Pubblicato su Il manifesto - 2 gennaio 2016
Sono mesi che i
lavoratori dello stabilimento Artoni di Cesena stanno lottando per la
difesa del proprio posto di lavoro. Si tratta di una battaglia vera, che
vede contrapposta alla volontà padronale la determinazione di decine di
lavoratori che si sono mobilitati più volte, attuando il blocco delle
merci e dello stabilimento. Altre sedi dell'Artoni sono state coinvolte
in scioperi e blocchi in solidarietà con i facchini di Cesena.
Nella loro lotta i facchini della Stemi-Artoni non sono rimasti da soli: al loro fianco si sono schierati altri compagni e compagne che li hanno sostenuti in questa dura vertenza, come nel caso dei militanti del Partito Comunista dei Lavoratori da subito in prima linea con loro.
È di assoluta gravità, quindi, la decisione della questura di Forlì di utilizzare lo strumento repressivo del foglio di via da Cesena per colpire chi si è battuto assieme ai lavoratori Stemi-Artoni. Tali provvedimenti hanno colpito nei giorni scorsi alcuni militanti del Partito Comunista dei Lavoratori, oltre che iscritti e dirigenti dei sindacati di base coinvolti nella vicenda.
La scelta della questura di Forlì non è un fatto isolato: già in molte altre province e regioni si assiste ad un uso frequente degli strumenti repressivi come il foglio di via e il divieto di dimora. Riteniamo che ciò sia il prodotto di determinate scelte governative che negano apertamente ogni dialogo col conflitto sociale e sindacale per affrontare il tutto solo in termini puramente repressivi.
Il governo Renzi, che già con la nuova legislazione del Jobs Act ha dimostrato di avere una concezione servile del lavoro dipendente, passa senza soluzione di continuità dai riflettori e dagli effetti speciali del nuovismo giovanilista della Leopolda alle più becere politiche in stile scelbiano: dal partito della nazione alla DC anni '50, un filo nero nel segno del padronato.
Di sicuro i lavoratori in lotta e il PCL non si faranno intimidire, anzi ritroviamo nei provvedimenti repressivi nuove ragioni per infondere il massimo impegno nel conflitto di classe.
Nella loro lotta i facchini della Stemi-Artoni non sono rimasti da soli: al loro fianco si sono schierati altri compagni e compagne che li hanno sostenuti in questa dura vertenza, come nel caso dei militanti del Partito Comunista dei Lavoratori da subito in prima linea con loro.
È di assoluta gravità, quindi, la decisione della questura di Forlì di utilizzare lo strumento repressivo del foglio di via da Cesena per colpire chi si è battuto assieme ai lavoratori Stemi-Artoni. Tali provvedimenti hanno colpito nei giorni scorsi alcuni militanti del Partito Comunista dei Lavoratori, oltre che iscritti e dirigenti dei sindacati di base coinvolti nella vicenda.
La scelta della questura di Forlì non è un fatto isolato: già in molte altre province e regioni si assiste ad un uso frequente degli strumenti repressivi come il foglio di via e il divieto di dimora. Riteniamo che ciò sia il prodotto di determinate scelte governative che negano apertamente ogni dialogo col conflitto sociale e sindacale per affrontare il tutto solo in termini puramente repressivi.
Il governo Renzi, che già con la nuova legislazione del Jobs Act ha dimostrato di avere una concezione servile del lavoro dipendente, passa senza soluzione di continuità dai riflettori e dagli effetti speciali del nuovismo giovanilista della Leopolda alle più becere politiche in stile scelbiano: dal partito della nazione alla DC anni '50, un filo nero nel segno del padronato.
Di sicuro i lavoratori in lotta e il PCL non si faranno intimidire, anzi ritroviamo nei provvedimenti repressivi nuove ragioni per infondere il massimo impegno nel conflitto di classe.
Michele Terra - Segreteria Nazionale PCL
Leandro Evangelista - Coordinatore PCL Romagna
Leandro Evangelista - Coordinatore PCL Romagna