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Assemblea nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi/e - Bologna 27 settembre: la mozione finale e gli interventi delle nostre compagne e dei nostri compagni

 

MOZIONE CONCLUSIVA DELL’ASSEMBLEADEI LAVORATORI E DELLE LAVORATRICI COMBATTIVI/E

Questa è la versione definitiva con i contributi e le richieste di modifica ed aggiunte.

L’assemblea nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi del 27 settembre 2020 a Bologna assume il testo e i propositi contenuti nell’appello d’indizione.

Gli scenari delle ultime settimane confermano come la perdurante crisi sanitaria esasperi una crisi strutturale dell’economia capitalistica, con un impoverimento generalizzato e un peggioramento delle condizioni di vita per milioni di lavoratori e lavoratrici (esacerbando anche le pessime condizioni di salute e sicurezza, con il tragico ripetersi di continui infortuni e morti sul lavoro).

Il prossimo termine della moratoria sui licenziamenti e la sempre più pressante offensiva padronale su questo terreno ne sono un segno evidente.

La Confindustria di Bonomi, il governo Conte (prono agli interessi del padronato) e l’UE (ambito di mediazione degli interessi della borghesia continentale) stanno usando l’emergenza per ottimizzare i profitti e socializzare le perdite, anche alimentando il razzismo sul piano culturale e su quello istituzionale.

In questo quadro, le richieste di patto sociale (sostenute da Recovery Plan e un’espansione del debito che ricadrà su lavoratori e classi popolari) nascondono il sostegno alle ristrutturazioni produttive e l’aumento dello sfruttamento, oggi richiesti dal padronato.

All’attacco a salari e diritti dobbiamo allora contrapporre una piattaforma generale di lotta che su scala nazionale e internazionale sappia rilanciare le parole d’ordine storiche del movimento operaio:

1. riduzione generalizzata dell’orario di lavoro a parità di salario;

2. patrimoniale sulle grandi ricchezze per far pagare la crisi ai padroni;

3. salario medio garantito a tutti i proletari occupati e disoccupati, eliminando contratti precari e paghe da fame;

4. eliminazione del razzismo istituzionale a partire dall’abolizione delle attuali leggi sull’immigrazione e da una regolarizzazione di massa slegata dal ricatto del lavoro.

È quindi evidente che la risposta sindacale non può limitarsi a una mera difesa sul piano aziendale o di categoria, ma deve porre le basi di una controffensiva di massa, capace di parlare all’insieme della classe e di mobilitarla in nome dei suoi interessi generali.

Occorre riprendere l’iniziativa sui CCNL: da una parte il loro mancato rinnovo, dall’altra il perpetuarsi del patto di fabbrica (con l’estensione del welfare aziendale) imporrebbero infatti il dominio della contrattazione locale, le gabbie salariali, una liberalizzazione del caporalato istituzionalizzato.

Il settore della scuola, della sanità, del trasporto pubblico, come quello più generale dei diritti sociali, saranno in questi mesi un banco di prova in tal senso.

Serve la stabilizzazione dei precari e l’internalizzazione degli appalti, un piano straordinario di ricostruzione dei servizi universali contro ogni autonomia differenziata che divide i lavoratori.

La dinamica di lotta nei diversi settori di classe si presenta in ogni caso ancora articolata: segnata da cicli diversi di resistenza.

In alcune categorie più combattive, come i Trasporti e la logistica, possono già esser mature le condizioni per giungere nell’immediato a uno sciopero nazionale.

In altre iniziano ad affiorare significative resistenze ai rinnovo-bidone frutto della concertazione. In altre ancora, nonostante l’evidenza del disastro, prevale ancora la confusione e l’incapacità di sviluppare proteste di massa.

Si tratta quindi di attraversare queste controtendenze, spingere per diffonderle e soprattutto cercare di farle convergere in una lotta generale e di massa.

È necessario anche contrastare l’attacco senza precedenti ai diritti e alle agibilità sindacali, che si innesta nel quadro oramai decennale di repressione, criminalizzazione e discriminazione del sindacalismo conflittuale e dei lavoratori combattivi.

Come avvenuto al maxiprocesso contro centinaia di lavoratori della logistica e del settore alimentare per la vertenza Italpizza: per questo motivo l’assemblea aderisce alla manifestazione contro la repressione, contro i decreti sicurezza e per la difesa del diritto di sciopero indetta per il giorno 3 ottobre a Modena (in cui anche il Comitato 23 settembre, che raccoglie compagne di diverse organizzazioni e realtà di lotta, partecipa con un proprio spezzone di lavoratrici e donne delle classi sfruttate).

Nella tempesta della crisi economica e sanitaria, le donne lavoratrici e le donne senza privilegi sociali pagano il costo più alto.

Un costo doppio: come lavoratrici e come donne.

Per questo l’assemblea ritiene non più prorogabile lo sviluppo di un’iniziativa e di una campagna centrata sui diritti e sui bisogni delle donne:

a) per il diritto al lavoro, contro la precarizzazione e le discriminazioni salariali e contrattuali;

b) per il potenziamento del welfare, contro la logica della conciliazione tra lavoro domestico ed extra-domestico;

c) per il diritto di aborto, alla contraccezione medicalmente assistita e all’autodeterminazione delle donne;

d) per la piena regolarizzazione delle lavoratrici immigrate;

e) contro il sessismo e la violenza domestica.

Nessuna ripresa delle mobilitazioni potrà avere reali possibilità di successo se non sarà capace di collegarsi al movimento di classe su scala internazionale e internazionalista: le lotte in corso negli Usa in risposta alle violenze poliziesche, suprematiste e razziste e ai brutali omicidi di questi mesi, i movimenti di opposizione alla devastazione ambientale prodotta dal capitalismo, che hanno animato e continuano ad animare milioni di giovani ai quattro angoli della terra, le lotte di resistenza e le vere e proprie sollevazioni contro gli effetti delle guerre di spartizione imperialistiche e contro le politiche dei regimi nazionali asserviti alle borghesie occidentali.

Alla luce di tutto ciò, l’assemblea del 27 settembre propone:

1) di attraversare le diverse iniziative di lotta e di sciopero che dovessero svilupparsi nelle prossime settimane, anche costruendo percorsi di convergenza e unificazione con le mobilitazioni di disoccupati, gli strike contro la devastazione ambientali e per lo sviluppo delle reti di solidarietà;

2) di organizzare una giornata di iniziativa nazionale per il prossimo 24 ottobre, sviluppandola nei diversi territori e nelle diverse realtà attraverso l’iniziativa di assemblee e coordinamenti locali, che nasceranno sulla base dell’assemblea di oggi;

3) di dare continuità a questo percorso aperto e collettivo di convergenza tra diversi settori e soggettività di classe, ponendosi il problema di sviluppare entro la fine dell’anno un processo di generalizzazione delle lotte e quindi anche di sciopero generale, per contrastare l’offensiva padronale che ha un carattere generale sul fronte dei contratti, della scuola e della sanità come delle più generali politiche economiche del governo;

4) di lanciare un appello ai lavoratori e alle lavoratrici combattivi e agli organismi di lotta di tutta Europa per un’iniziativa comune a partire da tre temi principali: riduzione drastica e generalizzata dell’orario di lavoro a parità di salario per far fronte a licenziamenti e disoccupazione; uniformità degli ammortizzatori sociali elevando il trattamento economico; patrimoniale sulle grandi ricchezze; difesa strenua del diritto di sciopero e delle agibilità sindacali, eliminazione delle politiche europee di controllo sull’immigrazione.

Bologna, 27/09/2020

P.S.: Sono stati approvati dall’assemblea anche altri 4 ordini del giorno che pubblicheremo successivamente (per un iniziativa e proposta ai lavoratori d’Europa, per una chiara presa di posizione in solidarietà con il movimento Black Live Matters, per una piattaforma unitaria delle donne lavoratrici, per combattere le stragi sul lavoro e per la sicurezza sui luoghi di lavoro).

GLI INTERVENTI DELLE NOSTRE COMPAGNE E DEI NOSTRI COMPAGNI:

li puoi trovare su www.facebook.com/PCLavoratori

oppure la playlist: 

 https://www.youtube.com/playlist?list=PLR7gc4aVPjNyR9ckd0e7YQYJcu_DP8QcH

Priorità alla scuola. Se non ora, quando?

 


Piazza del Popolo si riempie oggi a Roma per la manifestazione del movimento "Priorità alla scuola"

Nel pomeriggio si terrà a Roma, in Piazza del Popolo alle 15.00, una manifestazione del movimento "Priorità alla scuola", che in questi mesi ha raccolto la rabbia di centinaia di genitori, docenti e studenti verso la situazione nella quale versa la scuola pubblica.

Il Partito Comunista dei Lavoratori aderisce e partecipa con i suoi militanti a questo momento, auspicando che sia l'inizio di una nuova stagione di lotta nella scuola che veda in piazza e nelle scuole il protagonismo degli insegnanti e di tutti i suoi lavoratori e lavoratrici. Che parta da tutte le scuole con la creazione di comitati di lotta tramite i quali i lavoratori e le RSU facciano sentire la propria voce e attuino pressione sulle organizzazioni sindacali verso un processo di mobilitazione generale della scuola che si incontri con gli altri settori in lotta, contro governo e Confindustria, per dare una risposta di classe e rivoluzionaria alle politiche di questo ennesimo governo nemico dei lavoratori.

Per la stabilizzazione di tutti gli insegnanti e gli ATA precari, per un salario adeguato ai livelli europei, per un reale piano di messa in sicurezza di tutti gli edifici scolastici. Per dare un'adeguata risposta alla crisi e alle politiche di questo governo, come quelle di attacco alla scuola e di precarizzazione del lavoro portate avanti dalla Ministra Azzolina, il Partito Comunista dei Lavoratori sarà in piazza oggi pomeriggio.

Partito Comunista dei Lavoratori

Una instabile stabilità

 


Referendum ed elezioni regionali. Il Parlamento borghese ha aperto il M5S come una scatola di tonno

Il voto del 20 e 21 settembre registra come ogni voto le dinamiche politiche e sociali ad esso sottese, inclusa la rappresentazione che di queste si fanno milioni di lavoratori e di lavoratrici.


IL LORO NO, IL NOSTRO NO

Il referendum confermativo sul cosiddetto taglio delle poltrone ha raccolto il 70% di consensi contro il 30% di No. La partecipazione al voto referendario è stata relativamente alta, sicuramente trascinata al rialzo dal voto parallelo in sette regioni, e anche dall'assenza di quorum. Tuttavia la differenziazione delle percentuali tra il Sì e il No si è rivelata insensibile al voto regionale. Lo rivela il fatto che il principale promotore della vittoria del Sì ha subìto negli stessi giorni un autentico tracollo elettorale. La differenziazione delle percentuali del Sì e del No è invece molto legata al territorio. Il Sì conosce il successo maggiore nelle regioni del Sud e nei quartieri popolari delle metropoli, il No registra le percentuali più elevate nelle regioni del Nord e nei centro città.
Al tempo stesso, la distribuzione politica del voto ha visto schierato sul No una parte rilevante dell'elettorato del PD e della sinistra. Questa geografia politica e sociale del voto referendario è significativa. La maggioranza della popolazione povera e degli stessi salariati ha votato come il 97% del Parlamento, pensando di votare “contro la casta”, in realtà abboccando all'amo di un'operazione populista promossa prima dal governo Di Maio-Salvini, poi dal governo M5S-PD con la subordinazione di Liberi e Uguali: un'operazione unicamente mirata a dirottare il malcontento sociale verso “i politici” per evitare che si indirizzi contro i padroni. Una minoranza consistente e composita, assai concentrata fra i giovani, ha espresso col No il proprio rigetto del populismo reazionario. Ma lo ha fatto con motivazioni e da angolazioni diverse, in un quadro di grande confusione.

Col No si è schierata una parte significativa dell'establishment, a partire dalla grande stampa borghese, da sempre diffidente verso ogni forza politica che non sia filtrata dai propri salotti. Un establishment già antiberlusconiano, anche se usò Berlusconi. Antirenziano, anche se usò il randello di Renzi contro l'articolo 18. Antisalviniano, anche se usa i decreti di Salvini contro i diritti dei lavoratori. Antigrillino, anche se intasca a mani basse la pioggia di miliardi che il governo riserva ai capitalisti. Questa ipocrita borghesia liberale ha egemonizzato la campagna del No con gli argomenti peggiori: o la difesa della Costituzione borghese, elevata a feticcio; o la rivendicazione della “funzionalità” del Parlamento borghese che il taglio avrebbe intaccato. O addirittura la richiesta di una riforma istituzionale più organica, come quella di Renzi del 2016. In ogni caso la conservazione dell'ordine esistente, di cui il PD è il principale custode e garante.

Il guaio è che le sinistre politiche e sindacali si sono messe a rimorchio di questa impostazione liberale, portandovi il bagaglio di tutte le proprie illusioni sulla “democrazia” dei capitalisti. La “difesa delle istituzioni rappresentative del Paese”, la retorica sulla “Costituzione più bella del mondo” sono state il vessillo non solo dei gruppi dirigenti dell'ANPI, dell'ARCI, dell'attuale sinistra di governo, ma anche della quasi totalità della sinistra di opposizione (riformista o centrista), in ambito politico e sindacale. Il risultato è stato ancora una volta quello di consegnare al populismo reazionario la bandiera del cambiamento agli occhi di milioni di sfruttati, come in tutta la storia della seconda repubblica.

Il nostro No ha mosso da un'angolazione esattamente opposta, un'angolazione di classe e anticapitalista. Col No abbiamo cercato un canale di dialogo e un linguaggio comune con quel settore più avanzato di popolo della sinistra mosso da una sincera preoccupazione democratica e volontà di lotta. Ma non per adattarci alle sue illusioni, bensì per contrastarle. Un no al governo, alla truffa populista, al fronte parlamentare di unità nazionale dei partiti borghesi che l'ha imbastita, al trasformismo subalterno della sinistra di governo che pur di governare l'ha avallata. Non per difendere la Costituzione di De Gasperi e Togliatti. Non per difendere il parlamento borghese, quello che sotto ogni governo ha votato le peggiori misure antioperaie. Non per difendere la governabilità del capitale. Ma per rivendicare il diritto di rappresentanza delle ragioni operaie nel parlamento nemico, contro ogni sua ulteriore manomissione preventiva. Per rivendicare il principio democratico elementare di una rappresentanza interamente proporzionale, a ogni livello istituzionale, senza sbarramenti e distorsioni. Per avanzare la prospettiva di una democrazia dei lavoratori e delle lavoratrici, basata sulla loro organizzazione, la loro forza, il loro governo.

Il nostro No è stato il No dei comunisti, non dei liberali, dei riformisti o dei centristi. Un no legato alla battaglia per una egemonia alternativa nel movimento operaio e nella nuova generazione. Perché la subordinazione alla borghesia liberale, e dunque all'ordine sociale esistente, concima solamente il terreno della reazione. Solo una ripresa di lotta del movimento operaio attorno ai propri interessi indipendenti può contrastare la spinta reazionaria e aprire dal basso uno scenario politico nuovo, anche sul terreno della sensibilità democratica di massa.


IL SUCCESSO DEI GOVERNATORI E IL SUO PARADOSSO

Lo scenario scaturito dal 20-21 settembre conferma una relazione paradossale tra la realtà sociale e il suo riflesso elettorale.

La realtà incontestabile di questi mesi non è solo quella di una drammatica pandemia, è anche quella dello sfascio della sanità pubblica, di milioni di lavoratori costretti in produzione senza condizioni di sicurezza, di infermieri e medici ammazzati dal Covid perché privi di strumenti di protezione, di un governo che per compiacere Confindustria si è rifiutato di recintare i focolai della bergamasca contro il parere delle stesse autorità sanitarie, di una scuola pubblica disossata incapace di aprire in sicurezza con centinaia di migliaia di insegnanti cui viene negato il lavoro, di un milione di lavoratori e lavoratrici precari gettati in mezzo a una strada...
Nulla richiama di più il fallimento della società capitalista e le responsabilità criminali di chi la gestisce quanto l'esperienza di massa di questi mesi. Eppure il segno dominante del voto di settembre è quello della conservazione. Gli stessi governatori di centrodestra o centrosinistra che hanno tagliato e privatizzato la sanità sono i grandi vincitori della prova elettorale, al di sopra di ogni appartenenza e schieramento. Zaia incassa un autentico plebiscito. Toti sfonda in Liguria con percentuali inedite. De Luca stravince, combinando la postura di viceré con la mediazione clientelare democristiana. Emiliano recupera ampiamente, evitando con nettezza una sconfitta che appariva probabile. Una grande massa popolare impaurita dalla pandemia, scossa in ogni certezza, minacciata nella vita e nel lavoro, priva di un riferimento alternativo credibile, cerca nel potere costituito una sponda rassicurante cui appoggiarsi. In questo quadro bilanciato la destra reazionaria fallisce l'obiettivo di destabilizzare il governo, mancando il colpo in Toscana e in Puglia. Il governo Conte, primo responsabile del crimine di Nembro e Alzano, tira un sospiro di sollievo.

«L'esito elettorale ha implicazioni positive perché il rischio politico viene significativamente ridotto" si legge in una nota di Unicredit.» (Il Sole 24 Ore, 23 settembre). Il capitale finanziario saluta la stabilità politica come il quadro migliore per i propri affari, e attende fiducioso i 209 miliardi in arrivo.


LA DINAMICA DEI BLOCCHI ELETTORALI

Interessante la lettura composita del dato elettorale, perché il bilanciamento delle forze (41,2% per il centrosinistra, 42% per il centrodestra, il 7,2% per il M5S) è tutt'altro che statico.

Il centrodestra ha una spalla lussata. Il suo blocco sociale regge complessivamente, il suo potere locale si arricchisce di una nuova regione (Marche), ma la Lega subisce in Toscana, come già in Emilia, l'effetto boomerang di una aspettativa delusa. Il progetto dello sfondamento al Sud conosce una brusca battuta d'arresto, con veri e propri rovesci rispetto al 2019 (dal 25% al 10% in Puglia, dal 19% al 5% in Campania), mentre il plebiscito per la lista Zaia, nel nome dell'autonomia differenziata del Veneto, rappresenta una mina per la Lega nazionale. Intanto l'avanzata di Fratelli d'Italia in tutta Italia, nonostante la sconfitta di Fitto, apre in prospettiva una contesa per la leadership del centrodestra.

Il PD liberale esce bene dalla prova del voto. In Toscana ha replicato il successo emiliano con una polarizzazione elettorale contro la destra che ha drenato il voto a sinistra e dall'elettorato grillino (il 45% del voto grillino a Firenze va a Giani, contro il 33% alla 5 Stelle Galletti). Ma nel Sud il successo del PD è in realtà quello di capibastone trasformisti che lavorano in proprio «al di là della destra e della sinistra» ( De Luca). Il PD ne è ostaggio, più che padrone. La segreteria Zingaretti ha rotto l'assedio delle componenti interne che ne chiedevano la testa (ex renziani) e risulta obiettivamente rafforzata, ma la strategia portante del blocco politico col M5S conosce in Liguria una sconfitta che replica quella dell'Umbria (solo il 56% dell'elettorato grillino ha votato Sansa). Nel mentre il sospirato alleato è travolto da una crisi interna che priva il PD di un interlocutore certo.

La crisi del M5S è l'epicentro dello scenario politico. È il principale ostacolo alla stabilizzazione politica e una incognita di portata sistemica. Dal punto di vista elettorale il tracollo va ben al di là dello scarto tradizionale tra voto amministrativo e voto politico. Il M5S perde sul 2019 i due terzi del proprio elettorato (da 1,9 milioni a 658.000), e dimezza persino il bottino delle elezioni regionali precedenti, del 2015. Due anni di (diverso) governo hanno privato il M5S di una identità riconoscibile presso la larga maggioranza dei propri elettori. Il tentativo di indossare last minute il vecchio abito anticasta non ha impedito la valanga, e difficilmente traccerà una via d'uscita.
Anche perché la crisi del M5S non è solo elettorale. La catena di comando Grillo- Casaleggio che lo guidava dalla nascita si è spezzata. Ne è scaturita «una guerra per bande» (Fico) che attraversa i gruppi parlamentari e i territori, senza che nessuno dei capibanda tenga il bandolo della matassa. Di Maio punta ad una politica di blocco col PD per le prossime elezioni comunali a supporto (provvisorio) del governo Conte per accumulare credito a futura memoria per la propria carriera politica. Intanto spinge per una legge proporzionale sul piano nazionale, riservandosi per l'evenienza la politica dei due forni. In sintesi cerca un ruolo centrale di governo per sé e per il suo partito, sul piano nazionale e locale. È il progetto di normalizzazione del M5S come partito organico del capitale.
Al polo opposto si muove Di Battista, anch'esso votato a tutto e al suo contrario, il cui unico obiettivo decifrabile è prendere la testa del M5S con l'appoggio della Casaleggio Associati. Ha il sostegno dei ministri uscenti del precedente governo con Salvini e della sindaca di Roma e del suo staff (Bugani), che per non essere disarcionata da un accordo tra M5S e PD ha affrettato la ricandidatura per il 2021, mettendo tutti di fronte al fatto compiuto. La rivendicazione dell'identità originaria del M5S (quale?) è solo lo strumento propagandistico dell'operazione.
Ognuna di queste bande è a sua volta attraversata da guerre interne di posizionamento e di ruolo. Parafrasando Grillo, il parlamento borghese ha aperto il M5S come una scatola di tonno. I ruoli ministeriali hanno fatto il resto.
Ora si attendono gli stati generali del M5S come magico evento risolutivo. Ma la loro convocazione viene rinviata ogni volta perché non si capisce chi dovrebbe gestirli, né si capisce chi avrebbe il diritto di voto e soprattutto chi dovrebbe deciderlo.


LA CRISI DEL M5S E LE INCOGNITE DELLO SCENARIO POLITICO

Il punto è che la crisi esplosiva del M5S è la crisi della principale forza parlamentare, quella su cui si appoggia il governo della seconda potenza industriale d'Europa.

I margini di maggioranza al Senato sono esigui, e soprattutto saranno messi alla prova di passaggi strategici per il capitale: il ricorso o meno al MES (con cui finanziare l'abolizione dell'IRAP a scapito della sanità pubblica; la contrattazione e l'uso dei Recovery Fund; la prossima definizione della nota di aggiornamento al DEF con cui avviare la riduzione del debito per gli anni 2022 e 2023 a fronte di una drammatica recessione in corso; la gestione politica e sociale del graduale ritiro degli ammortizzatori straordinari a partire dallo sblocco già avviato dei licenziamenti; la gestione di una politica estera chiamata ad affrontare la spartizione degli equilibri internazionali nel Mediterraneo... Nessun governo imperialista in Europa, con l'eccezione parziale della Spagna, poggia su equilibri parlamentari tanto labili e incerti.

Dunque il voto ha rafforzato nell'immediato la stabilità di governo ma non ha risolto la crisi politica borghese. Lo sfaldamento del vecchio bipolarismo tra centrodestra e centrosinistra, che per vent'anni aveva incardinato le politiche di austerità, non è stato rimpiazzato da un nuovo equilibrio politico. Il centrodestra ha cambiato direzione dopo il tramonto, irreversibile, del berlusconismo ma la nuova guida Salvini non si è stabilizzata e non dispone delle entrature internazionali richieste (assenza di rapporti col PPE, relazioni ambigue con l'imperialismo russo...). Il vecchio centrosinistra si è dissolto, e un nuovo asse tra PD e M5S è ancora un'araba fenice: smentito dalle sconfitte elettorali (Umbria e Liguria), appeso alle incognite interne dei 5 Stelle, osteggiato da larga parte dei salotti buoni del capitale finanziario (che però non vogliono un centrodestra salviniano né dispongono di un'alternativa).
Il nuovo tripolarismo nato nel 2018 cede vistosamente su una gamba, ma non riesce a camminare in equilibrio con le altre due.

La crisi politica borghese, sullo sfondo di una crisi capitalistica drammatica, aprirebbe un ampio spazio d'azione al movimento operaio, se solo le sue direzioni si assumessero le proprie responsabilità. Ma la burocrazia sindacale, a partire da Landini, si offre come scendiletto del governo, rifiutando ogni forma di mobilitazione generale. Il suo obiettivo “strategico” è quello di cogestire la crisi più profonda del dopoguerra a braccetto di Confindustria, la stessa che intanto si oppone al rinnovo dei contratti e chiede la libertà di licenziare. In queste condizioni la politica della CGIL è il principale fattore della passivizzazione di massa, ciò che sinora permette alla borghesia di affrontare la propria crisi al riparo dell'opposizione sociale.


LA CRISI DELLA SINISTRA POLITICA. LA RISPOSTA DEI RIVOLUZIONARI

E la sinistra? Le elezioni amministrative di settembre confermano la sua crisi profonda. Il suicidio compiuto di Rifondazione Comunista tra le braccia del governo Prodi (2006/2008) e lo smarrimento successivo della stessa centralità di classe, con una giostra interminabile di accrocchi elettorali sempre diversi (Arcobaleno, lista Ingroia, il blocco a sostegno di Barbara Spinelli, La Sinistra...) ha prodotto un'onda lunga di delusione e confusione, che si è sovrapposta a sua volta alla crisi capitalista dell'ultimo decennio e al profondo arretramento della classe operaia, dei suoi livelli di mobilitazione, di organizzazione, di coscienza politica. La risultante d'insieme è stata lo sfondamento del populismo reazionario in ampi settori di salariati e la crisi di riconoscibilità e di senso della sinistra politica.

I dati elettorali delle regionali sono emblematici, a partire dalla Toscana (la lista Fattori passa dal 6% al 2,9; il PC di Rizzo dall'1,68% all'1%, il PCI riporta l'1%). Complessivamente un'area elettorale non trascurabile del 3/4% che cerca a suo modo un riferimento politico alternativo ai liberali e ai populisti, e che per metà è attratta da un riferimento comunista, ma a cui si offre ogni volta o un amalgama di natura civico-progressista o un'identità “comunista” ideologica, come quella che si richiama all'eredità di Berlinguer (PCI), come se il compromesso storico non vi fosse mai stato; o peggio quella che scimmiotta lo stalinismo del 1929/1933 (PC), che come allora prova a contendere “il popolo” ai reazionari facendo propri i pregiudizi dei reazionari. La lista PC-PCI nelle Marche ha riscosso l'1,4%; un suo manifesto che contrappone apertamente i diritti sociali ai diritti civili avrebbe potuto essere firmato da CasaPound, senza alcuna esagerazione (1).

Non si esce dalla crisi della sinistra politica, men che meno del campo comunista, con invenzioni o alchimie elettorali, o ripescando i richiami ideologici di tradizioni burocratiche che distrussero il comunismo rivoluzionario magari nel nome dell'unità dei comunisti. Se ne esce combinando l'unità d'azione nelle lotte per ritrovare un radicamento di classe, con un bilancio della storia del movimento operaio e comunista che sappia recuperare le sue radici. Un bilancio su cui formare una nuova generazione di militanti rivoluzionari, da organizzare in partito.

Questa è la nostra politica. Siamo e siamo stati nell'ultimo anno al crocevia di tutti i percorsi unitari della sinistra, dall'assemblea del 7 dicembre, al coordinamento delle sinistre di opposizione, al patto d'azione per il fronte unico anticapitalista. Sempre contrastando ogni visione settaria e autocentrata di chi contrappone la costruzione del partito allo sviluppo unitario del movimento reale. Non a caso l'assemblea dei lavoratori e delle lavoratrici combattivi/e che si riunirà a Bologna il 27 settembre vede la piena partecipazione e copromozione dei nostri militanti sindacali ovunque collocati, per una prospettiva di allargamento del fronte di classe dell'avanguardia e della sua azione di massa, al di là di ogni confine e divisione.

Ma al tempo stesso non riduciamo la nostra azione al richiamo e alla pratica, pur importante, del fronte unico di lotta. Poniamo il problema dell'organizzazione politica dei militanti rivoluzionari, che è inseparabile da una memoria storica e da una collocazione internazionale conseguente.
Interessati ad aprire un confronto onesto su basi di chiarezza con ogni compagno od organizzazione che voglia unire i rivoluzionari su basi di principio, indipendentemente dai diversi percorsi e provenienze. Perché il PCL non vive per autoconservarsi, ma per costruire il partito della rivoluzione.





(1) Il testo del manifesto è il seguente: «Prova ad interessarti alle minoranze culturali quando sei disoccupato o non arrivi a fine mese. Prova ad interessarti alla libertà di stampa e alla controinformazione quando hai solo la terza media. Prova ad interessarti ai diritti LGBT quando sei costretto a dormire in strada. Prova ad interessarti ai cambiamenti climatici quando sei un disabile che non può lavorare e che ha perso il sussidio che gli spettava. Prima vengono i diritti sociali poi quelli civili».

Partito Comunista dei Lavoratori

Bologna, domenica 27 settembre, assemblea nazionale dei lavoratori combattivi


 Il Partito Comunista dei Lavoratori sarà presente con un nutrito gruppo di militanti all’"assemblea nazionale dei lavoratori combattivi", che si terrà a Bologna alle ore 9:30 nella sala Dumbo, in via Casarini 72.


Appoggiamo pienamente l'iniziativa che vuole riunire lavoratori, lavoratrici, delegati e delegate, forze sindacali e strutture autorganizzate, per avviare un percorso unitario di confronto e mobilitazione.
Lo scopo è arrivare, contro governo e padronato, a un necessario fronte unico di massa, di cui questa assemblea è un buon primo passo.

Il PCL è quindi impegnato alla riuscita di questa iniziativa, cui hanno già aderito centinaia di lavoratori e lavoratrici e sindacalisti classisti.
Invitiamo perciò tutti i compagni e tutte le compagne che fanno attività sindacale (in opposizione CGIL, in SGB, CUB, USB o altro sindacato) a firmare il testo dell’appello e a estenderlo ad altri compagni/e che fanno attività nel sindacalismo di classe e nella sinistra di opposizione e di classe, indicando il luogo di lavoro e il ruolo sindacale e comunicando l’adesione direttamente alla e-mail nazionale: assemblea279@gmail.com

Qui sotto pubblichiamo il testo dell’appello e le prime adesioni. A questo link trovate anche la pagina Facebook dell’evento.




PER UN’ASSEMBLEA NAZIONALE DELLE LAVORATRICI E DEI LAVORATORI COMBATTIVI

L’impatto dell’emergenza ancora in pieno corso è epocale, con una recessione generale che colpisce la vita di milioni di lavoratori, lavoratrici, precari/e e disoccupati/e nel mondo.
Questa recessione non è però un semplice riflesso del Covid19, ma mette a nudo una crisi strutturale di lunga durata. In Italia decine di migliaia di morti (in particolare a Bergamo e in Lombardia) hanno reso evidente lo sfascio del sistema sanitario e lo sfruttamento del suo personale.

Su spinta di Confindustria, migliaia di aziende, fabbriche e magazzini sono stati lasciati aperti anche se non essenziali, con milioni di lavoratori e lavoratrici il più delle volte privi di una reale protezione.
Le misure adottate in questi mesi dal governo Conte hanno salvaguardato ancora una volta i profitti. Cassa integrazione e ammortizzatori hanno prodotto un drammatico abbattimento dei livelli di vita di lavoratori e lavoratrici.

La moratoria sui licenziamenti è momentanea e, soprattutto, parziale: centinaia di migliaia di precari/e sono finiti per strada; si sono moltiplicati interventi mirati contro lavoratori e lavoratrici combattivi; col “decreto agosto” sarà anche possibile licenziare nei cambi d’appalto, terminato il periodo di esonero contributivo o esaurite le ulteriori 18 settimane di CIG. I prossimi interventi europei (dal recovery plan al MES) avranno lo stesso segno di classe.
Anzi, tutto lascia presagire che il peggio debba arrivare.

Per i padroni l’emergenza è infatti occasione per socializzare le perdite, accelerando le ristrutturazioni e aumentando lo sfruttamento. Non a caso dispiegano oggi un’offensiva sui contratti nazionali, evitando di rinnovarli e pretendendo il rispetto di quel patto del lavoro sottoscritto dalle burocrazie confederali che blocca ogni aumento salariale, salvo (forse) qualche briciola di welfare aziendale.

Per lavoratori e lavoratrici si profilano licenziamenti, taglio dei salari, inasprimento di ritmi e carichi, ulteriore riduzione delle tutele: tali misure avranno effetti ancora più feroci nel meridione d’Italia.
Come sempre sono le donne le più colpite: nel lavoro (con salari più bassi), nella perdita del lavoro (le prime a vederselo ridotto o ad esser licenziate) e nella riproduzione sociale (scaricando soprattutto su di loro la chiusura di scuole e asili nido).

Facendo leva sui decreti sicurezza che hanno equiparato le lotte sindacali e sociali a problemi di ordine pubblico, i padroni e i loro governi usano l’emergenza anche per imporre nuove strette repressive, con la militarizzazione nelle piazze e ai cancelli (persino con la security privata, come alla TNT), mentre la destra (e non solo) continua a diffondere il veleno del razzismo e dell’odio etnico, alimentando divisioni e guerre fratricide tra gli sfruttati per celare le vere cause e i veri responsabili della crisi.

Serve allora una risposta unitaria per generalizzare il conflitto.
Si pone quindi, oggi come non mai, la necessità di un’iniziativa all’altezza della fase e del nemico di classe.
Un’iniziativa capace di rivolgersi ai delegati/e, alle lavoratrici e ai lavoratori, che hanno scioperato a marzo nelle fabbriche, nella logistica e nella grande distribuzione; a quelli oggi colpiti da crisi industriali e da una crescente pressione padronale; alle tante soggettività che si stanno ponendo sul terreno della lotta o dell’autorganizzazione: lavoratori e lavoratrici dello spettacolo, della sanità e delle scuole; dottorandi e precari delle università; precari delle cooperative e delle Onlus, del turismo, delle comunicazioni ecc.

È cioè necessario un radicale cambio di passo nel sindacalismo conflittuale e di classe. Non serve la nascita “per decreto” di nuove sigle, né la riproposizione di meri intergruppi, bensì la costruzione di percorsi di lotta che vadano oltre alle appartenenze di sigla e di categoria.

Dall’incontro del 12 luglio a Bologna è emersa la volontà di lanciare un processo nuovo e realmente includente, capace di legare le lotte sindacali, quelle dei disoccupati, i movimenti per la casa e gli scioperi degli affitti, i movimenti per la parità di diritti agli immigrati (oggi principale bersaglio dell’offensiva reazionaria dei Salvini e delle Meloni) e tutte le reti di solidarietà attive sui territori in un fronte unico di tutti gli sfruttati.

Nei prossimi mesi i nodi del contendere saranno essenzialmente due: la difesa (e il rilancio) del salario diretto, differito (pensioni e TFR) e indiretto (scuola e sanità pubbliche in primo luogo); la difesa di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di studio e nella vita sociale.

Oggi più che mai, per combattere le politiche di sfruttamento, licenziamenti e macelleria sociale, occorre riprendere le storiche parole d’ordine del movimento operaio: patrimoniale sulle grandi ricchezze, no al cappio del debito di stato; riduzione drastica (e redistribuzione) dell’orario di lavoro a parità di salario; difesa e miglioramento dei livelli salariali; salario garantito a disoccupati e stabilizzazione dei precari; tutela della salute e della sicurezza; stop alla miriade di contratti precari e da fame; difesa, rilancio e applicazione effettiva dei CCNL; difesa e rilancio di una scuola e una sanità pubbliche, universali e gratuite; piena agibilità sindacale sui luoghi di lavoro; no ai decreti sicurezza e alla repressione degli scioperi e delle lotte, abolizione immediata di ogni forma di discriminazione e pieni diritti di cittadinanza per i lavoratori immigrati; sostegno all’edilizia popolare e stop agli sgomberi delle occupazioni a scopo abitativo.

Rivendicazioni praticabili solo se il movimento di classe saprà riconquistarsi la propria autonomia in un’ottica internazionale e internazionalista, sottraendosi al veleno del sovranismo. Proletari e capitalisti infatti non sono e non saranno mai sulla stessa barca: o i proletari saranno capaci con la lotta di far pagare la crisi ai padroni, colpendo i profitti e le rendite, oppure saranno i padroni a farci pagare con gli interessi i costi della loro crisi.
Vogliamo aprire un confronto per collegare e rilanciare le lotte in corso, per supportare quelle future ed unirle in un movimento generale.

Per questo convochiamo un’assemblea nazionale dei lavoratori e delle lavoratrici combattivi/e, a Bologna, nella giornata di domenica 27 settembre: inizio ore 9,30, sala Dumbo, in via Casarini 72.



Hanno sottoscritto finora l’appello:


Ismail Abdelaziz, Ahmed Elmazin, Ataalla Said, Mohamed El Gazzar, Rahoman Hasanur e Sherif Taher - SI Cobas TNT Peschiera Borromeo
Jordan Estelle – SI Cobas BRT Milano Mecenate
Freddy Moyano, Mauricio Villa, Jorge Verà, Ricardo Tivan – SI Cobas SDA Bergamo
Saber Rachid Brt, Moutayakine Redouane e Anes Ur Rehman – SI Cobas Brt Interporto Bologna
Adib Driss, Arafat Yasar, El Mouddane Abdelhadi, Ennassiri Youssef e Tekeste Aleksander – SI Cobas SDA HUB Bologna
Asmeron Zemenfes, Simone Lusiardi – SI Cobas SDA Vimodrone (MI)
Getachewe Wondemagen, Pedro Jimenez, Karim Diongue, Sayed Elshami, Raul Quispe, Luis Mera – SI Cobas SDA Pregnana Milanese (MI)
Ibrahima Ba Sakho, Said Machhouri, Andelghani Oukbiche – SI Cobas DHL Milano
Pape Ndiaye, ex DHL Settala – SI Cobas Milano
Sennal Abdel Haq, Lakhzin Adil, Osama Taqafi, Khalid Ben Balla e Khiraoui Mehdi – SI Cobas GLS Sala Bolognese (BO)
El Rharbi Hicham, Adnane Hafid e Mjdila Rachid – SI Cobas Unilog Bologna
Besmir Matosci e Mouafak Noureddin – SI Cobas Granarolo Bologna
Inane Mohamed, Monzoor Alam e Negro Gianluca – SI Cobas Camst Bologna
Nid Mbareke Hamid, Ali Ansir, Mohamed Farhan e Lamaachi Mohamed – SI Cobas Fercam Bologna
Lucio Rivas, Oscar Bonilla, Alejandro Mata – SI Cobas UPS Milano
Fall Lamine Mohamed, Cusseynou Seck e Tetthe Ernest - SI Cobas GLS Reggio Emilia
Castiglione Luigi e Annalucia La Femmina – SI Cobas Sassi SpA, Parma
Hamzaoui Mustafa – SI Cobas Proda, Parma
Soudassi Tarik, Fermin Romulo e D’Ando’ Alfredo - SI Cobas STEF Parma
D’Angelo Francesco e Hermach Abdellatif – SI Cobas Realco Parma e Reggio Emilia
Donatella Ascoli – FILCAMS Musei Civici Veneziani
Sergio Borsato – RSU IC Fermi San Giuliano Milanese, CD CGIL Milano
Sergio Castiglione – ATA scuola, FLC Caltanissetta
Vincenzo Cimmino – precario della scuola, CD FLC Milano
Stefano D’Intinosante – RSU/RLS Somec, CD FIOM Treviso
Marco Di Pietrantonio – RSU/RLS Provincia, CD Cgil Pescara
Francesco Durante – CD Fisac, CD Cgil Abruzzo Molise
Elena Felicetti – precaria della scuola, FLC Pavia
Lorenzo Mortara – YKK , CD FIOM Vercelli
Elder Rambaldi – coordinatore vigili del fuoco CGIL Venezia
Luca Scacchi – CD CGIL
Luigi Sorge – FCA Cassino, AG Fiom Frosinone/Latina
Francesco Doro, FILCTEM CGIL Venezia
Marco Fabio Panaro – USB Enti Locali, Milano
Irene Felletti – FILT-CGIL, Milano
Enzo Cesare – SGB Comune di Bologna
Paolo Diana – SGB ATA scuola SGB
Bonfini Francesco – SGB scuola Bologna
Giovanni Oliva – SGB Scuola sicilia
Francesco – Pulafitto SGB scuola Sicilia
Aldo Mucci – SGB Enti Locali Sicilia
Lulzim Banka – SGB Logitec/Marcegaglia
Loredana Massaro – SGB Castelli romani
Roberto Betti – Rsu SGB Roma capitale
Riccardo Spadano – SGB Consorzio degli ingegneri
Ricciardello Marco – SGB Team Service Caserta
Chmiti Rachid, Agostino Scognamiglio e Kamara Papa Kane – SI Cobas Arco spedizioni, Parma e Reggio Emilia
El Mahoun Ahmed, Dawith Sami, Nicolae Aldea Creantin, Tawakol Aboelmaaty, Kone Mohamed e Traore Mamadou – SI Cobas BRT Parma
Daniele Stanco e Tajsas Hamza – SI Cobas SDA Modena
Soufiane Abderrahim – SI Cobas TNT Parma
Bahar El Alami – SI Cobas Fercam Parma
Ba Assane – SI Cobas Grissin Bon Reggio Emilia
Serghiei Porta – SI Cobas Catone, Parma
Mohammed El Abbas – licenziato Bormioli e coordinatore Provinciale SI Cobas Parma
Sonia Trigiante – licenziata Comer Ind., operatore sindacale SI Cobas
Simone Carpeggiani – SI Cobas Ex BRT Interporto Bologna
Samir Khalifi – SI Cobas Ex Mercatone Uno Bologna
Karim Bekkal – SI Cobas Ex Artoni Bologna
Hicham El Menjaoui SI Cobas Ex Granarolo Bologna
Eleonora Bortolato – SI Cobas Ex Logista Bologna
Nabil Hassani – SI Cobas ex SDA Hub Bologna
Rocco Marino – SI Cobas ex SDA Filiale Bologna
Luc Thibaut – RSU-USB vicentino ambiente
Matteo Beretta – Fiom Fincantier, Marghera
Comitato di sostegno ai lavoratori Fincantieri Marghera
Margherita Carraro – RSU-RLS Cgil, scuola IIS Ruzza, Padova
Luciano Orio – redazione “Voci operaie” – Bassano del Grappa
Coordinamento Lavoratrici e Lavoratori Alto Vicentino – Voci operaie
Mario Lardieri – FLAI-Cgil Manifattura Tabacchi, Lucca
Fabrizio Mineo – settore somministrazione e telecomunicazioni (Roma)
Assouli Abdessamad, Ghabi Fahmi, Dieng Modou, Elyes Ben Sdira e Fall Mamadou – SI Cobas GLS Crespellano Bologna
Luca Marchi – SGB terziario, Milano
Ait El Caid Abdellatif, Babu Yassine e El Makhloufi Simo – SI Cobas Susa Bologna
Waqas Raza e Ibrahim Abou Ismail – SI Cobas One Express Bologna
Foudal Abderrahim, Sajjad Ahmad, Erradouani Mohamed e Barkaoui Zakaria – SI Cobas Dhl Bologna
Foudal Rachid, Kantar Mustapha, Safdar Hussain, Singh Palwinder e Mohammad Munir – SI Cobas Brt Roveri Bologna
Alessandro Anzini, Badr Haguchi, Labiad Mustafa, Usman Mohammed e Moukhlis Bouchaid – SI Cobas Tnt Bologna
Giuliano Gomiero – Cgil scuola, Padova
Mario Silvestri – SI Cobas Turi Transport, Napoli
Francesco Cotugno – SI Cobas CONATECO Napoli
Salvatore Annuale, Rosaria Cordone, Anna Acunzo, Ermanno Petralito, Giovanna Severino, e Letizia Cervo – SI Cobas – Banchi Nuovi, Manutenzione stradale Napoli e Caserta
Fortuna Petralito e Pasquale Pacilli – SI Cobas - Banchi Nuovi, Manutenzione stradale Benevento
Raffaele Vincenti – SI Cobas – Banchi Nuovi, Manutenzione stradale Avellino
Enzo Puglia, SI Cobas – Banchi Nuovi, Manutenzione stradale Salerno
Teresa Gentile – SI Cobas Mensa Ospedale Pascale Napoli
Giuseppe Mayol – SI Cobas TNT Napoli
Antonio Montella – licenziato FCA SI Cobas Pomigliano (NA)
Debora Moricca e Rosa Mancuso – SI Cobas Hotel Bristol Genova
Amadou Diallo e Zahir Elmehdi – SI Cobas BRT Genova
Daniela Gadaleta e Rori Arrigo – SI Cobas GDO – Carrefour
Gerardo Altosole – lavoratore ente pubblici, Comune di Genova
Lucia Attolini, Logrippo Maria Elena, Passagno Paola e Simone Turco – Fondazione Fulgis Genova
Erika Furci – Oss RSA Villa degli Ulivi
Angelo Testa e Paolo Vargas – SI Cobas TNT Genova
Sacid Mohamed – operaio appalti pulizie industriali Fincantieri Genova
Jazo Krenar – operaio appalti pulizie industriali Fincantieri Genova
Mahzouf Khaled – delegato appalti pulizie Zara
Zeno Foderaro – FLAI CGIL (Cuneo)
Alessio La China – settore metalmeccanico (Padova)
Sara Mattiello – CUB scuola, università e ricerca (Torino)
Giaime Ugliano – FILCTEM CGIL (Treviso)
Alberto Allemandi – FLAI CGIL (Cuneo)
Donato Marraudino – settore cooperative trasformazione alimentare, RSA (Cuneo)
Luca Marchi – SGB Terziario (Milano)
Mlaiji El Habib, El halmaoui Tarik e Gharib Mohamed – SI Cobas Biopro Bologna
Adlane Hicham e El Youbi Mohamed – SI Cobas Xp Express Bologna
Menges Amen e Noun Abdelmoula – SI Cobas SDA Promopacco Bologna
Rata Bogdan Razvan , Edderni Charaf e Gavella Cristian – SI Cobas SDA Drivers Bologna
Gordadze Gia – SI Cobas SDA Filiale Bologna
Lagbre Zano e Naveed Muhammad – SI Cobas SDA Bancario Bologna
Meher Zeeshan e Mohsine Abderrahim – SI Cobas Pallex Bologna
Brignolo Lodovico, Farew Ahmed, Kasem Mohammed e Llakaj Tedi – SI Cobas AF Zust Ambrosetti Bologna
El Allali Hamid, Bounakhla Benykhlef, Bentouil Abdeluahed, Bentouil Hicham e Javed Yasir – SI Cobas Palletways Bologna
El Mouttali Tariq, Serrar Bouchaib, Bejgana Chokri, Javed Saqib, Nabil Manar e Abderrahim Marzouk – SI Cobas GLS Modena
Daniele Stanco, Hamza Tajsas, Mehmood Asif, Luca Breviglieri, Tiziana Ternelli e Raza Hassan – SI Cobas SDA Modena
Ranjit e Shamsher - SI Cobas Ambruosi & Viscardi, Fermo
Andreea Mihai, Katiusha Santana, Davide Aliotti e Desiree Iurilli – SI Cobas Difarco, Liscate
Ouled e Giuseppe Mazzarelli – SI Cobas GLS Milano
Valentina Grace – SI Cobas pulizie albergi, Milano
Pietro Dell’Aquila – E.S.I. rsl SGB Campania
Fabio Corsi – SGB Toscana
Marco Del Corso – SGB Toscana
Alessandro Ceccarelli – RSU/SGB Comune Viareggio
Clemente Garuto – RSU/SGB Mercitalia Rail
Michele Cirinesi – SGB infermiere S.Orsola
Massahoud Javad, Mohamed Khelifi e Jouad Abderrahmane – SI Cobas TNT Modena
Lyadi El Aid – SI Cobas CAMAC srl Modena
Houmani Hassan e Tayda Mohamed – SI Cobas Prosciuttificio San Francesco, Modena
Rebai Walid, Sula Tomoor, Salifu Youssef, Kamel M’Barek e Fernando Kurukulasuraya – SI Cobas Suincom Spa, Modena
Nawaz Allah, Amarjot Singh, Anjum Waleed, Diakite Abdramane, Rehman Zia Ur, Shahzad Sufyan, Singh Jorawar, Qasim Haleem, Muhammad Akkas, Singh Jaspinder e Bilal Amjad – SI Cobas Gls Italy
Hussain Bukhari Syed Intizar – SI Cobas Bialetti Brescia
Junaid Faizan, Iqbal Asif e Singh Galwinder – SI Cobas Af/Zust Ambrosetti
Adil Shehzad, Mirza Najaf Ul Saqlain Baig, Dar Farook Mohamed, El Azzouzy Iahcen, Muhammad Suqrat Khizar, Mouhamadou Lamine Sakho, Al Godwin, Femi Tanimola, Mahatelge Dias e Grayan Krishantha – SI Cobas Brt Brescia
Bodiu Dumitru, Junea Mihail, Tebai Mejdi, Khan Nasar, Rochdi Mohammed e Fall Talla – SI Cobas Tnt/FedEx Brescia
Noman Bashir, Hassan Ui Moeez, Singh Varinder Pal – Fercam e Asad Imran SI Cobas Fercam Brescia
Shafi Ahmed – SI Cobas Ambrosi caseificio, Brescia
Singh Harpreet, Botnarciuc Darius, Kariate Said e Singh Bhupinder – SI Cobas Sda Brescia
Shahbaz Ahmed e Abdessamad Ghadfi SI Cobas Gls Enterprise Mantova
Paraschiv Adrian, Mohit Karla, Sigh Gurwinder, Singh Harpreet – SI Cobas La Linea Verde, Brescia
Taimoor Ilyas Mirza e Smarandache Clement – SI Cobas Dhl Verona
Saleem Suleman, Giliati Enrico e Adil Bilal – SI Cobas Ups Brescia
Ravelli Gianluca e Singh Surjit – SI Cobas Brt Mantova
Kurukula Arachchge Don Anton Chintak e Singh Paramjit – SI Cobas Susa Brescia
Michele Michelino – Comitato per la difesa della salute nei luoghi di lavoro, Sesto San Giovanni
Raffelli Laura – coord. SI Cobas Brescia
Abbas Mohsan – coord. SI Cobas Brescia
Zametta Alfredo – coord. SI Cobas Brescia
Remo Campoli – ex autista Otil S.p.a., SI Cobas Milano
Luca Esestime – ex autista Gi.ma Trans, SI Cobas Milano
El Foulki Jouad – SI Cobas Suincom Spa, Modena
Halluli Dritan – SI Cobas Suincom Spa, Modena
Luciano Umile – SI Cobas ceramica Serenissima Modena
Denis Gjtta – SI Cobas ceramica Serenissima Modena
Falah Hassan – Ceramica Marazzi Casiglie, Finale Emilia
Majdi Aziz – SI Cobas Ceramica Marazzi, Finale Emilia
Rosaria Traversa – USB sanità amministrativa, Napoli
Gianluca Cavotti – USB Aeroporto di Capodichino, Napoli
Antonio Santorelli – FIOM Napoli
Daniele Maffione, lavoratore Comune di Napoli
Marcantonio Russo – Fisac Cgil Napoli
Francesca Borghesi – SI Cobas TNT Roma
Salvatore Amoruso – SI Cobas SDA Roma
Youssef Kanouni – SI Cobas GLS Riano (Roma)
Manuel Moron Moroni – SI Cobas Amato Chimici Fiano Romano, Roma
Valentina Roberto – militante per il diritto all’abitare – SI Cobas Messina
Francesco Ciraolo – delegato disoccupati Messina Servizi Bene Comune – SI Cobas Messina
Carla Lo Presti – delegata Lotta per la Casa, SI Cobas Messina
Alessandro Costa – disoccupato in lotta, SI Cobas Messina
Giusy Patanè – Lotta per la Casa, SI Cobas Messina
Emanuela Orto – disoccupata Messina Servizi Bene Comune, SI Cobas Messina
Vincenzo Tripodo – disoccupato Messina Servizi Bene Comune, SI Cobas Messina
Giovanni Portovenero – disoccupato Messina Servizi Bene Comune, SI Cobas Messina
Ben Brahim Ali – SI Cobas Emilceramica
Boussakri Moustapha – SI Coba Emilceramica, Modena
Kumar Sandeep – SI Cobas Ceramica Mirage, Modena
Stefano Roggero – SI Cobas coop. Sociale Elfo
Sara Manzoli – cooperativa Aliante, Modena
Gruppo Badanti “Donne Forti”, Modena
Giovanni Iozzoli – Rsu Fiom Pfb Modena
Alice Miglioli – agenzia Tempor
Nid M’Bark Hamid – Fercam Bologna
Oussidi Moulay Hafid – Bonomia cooperativa presso Transmec
Harbi Abdellatif – lavoratore di ceramica opera
Massimiliano Donadelli – SI Cobas Ceva di Stradella
Ashraf Barjees Tahir – SI Cobas BRT Modena
Esah – SI Cobas BRT Modena
Contorno Vincenzo – SI Cobas Aial presso Gigi il Salumificio
KENNEDY – metalmeccanica Nuova MGpid
Maiga Moussa – dip. Coop 3T presso Alcar Uno
Grasia Domenico – SI Cobas Bellentani, Citterio Modena
Grassia Pietro – SI Cobas Bellantani, Citterio Modena
Nheri Kamel – SI Cobas Bellentani, Citterio Modena
Ida Giannerbi – Rsu Cgil Ceramica San Valentino, Reggio Emilia
Laoudini Yassine – dip. Log-it presso Menu, Modena
Aslam – SI Cobas Emiliana Serbatoi, Modena
Pasquale Belluscio, Walter Vitrotti e Simone Pucchi – SI Cobas Fedex/Tnt Orbassano (TO)
Massimo Tasini – delegato SI Cobas AF Logistic, Rivalta (TO)
Raffaele Argento – operaio FCA Torino
Lucia De Paolo – SI Cobas Compass, mense Fca Torino
Rapotica Vasile – SI Cobas Lottero Spa, Asti
Khalil Elati e Kadisha Elzahrri – SI Cobas Brt Settimo Torinese (TO)
Patrizia Pisciotta – delegata sindacale SI Cobas Brt, Orbassano (TO)
Mahmoud Hassan Aboutabikh – licenziato Safim, None (TO)
Amid Elshaer – licenziato Safim, None (TO)
Pina Vitiello – insegnante , Torino
Baltag Aurel – SI Cobas SDA, Settimo Torinese (TO)
Abou Mohamed – SI Cobas Conserva, Michelin Torino
Barbara Maestrini – SI Cobas IRCCS S. Martino Genova
Delfina Piazzo – SI Cobas IRCCS S. Martino Genova
Abdelali Elhouate –-SI Cobas In’s Tortona
Harvinder Singh – SI Cobas In’s Tortona
Emilio Quadrelli – operatore sociale ARCI Genova
Paolo Defilippi – Amiu Genova
Dario Parodi – SI Cobas Fercam Genova
Abdelnaby Rashad e Meskur Fouad – SI Cobas Trifoglie Mercati Generali CAAT, Grugliasco (TO)
Luca Disse – SI Cobas Raspini, Piscina di Pinerolo (TO)
Marouane El Kazir, licenziato CLO (Coop Rivalta Scrivia), Tortona (AL)
Yassine Lahuifi – licenziato CLO (Coop Rivalta Scrivia), Tortona (AL)
Antonio Olivieri – Presidio Permanente di Castel Nuovo Scrivia (AL)
Ades Islam – SI Cobas Miliardo Yida, Spinetta Marengo (AL)
Aziz El Hanafi – SI Cobas Fedex/Tnt, Spinetta Marengo (AL)

Partito Comunista dei Lavoratori - Commissione sindacale

Contro la violenza maschilista, tutte e tutti a Bologna in ricordo di Atika


 Le compagne e i compagni del Partito Comunista dei Lavoratori aderiscono al presidio organizzato dal SI Cobas in occasione dell'apertura del processo contro l'uccisore di Atika.

Riteniamo sia fondamentale esprimere la nostra solidarietà ai familiari in questo drammatico momento e che sia indispensabile dare sostegno a questa iniziativa per denunciare l'ennesimo atto di violenza maschilista sulle donne.
Siamo inoltre convinte e convinti che solo una lotta più ampia possa sconfiggere la doppia oppressione delle donne da parte dell'alleanza criminale tra capitalismo e patriarcato. Una lotta di lavoratori e lavoratrici e di tutte le sfruttate e gli sfruttati per abbattere il sistema capitalista, che produce sfruttamento e violenza.
Condividiamo e diffondiamo i contenuti del comunicato dei SI Cobas.

Partito Comunista dei Lavoratori - Commissione donne e altre oppressioni di genere


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In ricordo di Atika, continuiamo la lotta contro la barbarie della violenza maschilista

Il prossimo 23 settembre si apre il processo contro l’uccisore di Atika, 32 anni, sorella di un militante storico del SI Cobas, barbaramente uccisa un anno fa dal suo convivente dal quale si era separata dopo averlo più volte denunciato per maltrattamenti e molestie nei confronti della figlia.
Un assassinio annunciato dall’uomo, che aveva dichiarato più volte il suo intento omicida minacciando anche le sorelle di Atika. Una escalation di violenze da cui Atika aveva cercato di difendere se stessa e le figlie denunciando le minacce e le aggressioni subite.
Le misure adottate dalla magistratura, rallentate dalle lungaggini burocratiche, evidentemente non l’hanno protetta, a conferma una volta di più che le istituzioni sono spesso indifferenti e inefficaci a fermare la violenza domestica.
Nessuna pena al colpevole potrà porre riparo al trauma e alla perdita subita dalle sue figlie, dalla famiglia e da tutte e tutti noi. Chiedendo giustizia per Atika, siamo convinti più che mai che solo la lotta e la mobilitazione delle lavoratrici e delle donne senza privilegi può costituire un muro contro questi crimini, che si ripetono anno dopo anno, uno ogni tre giorni, in Italia e nel mondo.
Una lotta che, per essere incisiva, non può limitarsi alla violenza individuale, privata, patriarcale, ma deve denunciare soprattutto la violenza del padronato, dello stato e delle istituzioni che si scatena ogni volta che le donne lottano per i loro diritti. La polizia non esita a sparare lacrimogeni quando le lavoratrici scioperano contro il supersfruttamento e la discriminazione nelle fabbriche e sui luoghi di lavoro. La magistratura non esita a denunciarle in massa, come è avvenuto in questi giorni contro le operaie e gli operai di Italpizza, quando pretendono i loro diritti.
La crisi sanitaria esplosa nell’emergenza del covid 19 è dovuta ai tagli pesantissimi all’intero welfare e alla “aziendalizzazione” del sistema sanitario pubblico imposti negli ultimi anni a seguito della gravissima crisi economica che il Covid ha esasperato. Questo macigno si è abbattuto in particolare sulle donne aumentandone la precarietà, la disoccupazione, il lavoro da casa, il carico di lavoro domestico e di cura dei bambini e degli anziani, l’esposizione alla violenza del partner. Le donne sono sospinte dalla materialità degli attuali rapporti di sfruttamento a ritornare nelle case o a restarci, a rinunciare ai loro più fondamentali diritti conquistati con dure lotte. Come dimostrano i continui attacchi al diritto di aborto assistito e l’impraticabilità di fatto del divorzio in una condizione di sostanziale subordinazione all’istituzione familiare, precarietà e disoccupazione e tagli al welfare colpiscono soprattutto la donna anche nell’esercizio dei suoi diritti fondamentali.
Noi ci battiamo contro tutto questo
- per rafforzare ed estendere le grandi mobilitazioni delle donne di tutto il mondo;
- per un movimento unitario che affronti tutte le contraddizioni specifiche della condizione femminile;
- per l’unità delle lotte di tutti gli sfruttati e gli oppressi contro il patriarcato e il capitalismo che sono all’origine della violenza sulle donne e della comune oppressione.

Con Atika nel cuore, ritroviamoci tutte/i
mercoledì 23 settembre alle ore 10 presso il Tribunale di Bologna, in via Farini 1

SI Cobas nazionale

È questo il futuro che vogliamo?

 




Tagli all’istruzione pubblica, alla sanità, ai trasporti. Devastazione ambientale. Precarietà, disoccupazione e sfruttamento. Questo è il “futuro” per i giovani in questa società

Scarica qui il volantino del PCL in vista dell'apertura delle scuole e della ripresa dei corsi universitari

Tutte le riforme varate negli ultimi anni hanno significato una sola cosa: tagli all’istruzione pubblica, alla sanità, ai trasporti, al lavoro per miliardi di euro. Prendendo solo la scuola ad esempio, da un lato il personale scolastico, l’offerta formativa, i fondi per la scuola, la manutenzione degli edifici, i trasporti pubblici e quant’altro sono stati tagliati, dall’altro si ingrassano gli istituti privati, prevalentemente ecclesiastici. Una scuola trasformata nel tempo in “azienda” attraverso strumenti di competizione come le prove Invalsi, test di ingresso universitari, alternanza scuola-lavoro, tasse altissime in cambio di servizi scadenti o accessibili a pochi, come la didattica a distanza durante il lockdown ha dimostrato.

Se non bastasse, viviamo in un mondo dove la dittatura del profitto ha sospinto le energie fossili, ha posto al centro il binomio tra auto e petrolio, ha marginalizzato le energie rinnovabili, intossica gli alimenti coi pesticidi, impoverisce i suoli col supersfruttamento, trasforma in discariche i mari e i fiumi, inquina e uccide la natura e l’uomo.
E questa dittatura del profitto non è un effetto spiacevole di politiche sbagliate, che si può correggere con qualche riforma. È il pilastro su cui si regge l’intera organizzazione della società. Un sistema basato su disuguaglianze, sfruttamento e devastazione che ha un nome preciso: capitalismo. Ogni governo obbedisce alle leggi del profitto. Ogni governo si propone di gestire e amministrare il capitalismo. Ogni governo tenta di scaricare i costi della crisi sui giovani, sui lavoratori, sulle lavoratrici.


PER CONQUISTARE UN FUTURO DIVERSO E MIGLIORE È NECESSARIO ORGANIZZARSI SU BASI RIVOLUZIONARIE!

Siamo disposti a continuare a vivere così? È questo il futuro che vogliamo?
Gli studenti e i giovani che non si vogliono accontentare di un futuro fatto di precarietà e sfruttamento, che credono nella necessità e possibilità di un cambiamento radicale della società, dove l’istruzione e la sanità siano pubbliche, laiche e gratuite, i trasporti garantiti, l’ambiente rispettato e preservato, hanno una sola scelta: costruire con noi un partito marxista rivoluzionario, lottare con noi, in ogni battaglia, per la rivoluzione.

Perché è la rivoluzione l’unica prospettiva di progresso possibile per le vecchie e nuove generazioni. Il capitalismo non si può riformare, si può solo abbattere. È necessario opporre ai governi dei capitalisti l’unico governo che può davvero rappresentare gli interessi della maggioranza della società: il governo dei lavoratori e delle lavoratrici, basato sulla loro forza e organizzazione.
Un governo che, rompendo con il capitalismo, ponga le basi per l’alternativa anticapitalista e socialista, e perciò consenta di costruire una nuova società basata sul progresso sociale di tutti: il socialismo. Un governo che solo una rivoluzione può imporre, in Italia, in Europa, nel mondo.
Una rivoluzione che solo un partito rivoluzionario può guidare.

Abbandona le illusioni! Unisciti ai giovani e agli studenti del Partito Comunista dei Lavoratori!



Scarica e stampa il volantino e aiutaci a distribuirlo davanti alla tua scuola o università!

Partito Comunista dei Lavoratori - Commissione studenti e giovani

Graduatorie provinciali per le supplenze: una tragedia annunciata

 


14 Settembre 2020

Oggi, almeno sulla carta, dovrebbe cominciare l'anno scolastico 2020/2021. Mai come in questo caso, però, il condizionale è d'obbligo, vista la situazione delle scuole italiane, soprattutto in termini di personale.


SOLO "QUALCHE PICCOLO ERRORE"?

Con queste parole la Ministra Azzolina definiva nella giornata di mercoledì 9 settembre i problemi sorti nel varo delle nuove Graduatorie Provinciali per le Supplenze (GPS), che si sono rivelate all'insegna del caos totale e con gli Uffici Scolastici Provinciali totalmente privi di direttive. È il caso, ad esempio, di quello di Milano, dove il direttore, l'ex titolare dell'allora MIUR Bussetti, ha ben pensato di ovviare al fatto che le GPS milanesi sono totalmente intasate e piene di errori (calcolo punteggio di servizio, titoli, ecc.) da provare a far partire le convocazioni per le migliaia di cattedre vacanti dalle vecchie graduatorie d'istituto. Una manovra che rischia di aggiungere ancora più caos al fatto che solo su Milano sono state presentate ben 112000 domande di iscrizione alle nuove GPS. Domande di iscrizione che a livello nazionale superano le 800000, con una esclusione, in molti casi dettata da errori di calcolo o di riconoscimento, di oltre 40000 aspiranti docenti.


LA MANCANZA DI DOCENTI CHE PENALIZZA MILIONI DI STUDENTI

Quest'anno scolastico è, forse, quello con maggiori cattedre vacanti nella storia della pubblica istruzione italiana. Si parla infatti di oltre 210000 posti, e di oltre 50000 posti ATA anch'essi vacanti.
Non è un caso che tra le cattedre con maggior numero di posti vacanti ci siano quelle di sostegno, un incarico che nella maggioranza dei casi è assegnato a docenti precari. Si parla di oltre 20000 cattedre vuote. Una mancanza che non può che costituire un pesante attacco alla classe lavoratrice già penalizzata dai licenziamenti previsti in autunno, previsti tra i 600000 ed i 2 milioni.


IL GOVERNO CONTE, UN ENNESIMO NEMICO DEI LAVORATORI. DELLA SCUOLA E NON

Ai danni dei lavoratori e delle lavoratrici della scuola è in atto una vera e propria macelleria sociale. Un'offensiva a tutti gli effetti contro i docenti e tutto il personale scolastico, che hanno garantito supporto e vicinanza ai milioni di studenti e studentesse anche nei giorni più neri della pandemia. Un attacco che nega la pensione a tutti quei lavoratori affetti da patologie croniche, che a scuola sarebbero estremamente a rischio di contagio, e che nega la stabilizzazione a decine di migliaia di insegnanti precari, che stanno vedendo pendere sopra le proprie teste la spada di Damocle di un concorso straordinariamente umiliante, alla luce anche del servizio prestato per anni senza alcuna speranza di stabilizzazione. Un concorso iniquo, parziale e divisivo, perché porterebbe alla stabilizzazione di soltanto 32000 docenti.


LE RIVENDICAZIONI DEL PCL PER LA SCUOLA

Per risolvere il problema del precariato e contrastare l'oramai palese progetto di privatizzazione della scuola, portato avanti indistintamente dai governi di centrodestra e centrosinistra a favore di multinazionali e Chiesa (in una modalità estremamente simile a ciò che è stato fatto nel settore sanitario, con le conseguenze che l'epidemia di Covid-19 ci sta mostrando in tutta la sua drammaticità), e di attacco costante ai diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, il Partito Comunista dei Lavoratori è presente nelle lotte della scuola con queste rivendicazioni:

- stabilizzazione di tutti gli insegnanti della scuola.
Siamo per un piano di assunzioni che parta dalla trasformazione dell'organico di fatto in organico di diritto, e l'ingresso di tutti gli insegnanti con tre anni di servizio in un processo di formazione e stabilizzazione che non sia diviso, a differenza di come hanno sinora fatto i governi, con il risultato che migliaia di insegnanti abilitati sono ancora senza ruolo (basti pensare ai 2000 vincitori del concorso 2016 ed ai 5000 vincitori del concorso 2018, abilitati con le SSIS ed i PAS).

- un grande piano di lavori pubblici per la scuola.
È urgente provvedere al risanamento degli oltre 2400 siti scolastici nei quali è stata accertata la presenza di amianto, e alla messa in sicurezza di tutte le scuole i cui plessi non sono a norma di criteri antisismici. Si trovano in questa condizione ben 44.486 scuole pubbliche, su un totale di 50.804 censite.

- no al blocco per i neoassunti, sia esso quinquennale che triennale.
Ogni lavoratore deve avere il diritto di poter lavorare vicino alla propria famiglia. Con ciò condanniamo fermamente il progetto avanzato dal ministro Azzolina di deportare letteralmente, in cambio del ruolo, migliaia di docenti dalle regioni meridionali costringendoli per cinque anni a vivere in altre regioni o province.

- internalizzare tutti gli educatori.
Il settore delle cooperative sociali è una vera giungla dove migliaia di educatori, soprattutto giovani e donne, sono sfruttati con salari minimi. In queste settimane moltissimi sono gli educatori che, non potendo lavorare essendo chiuse le scuole ed i centri diurni, hanno assistito ad una forte riduzione del salario. Chiediamo l'assunzione di tutti gli educatori con lo stesso profilo negli enti locali.

- no ad ogni proposta di autonomia differenziata.
L'esempio dei docenti del Trentino-Alto Adige è a portata di mano. Alle 18 ore settimanali si sono aggiunte due ore in più da prestare eventualmente per supplenze. Inoltre, tutti i docenti altoatesini devono prestare ben 220 ore annue come attività funzionali all'insegnamento, a differenza del resto del paese, in cui si svolgono 40+40 ore. In queste 220 ore ricadono consigli di classe, consigli di plesso, collegi docenti, programmazioni settimanali di dipartimento, le ore annuali dei corsi di aggiornamento obbligatorie, le udienze dei genitori. Il tutto in cambio di un aumento lordo di poche centinaia di euro.

Con queste rivendicazioni il Partito Comunista dei Lavoratori ha sostenuto lo sciopero dei lavoratori e delle lavoratrici della scuola del 14 febbraio, e resta a fianco dei docenti e degli ATA precari per bloccare ogni scellerato progetto di privatizzazione e divisione della scuola e degli insegnanti.

Mandiamo a casa la ministra Azzolina, esponente di punta di un governo nemico dei lavoratori e servo di Confindustria, come i casi di Alzano Lombardo e Nembro ci hanno dimostrato, e che come PCL abbiamo denunciato anche giudiziariamente.

Solo con la lotta questo governo nemico dei lavoratori e dei precari potrà essere cacciato, contro ogni compromesso con i partiti nemici delle lavoratrici e dei lavoratori, per la sconfitta delle burocrazie sindacali complici di governo e padronato che, burocrazia CGIL e Landini in primis, hanno firmato protocolli su protocolli bloccando sul nascere le decine di scioperi che ci sono stati soprattutto a marzo nelle fabbriche e sui luoghi di lavoro. Ma anche e soprattutto contro ogni logica corporativistica e di intermediazione politica tramite deputati e senatori di maggioranza o di opposizione.
Solo l'unità delle lotte può realmente portare ad un governo dei lavoratori, l'unico che possa realmente difendere gli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici, della scuola e non solo.



Di questo e altro parleremo in un'assemblea online sulla pagina Facebook del PCL il 16 settembre. Ti aspettiamo!

Vincenzo Cimmino

Scuola: quale ripartenza senza stabilizzazione?

 

Assemblea online mercoledì 16 settembre alle ore 18:00



L'anno scolastico che sta per cominciare si apre sotto i peggiori auspici, causa anche delle politiche degli ultimi anni dei governi, di centrodestra e centrosinistra, che si sono succeduti.
Gli attacchi della ministra Azzolina e del governo Conte ai lavoratori ed alle lavoratrici della scuola, soprattutto precari, sono solo gli ultimi di una lunga serie. Come ad esempio dimenticare la Buona Scuola del governo Renzi o la riforma Gelmini del governo Berlusconi, che portò al taglio di più di 10 miliardi di euro e di ben centomila cattedre alla scuola e all'università. Tagli che si ripercuotono anche adesso sulla riapertura delle scuole. Sono infatti vacanti circa il 90% dei posti di sostegno. In tutta Italia sono ben oltre le 210000 cattedre vuote e 50000 posti ATA vuoti, nonostante ci siano decine di migliaia di precari che da anni non vedono alcuna soluzione di stabilizzazione. Dinnanzi a tali problematiche, continua l'attacco della ministra Azzolina e del governo Conte agli insegnanti e a tutti i lavoratori della scuola, con un concorso umiliante verso i precari della scuola e verso il lavoro che hanno svolto in tutti questi anni.

Consapevoli che solo con la lotta si potrà raggiungere la riapertura in totale sicurezza e con nessun posto vacante, ne parleremo

mercoledì 16 settembre alle 18:00 sulla pagina Facebook del Partito Comunista dei Lavoratori


Interverranno:

Vincenzo Cimmino (insegnante precario, Direttivo FLC-CGIL Milano)
Giuseppe Raiola (insegnante, SGB Scuola)
Luca Scacchi (Direttivo Nazionale CGIL)
Marco Ferrando (portavoce nazionale del Partito Comunista dei Lavoratori)