Blanco nacque nel novembre 1934 nella storica città di Cuzco. Benché di famiglia borghese e “bianca”, fin da ragazzo contrastò il regime sociale esistente e la sua oppressione degli indigeni.
A metà degli anni ‘50 si recò a La Plata in Argentina per studiare agraria in quella città. Fu lì che conobbe e aderì al movimento trotskista, raggiungendo l’organizzazione Palabra Obrera diretta da Nahuel Moreno (che aderiva al Comitato Internazionale della Quarta Internazionale, la corrente antirevisionista, che aveva il principale esponente nell’americano Jim Cannon, già membro dell’Esecutivo dell’Internazionale Comunista negli anni ’20). Come militante di tale organizzazione, entrò nel 1957 in una grande fabbrica, per impratichirsi nel lavoro sindacale.
Rientrò poi alla fine degli anni ‘50 in Perù, per contribuire allo sviluppo della sezione peruviana del Comitato Internazionale della Quarta Internazionale, il Partito Operaio Rivoluzionario. Nella sua regione di Cuzco si recò nella zona della Valle de la Convencion, dove la massa dei contadini indigeni vivevano sottoposti ai latifondisti in condizioni di tipo feudale. Affittò un piccolo terreno per essere anche lui contadino, e si mise a organizzare sindacalmente i lavoratori.
Dal 1959 al 1962 modificò i rapporti di forza e la situazione, guidando occupazioni di terre ed espulsioni di latifondisti, e organizzando migliaia di contadini. Per sviluppare questa azione organizzò con i suoi compagni una milizia popolare armata. Questa organizzazione non aveva niente a che vedere con un gruppo guerrigliero. Come disse allora e in un’intervista ancora due anni fa, «io non sono mai stato un guerrigliero castrista». In tutta la sua azione si sentiva profumo di bolscevismo. Tutte le decisioni erano votate dalle assemblee, che nominano inoltre dal basso tutti i delegati e dirigenti. La zona della Valle del la Convencion era diventata, certo in piccolo, una specie di comune contadina di tipo sovietico.
Il governo peruviano non poteva permettere l’esistenza di tale situazione, tanto più che Hugo Blanco, oltre che segretario della confederazione contadina di tutta la regione di Cuzco, stava diventando un riferimento per i contadini a livello nazionale. Ci furono alcuni scontri della milizia contadina con la gendarmeria e altri incidenti. In questi vennero uccisi alcuni gendarmi. Blanco fu accusato dell’omicidio di uno di questi, arrestato, e condannato a morte.
Fu una grande campagna di mobilitazione, sia interna in Perù che internazionale (insieme alla paura delle conseguenze in Perù, da parte delle masse in primis contadine, dell’uccisione “legale” di Blanco), che permise che la condanna fosse mutata in venticinque anni di prigione. L'organizzazione che fu centrale nella campagna internazionale per Blanco fu il Segretariato Unificato della Quarta Internazionale, cioè l’organizzazione nata dalla riunificazione, purtroppo opportunista, tra i revisionisti della frazione della vecchia Quarta Internazionale diretta da Mandel e Maitan, e la metà del vecchio Comitato Internazionale con Cannon e Moreno (il POR peruviano aveva seguito quest’ultimo) .
Nel 1968, proprio dopo la conclusione disastrosa dell'azione di Che Guevara in Bolivia, la maggioranza del Segretariato Unificato decise follemente di passare a una strategia di guerra di guerriglia in tutta l’America Latina. Informato in carcere di questa decisione, Blanco espresse il suo dissenso, ma non chiese di renderlo pubblico, perché isolato in carcere e perché credeva che fosse una posizione unanime dell’Internazionale.
Quando nel 1970 Blanco fu liberato, come vedremo, scoprì che quasi il 40% dell’Internazionale (tutti gli ex del Comitato Internazionale più alcuni altri) erano contrari alla svolta guerriglierista. Si lanciò quindi nella battaglia politica scrivendo diversi documenti e articoli, tra l’altro innervosito dal fatto che nessuno lo avesse chiaramente informato, come sarebbe stato possibile, della divisione dell’Internazionale.
Come abbiamo detto, Hugo Blanco era stato liberato anticipatamente. Questo derivava dal fatto che in Perù si era costituito un nuovo regime progressista. Alla fine del 1968 si era infatti realizzato un colpo di stato militare particolare. Un vasto settore di ufficiali di sinistra, capeggiati dal Generale Velasco Alvarado, aveva abbattuto il corrotto regime civile, costituendo un governo militare rivoluzionario in forma di dittatura bonapartista semitotalitaria, con un progetto parzialmente antimperialista e anticapitalista. Per fare un esempio moderno, il governo di Velasco aveva alcuni tratti comuni con quello di Chavez, però anche profonde differenze. La politica sociale chavista è stata sostanzialmente populista redistributiva, ma con pieno rispetto del capitalismo e degli stessi latifondisti; invece Velasco attuò un ampio piano di nazionalizzazione, a partire da quella del petrolio, estendendola ai settori principali dell'economia, come lo zucchero e la pesca. D’altro canto, mentre Chavez ha sempre mantenuto le forme della democrazia borghese (Chavez è sempre stato eletto), quella di Velasco era una dittatura che si basava sull’apparato militare, e non su un partito, come il PSUV chavista.
Anche sul terreno della riforma agraria il governo militare intervenne in maniera radicale espropriando i latifondisti e dividendo i latifondi tra i contadini, senza indennizzo ai proprietari (ma con i contadini costretti a pagare un indennizzo allo stato, che indebitò molti di loro rendendolo impossibile la modernizzazione delle loro proprietà).
Come detto, il governo militare liberò Blanco, che in carcere aveva scritto anche un libro sull'esperienza della lotta dei contadini di Cuzco. Anzi, Velasco gli propose di mettersi al suo servizio come esperto della questione contadina. Fedele alle sue posizioni conseguentemente trotskiste, Hugo Blanco rifiutò. Lottava per la rivoluzione socialista, e non per un regime bonapartista di capitalismo di stato.
Per ripicca, il governo “rivoluzionario”, con una decisione illegale, lo esiliò dal suo proprio paese. Così egli andò prima in Messico, poi in Cile. Erano gli anni del governo di fronte popolare di Salvador Allende. Militò lì con i compagni trotskisti locali, criticando anche tutte le mezze misure e i limiti del fronte popolare, che portarono alla tragica disfatta sua e del proletariato cileno. Al momento del golpe riuscì, come molti altri, a rifugiarsi in un'ambasciata, nel suo caso quella svedese, e come tutti i rifugiati, dopo alcuni mesi poté esiliarsi nel paese nella cui ambasciata si era rifugiato. In esilio in Svezia scrisse anche un volume sulla tragica esperienza cilena.
Nel frattempo in Perù, nel 1975, un golpe pacifico di settori militari moderati del governo “rivoluzionario” rovesciò Velasco. Il golpe fu certamente salutato, se non appoggiato direttamente, dall’imperialismo USA. Tuttavia permise il ritorno alla democrazia borghese. Blanco rientrò in Perù e fu tra i principali riferimenti del Fronte Operaio Contadino Studentesco e del Popolo (FOCEP), un blocco elettorale egemonizzato dalle forze trotskiste, con la presenza anche di altre organizzazioni, che prese il 12% alle elezioni dell’assemblea costituente, in cui Blanco fu il primo eletto per preferenze.
Per controbattere il ruolo dei trotskisti, nonostante le ingenuità unitarie dello stesso Blanco, che pensava in termini di fronte unitario per la rivoluzione piuttosto che di partito leninista che sconfiggesse le posizioni opportuniste, le componenti centriste del FOCEP e quelle, centriste e riformiste, rimaste esterne ad esso (il totale delle cinque liste di sinistra presentatesi fu del 29%, ma il FOCEP aveva il risultato migliore), compreso il Partito Comunista, lanciarono l’idea di un fronte elettorale di tutta la sinistra. Però il ruolo è l’immagine di Blanco è tale che quello che sembra il candidato unitario naturale per le presidenziali del 1980 è Hugo Blanco.
I mesi che precedono le elezioni vedono un susseguirsi di manovre, opportunismi e settarismi, che fanno sì che alla fine si presentino ben nove liste di sinistra. Blanco è quindi il candidato alla presidenza dei soli trotskisti. È il primo dei candidati di sinistra e il quarto fra tutti, ma con solo il 4% voti (l’insieme della sinistra scende dal 29% del 1978 al 17%). Però i trotskisti e il suo PRT (Partito Rivoluzionario dei Lavoratori) sono appunto il partito più forte elettoralmente (il PC stalinista continuava a dirigere la centrale sindacale operaia), con alcuni deputati e senatori. Avrebbe potuto costituire la futura direzione del proletariato e dei contadini poveri del Perù. Anche in riferimento a questo, tutte le forse maoiste, centriste, staliniste e riformiste si uniscono finalmente in una coalizione dal nome di Izquierda Unida (Sinistra Unita). Era chiaro che in un primo momento tale forza elettorale non poteva che attrarre l’attenzione della maggioranza delle masse di sinistra. Per cui alle elezioni comunali del 1983 IU ha un grande risultato, in particolare conquistando il sindaco di Lima, mentre il PRT, dalla struttura militante debole, ha risultati modesti. Era prevedibile. Si trattava di reagire stringendo i ranghi, denunciando i limiti riformisti di IU, proponendo un fronte unico su obbiettivi di mobilitazione classista e ribadendo, in primis a sé stessi, l’assoluta necessità di continuare controcorrente la lotta per la costruzione di un partito leninista.
È qui invece che Blanco commette il più grave e disastroso dei suoi errori, anche a causa del suo progressivo spostarsi, negli anni precedenti, verso le posizioni della maggioranza mandeliana del Segretariato Unificato. Va alla televisione nazionale, fa una piena autocritica per non essere stato in IU e dichiara per lui finita l'esperienza del PRT. Questi, di fronte a ciò, implode. Blanco con alcuni altri raggiunge Izquierda Unida, in forma non organizzata e senza ipotesi di battaglia politica programmatica. Ne sarà senatore per diversi anni, ma senza battaglia chiara contro il riformismo e il centrismo.
Nel 1990, il presidente populista di centro Fujimori realizza una specie di autogolpe con l’appoggio dell’esercito, che bonapartizza ulteriormente il regime. Blanco è minacciato di morte sia dai servizi segreti del regime che dai folli terroristi maoisti di Sendero Luminoso (Sentiero Luminoso). Deve quindi autoesiliarsi nuovamente, e va in Messico. Continua a dichiararsi trotskista, ma senza un rapporto organico con nessuna organizzazione.
Dopo la caduta di Fujimori nel 2000 rientra in Perù. Ormai la rottura col marxismo rivoluzionario reale e completa. Dopo le sconfitte subite, con l’incapacità di trovare risposte nel trotskismo realmente conseguente e anche di fronte al tracollo dell’Unione Sovietica, diventa, secondo la sua stessa definizione, ecosocialista. Rivendica ancora la sua tradizione trotskista, con cui non romperà formalmente mai, ma sostiene che la questione principale non è la rivoluzione proletaria, tantomeno la costruzione di partiti e di una Internazionale rivoluzionaria, ma, almeno per l’oggi, di un vasto fronte ecologista, certo anticapitalistico nella sua lotta, ma non classista e rivoluzionario. Dimentica così che senza la presa del potere come premessa dell’abolizione del modo di produzione capitalistico, non sarà mai possibile piegare quest’ultimo alle esigenze dell’umanità.
Benché molto vecchio, continua a sostenere energicamente le lotte contadine. Pubblica anche, con un vecchio militante trotskista, dirigente ancora oggi della UIT morenista, una rivista per il suo mondo (Lucha Indigena), e viene eletto presidente onorario del Sindacato Nazionale dei Contadini.
È morto in Svezia perché, all’inizio del 2020, vi si era recato per visitare sua figlia, che vive là. Bloccato dall’epidemia del Covid, quando avrebbe potuto rientrare in patria era ormai malato e ricoverato in ospedale, dove appunto si è spento il 25 giugno scorso.
Al di là di ogni aspetto politico, come chiunque lo ha conosciuto può testimoniare, e come la sua storia dimostra, Hugo Blanco era una persona di un carisma, una cortesia e un coraggio straordinari. Avrebbe potuto scegliere una vita se non ricca almeno comoda, e invece ha sempre voluto essere un proletario insieme agli altri proletari, per guidarli verso la lotta rivoluzionaria per la loro liberazione. Egli fu sempre un sostenitore, applicando i suoi principi, della democrazia operaia e contadina, non volendo mai che qualcuno si ritrovasse a “camminare obbedendo” (secondo lo slogan castro-guevarista), ma che tutti determinassero le proprie scelte sulla base dell’opinione della maggioranza di chi lottava.
Certo, dal punto di vista del marxismo rivoluzionario conseguente, egli rimane, a bilancio della sua vita, una figura contraddittoria. Ma resta che nei suoi anni giovanili e anche per un periodo più in là egli fu un militante e un dirigente degno del nome di trotskista. E del resto la responsabilità del suo abbandonare il trotskismo conseguente è anche di quegli epigoni di Trotsky che non hanno saputo difendere e sviluppare la Quarta Internazionale su basi conseguenti, e sono passati su posizioni revisioniste, opportuniste e, a volte, anche manovriere e settarie.
È per questo che Hugo Blanco rimane un esempio, insieme alla sua “non guerrilla” delle valli del Cuzco, del futuro della rivoluzione latinoamericana, che non sarà determinata dall’azione verticistica di un pugno di eroi, destinati alla inevitabile sconfitta, ma dalla ribellione di milioni di donne e uomini, proletari e oppressi, diretti democraticamente dai migliori di loro, come fu Hugo Blanco.
Addio Hugo. Il tuo nome vivrà nei secoli e nel futuro mondo socialista e umano che tu hai sognato.