IL PROGRAMMA PER UNA SINISTRA RIVOLUZIONARIA
Siamo entrati nel decimo anno dall’inizio della crisi economica.
Renzi, Gentiloni, Padoan e Draghi ci dicono che la crisi è oramai
finita, ma le cose non stanno realmente così. La ripresa italiana è la
più bassa in Europa, il nostro Pil è ancora ben lontano dai livelli
pre-crisi e in questi anni è andato perduto il 25% della capacità
produttiva del paese.La crisi però non ha colpito tutti allo stesso modo
in questi dieci anni. Da una parte sono aumentati i disoccupati, i
salari sono crollati, il lavoro si è precarizzato e molti piccoli
commercianti sono stati costretti a chiudere; dall’altra le grandi
aziende, le multinazionali e i gruppi finanziari hanno fatto profitti
favolosi e i top manager hanno incassato compensi d’oro spropositati.
Tutti i dati confermano che la disuguaglianza sociale non è mai stata
così alta. Eppure tutte le forze dell’arco parlamentare italiano non
fanno altro che tutelare gli interessi di questa elite economica. Basti
pensare a come tutti i leader politici, Salvini e Di Maio compresi, sono
andati a scodinzolare al convegno di Cernobbio, che riunisce ogni anno
il gotha dell’alta finanza. Oppure basta ricordarsi di come tutti i
governi dagli anni 90’ ad oggi non abbiano fatto altro che tagliare i
finanziamenti ai servizi sociali che riguardano tutti (sanità, pensioni,
scuola, ricerca…) per drenare quattrini a favore delle grandi imprese
sotto le forme più svariate (incentivi economici, sgravi fiscali,
investimenti pubblici, privatizzazioni…).
Tutto questo è inaccettabile ed è durato fin
troppo. È ora di una rivoluzione, che rovesci completamente questo
sistema politico-economico in cui i diritti, i bisogni e le aspirazioni
dei tanti sono calpestati in nome dei super-profitti di pochi. Fino ad
oggi hanno governato i banchieri, gli speculatori, i faccendieri…
proprio quelli che la crisi l’hanno provocata. È ora che al governo
vadano i lavoratori, che invece finora la crisi l’hanno pagata. Ci hanno
sempre detto che non ci sono le risorse per una politica diversa, per
una politica a favore delle classi popolari. Ma in realtà queste risorse
ci sono, il problema è che sono concentrate nelle mani di una ristretta
minoranza. È lì che dobbiamo andare a prenderle per metterle a
disposizione della società nel suo complesso. Finché non faremo questo,
non ci sarà mai un vero cambiamento.
NO AL PAGAMENTO DEL DEBITO
Qualsiasi governo voglia davvero prendere misure a sostegno dei
lavoratori, dei disoccupati e dei pensionati si troverà innanzitutto di
fronte all’ostacolo rappresentato dall’Unione Europea e dal pagamento
degli interessi sul debito pubblico. Le istituzioni europee in questi
anni non hanno fatto altro che imporre in modo inflessibile le più
spietate politiche di austerità, proprio per far rispettare il pagamento
del debito.
È bene ricordare che il debito dello Stato
italiano è stato contratto solo in minima parte da famiglie e piccoli
risparmiatori, mentre il grosso è nelle mani di banche, assicurazioni e
fondi d’investimento, sia nazionali che internazionali. Di fatto ci
hanno spremuto con le politiche di lacrime e sangue solo ed
esclusivamente per garantire la remunerazione del grande capitale
finanziario.
Di fronte a questa vergogna, tutte le forze
politiche si limitano a parlare di “avviare trattative con le
istituzioni europee”, ma il caso della Grecia ci ha insegnato che la
Trojka non è disponibile a fare la minima concessione, a costo di
trascinare un intero paese nella miseria più nera. Non è possibile fare
politiche di spesa sociale e allo stesso tempo restare all’interno dei
parametri di questa Unione Europea.
- Abolizione del pareggio di bilancio nella Costituzione.
- Rifiuto del pagamento del debito, tranne che ai piccoli risparmiatori.
- Rottura unilaterale dei trattati europei, NO all’Unione europea capitalista.
PER LA NAZIONALIZZAZIONE DEL SISTEMA BANCARIO
Mentre l’Istat ci dice che 18 milioni di italiani sono a rischio
povertà, il governo ha stanziato la bellezza di 26 miliardi di euro per
salvare le banche venete e il Monte dei Paschi di Siena. E questo
potrebbe essere solo l’inizio, visto che l’intero sistema bancario
italiano è in sofferenza a causa dell’alto numero di crediti
deteriorati.
Anche la Banca Centrale Europea ha pompato liquidità a piene mani
sui mercati finanziari per tenere a galla le banche. Il conto di questo
fiume di denaro è stato presentato alle popolazioni dei vari paesi
europei attraverso le politiche di austerità.
In pratica tutti i sacrifici che ci hanno imposto sono serviti per
consentire alle banche di mantenere alto il livello dei profitti,
proseguire nelle loro speculazioni azzardate e premiare i manager
responsabili del dissesto con liquidazioni a sei zeri.
- Nazionalizzazione del sistema bancario, senza indennizzo
per i grandi azionisti e con garanzia pubblica per i depositi dei
piccoli risparmiatori.
- Creazione di un’unica grande banca pubblica nazionale,
in grado di mettere in campo gli investimenti necessari a rilanciare
l’economia.
LA LOTTA ALLA DISOCCUPAZIONE E LA DIFESA DEL SALARIO
I governi in questi anni hanno trovato un modo molto originale per
combattere la disoccupazione: consentire alle aziende di licenziare più
facilmente, sia con il Jobs Act che con i contratti precari. Il
risultato è che i posti i lavoro non sono aumentati, ma sono diminuiti.
In Italia ci sono oggi più di 3 milioni di disoccupati e tutti i nuovi
contratti sono a termine.
Peraltro la disoccupazione è stata trasformata in un business: gli
uffici pubblici di collocamento sono stati sostituiti da agenzie
interinali private e i corsi di formazione per i disoccupati sono
serviti solo per incassare i fondi europei.
Anche chi un lavoro ce l’ha, ha visto ridurre drasticamente il
potere d’acquisto del suo stipendio. I salari italiani sono tra i più
bassi d’Europa. Tanti, pur di lavorare, hanno accettato condizioni di
lavoro sempre peggiori. Giornate di lavoro di 10-12 ore, lavoro
domenicale, finte partite iva, corrieri pagati a consegna… fino al
lavoro nero e al caporalato.
Siamo arrivati al paradosso del lavoro gratuito: il sociologo
Domenico De Masi, tenuto in grande considerazione dal Movimento 5
Stelle, sostiene che per ridurre la disoccupazione, i disoccupati
dovrebbero lavorare gratis…
Tutto questo deve essere completamente ribaltato. Per aumentare
l’occupazione innanzitutto bisogna che chi ha un lavoro non lo perda; in
secondo luogo il lavoro disponibile deve essere distribuito tra tutti
attraverso la riduzione dell’orario di lavoro. Inoltre ai lavoratori e
ai disoccupati devono essere riconosciuti i mezzi necessari per vivere
dignitosamente.
- Abolizione del Jobs Act, ripristino dell’art. 18 e sua
estensione a tutti i lavoratori dipendenti. Nessuno deve essere
licenziato senza giusta causa.
- Trasformazione dei contratti precari in contratti a tempo indeterminato.
- Salario minimo intercategoriale fissato per legge, non inferiore ai 1.200 euro mensili.
- Una nuova scala mobile che indicizzi tutti i salari all’inflazione reale.
- Salario garantito ai disoccupati pari all’80% del salario minimo.
- Riduzione dell’orario di lavoro a un massimo di 32 ore settimanali a parità di salario.
- Abolizione delle agenzie interinali e ritorno al collocamento pubblico.
- Contrasto frontale al lavoro nero, le aziende che ne fanno uso devono essere espropriate.
UN’ECONOMIA SOTTO IL CONTROLLO DEI LAVORATORI
Ci hanno sempre raccontato che “il privato funziona meglio”, eppure
la crisi ha completamente sfatato questo mito. Guardiamo a cosa hanno
portato le privatizzazioni: aumento generalizzato di prezzi e tariffe,
peggioramento complessivo dei servizi ai cittadini e peggioramento delle
condizioni di lavoro dei dipendenti delle aziende privatizzate. Le
privatizzazioni e le esternalizzazioni hanno inoltre aperto la strada,
attraverso il sistema degli appalti e dei sub-appalti, alle
infiltrazioni della criminalità organizzata in una serie di settori,
come quello dei rifiuti.
Ancora più desolante è il panorama delle infinite crisi industriali.
Non si contano le imprese che, nonostante gli aiuti pubblici, hanno
chiuso, licenziato e delocalizzato all’estero per risparmiare sulla
manodopera.
In questi casi la soluzione non può essere “l’intervento pubblico”,
che in Italia va sempre a finire allo stesso modo: lo Stato ci mette i
soldi, ma la gestione e i profitti rimangono nelle mani dei privati. È
invece necessario rimettere in discussione la proprietà e la gestione
private di una serie di attività economiche. Questo è ancor più vero nel
campo dei servizi essenziali per la collettività (energia, acqua,
trasporti, telecomunicazioni…), che per la loro stessa natura non
possono essere impostati sulla logica del profitto.
Non si tratta solo di nazionalizzazioni, ma di controllo dei
lavoratori sulla produzione. Nelle grandi aziende “la proprietà” non ha
alcun ruolo attivo: si tratta di cordate di grandi azionisti, che si
limitano a nominare il management e intascarsi i dividendi in modo
totalmente parassitario. La gestione delle imprese deve essere affidata
agli operai, agli impiegati e ai tecnici che ci lavorano ogni giorno,
che le conoscono in modo approfondito e che le fanno funzionare
concretamente.
Aziende dirette da un comitato democraticamente eletto da tutti i
lavoratori, senza il fardello degli utili agli azionisti e dei bonus
milionari ai manager, potranno funzionare molto meglio di prima.
- Esproprio di tutte le aziende che chiudono, licenziano e delocalizzano.
- Nazionalizzazione di tutte le aziende privatizzate.
- Nazionalizzazione dei grandi gruppi industriali, senza indennizzo eccetto che per i piccoli azionisti.
- Nazionalizzazione delle reti di trasporti, telecomunicazioni, energia, acqua e ciclo dei rifiuti.
- Tutte le azienda nazionalizzate siano poste sotto il controllo e la gestione dei lavoratori.
PENSIONI PUBBLICHE E DIGNITOSE PER TUTTI
Viviamo in un mondo paradossale, dove tutto funziona
all’incontrario. Da una parte abbiamo la disoccupazione giovanile al 35%
e dall’altra riforme che continuano ad alzare l’età pensionabile. Così
ci sono i giovani che non trovano lavoro e allo stesso tempo gli anziani
che sono costretti a continuare a lavorare.
Si dice che questo è necessario per i conti dell’Inps. In realtà le
casse dei lavoratori dipendenti sono sostanzialmente in pareggio. Il
problema è che sono a carico dell’Inps una gran quantità di spese che
niente hanno a che fare con le pensioni. È il caso degli ammortizzatori
sociali, ma anche della decontribuzione fiscale sulle nuove assunzioni
regalata da Renzi agli imprenditori assieme al Jobs Act.
Se vogliamo creare lavoro per i giovani, cominciamo mandando in pensione chi ha già lavorato tutta una vita.
- Abolizione della legge Fornero.
- In pensione con 35 anni di lavoro o 60 anni di età.
- Pensione pari all’80% dell’ultimo salario e comunque non inferiore al salario minimo.
PER UN SISTEMA SANITARIO UNIVERSALE E GRATUITO
Anni di tagli hanno devastato il sistema sanitario nazionale. Negli
ospedali mancano i fondi, c’è carenza di personale e le apparecchiature
non sono adeguate.
Il processo di privatizzazione ha poi portato a
una divisione di classe tra pazienti di serie A, che possono permettersi
di pagare le prestazioni e hanno una corsa preferenziale, e pazienti di
serie B, che invece devono aspettare mesi per un esame, spesso
all’interno della stessa struttura.
- Raddoppio immediato dei fondi destinati alla sanità.
- Abolizione di ogni finanziamento alla sanità privata e
della pratica privata all’interno delle strutture pubbliche. Per un
unico sistema sanitario pubblico e gratuito.
- Abolizione dei ticket sui medicinali e sulle prestazioni specialistiche.
- Nazionalizzazione sotto controllo dei lavoratori dell’industria farmaceutica.
- Difesa dei piccoli presidi ospedalieri.
PER UN’ISTRUZIONE PUBBLICA, GRATUITA E DEMOCRATICA
Le scuole e le università italiane versano in uno stato pietoso,
soprattutto per la mancanza di risorse adeguate. Tutti i costi vengono
scaricati sulle famiglie: aumento delle tasse scolastiche e
universitarie, contributi extra richiesti alle famiglie, riduzione delle
borse di studio… In questo modo il diritto allo studio non è garantito
per tutti, tanto più che aumentano i numeri chiusi e i test d’ingresso.
Il governo Renzi ha peggiorato una situazione già compromessa. Con
la riforma della “Buona Scuola” le scuole sono state trasformate in
aziende in concorrenza tra loro. Con l’alternanza scuola-lavoro,
utilizzando la scusa di “formare i giovani”, gli studenti vanno a
fornire manodopera gratuita alle aziende e l’unica cosa che imparano è
ad essere sfruttati.
- Abolizione della Buona Scuola e dell’alternanza scuola-lavoro
- Raddoppio dei fondi destinati alla pubblica istruzione. No a qualsiasi finanziamento alle scuole private.
- Per un piano nazionale di edilizia scolastica.
- No al numero chiuso e ai test d’ingresso nelle università e nelle scuole.
- No ai contributi delle famiglie alle spese scolastiche. La scuola pubblica deve essere gratuita.
- Per una scuola pubblica, laica e gratuita per tutti.
PER L’UNITA’ TRA LAVORATORI ITALIANI E IMMIGRATI
Ci vogliono far credere che la colpa di tutti i mali – dalla
disoccupazione ai tagli dei servizi sociali, dal degrado delle periferie
al problema casa – sia degli immigrati. Tutti i partiti fanno a gara a
chi adotta la posizione più razzista e repressiva sul tema
dell’immigrazione. In questa competizione disgustosa il ministro Minniti
si è aggiudicato il primo premio, appaltando la gestione dei profughi
alle bande di tagliagole libici, in totale dispregio dei diritti umani.
Ogni menzogna è buona per alimentare il clima d’odio contro gli
stranieri. La balla più clamorosa è quella per cui gli immigrati
ricevono soldi dallo Stato, quando in realtà i fondi pubblici vengono
intascati dai privati che gestiscono i centri di accoglienza, dove i
migranti sono reclusi in condizioni disumane.
In realtà oggi in Italia gli immigrati rappresentano una parte
importante della classe lavoratrice in molti settori, dall’edilizia alla
logistica, dalla manifattura all’assistenza sanitaria. Ogni legge che
discrimina gli immigrati non fa altro che indebolire i lavoratori nel
loro complesso e alimentare una guerra tra poveri, utile solo a chi
vuole mantenere l’attuale sistema di potere.
- Abolizione del decreto Minniti, della Bossi-Fini e di tutte le leggi che discriminano gli immigrati.
- Abolizione del reato di immigrazione clandestina.
- Diritto di voto per chi risiede in Italia da un anno.
- Cittadinanza dopo 3 anni per chi ne faccia richiesta.
- Cittadinanza italiana per tutti i nati in Italia.
LA LOTTA PER I DIRITTI DELLE DONNE
Tutte le forze politiche oggi fanno un gran parlare di violenza
sulle donne, discriminazioni di genere, di abusi sessuali… ma nei fatti
quale assistenza ricevono le donne in difficoltà dallo Stato? I
consultori pubblici sono stati in gran parte smantellati. L’assistenza
dei parenti anziani ricade interamente sulle famiglie. Persino il
diritto all’aborto è messo in discussione dall’obiezione di coscienza
dei medici, che raggiunge in media livelli tra il 70 e l’80%.
Dietro la retorica “rosa” a buon mercato la realtà è che, con il
peggioramento della legislazione sul lavoro e i tagli ai servizi, è
peggiorata anche la condizione delle donne. Di quale diritto alla
maternità si può parlare per una lavoratrice precaria o assunta con il
Jobs Act? Come potrà resistere alle molestie sessuali del suo datore di
lavoro una lavoratrice che rischia di essere licenziata e lasciata in
mezzo ad una strada? Come può una donna con figli emanciparsi davvero se
non ci sono abbastanza posti negli asili nido pubblici e le rette degli
asili privati sono proibitive?
- Applicazione del pieno diritto all’aborto. Abolizione dell’obiezione di coscienza del personale medico.
- Ripristino e potenziamento dei consultori pubblici.
- Rete capillare di asili nido e scuole materne, pubblici e gratuiti, che coprano l’effettivo orario lavorativo.
- Rete di strutture pubbliche per il sostegno ai parenti anziani.
PER IL RISCATTO DEL MEZZOGIORNO
Durante la crisi il divario tra Nord e Sud si è ulteriormente
accentuato. Nel Mezzogiorno il 46% della popolazione è a rischio povertà
e la disoccupazione giovanile in certe zone tocca punte del 60%. Nel
giro di vent’anni sono emigrati due milioni e mezzo di persone dal Sud.
La presa della criminalità organizzata sul territorio diventa sempre
più soffocante. La mafia, camorra e la ‘ndrangheta monopolizzano grandi
fette dell’economia e spesso l’intreccio tra amministrazioni pubbliche,
gruppi imprenditoriali e organizzazioni criminali è così fitto che è
impossibile distinguere tra attività legali e illegali.
- Piano di investimenti pubblici per il potenziamento dell’industria, delle infrastrutture e dei servizi al Sud.
- Bonifica immediata dei territori inquinati da rifiuti tossici.
- Esproprio delle aziende legate alla criminalità organizzata e confisca dei beni dei mafiosi.
LA DIFESA DELL’AMBIENTE
A mettere in pericolo l’ambiente in cui viviamo è soprattutto la
logica del profitto. Inquinamento, speculazione edilizia, trivellazioni
stanno distruggendo il territorio e la qualità della vita.
Si investono miliardi in grandi opere, come la Tav, che hanno un
alto impatto ambientale e sono utili solo per far guadagnare le imprese
di costruzione. E intanto le reti periferiche e i trasporti per i
pendolari sono in stato di abbandono.
Il territorio, devastato dalla cementificazione selvaggia, è allo
stremo: ogni pioggia diventa un’alluvione e ogni scossa sismica una
tragedia.
- Per un piano nazionale di riassetto idro-geologico del territorio.
- Abbattimento degli eco-mostri e riqualificazione delle aree degradate.
- Esproprio e riconversione delle aziende che inquinano.
- No alle grandi opere inutili, per un trasporto pubblico efficiente e gratuito.
RIPRENDIAMOCI I SINDACATI
Durante la crisi i sindacati si sono dimostrate incapaci di
contrastare efficacemente l’offensiva padronale. Ogni accordo sindacale
non ha fatto altro che ratificare i passi indietro del movimento
operaio. La distanza tra le burocrazie sindacali e i lavoratori che
dovrebbero rappresentare non è mai stata così forte.
A questo si aggiunga che sono state adottate leggi volte a limitare
pesantemente il diritto di sciopero, soprattutto nel pubblico servizio.
Anche sul terreno della rappresentanza sindacale, con il Testo Unico del
10 gennaio 2014, si è imposto un giro di vite aumentando il peso degli
apparati sindacali a scapito del controllo dal basso da parte dei
lavoratori.
Sosteniamo tutte le lotte reali promosse dalle forze sindacali di
classe, dentro una battaglia più generale per l’unificazione del
movimento operaio.
I lavoratori devono riprendersi i loro sindacati e trasformarli
nuovamente in organizzazioni democratiche di lotta, che siano in grado
di difendere davvero i loro diritti.
- Abolizione di tutte le leggi anti-sciopero.
- Rappresentanze sindacali democratiche, con i soli delegati eletti dai lavoratori.
- Piena agibilità per tutte le organizzazioni sindacali.
- I rappresentanti sindacali devono essere revocabili in qualsiasi momento dell’assemblea che li ha eletti.
- Salario operaio per i funzionari sindacali.
ROVESCIARE UN FISCO CLASSISTA
Si fa un gran parlare di lotta all’evasione, ma senza il minimo
risultato concreto. Questo perché il sistema fiscale italiano è
strutturato in modo da intrappolare i piccoli e lasciar passare i
grandi. Mentre i lavoratori dipendenti vedono una fetta troppo grande
della loro busta paga svanire in tasse e i piccoli commercianti sono
letteralmente strangolati dalla pressione fiscale, i grandi patrimoni
vengono messi al sicuro nei paradisi fiscali.
Tutti i governi si sono ben guardati da andare a toccare le rendite
più alte e invece hanno spostato il peso del carico fiscale sui redditi
bassi, anche attraverso il continuo innalzamento delle imposte indirette
come l’Iva che, essendo slegate dal reddito, colpiscono soprattutto i
ceti meno abbienti.
- Abolizione delle imposte indirette.
- Tassazione fortemente progressiva, che vada a colpire soprattutto i grandi patrimoni.
- Esproprio del patrimonio dei grandi evasori fiscali.
LA LOTTA PER I DIRITTI CIVILI E DEMOCRATICI
Non solo siamo costretti ad una quotidianità di disoccupazione,
precariato e sfruttamento, ma lo Stato pretende di regolamentare e
reprimere in modo bigotto tutti gli altri aspetti della nostra vita,
dalle preferenze sessuali alla gestione del tempo libero.
- Estensione del matrimonio anche alle coppie dello stesso sesso.
- La possibilità di adozione deve essere indipendente dalla composizione del nucleo famigliare.
- Abolizione delle leggi repressive del consumo di
stupefacenti e di tutte le misure liberticide sia legali che
amministrative (daspo, coprifuoco ecc.) rivolte in particolare contro le
forme di socialità libere e non commerciali.
PER IL DIRITTO ALLA CASA
Il problema della casa riguarda un numero di persone sempre più
grande. Prezzi, affitti e mutui sono al di fuori della portata di
disoccupati e lavoratori precari. Il numero di case popolari è ridotto
ai minimi termini e crescono ogni anno gli sfratti, i pignoramenti e le
esecuzioni immobiliari. Allo stesso tempo le città sono sempre più
cementificate a causa della speculazione edilizia e in tutta Italia ci
sono ben 7 milioni di case sfitte, molte di queste appartenenti alle
grandi immobiliari.
- Censimento e riutilizzo di tutte le case sfitte.
- Esproprio del patrimonio delle grandi immobiliari.
- Per un piano nazionale di edilizia popolare.
PER LA LAICITA’ DELLO STATO
È inaccettabile che in Italia la Chiesa cattolica eserciti continue
ingerenze sui diritti e sulle libertà delle persone. D’altro canto la
Chiesa non assolve solo ai suoi compiti “spirituali”, ma è una vera e
propria potenza economica, che controlla uno sterminato patrimonio
immobiliare, banche e grandi consorzi imprenditoriali come la Compagnia
delle Opere. Come se tutto questo non bastasse, la Chiesa gode ancora di
consistenti privilegi statali e finanziamenti pubblici.
- Per la separazione tra Stato e Chiesa.
- Abolizione del Concordato e dell’8 per mille. Nessun
finanziamento pubblico o regime fiscale di favore per le confessioni
religiose.
- Esproprio del patrimonio immobiliare e finanziario della Chiesa e delle sue organizzazioni collaterali.
- Abolizione dell’ora di insegnamento della religione cattolica nelle scuole.
NO ALL’IMPERIALISMO
Lo Stato italiano non ha i fondi per le scuole e gli ospedali, ma
spende miliardi di euro in armamenti e missioni militari all’estero. Le
truppe italiane in Iraq, in Libano, etc. non sono lì per portare la
pace, ma per tutelare gli interessi economici delle imprese italiane. La
proiezione estera delle imprese italiane, a partire dall’Europa
dell’Est e dall’Africa, a caccia di materie prime ei di lavoro a basso
costo ha un carattere classicamente imperialista.
Mentre Trump apre un focolaio di guerra dopo l’altro dalla Corea
alla Palestina, è semplicemente scandaloso ma significativo che l’Italia
sia ancora parte della coalizione militare della Nato guidata
dall’imperialismo Usa.
- Drastica riduzione delle spese militari.
- Ritiro delle missioni militari all’estero.
- Fuori l’Italia dalla Nato. Chiusura delle basi Nato e americane sul territorio italiano.
PER IL GOVERNO DEI LAVORATORI
Il sistema di democrazia parlamentare in Italia è marcio. Il
parlamento non è più simbolo di “sovranità e rappresentanza popolare”,
ma sinonimo di privilegi, scandali e corruzione.
Tutto si riduce ad una finzione. Ogni cinque anni ci chiamano a
votare, ma tanto il programma di governo è già scritto dalle banche,
dalla Confindustria e dalle istituzione europee. Tutte le decisioni
fondamentali vengono prese da una potente burocrazia statale che nessuno
ha eletto: banche centrali, dirigenti dei ministeri, enti
amministrativi, commissioni di esperti, garanti, magistrati, prefetti…
La risposta a questa crisi politica non è quella di “riavvicinare i
cittadini” a queste vecchie istituzioni screditate in nome di una falsa
democrazia. Bisogna invece creare nuove istituzioni, in grado di
rappresentare davvero i giovani, i lavoratori, i disoccupati e i
pensionati.
Serve una democrazia dei lavoratori, fatta di consigli di delegati
eletti nei luoghi di lavoro e di studio, di comitati nei quartieri
popolari, di assemblee popolari cittadine. La vecchia burocrazia statale
deve essere smantellata e il controllo dei lavoratori deve essere
esteso a tutti i rami della vita pubblica.
- Eleggibilità e revocabilità di tutte le cariche pubbliche.
- Un tetto alla retribuzione delle cariche pubbliche, che corrisponda allo stipendio medio di un lavoratore qualificato.
- Controllo dei lavoratori a tutti i livelli della pubblica amministrazione.
UNA PROSPETTIVA INTERNAZIONALISTA
Questo programma entra apertamente in contrasto con tutte le
compatibilità del sistema capitalista. D’altronde il capitalismo ha
dimostrato di essere un sistema che funziona solo per una ristretta
minoranza, ma non è in grado di risolvere i problemi delle grandi masse.
Il nostro modello non è certo il “socialismo reale” che esisteva nei
paesi dell’est, dove tutto era deciso dall’alto da un’onnipotente
burocrazia statale e i diritti politici dei lavoratori erano calpestati.
Il socialismo per cui ci battiamo è quello in cui le principali leve
dell’economia non sono nelle mani di un’oligarchia parassitaria, ma
appartengono a tutti e il loro utilizzo viene pianificato
democraticamente attraverso il controllo dei lavoratori.
Questo programma non può essere realizzato su scala nazionale, non
vogliamo isolare l’Italia dal resto del mondo. Siamo anzi convinti che
se ci mettessimo con decisione su questa strada rivoluzionaria, offrendo
finalmente un’alternativa all’austerità senza fine dell’Unione Europea,
saremmo seguiti dalle classi lavoratrici di un paese europeo dopo
l’altro.
Solo così si potrebbe ricreare la base per un’unità genuina tra le
nazioni europee, attraverso una federazione volontaria costruita su basi
economiche completamente nuove.
- Per la federazione socialista d’Europa
Partito Comunista dei Lavoratori