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La Nadef annuncia una manovra di classe

 


Governo e padronato scaricano sui salariati il proprio costo sociale e politico

28 Settembre 2023

Il governo anticipa con la Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (Nadef) la cornice della prossima legge di stabilità.

Il margine di manovra del governo Meloni è ristretto da un combinato di fattori: un abbassamento verticale del tasso di crescita economica dell'Italia, zavorrata dalla recessione tedesca; un aumento netto del costo dell'energia connesso anche alla guerra; l'aumento progressivo dei tassi di interesse di tutte le banche centrali (con l'eccezione del Giappone), inclusa la BCE, che porta il solo pagamento degli interessi sul debito alle banche in Italia alla cifra di 95 miliardi annui. A ciò si aggiunge l'incognita del nuovo Patto di Stabilità in via di negoziazione in sede UE. Un nuovo Patto che comunque riproporrà la stretta sulle politiche di bilancio dopo la sospensione legata alla pandemia. Non a caso la Nadef annuncia già per il 2025/2026 un drastico abbassamento del ricorso al deficit rispetto al biennio precedente, con un taglio di ben 20 miliardi.

Dentro la camicia di forza di queste compatibilità capitaliste, l'attuale manovra annunciata si fonda un extradeficit di 14 miliardi con cui verrà principalmente finanziato il taglio contributivo del cuneo fiscale. Una partita di giro con cui il governo dà un ritocchino ai salari a spese dei salariati stessi (attraverso il debito) senza che il padronato debba scucire un euro. Non a caso Confindustria chiede formalmente che il taglio contributivo del cuneo fiscale ammonti addirittura a 16 miliardi, ben oltre i 10 che il governo predispone. Una Confindustria sensibile ai salari operai? Al contrario. Confindustria vuole scongiurare lotte e rivendicazioni salariali che possano intaccare i suoi profitti, in forte crescita. Quale migliore soluzione che mettere il tutto a carico dei salariati?

Per il resto, il governo deve conciliare l'operazione sul cuneo con l'esigenza di tutelare il proprio blocco sociale piccolo medio borghese. L'anno scorso gli si diede in pasto la cancellazione del reddito di cittadinanza, in funzione dell'abbassamento dei salari. Quest'anno gli si offre una pioggia di condoni e la trovata del concordato fiscale preventivo biennale: se i tuoi profitti crescono nel biennio non pagherai un euro in più avendo concordato preventivamente con lo Stato.
Per tappare i relativi buchi si annunciano altri due miliardi di tagli alla spesa pubblica, disposti centralmente del ministero dell'economia per le resistenze dei diversi ministeri, e un nuovo giro di privatizzazioni e dismissioni.
Tutte misure contro i lavoratori, per effetti diretti e indiretti. Quanto al rinnovo dei contratti pubblici, solo poche briciole cadute dal tavolo. Illuminante il dispositivo allo studio sulla sanità: non l'aumento dell'investimento nel servizio pubblico, non un vero aumento dei salari e delle assunzioni in un settore disastrato, ma la detassazione degli straordinari di medici e infermieri costretti a spaccarsi la schiena per coprire il servizio.

È l'ora di una grande mobilitazione prolungata di tutto il mondo del lavoro contro il governo e il padronato su una piattaforma di lotta generale. È l'ora di una lotta vera. Di un vero sciopero generale.

Partito Comunista dei Lavoratori

Per la liberazione di Kagarlitsky

 


Il 28 settembre presidio all'ambasciata russa

Il 25 luglio scorso è stato arrestato in Russia Boris Kagarlitsky, intellettuale noto e stimato a livello internazionale. L’accusa è quella di “giustificazione del terrorismo”, ma la verità è che Boris è semplicemente uno dei tanti che si oppongono alla guerra scatenata da Vladimir Putin con l’invasione dell’Ucraina. Pochi giorni fa, Boris si è vista prorogata per altri due mesi la carcerazione preventiva.

In tutto il mondo si sono levate voci per la liberazione di Kagarlitsky e di tutti i Russi imprigionati per aver espresso la loro contrarietà alla guerra. Jean-Luc Melenchon, Jeremy Corbyn, Ken Loach, Naomi Klein, Etienne Balibar e Walden Bello sono solo alcuni degli oltre duemila firmatari di un appello per la liberazione di Boris Kagarlitsky e degli altri prigionieri politici russi e nei giorni scorsi si sono tenute manifestazioni a Parigi, Berlino, Monaco, Varsavia, Buenos Aires e in molte altre città.

Vogliamo manifestare anche qui la solidarietà con Boris e tutti i Russi che si oppongono alla guerra.
Invitiamo tutte e tutti a partecipare alla manifestazione che si terrà giovedì 28 settembre, alle 17.30, vicino all’ambasciata russa a Roma, alla fermata della metropolitana B Castro Pretorio.

Comitato Stop alla Guerra in Ucraina

Il destino di Syriza

 


Il significato di un ex armatore che conquista la testa di Syriza

Un ex trader bancario presso Goldman Sachs, e poi armatore, di nome Stefanos Kasselakis, ha scalato il partito di Syriza vincendo le primarie col 56% dei voti contro l'ex ministra del lavoro, Efi Achtsioglu, fermatasi al 43%. È il nuovo segretario del partito. Il suo programma è fare “un nuovo partito democratico”, che si candida al governo della Grecia. Il premier conservatore Mitsotakis si è immediatamente congratulato col vincitore. L'attuale ministro del lavoro Georgiadis, proveniente dall'estrema destra greca, recita soddisfatto il de profundis della sinistra greca. Una parte della base di Syriza, quella più militante, è tormentata o sconvolta.

La scalata di Kasselakis alla segreteria di Syriza non è in realtà un fulmine a ciel sereno, se non agli occhi di coloro che non hanno voluto vedere la realtà. L'esperienza del governo Tsipras dal 2015, il suo sostegno al memorandum della troika, il suo tradimento clamoroso dei lavoratori greci e delle loro domande di svolta, ha avviato com'era prevedibile la crisi traumatica di quel partito. Tsipras aveva risposto alla crisi con un'ostentata svolta moderata alla ricerca del vecchio spazio del PASOK. Ma l'operazione è fallita. La precipitazione elettorale di Syriza alle ultime elezioni politiche, con la seconda vittoria consecutiva della destra ellenica, e le successive dimissioni di Tsipras, hanno segnato questo fallimento. Ora Kasselakis raccoglie i frutti di questa dinamica rovinosa, rivelando l'estrema fragilità di una formazione politica allo sbando, pronta ad essere scalata da un avventuriero spregiudicato.

La deriva di Syriza non riguarda solo la Grecia. Syriza e Tsipras hanno rappresentato negli anni il fiore all'occhiello della cosiddetta sinistra europea, il campo formatosi a sinistra delle socialdemocrazie liberali del continente. Nel nome di Tsipras si sono spese tutte le sue sezioni continentali con tanto di sventolio di bandiere e di promesse. Rifondazione Comunista in Italia si è intestata la sua rappresentanza. E ora? Si metterà nuovamente la polvere sotto il tappeto, come già ai tempi del governo Tsipras?

La verità è che si impone un bilancio di fondo. Una sinistra riformista che si candida a governare il capitalismo incorpora prima o poi la propria rovina. A tutto danno del movimento operaio. A tutto vantaggio delle destre peggiori. Accadde con la Rifondazione di Prodi, è riaccaduto con la Syriza di Tsipras. E anche Podemos, coi suoi ministri, è entrato nel vortice di una crisi profonda.
Una sinistra capace di futuro o è rivoluzionaria o non è.

Partito Comunista dei Lavoratori

Una vita contro gli operai

 


La storia vera di Giorgio Napolitano, il "comunista" preferito di Kissinger

In queste ore la memoria di Giorgio Napolitano è omaggiata a reti unificate. Non è un caso.
La sua biografia riassume storia e deriva della sinistra italiana tra prima e seconda Repubblica. Dallo stalinismo al liberalismo borghese. La massima coerenza nel trasformismo. La massima coerenza contro gli operai.

Da dirigente stalinista del Partito Comunista Italiano, promosso nel Comitato Centrale col fatidico VIII Congresso (1956) si guadagnò i galloni dorati di Togliatti partecipando attivamente al plauso dei carri armati di Mosca contro gli operai ungheresi. Un bagno di sangue che Napolitano, appena trentunenne, salutò come «difesa del socialismo» e «contributo decisivo alla pace mondiale».

Negli anni '60, responsabile del PCI per il Mezzogiorno al posto del vecchio Li Causi, e pupillo prediletto di Giorgio Amendola, inaugurò la propria carriera nell'ala destra della burocrazia PCI, quella che chiedeva una politica di apertura al governo del centrosinistra, e in particolare al partito socialista, in funzione di una promozione istituzionale del PCI. Fu il celebre congresso del 1966, con la dialettica interna all'apparato stalinista tra la posizione movimentista di Ingrao e la destra amendoliana. L'ambizione di Napolitano era quella di succedere a Luigi Longo quale segretario del partito. Ma la sua posizione di confine nella dialettica d'apparato non giocò a suo favore. La nomina di Berlinguer fu per lui uno smacco che si appuntò al dito.

Negli anni '70, aperti dall'autunno caldo e conclusi con l'unità nazionale, Napolitano giocò un ruolo importante. Al fianco dell'anziano Giorgio Amendola combinò la massima diffidenza verso le lotte dei lavoratori e “il ribellismo del '68” con la massima postura governista.
L'allentamento delle relazioni del PCI con Mosca sancito dal «franco dissenso» sull'invasione della Cecoslovacchia (agosto 1968) e al tempo stesso, e soprattutto, l'ascesa di massa che attraversava il paese spinsero i settori decisivi della borghesia italiana (Carli, Agnelli, La Malfa) ad aprire al PCI per una sua corresponsabilizzazione di governo. Era l'unica via per fermare la classe operaia e ricondurla all'ovile. Napolitano fu un uomo di punta dell'operazione. Attivo sostenitore del compromesso storico di Berlinguer, in omaggio alla tradizione togliattiana del dopoguerra, Napolitano fu il principale elaboratore della politica di austerità e sacrifici che accompagnò la politica dei governi di unità nazionale tra il 1976 e il 1978 (prima manomissione della scala mobile, apertura alle privatizzazioni, esaltazione della produttività...). Il "Piano a medio termine" del PCI, che razionalizzò l'austerità, fu scritto da Giorgio Napolitano, quale responsabile economico del partito.
Ma il suo ruolo e scopo principale da allora divenne un altro: quello di legittimare il PCI quale partito di governo presso la diplomazia dell'imperialismo USA. Napolitano fu il primo dirigente del PCI ospitato a Washington. Kissinger, appena reduce dal golpe fascista di Pinochet, chiamò Napolitano «il mio comunista preferito» (1978). Una onorificenza meritata.

Negli anni '80, gli anni del declino del PCI, Napolitano fu il capofila della cosiddetta ala migliorista del partito, il settore della burocrazia maggiormente legato alle amministrazioni locali, quello più aperto verso le socialdemocrazie europee e in Italia verso il PSI di Bettino Craxi.
Quando il governo Craxi varò il decreto di San Valentino del 1984 contro la scala mobile, costringendo Berlinguer a replicare col referendum per tutelare il peso negoziale del PCI, Napolitano capeggiò l'ala della burocrazia più refrattaria a ogni forma di conflitto col PSI. Ebbe dalla sua anche Luciano Lama, che si allineò a Berlinguer solo per disciplina. Dopo la morte di Berlinguer, quando si aprì nella burocrazia la lotta per la successione, Napolitano puntò a rilanciare una propria candidatura: ma la sua posizione di confine nell'apparato ancora una volta gli precluse quello sbocco, aprendo la via prima a Natta e poi a Occhetto.

Fu solo negli anni '90 che Napolitano cominciò finalmente ad andare all'incasso dei meriti acquisiti in precedenza presso la borghesia italiana (e non solo italiana).
In prima fila nello scioglimento del PCI alla Bolognina, dopo la caduta del Muro di Berlino, Napolitano incrociò il crollo della prima Repubblica e l'avvio della seconda.
Eletto Presidente della Camera nel 1992, fu sufficientemente abile per evitare di restare sotto le macerie del craxismo e al tempo stesso sufficientemente spregiudicato per puntare in prima persona a ruoli di governo.
Quando nacque il primo governo Berlusconi, nel 1994, intervenne in Parlamento per censurare ogni opposizione pregiudiziale. Berlusconi andò platealmente a stringergli la mano. Napolitano divenne il primo ministro degli Interni di estrazione PCI, nel governo di Romano Prodi (1996-1998), quello che con i voti della Rifondazione di Bertinotti, Ferrero, Rizzo, varò il lavoro interinale e il record delle privatizzazioni in Europa. Da ministro degli interni di scuola Pecchioli, Napolitano contribuì col varo di una legge che per la prima volta istituiva la detenzione amministrativa dei migranti (legge Turco-Napolitano), la legge antesignana dei futuri CPR. Una legge infame. Erano gli anni del tentato blocco navale contro l'”invasione” degli albanesi, quello con cui nel 1997 si speronò e affondò nel mare d'Otranto un barcone con più di cento migranti. Un crimine impunito. Il ministro degli Interni Napolitano gestì e coprì l'operazione, e la sua cancellazione successiva dalla memoria nazionale della sinistra.

Ma la carriera di Napolitano nella sua seconda vita era appena iniziata. Nel 2006, forte del suo prestigio, venne nominato Presidente della Repubblica. Da Presidente della Repubblica, collaborò prima col secondo governo di Romano Prodi tra il 2006 e il 2008 (quello che col voto di Rifondazione detassò i profitti passando l'IRES dal 34% al 27,5%), poi col terzo governo Berlusconi (2008-2011), di cui coprì per “responsabilità istituzionale” tutta la legislazione ad personam, le leggi contro il lavoro, la controriforma Gelmini contro la scuola pubblica, firmando e controfirmando tutte le peggiori schifezze.
Quando nel 2011 precipitò la crisi della maggioranza che sorreggeva Berlusconi, cercò di fare l'impossibile per cercare di garantirgli la sopravvivenza. Lo mollò solo sotto la pressione del capitale finanziario nazionale e internazionale con lo spread a 575 punti. Ma invece di convocare le elezioni, patrocinò il governo di unità nazionale di Mario Monti e la sua politica di lacrime e sangue contro i salariati, a partire dalla famigerata legge Fornero. Una politica sostenuta dal PD e consentita dalla CGIL – con la pubblica benedizione di Napolitano – che spianò la strada all'ondata populista tra i salariati.
Rieletto nel 2013 per mancanza di alternative, Napolitano sospinse il tentativo di riforma reazionaria delle istituzioni con un esplicito appello al Parlamento italiano nel nome della governabilità. Fu Matteo Renzi a raccogliere il mandato di Napolitano. La sua gestione personalistica dell'operazione la condannò, com'è noto, alla rovina. Napolitano fu abile ancora una volta a sottrarsi alle macerie di quel renzismo che aveva sospinto, e poi a concludere la propria carriera con un ritiro onorato.

Napolitano uomo delle istituzioni? Certamente. Un servitore fedele dello Stato borghese in tutte le vite che ha attraversato. Sempre dall'altra parte della barricata di classe. Sempre contro i lavoratori.
La borghesia giustamente lo acclama, col coro unanime di tutti i partiti. Landini ha parlato in queste ore, vergognosamente, di «uno di quei padri di cui possiamo sempre andare fieri» (testuale). A noi allora il compito di ricostruire tra i lavoratori la memoria vera di un loro ostinato avversario.

Partito Comunista dei Lavoratori

Meloni, un anno dopo

 


C'è bisogno di una lotta vera

22 Settembre 2023

Testo del volantino nazionale del PCL

È passato un anno da quando è nato il governo Meloni. Parlano i fatti.
I salari delle lavoratrici e dei lavoratori, privati e pubblici, hanno continuato la loro discesa, come in nessun altro paese d’Europa.
Il caro prezzi sul carrello della spesa è trainato dall’aumento dei profitti, gli stessi che il governo vuole ulteriormente detassare.
Le accise sulla benzina, che Meloni aveva promesso di “cancellare”, sono state integralmente ripristinate dal governo stesso.
I mutui variabili hanno conosciuto una impennata a tutto beneficio delle banche che hanno fatto utili record (altro che microtassa sugli extraprofitti da 0,1%).
Aumentano ovunque gli omicidi sul lavoro, grazie a un precariato dilagante e alla liberalizzazione degli appalti che Meloni ha esteso.
Il sistema sanitario è a pezzi, con liste d’attesa infinite, mentre la sanità privata che il governo protegge fa affari d’oro in Borsa.
Le uniche spese in crescita sono quelle per gli armamenti e per pagare il debito pubblico alle banche e alle compagnie di assicurazione. Come con tutti i governi precedenti, nessuno escluso.

Meloni vanta “l’attenzione ai redditi medio bassi”. Quanta ipocrisia! La principale misura del governo è stata la cancellazione del reddito di cittadinanza, cioè il diritto di sopravvivenza dei disoccupati, in funzione dell’abbassamento dei salari. Il rifiuto scandaloso di ogni forma di salario minimo completa il quadro. Per di più, con l’“autonomia differenziata”, vogliono indirizzare verso i padroni del Nord le risorse sottratte alla popolazione più povera del paese. Altro che destra... “sociale”.

Meloni vuole rivendere per la prossima legge di stabilità la “riduzione del cuneo fiscale”. Ma è uno specchietto per le allodole. Chi paga i contributi tagliati? I lavoratori e le lavoratrici, o attraverso il fisco, o attraverso il debito pubblico, o attraverso i tagli ai servizi. I padroni, e i loro profitti, non versano un euro. Per questo il capo di Confindustria è così entusiasta dell’operazione. Tutela semplicemente gli interessi dei capitalisti.

È necessario allora che la classe lavoratrice tuteli i propri interessi. Lavoratrici e lavoratori francesi, inglesi, tedeschi, americani sono scesi ripetutamente in lotta nell’ultimo anno per rivendicare i propri diritti sociali e forti aumenti salariali. Occorre imitare il loro esempio. Occorre una lotta vera, unitaria, radicale, di massa che ponga al centro dello scenario politico le ragioni di chi lavora.

• Per un forte aumento salariale di almeno 300 euro netti per tutti i lavoratori e le lavoratrici
• Per la reintroduzione della scala mobile dei salari
• Per un salario minimo intercategoriale di almeno 12 euro l’ora
• Per un reddito dignitoso ai disoccupati
• Per la cancellazione di tutte le misure di precarizzazione del lavoro e della attuale legislazione sugli appalti
• Per il controllo delle lavoratrici e dei lavoratori sulle condizioni del lavoro, e la decuplicazione di ispettori e ispezioni
• Per la riduzione generale dell’orario di lavoro a 30 ore pagate 40
• Per una patrimoniale straordinaria di almeno il 10% sul 10% più ricco, che possa finanziare il raddoppio della spesa sanitaria, un vasto piano di assunzioni nei servizi, un forte investimento in risanamento ambientale ed energie rinnovabili
• Per la cancellazione del debito pubblico alle banche e l’abbattimento delle spese militari


Occorre far emergere in tutti i luoghi di lavoro, in tutti i sindacati di classe, questa piattaforma generale unificante. L’ora delle chiacchiere è finita. Per un anno intero le burocrazie dirigenti del sindacato hanno garantito a governo e padroni la pace sociale, limitandosi a critiche innocue.
Adesso basta. Non è sufficiente una pur positiva manifestazione a Roma, come non lo sarebbe uno sciopero generale pro forma del tutto simbolico come abbiamo visto in passato. È necessario preparare uno sciopero generale vero, a carattere prolungato, su una piattaforma generale di rivendicazioni che le lavoratrici e i lavoratori possano sentire come propria. Un'assemblea nazionale di delegate e delegati eletti può varare questa piattaforma.

Solo un governo delle lavoratrici e dei lavoratori potrà realizzare una svolta vera. Che è anticapitalistica o non è. C’è bisogno di un partito della classe lavoratrice che lotti per questa svolta. Il Partito Comunista dei Lavoratori si batte ogni giorno per costruirlo.

Partito Comunista dei Lavoratori

La scuola nazionale di formazione del PCL. Il successo di un'iniziativa



 La scuola nazionale di formazione del Partito Comunista dei Lavoratori tenutasi tra l’8 e il 10 settembre a Cagli, in provincia di Pesaro e Urbino, è stata una iniziativa di successo. Non è certo la prima scuola di formazione del partito, ma sicuramente è la più riuscita. Da diversi punti di vista. Non solo nella campagna di promozione e di raccolta fondi che l’ha accompagnata – grazie al gruppo di lavoro che l’ha organizzata – ma anche e soprattutto dal punto di vista politico. La platea dei partecipanti ha visto la presenza attiva non solo di militanti e iscritti al partito, ma anche di nuovi simpatizzanti ed interlocutori interessati. Nutrita in particolare la presenza di giovani, i primi destinatari del lavoro di formazione, spesso i più motivati.


In tre giornate intense, vasta è stata la gamma dei temi affrontati: la crisi del capitalismo e le ragioni dell’alternativa socialista (Diego Ardissono); l’attualità del Programma di transizione (Federico Bacchiocchi); il senso e le ragioni del partito leninista, come organizzazione rivoluzionaria d’avanguardia (Natale Azzaretto); il centenario della nascita dell’Opposizione di sinistra allo stalinismo, con la ricostruzione della sua storia e delle sue ragioni (Eugenio Gemmo); le lezioni dell’esperienza del Cile tra il 1970 e il 1973, con l’analisi del fallimento del riformismo e del centrismo (Marco Ferrando); la lunga battaglia del trotskismo conseguente in Italia a partire dai primi anni ‘70, e del suo lavoro per l’internazionale rivoluzionaria (Franco Grisolia). Su ognuno di questi temi si è registrato lungo l’intero arco dei lavori un forte coinvolgimento e attenzione di tutte le compagne e i compagni presenti, con interventi, domande, approfondimenti.

Toccante in particolare è stato il ricordo della figura di Pietro Tresso, cui è stato riservato un prezioso documentario autoprodotto, proiettato nella serata dell’8 settembre, con riferimenti inediti e diverse testimonianze.
Gli interventi conclusivi di Salvo Lo Galbo, sul lavoro della Commissione formazione, e di Marco Ferrando, sulla costruzione del partito nella prossima fase, sono stati accompagnati da un clima di entusiasmo che ha riassunto l’esperienza dei tre giorni di scuola. Tre giorni che hanno non solo rafforzato le motivazioni politiche dei militanti e avvicinato nuovi giovani al PCL, ma hanno soprattutto consolidato un forte spirito di comune appartenenza al partito e al suo progetto generale. Uno spirito che si è riflesso anche nei momenti di socializzazione della scuola, come quello offerto dalla chitarra pregevole di Marco Sonaglia, in collaborazione con Salvo Lo Galbo, nella serata del 9 settembre.

È utile precisare un concetto. A differenza di alcune organizzazioni e tendenze che fondano la propria costruzione sulle false mitologie di una rivoluzione sempre imminente e/o dei propri inarrestabili successi (ogni giorno sempre più travolgenti), il PCL non nasconde le enormi difficoltà del movimento operaio italiano, la profondità degli arretramenti da questo subiti, la complessità della costruzione controcorrente di un partito leninista. Né tanto meno nasconde a sé stesso le difficoltà della ricostruzione di un'Internazionale rivoluzionaria. Ma proprio le difficoltà e l’orgoglio di una battaglia controcorrente forgiano un'organizzazione rivoluzionaria, la tempra morale dei suoi militanti, la sua tensione concentrata attorno al fine della liberazione della classe lavoratrice e dell’umanità. Questa è la tradizione autentica del trotskismo. Questo è lo spirito di comunità compatta che ha segnato il clima della nostra scuola e le sue conclusioni. È il clima di una sincera fraternità rivoluzionaria, che ora sarà investito, giorno dopo giorno, nella costruzione del Partito Comunista dei Lavoratori. Cioè nella unificazione attorno alla stessa organizzazione di tutti coloro che, indipendentemente dalla loro provenienza, ne condividono i principi fondamentali e il programma generale.

I lavori della scuola saranno presto documentati attraverso i video delle relazioni e la pubblicazione degli atti. Forti del successo registrato, terremo sicuramente ogni estate questa esperienza di scuola, allungandone i tempi di svolgimento in quattro giorni e puntando a una partecipazione sempre più ampia e sempre più giovane. Per questo diamo già ora appuntamento a tutti i compagni e le compagne che vorranno condividere con noi le ragioni della rivoluzione. Augurandoci di incontrarli da subito nelle battaglie quotidiane che ci attendono.

Partito Comunista dei Lavoratori

Blocco navale e memoria nazionale

 


La gara tra Salvini e Meloni contro i migranti. Le responsabilità del centrosinistra

18 Settembre 2023

Torna l'evocazione del blocco navale per fermare le partenze dei migranti dalla Tunisia. Prima sulla bocca di Salvini, poi di Meloni. È il vecchio cavallo di battaglia elettorale della destra, alla fine rispolverata come “misura risolutiva”, in un gioco di scavalcamenti interni alla maggioranza di governo.
A prescindere da ogni altra considerazione, si potrebbe facilmente obiettare che non esiste flotta navale che possa sorvegliare l'intera costa nord-africana. Che se mai esistesse, sarebbe un atto di guerra contro i paesi coinvolti. Che l'atto di guerra sarebbe tanto più paradossale nei confronti di un governo tunisino col quale Meloni aveva concordato in cambio di soldi proprio il blocco delle partenze. Quello stesso governo Saied, dispotico e torturatore, della cui “democrazia” il governo italiano si è fatto garante. Sono le obiezioni scontate e ricorrenti dal versante democratico o liberale.

Ma noi vogliamo ricordare un episodio rimosso dalla memoria nazionale liberaldemocratica, e purtroppo anche da quella della sinistra. Un blocco navale anti-immigrati ci fu, da parte italiana. Fu sperimentato nel 1997. Il bersaglio dell'epoca era l'”invasione degli albanesi”. Una nave militare italiana, la corvetta Sibilla, speronò per l'occasione un barcone carico di migranti, affondandolo. I morti furono più di cento. Molti di loro giacciono ancora in fondo al mare del Canale d'Otranto. Le disposizioni del blocco non erano venute da un governo di destra, ma dal governo di centrosinistra di Romano Prodi, allora sostenuto da Rifondazione Comunista. Lo stesso governo che varò i campi di detenzione per i migranti, la Legge Turco-Napolitano. Come si vede, non è necessario essere di destra per fare politiche reazionarie in fatto di immigrazione. Il centrosinistra ha concimato il terreno, la destra peggiore ha raccolto.

Certo, l'attuale governo Meloni rilancia il peggio delle posture reazionarie contro i migranti. Dal suo insediamento ha fatto di tutto: ha colpito i poteri di intervento delle ONG costringendole a un solo salvataggio e a porti lontani; ha esteso i rimpatri ai territori di transito, e non solo ai paesi di provenienza; ha progettato la moltiplicazione dei centri di detenzione amministrativa (i famigerati CPR), estendendo ora la durata della detenzione a 18 mesi; ha ridotto le spese di sostentamento per i minori non accompagnati; ha ridotto l'assistenza legale per i richiedenti asilo... E infine, come abbiamo ricordato, ha replicato col dittatore Saied il memorandum d'intesa già stipulato da Minniti coi tagliagola libici: soldi e patrocinio politico presso il Fondo Monetario Internazionale in cambio della segregazione o espulsione dei migranti che intendessero prendere il mare. Magari respingendoli nel deserto, come tante volte è già avvenuto.

L'obiettivo propagandato è sempre lo stesso: il blocco delle partenze. L'unico vero terreno d'intesa a livello europeo tra i governi capitalisti di ogni colore.
Ma l'esperienza dimostra che le peggiori misure o minacce non possono bloccare la fuga dalla fame, dalle torture, dalla privazione di libertà, dai disastri climatici, dalle guerre, tutti doni del capitalismo in Africa e Medio Oriente. Possono solo moltiplicare i crimini contro i migranti e le loro sofferenze, in cambio di voti.
Solo una soluzione anticapitalista internazionale può liberare l'umanità dall'orrore. Il resto è già stato sperimentato, sotto ogni bandiera

Partito Comunista dei Lavoratori

Autunno precario per la scuola

 


L’ennesimo settembre all’insegna del precariato e delle incertezze per centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori della scuola

Anche quest’anno scolastico, come i precedenti, è iniziato all’insegna dell’incertezza per centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori della scuola che, in mancanza di un reale piano di stabilizzazione, si vedono per l’ennesima volta in una snervante attesa che si sta prolungando anche oltre l’inizio dell’anno scolastico, iniziato con decine di migliaia di cattedre vacanti, visto che neanche quest’anno verranno coperti tutti i posti vacanti e disponibili, con il 200% di insegnanti precari in più rispetto al 2015. Circa 150mila sono i posti in organico di fatto di cui almeno 117mila sono per il sostegno agli alunni con disabilità. Una situazione che vede nei fatti la negazione della continuità didattica per circa la metà delle alunne e degli alunni con disabilità. Anche per quanto riguarda il personale ATA la situazione non è affatto rosea, con le nomine autorizzate, infatti, che andrebbero a coprire a malapena il 30% dei posti vacanti, quando gli incarichi ATA coperti con supplenze vanno a costituire più del 10% del totale.


GPS NEL CAOS: IL CASO DELLA LOMBARDIA

L’attesa per migliaia di insegnanti è stata resa ancora più snervante dagli errori nella convocazione tramite GPS, dove precari storici con un punteggio alto si sono visti scavalcare nella nomina da colleghe e colleghi con un punteggio molto più basso, e supplenze annuali conferite a docenti già inseriti in ruolo da concorso straordinario bis e concorso ordinario. Questa situazione sta penalizzando fortemente i docenti che avevano espresso la preferenza per cattedre che di fatto allo stato attuale sono rimaste vacanti, poiché i docenti con assegnazione finalizzata al ruolo non assumeranno ovviamente servizio nell’altra sede. Una logica del “figli e figliastri” che sta danneggiando docenti e studenti, attaccando salario e dignità dei primi, negando la necessità della continuità didattica per i secondi, soprattutto per le studentesse e gli studenti con disabilità. Queste sedi verranno assegnate, in seconda convocazione, a docenti con punteggio in graduatoria molto inferiore a quello dei colleghi che ne avrebbero avuto diritto. Parecchi docenti che avrebbero avuto diritto alla cattedra annuale, se le procedure fossero state eseguite all’insegna del rispetto dei diritti e della dignità degli insegnanti, risultano allo stato attuale destinatari di cattedra con termine 30 giugno, ed in molti casi di un incarico che nemmeno raggiunge le 18 ore settimanali, con forti ripercussioni anche sul salario e quindi sulla qualità della vita di centinaia, se non migliaia, di docenti.


LA TOTALE CHIUSURA DELL’UST DI MILANO

In tutto ciò le dirigenze dell’ufficio scolastico di Milano, differentemente da quanto sta capitando in altri uffici scolastici provinciali, come Mantova e Cremona, hanno ribadito di non avere alcuna intenzione di ripetere la nomina del primo turno di convocazioni da GPS, rimuovendo dal sistema i docenti che hanno già preso servizio nelle sedi designate per il ruolo.Penalizzando i docenti delle GPS con maggiore punteggio a favore di quelli con punteggio inferiore che, non essendo stati ancora convocati, potranno ottenere incarichi fino al 31 agosto. Ciò vuol dire, oltre l’attuare una letterale umiliazione nei confronti di tanti docenti, della loro dignità come anche della loro anzianità di servizio, la gran parte dei quali provenienti dalle più remote province del Meridione, il cui unico desiderio è quello di poter riprendere a lavorare dopo il licenziamento estivo, il fomentare una vera e propria guerra tra poveri della quale se ne avvantaggeranno soltanto le realtà sindacali corporativistiche e la propaganda dei partiti reazionari come la Lega che sul precariato stanno provando da anni a costruire un bacino di voti.


SE MILANO PIANGE, ROMA NON RIDE

Non troppo diversa è la situazione delle GPS nella capitale. A Roma migliaia di precari hanno vissuto momenti poco piacevoli agli inizi di agosto, quando un errore nelle GPS ha causato punteggi errati, gettando nel panico gli insegnanti e causando un enorme carico di lavoro per l’ufficio scolastico provinciale. Pochi giorni fa, al momento dell’assegnazione, l’algoritmo delle GPS ha assegnato a numerosi docenti incarichi in scuole dove non vi era alcuna sede vacante. Oltre al danno la beffa.
Situazioni simili a quelle di Milano e Roma si sono riscontrate anche in altri territori, come in Toscana, con numerose proteste.


UNA SITUAZIONE CHE NON È PIÙ TOLLERABILE!

Per risolvere il problema del precariato e contrastare l'ormai palese progetto di privatizzazione della scuola, portato avanti indistintamente dai governi di centrodestra e centrosinistra a favore di multinazionali e Chiesa ci battiamo per queste rivendicazioni:

La stabilizzazione di tutti i precari della scuola, insegnanti e ATA

Siamo per un piano di assunzioni che parta dalla trasformazione dell'organico di fatto in organico di diritto, e l'ingresso di tutti gli insegnanti con tre anni di servizio in un processo di formazione e stabilizzazione che non sia diviso, a differenza di come hanno sinora fatto i governi, con il risultato che migliaia di insegnanti abilitati sono ancora senza ruolo (basti pensare alle eterne attese di migliaia di vincitori del concorso 2016 e del concorso 2018, abilitati con le SSIS ed i PAS, del concorso straordinario 2020 come anche dell’ultimo concorso ordinario e dello straordinario bis).

Abolizione dell'algoritmo e convocazioni in presenza

Assistiamo da anni a errori nelle convocazioni dovute alle impostazioni dell'algoritmo. Tutto questo porta a ripetute cancellazioni e ripetizioni delle nomine da GPS che allungano i tempi ad ogni inizio di anno scolastico. Il ripristino delle convocazioni in presenza permetterebbe un più equo scorrimento della graduatoria, evitando che chi ha più punteggio si veda scavalcare da chi è in posizione inferiore per un vizio di forma.
-pubblicazione delle disponibilità al momento della scelta delle sedi. Terribilmente grave è l'inesattezza delle disponibilità, che aumenta nelle migliaia di docenti presenti nelle GPS un senso di incertezza e angoscia che ogni estate si rinnova. È accertato come spesso nei file pubblicati dagli uffici territoriali risultino molte meno cattedre di quelle realmente esistenti.

Lauree abilitanti

Per porre fine al mercimonio dei crediti formativi post-laurea; nello specifico un biennio magistrale abilitante per posto comune e un percorso analogo abilitante per il sostegno.

No al blocco per i neoassunti, sì a pensioni dignitose

Ogni lavoratore deve avere il diritto di poter lavorare dove preferisce. Con ciò condanniamo fermamente il blocco triennale dei neoassunti contenuto nell’ultimo CCNL 2019/2021. Oggi i docenti over 60 ( dato del 2022) sono il 18%: praticamente il doppio della media europea.( 9%)

Analogo il dato dei docenti ultracinquantenni: il 20% dei docenti ha infatti tra i 54 e i 59 anni, mentre il 19% ha tra i 50 e i 54 anni.Più della metà degli insegnanti italiani ha più di 50 anni, con una percentuale complessiva del 57,2%. La media di docenti over 50 in Europa è di circa il 36% (dati SBC del 05/08/2023).

Se vogliamo creare lavoro per i giovani, soprattutto nel Meridione, riducendo l’esodo delle mobilità che ogni anno coinvolge migliaia di docenti e ATA, cominciamo mandando in pensione chi ha già lavorato tutta una vita.

- In pensione con 35 anni di lavoro o 60 anni di età.

- Pensione pari all’80% dell’ultimo salario con ripristino del calcolo retributivo

Internalizzare tutti gli educatori

Il settore delle cooperative sociali è una vera giungla dove migliaia di educatori, soprattutto giovani e donne, sono sfruttati con salari minimi. Chiediamo l'assunzione di tutti gli educatori con lo stesso profilo negli enti locali.
Con queste rivendicazioni, come lavoratrici e lavoratori della scuola del Partito Comunista dei Lavoratori, siamo intervenuti in tutti gli scioperi dei lavoratori e delle lavoratrici della scuola degli ultimi anni, e restiamo al fianco dei precari per bloccare ogni scellerato progetto di privatizzazione e divisione della scuola e degli insegnanti.


VIA IL GOVERNO MELONI, VIA BANCHE E CONFINDUSTRIA, POTERE AI LAVORATORI!

Solo con la lotta questo governo nemico dei lavoratori e dei precari potrà essere cacciato, contro ogni compromesso con i partiti nemici delle lavoratrici e dei lavoratori, per la sconfitta delle burocrazie sindacali complici di governo e padronato , burocrazia CGIL e Landini in primis, e di quelle di alcune realtà del sindacalismo di base, che perseguono una politica di microburocrazie, con una politica settaria, divisiva e autocentrata. Ma anche e soprattutto contro ogni logica corporativistica. Perché solo l'unità delle lotte può realmente portare ad un governo dei lavoratori, l'unico che possa realmente difendere gli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici.

Lavoratori e Lavoratrici della scuola – Partito Comunista dei Lavoratori

A 80 anni dalla morte di Pietro Tresso - il documentario realizzato da@ compagn@ di Reggio Calabria

 












In ricordo del trotskista Pietro Tresso (1893-1943), ucciso come moltissimi altri compagni marxisti-rivoluzionari per mano dell'apparato stalinista. Documentario realizzato dal PCL - Reggio Calabria Il nostro BLOG: https://pclreggiocalabria.blogspot.com/ Sito nazionale del Partito Comunista dei Lavoratori: ww.pclavoratori.it


L'estate calda degli scioperi negli USA

 


Mentre la nostra burocrazia sindacale dorme, il proletariato si muove nel mondo

Mentre la classe operaia italiana è ridotta alla passività dalle burocrazie sindacali, la lotta di classe si muove nel mondo. L'abbiamo visto negli scorsi mesi con le dinamiche di lotta in Francia, in Gran Bretagna, persino in Germania. Lo vediamo ora nella calda estate americana. Scioperi di massa investono diversi settori. Seicentocinquantamila salariati USA hanno dichiarato o minacciato scioperi nei settori dell'industria alimentare (latticini), del pubblico impiego, della logistica, dell'industria automobilistica. Da gennaio a oggi si sono tenuti 226 scioperi che hanno coinvolto quattrocentomila dipendenti. Negli ultimi due anni erano rispettivamente trentamila e ottantamila. Dunque un incremento nettissimo.

La rivendicazione centrale è quella di un forte aumento salariale, a fronte dell'alta inflazione e del potere d'acquisto perduto. Negli stabilimenti del colosso UPS, settore spedizioni, la sola minaccia di uno sciopero prolungato ha strappato aumenti salariali del 50%, comprendendo nell'aumento anche i lavoratori part time. È il più grande aumento salariale ottenuto negli ultimi decenni. Nell'industria automobilistica (General Motors, Ford, Stellantis) il nuovo leader del sindacato UAW Shawn Fain rivendica aumenti salariali del 40% in quattro anni con piena copertura dei nuovi assunti. Da qui l'annuncio dello sciopero per settembre.

Cresce la domanda di sindacalizzazione, oggi bassa nel settore privato (6%), più alta nel settore pubblico (23%). Recenti sondaggi attestano che il 50% dei lavoratori in imprese non sindacalizzate vorrebbero iscriversi alle unions. Si allarga il sostegno alle ragioni degli scioperi nella società americana. Il sondaggio Gallup attesta che il 71% degli americani appoggia le ragioni dei lavoratori.

Questo sussulto di lotte è sospinto da diversi fattori: l'accresciuta forza contrattuale del lavoro a seguito della ripresa economica post-Covid, il nuovo attivismo di giovani dipendenti gravati dai debiti studenteschi accumulati, l'emersione di direzioni sindacali più combattive di nuova generazione alla testa di diverse unions, ma anche l'effetto scandalo delle sperequazioni salariali negli USA. La confederazione AFL-CIO ha denunciato che lo stipendio medio di un manager USA corrisponde a 272 volte il salario medio dei dipendenti. Mentre il 70% della ricchezza nazionale si concentra nelle mani del 10% più ricco.

Le lotte proletarie in corso nel mondo smentiscono una volta di più le leggende liberali (e qui da noi postoperaiste) attorno al tramonto della classe operaia. Ma soprattutto denunciano l'insopportabile scandalo di una burocrazia CGIL che non muove foglia in presenta di salari in picchiata. E che finisce per di più, con la sua straordinaria passività, col regalare uno spazio d'immagine all'ipocrisia del governo Meloni e/o dei partiti borghesi di “opposizione” attorno a temi sociali. Il vuoto dell'opposizione di classe e di massa genera mostri, o abbellisce quelli esistenti.

È l'ora di voltare pagina in autunno. E di cambiare direzioni sindacali, che hanno fatto ormai bancarotta.

Partito Comunista dei Lavoratori

Ti aspettiamo al Revolutionary Camp

 


Aiuta con un tuo contributo la scuola nazionale di formazione del PCL

4 Settembre 2023

Continua con successo la campagna di autofinanziamento e organizzazione. Contattaci subito per conoscerci, partecipare alla scuola e costruire insieme il partito rivoluzionario

Mancano pochi giorni al Revolutionary Camp, la scuola nazionale di formazione del PCL.

La scuola, come tutte le nostre attività nazionali e locali, sarà sostenuta principalmente dallo sforzo collettivo dei militanti del Partito Comunista dei Lavoratori. Ma vogliamo che possa essere sostenuta anche da tutti coloro che vorranno incontrarci e partecipare alla scuola, o anche solo contribuire.

Abbiamo quindi deciso di lanciare questa campagna pubblica di sostegno per un motivo molto semplice: l'investimento nella formazione marxista rivoluzionaria è in definitiva l'investimento nella costruzione del partito rivoluzionario leninista e nel progetto generale di rivoluzione, su scala nazionale e mondiale.

Aiutaci, e aiutaci a diffondere questa campagna, che è una campagna di organizzazione e costruzione.
In questa pagina potrai contribuire facilmente, con una donazione di qualsiasi importo.

Contattaci, partecipa alla scuola. Insomma, costruisci insieme a noi il Partito Comunista dei Lavoratori!

Per sapere come partecipare al Revolutionary Camp, o per qualsiasi altra informazione, scrivi alle nostre pagine social oppure invia una mail a info@pclavoratori.it

Partito Comunista dei Lavoratori

Strage operaia, responsabilità del capitale

 


La tragica morte di cinque operai travolti da un treno durante il proprio lavoro presso la stazione ferroviaria di Brandizzo è l'ennesimo omicidio del capitale.


Le autorità di governo e giudiziarie sono alla ricerca degli errori di comunicazione o degli spiacevoli disguidi tecnici. Ma quali che saranno le conclusioni formali dell'inchiesta, resta il dato di fondo. Anni e decenni di precarizzazione del lavoro, di appalti e subappalti sempre più liberi, di taglio degli organici e di turni massacranti, di assenza di controlli sulle condizioni minime di sicurezza, hanno moltiplicato i morti. Non sono incidenti, sono omicidi.

L'azienda presso cui i cinque operai lavoravano (Sigifer) aveva il certificato sulla sicurezza scaduto da più di un mese. Eppure vantava e vanta pubblicamente sui propri siti le massime garanzie in fatto di “qualità, eccellenza, sicurezza” (testuale). Non è un caso. Quando nessuno controlla, anche perché hanno tagliato persino il numero degli ispettori del lavoro, i padroni sbandierano la propria propaganda a caccia di commesse pubbliche e private sulla pelle dei propri operai.

Naturalmente sosteniamo ogni iniziativa di protesta e di sciopero contro l'omicidio di Brandizzo. Ma rifiutiamo le lacrime di coccodrillo del governo e dei partiti borghesi che hanno legiferato contro il lavoro nel nome del libero mercato, al servizio dei capitalisti, e oggi fingono commozione o sdegno. Come, fra tutti, il ministro delle infrastrutture e trasporti Matteo Salvini, grande sponsor della massima liberalizzazione degli appalti, e oggi in coda all'ipocrisia collettiva.

C'è bisogno di una svolta di lotta generale che rivendichi la cancellazione di tutte le leggi di precarizzazione e di libero appalto, varate da tutti i governi degli ultimi trent'anni, un controllo operaio sulle condizioni del lavoro, il rifiuto dello sfruttamento. Non bastano le chiacchiere delle burocrazie sindacali, né puri atti simbolici e rituali. Occorre una mobilitazione generale, una lotta vera, finalmente. Che unisca 18 milioni di salariati in contrapposizione al capitale, la vera associazione a delinquere.

Solo un governo dei lavoratori e delle lavoratrici, basato sulla loro organizzazione e la loro forza, potrà rendere giustizia agli sfruttati.

Partito Comunista dei Lavoratori