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Luoghi di lavoro o di contagio?

Cosa ci dice lo sciopero di Pomigliano

12 Marzo 2020
La vera notizia delle ultime misure del governo non è il fatto che chiudono i bar e i ristoranti, ma che restano aperte le fabbriche, la logistica, i trasporti, le banche, oltre naturalmente ai servizi alimentari e sanitari. Dopo tante chiacchiere sulla fine della classe operaia, emerge una verità incontestabile: la produzione e circolazione delle merci resta la base materiale della società, quella di cui non si può fare a meno. L'unico piccolo dettaglio è che proprietà e controllo del lavoro restano nelle mani dei padroni. E lo si vede anche ai tempi del coronovirus.


LA CONFINDUSTRIA VUOLE MANO LIBERA

La Confindustria ha ottenuto dal governo mano libera nella gestione del lavoro. Le “raccomandazioni” sull'igiene nelle fabbriche non contano nulla. Conta il cosiddetto principio di autodeterminazione, già sancito, guarda caso, da un accordo interno a Confindustria lombarda e oggi esteso a livello nazionale. Quello per cui in buona sostanza è il padrone che decide, fabbrica per fabbrica, cosa tenere aperto e cosa chiudere, e soprattutto quali sono le condizioni del lavoro. Questo principio è inaccettabile e va respinto. Sono i lavoratori e le lavoratrici che producono le merci, che le trasportano, che le distribuiscono. Devono poterlo fare in sicurezza. E la sicurezza non può essere affidata ai capitalisti, dev'essere sotto il controllo dei lavoratori.

Il diario della crisi è eloquente. Nella manifattura, nella logistica, nei trasporti, ovunque. Gli stessi padroni che ostentano gesti umanitari di beneficenza sono quelli che calpestano la sicurezza di chi lavora.

Padroni che rifiutano di fornire le mascherine protettive “perché l'OMS ha detto che non servono”. Che raccolgono a sera le mascherine dei dipendenti per rifilarle il giorno dopo. Che rifiutano di sanificare le postazioni di lavoro. Che mantengono la produzione di reparto dopo casi accertati di positività, ignorando la richiesta di estendere accertamento medico. Che inviano i dipendenti a consegnare pacchi anche a persone in quarantena senza strumenti di protezione. Che privano di protezione macchinisti e ferrovieri. Che non dispongono i distanziamenti in mensa, o che semplicemente non assicurano il servizio mensa perché “alle 18 la ristorazione chiude” e ai dipendenti si dice "arrangiatevi"...

Da tutta Italia centinaia di testimonianze raccontano di angherie e soprusi dei padroni, fregandosene delle stesse “raccomandazioni” del governo. Perché il vero governo sono loro, in situazione normale e in emergenza.


MA SI SCIOPERA ANCHE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

Ma non sempre i lavoratori subiscono. In molti luoghi di lavoro iniziano a reagire. In diversi magazzini della logistica in Lombardia e in Emilia, nei porti di Genova e di Napoli, negli stabilimenti Whirlpool... Ovunque la rivendicazione è una sola: pretendiamo sicurezza. È il terreno su cui tutti i sindacati di massa e di classe dovrebbero unire la propria azione per unificare un fronte di lotta su scala generale, senza alcuna subordinazione ai padroni e al governo. Altro che comunicati congiunti tra sindacati e Confindustria, o il timido sussurro di qualche distinguo! È il momento di rivendicare un controllo sindacale indipendente sulle condizioni del lavoro. Anche perché la sicurezza sul lavoro è decisiva nella guerra contro il virus.

Certo, la situazione è difficile in questo scenario cupo di emergenza, ma vi sono episodi che gettano un fascio di luce. In particolare ne sottolineiamo uno.
In FCA di Pomigliano martedì scorso gli operai hanno fatto sciopero spontaneamente contro l'assenza delle mascherine, costringendo la FIOM a coprire lo sciopero. È avvenuto non in una fabbrica qualunque, ma nel regno della ex FIAT, dove la voce del padrone è formalmente legge dal 2010. Dove ricatto, intimidazione, reparti confino sono pane quotidiano. E deve esservi stata sorpresa e spavento ai piani alti se il giorno dopo, la direzione FCA annuncia di voler mettere in regola le condizioni sanitarie delle proprie aziende sospendendo la produzione. L'allargamento dello sciopero è in fondo l'unico contagio che li preoccupa.


IL SEME E IL GERMOGLIO

Certo, è un episodio piccolo, sullo sfondo di un clima generale di paura e dopo una lunga stagione di passività. Ma è un episodio significativo.
Ci dice che che sotto la coltre di una lunga gelata il braciere della ribellione non è mai spento. E le stagioni passano, anche quando sembrano interminabili.
All'inizio le guerre sono sempre subite, con un carico di sofferenze, umiliazioni, paura. Ma la paura prima o poi svanisce, e può risolversi in ribellione. E la ribellione si vendica delle umiliazioni subite. Non a caso i dopoguerra sono spesso rivoluzionari.

Naturalmente l'emergenza straordinaria del coronavirus è ben diversa da una guerra vera. Ma così è vissuta da milioni di lavoratori e lavoratrici in un'esperienza drammatica e nuova. E quando finirà – magari dopo un lungo tunnel – non tutto tornerà necessariamente come prima.
Ciò che si semina oggi può germogliare domani. Questo è il lavoro dei rivoluzionari.
Partito Comunista dei Lavoratori