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Condanniamo il nuovo attacco alla minoranza slovena nella Carinzia austriaca

 


Un attacco al movimento antifascista

Il 27 luglio scorso la polizia austriaca ha effettuato un vergognoso raid all'Antifa Camp Koroška/Carinthia, iniziativa antifascista che si è tenuta tra il 27 e il 29 luglio e organizzata dal Klub slovenskih študentk*študentov na Dunaju (KSŠŠD).

Il dispiegamento delle forze repressive è stato impressionante se consideriamo la natura dell'evento (i convenuti erano in larga misura studenti, e vedeva anche il coinvolgimento diretto del locale museo Peršmanhof): droni, decine di agenti (provenienti anche da unità "antiterroristiche"), elicotteri, unità cinofile.
Ça va sans dire, identificazioni a tappeto, fermi e arresti hanno completato il quadro dell'operazione: chissà, magari temevano lo scoppio di un'insurrezione da parte della minoranza slovena in Carinzia? Magari fosse sufficiente un campus studentesco a provocare una rivolta!

Se consideriamo che quest'anno ricorreva l'ottantesimo di un'orribile strage nazista a danno di alcune famiglie slovene (consumatasi il 25 aprile 1945, ha visto tra le sue vittime anche bambini) ricordata dalla struttura commemorativa in loco, e che questo è uno dei luoghi più simbolici della lotta antifascista in Austria, non può che aumentare il livello di bile verso un atto intimidatorio che perfino le autorità borghesi faticano a giustificare (suscitando anche la viva riprovazione di quelle dello Stato sloveno), menzionando problemi legati all'ambiente e affermando che non si trattava di un evento adatto a un memoriale. Curiosamente, di questi aspetti "problematici" se ne sono accorti proprio mentre si teneva l'iniziativa stessa. Un'incursione sbirresca è forse più adatta a stazionare in un memoriale antinazista di alcune decine di studentesse e studenti?

Per fortuna, il caso ha scatenato la rapida mobilitazione di centinaia di persone. Ma allo stesso tempo evidenzia l'acuirsi delle intimidazioni nei confronti delle iniziative antifasciste e delle minoranze nazionali su scala europea. Tanto per fare un paio di esempi vicini, qualche tempo fa si è verificata l'assurda presenza di numerosi agenti (in borghese e non) e militarizzazione a un'iniziativa sull'eccidio di Schio organizzata dalla sezione vicentina del Partito Comunista dei Lavoratori, che vedeva come protagonista lo storico Ugo De Grandis, e la silenziosa (ma ugualmente notata per fortuna dagli attivisti delle minoranze della regione) rimozione della segnalatica bi/trilingue (a Cividale si trovavano le indicazioni in italiano, friulano e sloveno) in alcune stazioni ferroviarie del Friuli.

Le due cose, com'è noto – o come dovrebbe – vanno di pari passo. La lotta contro il fascismo (prodotto scatologico del capitalismo e della reazione) e per i diritti e l’autodeterminazione delle minoranze – e ricordiamo che quelle nazionali sono perlomeno dodici nello Stato italiano, anche se è scomodo doversene occupare – non possono che ancorarsi alla lotta di classe per raggiungere una soluzione reale, definitiva e positiva, perché soltanto la distruzione del capitalismo può decontaminare una volta per tutte l'umanità dalle forme di discriminazione che questo regime moltiplica ininterrottamente come bubboni sulla pelle di un ammorbato.

Alessio Ecoretti, Partito Comunista dei Lavoratori - Friuli-Venezia Giulia

Cassa di resistenza per i lavoratori Sofalegname di PCL Romagna · Agosto 3, 2025 Invitiamo tutti i compagn3 a contribuire alla raccolta fondi per i lavoratori in lotta!

 


DONATE QUI!

Il PCL Romagna ha contribuito e contribuirà alla cassa di resistenza per i lavoratori in lotta. Invitiamo tutti i compagni e le compagne a sostenere la raccolta fondi e a prestare solidarietà militante ai picchetti.
Siamo accanto a Sudd Cobas e ai lavoratori Sofalegname contro lo sfruttamento di un capitale senza scrupoli e senza vergogna, che non vuole operai, ma schiavi, e che scappa altrove invece di rispettare i diritti dei lavoratori.

Per conquistare i diritti! Per rovesciare lo sfruttamento! Solidarietà operaia nella lotta! Per durare un minuto in più del padrone!


Ps.: un contributo è già venuto anche dal PCL Nazionale e dalla sez. di Bologna

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Da Sudd Cobas

I lavoratori della filiera Gruppo 8 di Forlì stanno scioperando e hanno bisogno del nostro aiuto!

Dopo 17 giorni di sciopero nel mese di Luglio, dal 1 agosto i lavoratori sono di nuovo in sciopero ad oltranza, con due presidi permanenti!

Inoltre non hanno ricevuto lo stipendio di Giugno, e chiaramente sono in difficoltà per le spese di affitto e di sussistenza. Quanto più i lavoratori possono resistere in sciopero tanto più sono le possibilità di vincere questa battaglia, ma per farlo hanno bisogno di essere sicuri di poter pagare le spese necessarie. Sappiamo quanto può essere duro scioperare per i propri diritti e stare giorno e notte davanti alla fabbrica, ma è ancora più difficile farlo se non sai come pagare le bollette.

Per questo motivo chiediamo il sostegno di tutte le persone che hanno a cuore la loro lotta e che pensano sia necessario battersi per mettere un freno a multinazionali senza scrupoli, che sfruttano territori e persone e poi provano a scappare via, lasciando i lavoratori senza lavoro e senza stipendio.

Gli scioperi di questo tipo in italia sfortunatamente non sono molti, ma è un motivo in più per sostenere chi li porta avanti, sperando che possano essere di esempio ai molti che ancora lavorano sfruttati.

I lavoratori della filiera Gruppo 8 hanno scioperato, dal 3 Luglio, per 17 giorni contro la delocalizzazione dello stabilimento. Gruppo 8 produce divani di lusso, ma non è mai stata disposta a pagare i lavoratori in modo corretto.

Questo di Luglio era già il secondo sciopero. Prima a Dicembre hanno scioperato una settimana contro le condizioni disumane cui erano costretti: turni di 12 ore al giorno, costretti a dormire in un capannone ad una temperatura di 4°!

Con la prima mobilitazione hanno ottenuto contratti regolari e il rispetto dei loro diritti fondamentali, ma dopo soli 7 mesi l’azienda ha provato a delocalizzare, per liberarsi di chi pretendeva di essere pagato correttamente.

A Luglio dopo 17 giorni di sciopero era stato siglato un accordo dove l’azienda garantiva la riapertura dello stabilimento. Dopo una settimana però,l’accordo non è stato rispettato e l’azienda ha riprovato a spostare la produzione. Il picchetto è ricominciato, ma ad oggi mancano anche gli stipendi di Giugno.

Il mancato rispetto dell’accordo, firmato con la Prefettura di Forlì e in presenza anche della Regione Emilia Romagna è un affronto a tutto il territorio. Multinazionali che si sentono impunite pensando di poter sfruttare persone e risorse, per poi andarsene quando gli fa più comodo. Per questo motivo lo sciopero è ricominciato il 1 Agosto, per pretendere il rispetto dell’accordo e per dare un messaggio chiaro a queste multinazionali: non rimarremo a guardare, difenderemo i posti di lavoro dignitosi e non permetteremo che la produzione ancora un volta venga fatta dove i diritti minimi non ci sono.

Facciamo appello quindi a tutte le cittadine e cittadini, le associazioni, i collettivi di sostenere la mobilitazione e partecipare alla raccolta fondi essenziale per la continuazione di questa battaglia.

Per gli aggiornamenti potete seguire il nostro sito www.suddcobas.it o le nostre pagine sui social.

Condividete la raccolta fondi e donate!

I fondi andranno alla COM Soccorso Attivo, Società di Mutuo Soccorso che distribuirà la raccolta tra i lavoratori in sciopero.

È il tempo di redimersi: i carnefici hanno gli occhi lucidi

 


Una lettura dell’intervista di Repubblica allo scrittore David Grossman: un tentativo di creare dei sionisti buoni davanti all’evidenza della strage

3 Agosto 2025

La Repubblica del 1° agosto ha dedicato due pagine di intervista a David Grossman, scrittore sionista di fama internazionale. Grossman ha dichiarato che, nonostante gli si «spezzi il cuore» deve constatare che quello in corso a Gaza «è un genocidio». Si chiede come uscire «da questa associazione fra Israele e il genocidio» e riduce l’intera attività storica di Israele agli atti di «gente come Smotrich e Ben Gvir (due ministri israeliani di estrema destra)» a cui governare uno stato potente come Israele sembra avere dato alla testa. Dal 7 ottobre tante persone conosciute da Grossman «hanno abbandonato i nostri comuni valori di sinistra».

Lo sforzo di Grossman è quello di stabilire un ‘noi’ e un ‘loro’ all’interno del sionismo. Il ‘noi’ nel nuovo paradigma per lavarsi la coscienza senza rinunciare alle proprie idee razziste comprende i presunti buoni, i sionisti liberali fantasiosamente «di sinistra». Ebbene, tali sionisti di sinistra hanno avvertito il pericolo che il mondo si prepara a presentargli il conto per la loro posizione storica di complicità con Israele. Ci si deve domandare, però, se non sia già un ossimoro pensare che possa esistere un suprematismo di sinistra.

Dal canto suo La Repubblica ne approfitta per riabilitarsi agli occhi di tutta la sua platea vagamente progressista davanti alla quale ha perso credibilità, grazie alla sua efferata propaganda sionista. Quale occasione migliore per salvare capra e cavoli, sionisti israeliani e stampa italiana, di un israeliano che pronuncia la parola proibita: «genocidio». Ovviamente ribadendo una falsità storica e giustificazionista: che senza il 7 ottobre il genocidio non sarebbe esistito. Fa tenerezza però constatare che a questi pianificatori dell’assenso, almeno, gli si «spezzi il cuore».

Grossman prosegue il suo sforzo muscolare-nervoso: «il grande errore dei palestinesi sta nel fatto che avrebbero potuto trasformarla (Gaza, nda) in un luogo fiorente: invece hanno ceduto al fanatismo e l’hanno usata come rampa di lancio per i missili contro Israele». Si arriva all’assurdo: i palestinesi sarebbero colpevoli delle azioni dei sionisti. Israele avrebbe agito come una furia divina, fatale e inarrestabile, per conseguenza della poca lungimiranza dei palestinesi.

È un’operazione retorica macabra quella di Grossman, che rassomiglia a un carnefice che dice alla vittima di non battere i pugni sulle sue braccia, mentre la strangola. Va detto che l’estremismo islamico di Hamas, come i pugni sulle braccia, è un sottoprodotto dell’efferatezza sionista e imperialista occidentale. Ma Hamas ha garantito alla resistenza palestinese - che non è Hamas - la capacità militare utile a continuare ad esistere. Anche qui le parole di Grossman sembrano essere le parole della linea editoriale de La Repubblica. Insieme compiono il tentativo estremo di passare dalla parte dei presunti buoni, senza rinunciare alle proprie posizioni.

L’operazione è quella di costruire mediaticamente un nuovo paradigma della vittima: inventare la figura del sionista dissidente, del sionista che vorrebbe ma non può far nulla per evitare che il suo stato suprematista smetta di compiere crimini inenarrabili.

Coerentemente con la subdola visione suprematista della borghesia italiana benpensante, i palestinesi diventano una macchietta che ha il diritto di salvarsi solo se Israele ne ha la volontà. Questa volontà, come quella di un dio sadico, dipende dalla volontà dei palestinesi di arrendersi al proprio sterminio.

Riferirsi all’occupazione israeliana del 1967 dei territori palestinesi nei termini di una «maledizione» che ha colpito Israele (così dice Grossman), è un’operazione utile a sollevare dalla responsabilità storica il sionismo e i sionisti, ancora nell’ottica di una lettura della storia totalmente metaforica, astratta e retorica.
Se i palestinesi non avessero commesso l’errore storico di voler continuare a vivere senza che gli si dicesse a quali condizioni farlo, continua Grossman, «magari questo avrebbe spinto Israele a cedere anche la Cisgiordania e a mettere fine all’Occupazione anni fa».

Così Grossman ribadisce l’idea di riconoscere uno stato palestinese, ma a «condizioni ben precise: niente armi». Sarebbe una bella prospettiva, se si ammettesse il disarmo globale. Ma ciò non è possibile, perché Israele in primis esiste come laboratorio di tecnologia militare degli imperialismi occidentali, che ben fanno profitto sulla morte.

In questi stessi giorni la Francia e la Gran Bretagna hanno dichiarato di voler riconoscere uno stato palestinese. Il riallineamento della stampa nazionale e internazionale risponde anche all’esigenza del Governo Meloni di non isolarsi davanti a questa nuova spaccatura europea. Ma l’atto simbolico di riconoscere uno stato di Palestina da parte di Macron e Starmer è vile perché arriva nel momento in cui l’80% della Striscia di Gaza è occupata dall’esercito israeliano, in cui l’apartheid e il controllo anche in Cisgiordania si inasprisce tremendamente e a favore dei nuovi insediamenti dei coloni. Ma soprattutto arriva nel momento in cui, con il loro benestare, l’economia agricola palestinese è stata annientata con le ruspe, rendendo sterili i campi coltivati, in cui i centri abitati sono stati ridotti in macerie, e in cui nessuna forza politica palestinese sarebbe capace in questo momento di rimediare senza indebitarsi fino al collo con i capitali a prestito dei suoi stessi carnefici.

Gli imperialismi europei continuano nei fatti a sostenere Israele come ben illustrato dal report ONU elaborato da Francesca Albanese, non a caso ostracizzata e isolata con forza da queste stesse forze sioniste. Tentano di rimediare al dissenso interno con azioni di solidarietà vuote e di facciata. La stampa borghese si affanna per riposizionarsi coerentemente senza perdere la faccia dopo aver costruito narrazioni fasulle e tendenziose per decenni, e specialmente nell’ultimo anno. Non lo fa dando parola ai palestinesi, ma dando parola ai sionisti redenti, agli oppressori che hanno deciso di considerare come degna di attenzione la realtà vissuta dagli oppressi, conducendone la narrativa.

Ma su una cosa ha ragione Grossman: «più cedi alla paura, più sei isolato e odiato al di fuori di Israele […], l’isolamento cresce e tu ti ritrovi in una trappola sempre più profonda, da cui uscire è complicato». Questa presa di consapevolezza non arriva dal cielo, non è una maledizione. È invece frutto del movimento globale che ha dimostrato la capacità di costruire l’isolamento di Israele. È frutto della resistenza armata palestinese, senza cui la questione oggi non si porrebbe perché lo sterminio sarebbe stato attuato.

Consci di questa grande occasione storica, è necessario ora fare un salto di qualità approfondendo le lotte antisioniste e legando la questione palestinese a quella imperialista.

Perciò il compito dei comunisti rivoluzionari risulta oggi fondamentale: per liquidare una volta per tutte lo stato suprematista, razzista e antidemocratico di Israele, per la creazione di un’unico stato palestinese che garantisca a ogni essere umano i propri diritti individuali e sociali, è necessario innanzitutto volgere le armi verso l’imperialismo di casa propria. E noi verso il governo Meloni e la borghesia italiana, diretti colpevoli e sostenitori consapevoli di questo genocidio.

Per una Palestina libera, laica e socialista.

Emerigo C.

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31 Luglio 2025

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Editoriale. È l'ora dell'unità tra i marxisti rivoluzionari di tutto il mondo - Marco Ferrando

La legge sulla «sicurezza». Comprenderne il significato per attrezzarsi alla difesa - Federico Bacchiocchi

La destraccia si destreggia. Tre anni senza opposizione - Salvo Lo Galbo

La necessità di un femminismo marxista rivoluzionario - Femminist3 Rivoluzionari3

Torino, due anni di lotta studentesca contro il sionismo - Enrico P.

Landini: di male in seggio - Lorenzo Mortara, Salvo Lo Galbo

I metalmeccanici non vogliono le briciole dei padroni... e dei sindacati - Diego Pace

A cinquant'anni dalla presa di Saigon. Cosa fu e cosa resta della lotta antimperialista del popolo vietnamita (prima parte) - Natale Azzaretto

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