta delle carceri,stanziamenti,unità nazionale,zona rossa at 04:36
L'Italia dei capitalisti e quella dei lavoratori
Drammatica crisi sanitaria, crollo delle borse, recessione in corso, panico tra i padroni, rivolta delle carceri hanno spinto verso una parziale unità nazionale tra governo Conte e destre reazionarie. Questo è il risvolto politico delle scelte delle ultime ore.
Il governo non è più in grado di reggere il peso della crisi sulle sue sole spalle, obiettivamente fragili. Le opposizioni non sono nelle condizioni né di riprovare una spallata, data l'emergenza in corso, né di imporre un governo di salute pubblica col proprio ingresso nell'esecutivo (ipotesi Giorgetti). La risultante è un nuovo precario equilibrio politico e istituzionale in cui il governo resta in sella ma concorda le misure con le opposizioni, e le opposizioni si presentano come ciambella di salvataggio del governo (per sottolineare la sua debolezza) nell'”interesse superiore della nazione”. La Presidenza della Repubblica ispira e benedice l'intera operazione. Mentre i sindacati sono muti, unico soggetto silente nello scenario pubblico, a misura della propria subalternità alla politica borghese.
L'estensione all'intero territorio nazionale delle misure eccezionali varate in Lombardia e in altre 14 province è il terreno dell'intesa istituzionale tra governatori del Nord e governatori del Sud. Le contrapposizioni tra governi regionali e governo nazionale avevano raggiunto un livello di guardia dopo l'estensione all'intera Lombardia della zona rossa, con trasmigrazioni incontrollate a Sud e provvedimenti dei governi del Sud totalmente autonomi dalle direttive del Viminale, una spirale che rischiava di andare fuori controllo. L'estensione delle misure straordinarie in tutta Italia ricompone l'intesa istituzionale, almeno per oggi.
Il principio della guerra al virus anche attraverso misure rigorose di contenimento del contagio è in sé incontestabile. Un governo dei lavoratori, se necessario, attuerebbe misure anche più drastiche. Il problema è che siamo in presenza non solo di un governo padronale, ma di un contesto da tempo segnato dallo strapotere dei padroni nei luoghi di lavoro ed in particolare nelle fabbriche, e ora di una nuova drammatica crisi capitalista, acuita dallo stesso coronavirus, che sta già scaricando i propri effetti sulle condizioni del lavoro. In questo contesto non vi sono e non vi possono essere misure socialmente neutre. Le stesse misure di contenimento del contagio hanno riflessi diversi sulle diverse classi, e a maggior ragione l'hanno e le avranno le misure prospettate, nel nome dell'emergenza, sul terreno economico sociale.
OPERAI SENZA PROTEZIONE, PADRONI CON (ANCOR) PIÙ POTERE
Gli strumenti di protezione sanitaria dei lavoratori e delle lavoratrici, e persino di normale igiene, sono largamente assenti nelle fabbriche. Gli operai dell'Ilva di Genova, ad esempio, sono costretti a richiedere persino la carta asciugamani nei bagni e i prodotti igienizzanti per disinfettare le postazioni di lavoro. Le spese annunciate dal governo in fatto di mascherine sono risibili rispetto alle necessità, e oltretutto di dubbia concretizzazione. Il tutto in un contesto in cui le scuole possono chiudere ma le fabbriche no. Le merci sono assai più protette di chi le produce.
Le ferie dei lavoratori sono messe a disposizione del padrone, per cui puoi essere obbligato a mangiarti le ferie d'agosto passandole in casa. La cassa integrazione in deroga è estesa ma non deve essere più contrattata col sindacato. È sufficiente informarlo, per di più successivamente al suo varo. E questo nel momento in cui la cassa integrazione già dilaga col relativo taglio dello stipendio, e il rinnovo dei contratti, a partire dai metalmeccanici, è di fatto cancellato in attesa di tempi migliori. Intanto, dietro lo scudo dell'emergenza, AcelorMittal e governo si accordano alle spalle degli operai mettendo lo stesso sindacato di fronte al fatto compiuto. E in Alitalia si procede alla soluzione spezzatino con migliaia di licenziamenti annunciati.
BRICIOLE PER LA SANITÀ E UNA PIOGGIA DI MILIARDI PER LE IMPRESE
Sul fronte stesso della sanità la montagna partorisce il topolino.
Per dare una misura delle necessità reali, il solo ampliamento delle terapie intensive (infermieri, letti, medicinali, ventilatori) richiederebbe qualcosa come dodici miliardi, secondo le stime del quotidiano di Confindustria (Il Sole 24 Ore, 10 marzo). Il governo ha stanziato un solo miliardo per la sanità nel suo insieme. In una situazione talmente penosa che persino i laboratori che devono esaminare i test sulla positività o meno sono costretti a impiegare 48 o 72 ore per dare i risultati a causa dell'assenza di uomini e di mezzi, con ricadute non indifferenti sulla protezione sanitaria collettiva. Nel mentre non ci sono risorse per i contratti pubblici, incluso il contratto di medici e infermieri impegnati al fronte per 12 ore al giorno (e più) in condizioni pietose.
In compenso, governo padronale e destre reazionarie annunciano nuove misure a sostegno delle imprese per decine di miliardi. Quando si trattava di investire sulla sanità o sulle pensioni obiettavano che il debito pubblico lo impediva e che bisognava salvare le banche (Salvini a suo tempo votò il pareggio del bilancio in Costituzione, su relazione di Giorgetti, e la Meloni la famigerata legge Fornero, mentre il PD naturalmente votò tutto). Sanità, pensioni, e scuola pubblica pagarono il conto. Ora le imprese dicono “se in passato si sono salvate le banche, oggi vanno salvate le imprese”. E il governo, Salvini e Meloni regalano alle imprese, oltre alla mano libera sui dipendenti, l'esenzione dal versamento dei contributi e la moratoria dei debiti verso le banche; e al tempo stesso regalano alle banche la garanzia pubblica sui crediti verso le imprese, in modo che non debbano fare nuovi accantonamenti patrimoniali. L'avvocato del popolo Conte e gli amici del popolo Salvini e Meloni si ritrovano nel sostegno ai padroni a spese del popolo. Non li unisce la lotta al contagio, ma l'accudimento della stessa classe e dei suoi profitti.
Contro tutto questo non c'è coronavirus che tenga. Ed anzi proprio la drammatica crisi sanitaria in corso sottolinea le responsabilità, passate e presenti, delle classi dominanti e di tutti i loro partiti.
"Italia zona protetta"? L'unica Italia realmente protetta è quella dei capitalisti e dei banchieri. Per questo l'Italia dei lavoratori e delle lavoratrici deve recuperare una propria proposta e iniziativa indipendente senza alcuna subordinazione all'unità nazionale. E lo deve fare non per disinteresse verso il tema del contagio ma per la ragione esattamente opposta: perché sanità e salute possono essere difese solo dai lavoratori, non da chi le ha sfasciate nell'interesse dei capitalisti.
Il governo non è più in grado di reggere il peso della crisi sulle sue sole spalle, obiettivamente fragili. Le opposizioni non sono nelle condizioni né di riprovare una spallata, data l'emergenza in corso, né di imporre un governo di salute pubblica col proprio ingresso nell'esecutivo (ipotesi Giorgetti). La risultante è un nuovo precario equilibrio politico e istituzionale in cui il governo resta in sella ma concorda le misure con le opposizioni, e le opposizioni si presentano come ciambella di salvataggio del governo (per sottolineare la sua debolezza) nell'”interesse superiore della nazione”. La Presidenza della Repubblica ispira e benedice l'intera operazione. Mentre i sindacati sono muti, unico soggetto silente nello scenario pubblico, a misura della propria subalternità alla politica borghese.
L'estensione all'intero territorio nazionale delle misure eccezionali varate in Lombardia e in altre 14 province è il terreno dell'intesa istituzionale tra governatori del Nord e governatori del Sud. Le contrapposizioni tra governi regionali e governo nazionale avevano raggiunto un livello di guardia dopo l'estensione all'intera Lombardia della zona rossa, con trasmigrazioni incontrollate a Sud e provvedimenti dei governi del Sud totalmente autonomi dalle direttive del Viminale, una spirale che rischiava di andare fuori controllo. L'estensione delle misure straordinarie in tutta Italia ricompone l'intesa istituzionale, almeno per oggi.
Il principio della guerra al virus anche attraverso misure rigorose di contenimento del contagio è in sé incontestabile. Un governo dei lavoratori, se necessario, attuerebbe misure anche più drastiche. Il problema è che siamo in presenza non solo di un governo padronale, ma di un contesto da tempo segnato dallo strapotere dei padroni nei luoghi di lavoro ed in particolare nelle fabbriche, e ora di una nuova drammatica crisi capitalista, acuita dallo stesso coronavirus, che sta già scaricando i propri effetti sulle condizioni del lavoro. In questo contesto non vi sono e non vi possono essere misure socialmente neutre. Le stesse misure di contenimento del contagio hanno riflessi diversi sulle diverse classi, e a maggior ragione l'hanno e le avranno le misure prospettate, nel nome dell'emergenza, sul terreno economico sociale.
OPERAI SENZA PROTEZIONE, PADRONI CON (ANCOR) PIÙ POTERE
Gli strumenti di protezione sanitaria dei lavoratori e delle lavoratrici, e persino di normale igiene, sono largamente assenti nelle fabbriche. Gli operai dell'Ilva di Genova, ad esempio, sono costretti a richiedere persino la carta asciugamani nei bagni e i prodotti igienizzanti per disinfettare le postazioni di lavoro. Le spese annunciate dal governo in fatto di mascherine sono risibili rispetto alle necessità, e oltretutto di dubbia concretizzazione. Il tutto in un contesto in cui le scuole possono chiudere ma le fabbriche no. Le merci sono assai più protette di chi le produce.
Le ferie dei lavoratori sono messe a disposizione del padrone, per cui puoi essere obbligato a mangiarti le ferie d'agosto passandole in casa. La cassa integrazione in deroga è estesa ma non deve essere più contrattata col sindacato. È sufficiente informarlo, per di più successivamente al suo varo. E questo nel momento in cui la cassa integrazione già dilaga col relativo taglio dello stipendio, e il rinnovo dei contratti, a partire dai metalmeccanici, è di fatto cancellato in attesa di tempi migliori. Intanto, dietro lo scudo dell'emergenza, AcelorMittal e governo si accordano alle spalle degli operai mettendo lo stesso sindacato di fronte al fatto compiuto. E in Alitalia si procede alla soluzione spezzatino con migliaia di licenziamenti annunciati.
BRICIOLE PER LA SANITÀ E UNA PIOGGIA DI MILIARDI PER LE IMPRESE
Sul fronte stesso della sanità la montagna partorisce il topolino.
Per dare una misura delle necessità reali, il solo ampliamento delle terapie intensive (infermieri, letti, medicinali, ventilatori) richiederebbe qualcosa come dodici miliardi, secondo le stime del quotidiano di Confindustria (Il Sole 24 Ore, 10 marzo). Il governo ha stanziato un solo miliardo per la sanità nel suo insieme. In una situazione talmente penosa che persino i laboratori che devono esaminare i test sulla positività o meno sono costretti a impiegare 48 o 72 ore per dare i risultati a causa dell'assenza di uomini e di mezzi, con ricadute non indifferenti sulla protezione sanitaria collettiva. Nel mentre non ci sono risorse per i contratti pubblici, incluso il contratto di medici e infermieri impegnati al fronte per 12 ore al giorno (e più) in condizioni pietose.
In compenso, governo padronale e destre reazionarie annunciano nuove misure a sostegno delle imprese per decine di miliardi. Quando si trattava di investire sulla sanità o sulle pensioni obiettavano che il debito pubblico lo impediva e che bisognava salvare le banche (Salvini a suo tempo votò il pareggio del bilancio in Costituzione, su relazione di Giorgetti, e la Meloni la famigerata legge Fornero, mentre il PD naturalmente votò tutto). Sanità, pensioni, e scuola pubblica pagarono il conto. Ora le imprese dicono “se in passato si sono salvate le banche, oggi vanno salvate le imprese”. E il governo, Salvini e Meloni regalano alle imprese, oltre alla mano libera sui dipendenti, l'esenzione dal versamento dei contributi e la moratoria dei debiti verso le banche; e al tempo stesso regalano alle banche la garanzia pubblica sui crediti verso le imprese, in modo che non debbano fare nuovi accantonamenti patrimoniali. L'avvocato del popolo Conte e gli amici del popolo Salvini e Meloni si ritrovano nel sostegno ai padroni a spese del popolo. Non li unisce la lotta al contagio, ma l'accudimento della stessa classe e dei suoi profitti.
Contro tutto questo non c'è coronavirus che tenga. Ed anzi proprio la drammatica crisi sanitaria in corso sottolinea le responsabilità, passate e presenti, delle classi dominanti e di tutti i loro partiti.
"Italia zona protetta"? L'unica Italia realmente protetta è quella dei capitalisti e dei banchieri. Per questo l'Italia dei lavoratori e delle lavoratrici deve recuperare una propria proposta e iniziativa indipendente senza alcuna subordinazione all'unità nazionale. E lo deve fare non per disinteresse verso il tema del contagio ma per la ragione esattamente opposta: perché sanità e salute possono essere difese solo dai lavoratori, non da chi le ha sfasciate nell'interesse dei capitalisti.