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Genova. La vita e il profitto

Di cosa ci parla il crollo del ponte

15 Agosto 2018
 Il crollo del ponte di Genova non è un disgraziato incidente. L'unica cattiva sorte è quella che riguarda ogni vittima di questa tragedia. Il crollo di Genova è la cartina di tornasole del degrado generale delle opere pubbliche in Italia (e non solo) ad affidamento privato. È uno dei riflessi della società capitalista, dove domina il profitto, non la vita.
Ventisette concessionari, con in testa Autostrade per l'Italia (Aspi), gestiscono la rete autostradale. La grande famiglia dei Benetton, attraverso il controllo di Atlantia, ha il controllo di Aspi. I suoi profitti sono saliti verticalmente in questi anni, anche grazie all'aumento dei pedaggi: nel solo 2017 un utile di 2,4 miliardi su un ricavo complessivo di 3,9 miliardi. Un tasso di profitto superiore al 50%! In compenso, nello stesso arco di tempo, gli investimenti di Aspi in Italia sono crollati (da 718 milioni a 556 milioni), e migliaia di posti di lavoro (casellanti) sono stati distrutti. Però il gruppo Atlantia ha fatto affari in giro per il mondo: con gli stessi soldi risparmiati sulla manutenzione e accumulati coi pedaggi ha comprato l'aeroporto di Nizza, la società di controllo delle autostrade spagnole (Abertis), parte del gruppo societario che gestisce l'Eurotunnel. Ottimi affari privati, concessi dai poteri pubblici.
Concessi. Lo Stato potrebbe ricavare dalla gestione pubblica delle autostrade importanti risorse da investire ad esempio in manutenzione; invece ha privatizzato la rete autostradale vent'anni fa per offrire ai privati una ricca torta. Il centrosinistra di governo fu regista dell'operazione; la famiglia Benetton era ed è non a caso tra i suoi tradizionali supporter.

Ma non solo. Lo Stato ha assicurato ai Benetton e a tutti i concessionari privati accordi segreti, cioè accordi sottratti all'opinione pubblica e al suo controllo, senza che nessuno muovesse scandalo. Ha rinunciato a gestire in proprio l'intera attività di monitoraggio sulla tenuta della rete autostradale, affidandola in toto ai privati, che l'hanno pretesa come parte integrante della concessione. Infatti né gli enti locali né lo Stato intervengono in questo campo con propri tecnici e specialisti, gli unici tecnici sono quelli pagati da Autostrade per l'Italia. Dunque lo Stato ha messo la vita nelle mani del profitto in termini strettamente tecnici, non solo economici. Il crollo di Genova ci parla anche di questo.

Dopo la tragedia, l'intera stampa nazionale si straccia come sempre le vesti. Corriere, Repubblica, La Stampa, persino Il Sole 24 ore, tutti i campioni delle privatizzazioni nel nome del libero mercato e del progresso piangono lacrime di coccodrillo. “Tutti sapevano” (Corriere), “Stato di degrado delle nostre opere pubbliche” (La Repubblica), “Urgente piano di monitoraggio nazionale” (Il Sole). Ma dove stavano tutti questi soloni del pubblico interesse quando i governi da loro sostenuti affidavano ai Benetton le autostrade? Dalla parte dei Benetton, naturalmente, come di tutti i grandi azionisti. Se oggi recitano commozione e sdegno è solo perché devono vendere copie, in concorrenza tra loro, sul mercato dell'informazione. Perché anche l'informazione, come tutto, è mercato nella società borghese.

Non meno ipocriti sono i vertici del nuovo governo giallo-verde.
Salvini, Toninelli, Conte hanno fatto a gara nel promettere la punizione dei colpevoli, la revoca delle concessioni ad Autostrade, «un grande piano di monitoraggio e manutenzione dell'intero patrimonio pubblico nazionale» (Toninelli). Bene, bravi, bis. Lo stesso M5S che nel 2013 difendeva le rassicurazioni della società Autostrade sul fatto che “il ponte Morandi durerà altri cento anni” ora revoca la concessione ad Autostrade perché inaffidabile? Possibile. Tutto e il contrario di tutto pur di incassare voti, questa è da sempre la cifra del grillismo. A proposito di inaffidabilità.
Ma per il “grande piano” di Toninelli? Per un grande piano come quello promesso occorrono diverse centinaia di miliardi. Li possono trovare quelli che si impegnano a concedere alle grandi ricchezze il più grande regalo fiscale del dopoguerra, cioè flat tax più condono?

Di più. Nello stesso giorno in cui l'ex carabiniere Toninelli proclama il suo piano a reti unificate, il sottosegretario a Palazzo Chigi Stefano Buffagni, grande emergente del M5S, promette solennemente, sul quotidiano di Confindustria, che “l'Italia non tradirà i creditori”. «Questo governo non ha alcuna intenzione di disattendere gli impegni presi coi creditori del Paese», dichiara Buffagni (Il Sole 24 ore, 15 agosto). Inoltre rivendica come medaglia nazionale l'avanzo primario migliore d'Europa. Ma l'avanzo primario migliore d'Europa è solo la misura dei risparmi pubblici (manutenzione inclusa) al netto del pagamento degli interessi sul debito. E gli impegni presi coi creditori sono l'impegno a continuare a pagare alle banche il debito pubblico con tanto di interessi (70-80 miliardi annui, oltretutto in crescita) e la riduzione progressiva del debito attraverso il suo pagamento. Come? Anche con «nuove privatizzazioni», assicura l'ultima nota congiunta fra Tria, Di Maio e Salvini, per rassicurare i mercati.
Sarebbe questo il governo del cambiamento? Da un lato promette la revoca della concessione ai Benetton - con l'occhio al pallottoliere elettorale, dall'altro assicura nuove privatizzazioni per pagare il debito alle banche e detassare i profitti?

La verità è che tutti i governi borghesi, giallo-verde incluso, amministrano le regole del gioco dettate dal profitto; e le regole del profitto sono quelle che producono il crollo di opere pubbliche, che trasformano i terremoti in ecatombi, che causano il dissesto idrogeologico di gran parte del territorio.

Per realizzare una svolta vera occorre rovesciare la dittatura del profitto.
Recuperare il controllo pubblico sulle opere sociali, sulla viabilità, sui mezzi di trasporto. Revocare tutte le concessioni ai privati (non solo ai Benetton) in fatto di autostrade e strade. Nazionalizzare la grande industria edilizia e del cemento, senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori, a garanzia della sicurezza pubblica. Investire un grande volume di risorse pubbliche per monitoraggio, manutenzione, ricostruzione di buona parte della rete autostradale e non, ricavando tali risorse nell'unico modo possibile: abolendo il debito pubblico verso le banche, e dunque nazionalizzandole sotto controllo sociale; e imponendo una tassazione progressiva sui grandi patrimoni, profitti, rendite, che hanno lucrato per decenni sullo sfruttamento dei salariati e sul saccheggio del territorio.

È un programma esattamente opposto a quello di Salvini e Di Maio, come a quello di tutti i governi precedenti. È un programma che solo un governo dei lavoratori, basato sulla loro forza e sulla loro organizzazione, potrà realizzare.
Fuori da questa prospettiva, c'è spazio solo per l'inganno. E per i morti.
Partito Comunista dei Lavoratori

La lotta dei braccianti immigrati

Assumere le rivendicazioni degli immigrati come parte di una piattaforma di mobilitazione!

La morte di sedici lavoratori immigrati nelle campagne di Foggia ha alzato il coperchio sullo sfruttamento di centinaia di migliaia di proletari nelle campagne italiane. Proletari per di più di colore, spesso privati del permesso di soggiorno, obbligati a piegare la schiena sino a 12 ore al giorno al prezzo di due euro all'ora, ammassati in baraccopoli fatiscenti senza acqua e senza servizi, costretti a pagare il pizzo ai caporali che li reclutano e li trasportano sul luogo di lavoro, e nel caso delle donne persino favori sessuali.
Un'infamia.

Un'infamia non meno grande è il circo dell'ipocrisia che si è levato sul “caso”.
Lo stesso ministro degli Interni che vuole cacciare 500.000 “clandestini” recita improvvisamente il proprio “disgusto” per la condizione loro imposta dalle... proprie leggi (Bossi-Fini), quelle che Salvini vuole non solo preservare ma inasprire.
Il PD trova il coraggio di vantare la legge sul caporalato dell'ex ministro Martina, che come i fatti dimostrano vale zero.
I prefetti annunciano per l'ennesima volta i “severi controlli” dello Stato, in realtà inesistenti e in ogni caso pura foglia di fico dell'omertà istituzionale.
La verità è che tutti gli amministratori della società borghese e del suo Stato - passati e presenti - sono complici consapevoli del supersfruttamento nelle campagne. Tutti conoscono la condizione quotidiana dei braccianti, altro che clandestinità! Tutti sanno che le aziende della grande distribuzione alimentare e le imprese di trasformazione impongono prezzi stracciati agli agricoltori, che a loro volta si rifanno sui braccianti. Le doppie aste al massimo ribasso, improvvisamente scoperte dalla grande stampa, sono pratica corrente da almeno dieci anni. Le condizioni di schiavitù dei salariati di colore (e non) sono solo la base d'appoggio di questa piramide sociale che fa capo al grande capitale. Quello che tutti i governi, nazionali e locali, tutelano quotidianamente e da sempre. La competitività del made in Italy in campo alimentare non è forse il fiore all'occhiello dell'attuale governo sovranista?

Ma la vicenda di Foggia, come già di Rosarno, dimostra che gli sfruttati si possono ribellare e organizzare. Gli scioperi e le manifestazioni che hanno visto sfilare migliaia di braccianti immigrati confermano che la questione dell'immigrazione non è solo un terreno di scontro culturale tra razzismo e solidarietà, come vorrebbe l'opinione borghese progressista. Può e deve essere anche terreno di lotta e autorganizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici direttamente coinvolti e in contrapposizione frontale ai padroni e al governo. Può e deve essere anche terreno di mobilitazione generale del movimento operaio su scala nazionale (e internazionale) attorno a rivendicazioni di rottura.

La parola d'ordine del permesso di soggiorno per tutti i lavoratori migranti - centrale nelle lotte in corso - deve diventare una parola d'ordine dell'intero movimento operaio e sindacale: a pari lavoro, pari diritti; piena tutela contrattuale per tutti; requisizione immediata e senza indennizzo delle proprietà di chi usa il caporalato; reato penale per lo sfruttamento del lavoro nero. Il controllo sul territorio non può essere affidato a ispettori della Stato e prefetture, ma a comitati dei braccianti: sono loro a conoscere chi li sfrutta, sono loro che li possono denunciare. Così va avanzata la rivendicazione dell'esproprio sotto il controllo dei lavoratori della grande produzione e distribuzione alimentare, l'unica misura che può troncare alla radice la catena dello sfruttamento e il caporalato di ogni natura. Solo un governo dei lavoratori e delle lavoratrici, che rompa con il capitalismo, potrà realizzare queste misure elementari.

In ogni caso, non c'è ripresa di una opposizione di classe e di massa senza coinvolgere l'organizzazione di classe dei proletari immigrati, senza assumere le rivendicazioni di classe degli immigrati come parte di una piattaforma generale di mobilitazione.
Il PCL porterà questa istanza elementare in tutte le manifestazioni antirazziste, in contrapposizione al governo Salvini-Di Maio, e alla passività della burocrazia sindacale.
Partito Comunista dei Lavoratori

La spiagge sicure di Salvini

A volte piccole osservazioni di vita quotidiana ci raccontano la miseria della società borghese più efficacemente di lunghe analisi.

Il ministro degli Interni ha emesso oggi il quotidiano bollettino di vittoria: “Centinaia di interventi della polizia urbana sulle spiagge italiane, per stroncare la piaga dell'abusivismo e assicurare la tranquillità dei bagnanti, 93.000 beni sequestrati per un valore di 600.000 euro, 15.000 contestazioni, centinaia di ore di straordinario, 54 Comuni coinvolti... Questa volta si fa sul serio!”

Riassumendo: milioni di euro sottratti ai servizi sociali per dare la caccia agli ambulanti di colore e privarli di beni sudati con giornate di lavoro sotto il sole cocente... Una vittoria militare davvero eroica per lo Stato. Cosa non si fa per dare la pace ai bagnanti!

Peccato che nelle stesse ore in cui Salvini celebra su Facebook le proprie gesta Legambiente ci parla della condizione reale dei bagnanti. Il 60% delle spiagge italiane è occupato dai privati (il 90% in Liguria e Romagna), lo Stato incassa dalle concessioni poco più di 100 milioni di euro, mentre la gestione privata delle spiagge coinvolge un giro di affari di 15 miliardi. Le poche spiagge libere sono per lo più riservate alle zone contigue agli scarichi di fogna, senza manutenzione ed assistenza, spesso addirittura inaccessibili.

Sarebbe questa la tranquillità dei bagnanti?

Ma per nascondere ai bagnanti la loro condizione reale, Salvini li vuole arruolare contro il nemico immaginario degli ambulanti. Non gli basta il loro raggiro, vuole anche il loro consenso. Così come cerca il voto degli operai mentre promette l'evasione fiscale ai loro padroni.

Una società fondata sul profitto contro ogni ragione è costretta a ricorrere quotidianamente alla truffa per nascondere agli sfruttati la propria realtà, e per questa via perpetuarsi.
Fino a quando? Fino a quando gli sfruttati lo consentiranno, facendosi abbindolare dai cinici di turno. Ma quando il loro consenso verrà meno, tutto diventerà possibile. Persino una rivoluzione.
Partito Comunista dei Lavoratori

Il governo del cambianiente (se non in peggio)

Doveva essere “la Waterloo del precariato”. Invece...

Resta la soppressione dell'articolo 18, che è l'architrave del Jobs act.
Il tetto massimo dei contratti a termine sull'organico aziendale passa dal 20% del Decreto Poletti al 30%. Dunque un allargamento dei contratti a termine.
Viene esteso l'uso dei voucher da tre a dieci giorni (per aziende agricole, alberghi, strutture recettive e enti locali) ed allargata la soglia degli occupati, da cinque a otto dipendenti, per il loro uso da parte degli alberghi. Dunque si rimpiazzano forme di lavoro contrattualizzate con buoni lavoro senza diritti, a copertura di lavoro nero, supersfruttamento, evasione fiscale.
Permane intatta la giungla degli altri contratti precari, a partire dalle cooperative.
Si estendono i massicci sgravi contributivi alle imprese del governo Gentiloni per le assunzioni a tutele crescenti - in realtà a tutele declinanti - alzando il limite di età a 35 anni anche per il 2019/2020. Nuovi massicci regali al profitto dei padroni, senza alcun vantaggio occupazionale reale, come dimostrano i dati impietosi del primo semestre 2018.

Conclusione: il governo del cambiamento si conferma governo del cambianiente. Se non in peggio.
Milioni di giovani e di lavoratori che hanno votato M5S prendano atto della realtà. Le chiacchiere stanno a zero. Contano i fatti.
Né vale coprirsi - come fa Di Maio - col fatto che il PD critica il decreto dal punto di vista delle imprese, perché non voleva neppure la foglia di fico/elemosina delle causali (peraltro al secondo rinnovo). Il fatto che il PD sia un partito padronale è ben noto, anche se la CGIL non vuol rompere i ponti con quel partito. Ma chi vota perché l'articolo 18 resti soppresso, cosa ha a che vedere con la dignità del lavoro?
Partito Comunista dei Lavoratori

Decreto dignità: un'elemosina truffaldina che brilla grazie... al PD

Di Maio ha il coraggio di dire che il decreto dignità «seppellisce precariato e Jobs act». Chi vuol prendere in giro?

Tre milioni di contratti a termine restano intatti. I limiti di durata e generiche causali (solo in caso di rinnovo) non cambiano nulla di sostanziale. Nulla impedisce a un padrone di rimpiazzare un lavoratore a termine “scaduto” con un altro. Fuori uno, avanti un altro, come oggi. Così resta intatta la giungla delle altre forme di precarietà, e soprattutto l'abolizione dell'articolo 18, pilastro del Jobs act. Altro che sua cancellazione! L'aumento dell'indennizzo in caso di licenziamento arbitrario serve solo ad abbellire il suo mantenimento. Cosa cambia per i nuovi assunti se il padrone può liberarsene quando vuole monetizzando la distruzione di un diritto? Intanto si annuncia il ritorno dei voucher. Sarebbe questa la distruzione del precariato? Sarebbe questo il governo del cambiamento?

Certo, il padronato mima una “protesta” per questi timidi ritocchi, ma solo per chiedere compensazioni su altri tavoli: nuovi regali fiscali e contributivi nella prossima legge finanziaria. Quelli che Di Maio e Salvini già annunciano. Il fatto che il PD (e Berlusconi) sventolino la bandiera delle imprese “tradite”, dopo aver loro assicurato coi propri governi tutto il possibile bengodi, ha un solo effetto: abbellire il governo Salvini-Di Maio e le sue elemosine agli occhi dei lavoratori, mentre la totale passività delle burocrazie sindacali produce lo stesso risultato. La verità è che un governo reazionario si avvantaggia sia di un'opposizione politica liberale e filopadronale sia dell'assenza di un'opposizione di massa nelle piazze, dalla parte degli sfruttati e degli oppressi.

Occorre spezzare questo circolo vizioso. Si può farlo solo ricostruendo un'opposizione dal versante dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati, non da quello dei padroni come fa il PD.
Solo ricostruendo una opposizione di massa dal versante dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati con la costruzione di una mobilitazione generale, unificando tutte le trincee di resistenza e di lotta in un fronte unico di massa e di classe. Solo ripartendo da una piattaforma generale che tracci un confine chiaro tra chi sta di qua e chi sta di là, chi sta con i lavoratori e chi sta con i padroni. Una piattaforma che unisca tutto ciò che l'avversario vuole dividere: lavoratori del privato e del pubblico, del Nord e del Sud, precari e stabili, italiani e immigrati. E con essi i disoccupati e tutti gli sfruttati.
E solo costruendo questa piattaforma con un'assemblea nazionale dei delegati e delle delegate eletti/e nei luoghi di lavoro è possibile garantire l'autonomia della classe lavoratrice dal padronato - grande e piccolo - e dai suoi agenti, siano esse burocrazie sindacali o politiche.


- Cancellazione del Jobs act e di tutte le leggi di precarietà, ritorno dell'articolo 18 e sua estensione a tutti i lavoratori e le lavoratrici

- Redistribuzione generale dell'orario di lavoro a 32 ore per tutti, pagate 40, con l'introduzione di un salario minimo intercategoriale di 1500 euro

- Parità di diritti tra lavoratori italiani e lavoratori immigrati

- Un vero salario sociale ai disoccupati e ai giovani in cerca di prima occupazione, pagato dalla cancellazione dei trasferimenti pubblici alle imprese private

- Abolizione della legge Fornero. In pensione a 60 anni o con 35 anni di lavoro, pagata dalla tassazione progressiva dei grandi patrimoni, profitti, rendite

- Nazionalizzazione senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori di tutte le aziende che delocalizzano o licenziano

Questa piattaforma può unire la maggioranza della società contro la piccola minoranza di grandi azionisti e banchieri che oggi detta legge. Tutti i governi, in forme diverse, sono agenti di questa minoranza. Occorre un governo della maggioranza, quello dei lavoratori e delle lavoratrici: l'unico governo che rompendo col capitalismo può restituire al lavoro la sua dignità. Perché la vera dignità del lavoro è questa: il diritto e il potere di chi lavora a decidere gli indirizzi della società, a partire dal proprio controllo sulle leve della economia. Questa è l'unica vera democrazia, alternativa alle truffe delle democrazie del web e dei governi borghesi e padronali di ogni colore.
Partito Comunista dei Lavoratori

I fascisti scavalcano Salvini. Fermare le ronde nere!

Ad Aprilia un giovane marocchino è stato inseguito, malmenato, assassinato. L'ennesimo episodio di odio razzista, ma non solo. La specificità del caso sta nel fatto che l'assassinio è opera di un gruppo di “cittadini volontari”, una “ronda”, un “presidio dissuasivo”, come si è aulicamente definito. Poco importa il nome, si tratta di una forma di autorganizzazione reazionaria.

“È finita la pacchia” significa anche questo. In tutta Italia nascono e si riproducono iniziative di azione diretta contro gli immigrati, al di fuori delle strutture ordinarie dello Stato borghese.

Intendiamoci, lo Stato dà il la. In questi giorni, in tutta Italia, le strutture territoriali di polizia e vigili vengono sguinzagliate lungo le spiagge affollate e sui lungomari per “cacciare gli abusivi”, sequestrare i loro averi, punire con multe salatissime gli incauti acquirenti delle merci contraffatte. Le lobby dei commercianti applaudono entusiaste. Mentre uomini e donne di colore, alla ricerca quotidiana della sopravvivenza, fuggono nel migliore dei casi coi loro fagotti di fortuna, per riprendere il giorno dopo la stessa vita. Il ministro degli Interni si intesta il tutto all'insegna dell'ordine e del decoro. Di più. Incoraggia pubblicamente le “passeggiate della legalità”: iniziative volontarie di perlustrazione da parte dei “cittadini” che fiancheggiano vigili e polizia a caccia di “clandestini” e “abusivi”. Lo Stato diventa dunque promotore di strutture parallele, preposte all'ordine costituito. La Lega dirige, il M5S avalla e segue.

Il punto è che le organizzazioni fasciste entrano in questo varco aperto dal Viminale per giocare allo scavalco. CasaPound, Forza Nuova, Lealtà Azione lanciano ovunque possono proprie iniziative di vigilanza squadrista. CasaPound apre la campagna contro i parcheggiatori abusivi, da Cagliari a Ostia, cacciandoli a suon di sganassoni. Forza Nuova sale sui vagoni dei treni, sui bus, in metro, per ripulirli dagli immigrati. Entrambi, in concorrenza tra loro, rivendicano la liberazione del territorio dagli "invasori”, spaziando dai centri storici ai quartieri metropolitani. La parola d'ordine è: “lo Stato non ci va? Ci andiamo noi”. Se gli immigrati vanno cacciati, occorre passare dalle parole ai fatti. I fascisti si sostituiscono allo Stato, stando nella scia dell'iniziativa dello Stato. Se Minniti ha concimato il terreno di Salvini, Salvini concima il terreno dei fascisti.


LA “CASA DEI PATRIOTI” A BRESCIA 

Esemplare il caso di Brescia. Forza Nuova apre a Brescia, città operaia, la "Casa dei Patrioti”, un avamposto fascista impegnato a «pattugliare i quartieri della vergogna», cioè quelli in cui vivono gli operai di colore, già supersfruttati nelle fabbriche del circondario, e poi relegati all'abbandono e al degrado. Lo schema di Brescia viene proiettato su scala nazionale. In tutta Italia vengono lanciate le cosiddette “no go area”, aree in cui si proibisce la presenza migrante attraverso iniziative di espulsione diretta. Iniziative che intruppano la peggiore marmaglia, squadristi patentati, ambienti delle curve ultras, vecchi arnesi della malavita locale, in qualche caso persino fascisti stranieri, come a Rimini, dove Forza Nuova ha potuto contare sulla collaborazione dell'ONR polacca.
Il segno comune è il salto di qualità dell'iniziativa fascista sul terreno dell'azione diretta. Oggi essenzialmente contro gli immigrati, ma domani? Gli attacchi ripetuti a sedi sindacali o a picchetti di lavoratori in lotta (logistica) sono episodi sintomatici.

È necessaria un'azione di contrasto, non si può voltare la testa da un'altra parte o minimizzare il problema. Certo, i fascisti sono oggi ancora una presenza marginale come forza organizzata. Ma questa forza si sta allargando. Estende il proprio reclutamento, rafforza la propria organizzazione paramilitare, e soprattutto gode di un retroterra di legittimazione strisciante sempre più ampio a livello di senso comune in significativi settori di massa. L'arretramento profondo della coscienza politica di milioni di proletari diventa il terreno di pascolo della peggiore demagogia reazionaria. Se un ministro degli Interni può tranquillamente ostentare i motti del Duce (“molti nemici, molto onore”) senza che si produca una reazione di scandalo, lo stesso vale in misura diversa per le iniziative fasciste. Il dirottamento della rabbia sociale contro gli immigrati - asse centrale del salvinismo - diventa sdoganamento di CasaPound e Forza Nuova. Non conta i voti che prendono, sicuramente ancora pochi (per quanto in crescita), conta il bacino potenziale molto più ampio di cui dispongono, e soprattutto l'assenza di ogni seria barriera.


RICOSTRUIRE UN FRONTE DI MASSA 

Non si può rimontare la china e ricostruire una barriera senza recuperare una opposizione di classe e di massa che ricostruisca coscienza tra gli sfruttati. Se l'humus dei fascisti è l'arretramento profondo del movimento operaio, solo una sua ripresa può alzare un argine contro la reazione.
Ma una ripresa del movimento operaio esige qualcosa di più di un semplice approccio democratico alla questione dell'immigrazione.

La reazione fa leva non solo su disvalori ideologici regressivi, ma soprattutto sull'insicurezza sociale, sulla miseria, sulla disperazione: “Come fa ad esservi lavoro, casa, asili, per gli immigrati se non ci sono neppure per noi?”. Occorre rispondere a questa domanda rovesciando il senso comune: “lavoro, casa, servizi, non ci sono per noi per la stessa ragione per cui non ci sono per gli immigrati. È la legge del profitto la radice del problema”. Da qui l'esigenza di intrecciare il sostegno ad ogni singola lotta di resistenza sociale (tanto più oggi preziosa) con la proposta di ricomposizione di un fronte generale di massa cementato da rivendicazioni unificanti. Ripartire il lavoro tra tutti, attraverso una riduzione generale dell'orario a parità di paga; un grande piano di nuovo lavoro in opere sociali di pubblica utilità, finanziato dalla tassazione dei grandi patrimoni, rendite e profitti; uguali diritti per lavoratori italiani e immigrati, con la cancellazione di ogni legge discriminatoria, sono rivendicazioni che parlano all'interesse comune dei salariati e lo contrappongono al capitale. Possono unire lavoratori italiani e immigrati, pubblici e privati, del Nord e del Sud.
Non c'è lotta possibile alla xenofobia fuori dalla ricomposizione di questo fronte di lotta.
Per la stessa ragione, l'attuale passività della burocrazia CGIL di fronte al governo giallo-verde, come già prima verso i governi PD, è oggi come ieri un aiuto obiettivo alla reazione.


STRUTTURE AUTORGANIZZATE DI VIGILANZA CLASSISTA 

Ma la svolta di lotta non basta. Occorre combinarla da subito con l'azione di contrasto diretto delle iniziative reazionarie e fasciste.

In risposta alla provocazione di Forza Nuova, la CGIL di Brescia ha dichiarato: “Fermiamo i fomentatori d'odio, le ronde razziste, le ronde nere”. Bene. Ma le parole non servono a nulla se non si traducono in azione. Tanto più se servono a salvarsi l'anima e a restare passivi. Magari appellandosi, come avviene ogni volta, alla Costituzione e alla Repubblica democratica. C'è qualcuno che può seriamente pensare che le famose leggi antifasciste di marca costituzionale, rimaste carta straccia per settant'anni, sotto i governi borghesi di ogni colore, possano trovare oggi applicazione per mano... del governo Salvini-Di Maio?
Nessuna fiducia può essere riposta nello Stato. Tanto più oggi, solo l'azione diretta del movimento operaio può mettere i fascisti nell'impossibilità di nuocere. Ad ogni iniziativa fascista va contrapposta una iniziativa unitaria del movimento operaio e sindacale, capace di aggregare in un unico fronte tutte le forze disponibili. Un'azione di controvigilanza organizzata e promossa unitariamente dalle Camere del lavoro, da tutti i sindacati classisti, da tutte le organizzazioni della sinistra e antifasciste. Un'azione mirata espressamente a bloccare, impedire, disperdere l'iniziativa fascista. Le ronde nere non sono una fatalità da commentare, sono un pericolo da estirpare alla radice, per impedire ogni effetto di imitazione e propagazione. Se i fascisti si sostituiscono allo Stato (in realtà fiancheggiandolo), lo stesso possono fare i lavoratori e le organizzazioni antifasciste, tanto più a fronte oggi del ministero Salvini.
I fascisti contano sul successo propagandistico delle proprie azioni squadriste per suscitare fascinazione militare e attrarre consenso. Ogni gruppo di immigrati allontanati dalla loro azione è esibito sui loro siti come trofeo di vittoria. È la spazzatura con cui i fascisti nutrono il proprio immaginario. Per la stessa ragione ogni successo di un'azione di massa antifascista nel disarmare e sbaragliare l'iniziativa dei fascisti può minare il loro prestigio e demoralizzare le loro fila, incoraggiando al tempo stesso una volontà di riscossa sul nostro fronte.

Il movimento operaio pagò a caro prezzo nei primi anni '20 l'appello di Turati al “coraggio di essere vili”, cioè a non rispondere alla forza dello squadrismo con la propria forza organizzata.
Cento anni dopo, è una lezione da ricordare.
Partito Comunista dei Lavoratori