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La "Buona scuola" passa al Senato. Bisogna fermarla nelle scuole e nel paese!

La riforma Renzi-Giannini della scuola «è una grande riforma di centrodestra fatta governando con il centrosinistra». Queste parole di Renato Schifani, ex presidente del Senato di Forza Italia ed ex luogotenente berlusconiano di lungo corso, ora schierato con Renzi, coronano al meglio la prima approvazione istituzionale della "Buona scuola", giovedì al Senato.
I diversivi tattici del governo, e di Renzi in persona, sull'opportunità del "confronto" e dell'"ascolto" di opposizioni e parti sociali, non hanno in realtà minimamente intralciato il percorso del ddl in parlamento. Allo stesso modo, sono caduti inevitabilmente nel vuoto tutti i tentativi di convincimento o di sponda con questo o quell'esponente delle "minoranze" del PD, messi in atto allo scopo di frenare la riforma o quantomeno ridurre i danni: l'insignificanza delle cosiddette modifiche è ulteriore riprova dell'estraneità e dell'impermeabilità di un partito come il PD alle esigenze degli insegnanti e dei lavoratori in generale.
La larga ricomposizione interna al PD sul ddl, d'altra parte, è essa stessa un segno della vera natura e delle ragioni sociali di quel partito, che la mordacchia e le forzature del nuovo corso renziano rendono solo più evidenti e immediati, anche a chi si sforza di non vedere (Camusso in testa).

La lotta contro la riforma e contro il governo Renzi è giunta alla fine di una prima battaglia. Ma è una lotta appena iniziata. Il peso del suo isolamento e le conseguenze che ne sono derivate in termini di incisività e di estensione non devono costituire un'ipoteca negativa per il proseguimento della mobilitazione e per la sua radicalizzazione. La continuità della lotta in autunno, con il pieno coinvolgimento degli studenti e dell'intero mondo dell'istruzione, è questione di primaria necessità. Sarà il banco di prova principale sul quale si deciderà lo scenario sociale e politico dei prossimi mesi. Solo una lotta di massa esemplare come quella della scuola può, a differenza dei riti minoritari e ormai esausti dell'antagonismo, riaprire una prospettiva più ampia al conflitto di classe nel paese.
Partito Comunista dei Lavoratori

“COMUNISMO”... CAPITALISTA O CAPITALISMO... “COMUNISTA”?

Sulle pagine de Il Manifesto si è annunciata l'ennesima variante di “Costituente Comunista”. Promotori dell'operazione il PDCI, ora PCdI, guidato da Fausto Sorini, e una componente interna all'area grassiana del PRC guidata da Steri.

“Questo progetto gode della fiducia, della simpatia e del sostegno della più parte delle forze che oggi compongono il movimento comunista e rivoluzionario nel mondo, a partire dai partiti comunisti dei BRICS”: così assicura, con squillo di fanfare, il testo annuncio della “costituente”. Qual'è il principale paese dei BRICS? Naturalmente la Cina, guidata dal “PCC”.

Non è la prima volta che l'”unità dei comunisti” viene sbandierata come mozione di richiamo. Ogni volta mascherando dietro questa enunciazione accattivante tutto ciò che non ha niente a che spartire col comunismo. Basti pensare alla auto celebrazione di Rifondazione come tempio dell'”unità comunista” combinata con la ciclica corsa ai ministeri dei suoi gruppi dirigenti e col loro sostegno alle politiche di rapina contro il lavoro a vantaggio del capitale finanziario.

Tuttavia qui siamo davvero in presenza di una novità reale. E' infatti la prima volta che si propone di fondare “l'unità dei comunisti”... sul richiamo al Partito Comunista Cinese. Non sul richiamo al partito stalinista di Mao, come potrebbe pensare qualcuno. Ma sul richiamo all'attuale partito al potere (totalitario) della grande potenza capitalista cinese. Espressione e scudo di una nuova borghesia di papaveri miliardari. Garante dello sfruttamento brutale di centinaia di milioni di operai nel proprio paese. Protagonista di una gigantesca proiezione imperialistica dei propri interessi su scala planetaria, a partire dall'Africa. Promotrice di una grande corsa militarista in Asia, in contrasto con gli imperialismi rivali a partire dal Giappone.

La domanda è semplice: cosa ha a che vedere il comunismo con tutto questo? Naturalmente nulla. Eppure è proprio su questa filiazione internazionale con Pechino che si fonda l'operazione in questione. “La collocazione internazionalista affine” contro ogni “debolezza ideologica” è infatti indicata esplicitamente come l'architrave della costituente. Non come una posizione tra le altre, per quanto abnorme, ma proprio come suo fondamento. Peraltro non da oggi Fausto Sorini ha assunto il PCC come proprio partito guida.

Che dire. Siamo alla fase della malattia senile dello stalinismo. Quella del capitalismo.. “comunista” o del “comunismo”.. capitalista. Forze che in passato assunsero a riferimento la burocrazia stalinista di Mosca, quando alla testa di uno Stato operaio tradiva la Rivoluzione d'Ottobre e la rivoluzione internazionale, plaudono oggi al partito erede dello stalinismo cinese quando si pone alla testa di un grande capitalismo restaurato contro i propri operai e i popoli oppressi del mondo. C'è una logica: ieri come oggi la rimozione di ogni principio di classe, di ogni internazionalismo classista, di ogni programma comunista.

Sarebbe questa la “costituente comunista”? Non le mancherà - non dubitiamo - “la fiducia, la simpatia, il sostegno” del PCC e dei suoi miliardari, come assicurano i suoi promotori. Di certo non avrà il sostegno dei comunisti.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

“Valutazione d'insegnamento” e decomposizione capitalista

Questo testo prende forma da un intervento del Partido Obrero (sezione argentina del CRQI - Coordinamento per la Rifondazione della Quarta Internazionale) nel dibattito sul progetto dell'Istituto di Valutazione dell'Equità e Qualità d'insegnamento della città di Buenos Aires. Il dibattito ebbe luogo martedì 12 agosto presso la Comisión de Educación di Buenos Aires, alla presenza di deputati da tutte le fazioni e un centinaio di docenti. [Traduzione a cura del PCL Sardegna]

Signori deputati: volendo ironizzare sulla mia prevedibile opposizione a questo progetto, un diputato mi ha appena chiesto se, oltre a oppormi al progetto articolato, avessi intenzione di votare anche contro “i suoi fondamenti”. Senza saperlo, ha colto nel segno: si tratta esattamente di questo. La nostra è un'opposizione di princìpi, sistematica, che risponde a una visione antagonistica dell'istruzione e della società in cui quest'ultima è inserita. L'istituto di valutazione docente e di “qualità d'insegnamento” che ci propone il macrismo non ha nulla di nuovo. La cosiddetta destra moderna, a detta di alcuni, non sta offrendoci niente di nuovo.
Da un lato, la “valutazione” risponde interamente alle riforme dell'istruzione che gli organi internazionali del capitale finanziario portano avanti ormai da decenni. Dall'altro, neanche il governo della Città innova nella relazione con la politica nazionale. A difesa del loro progetto, i deputati del PRO hanno invocato la Legge Nazionale dell'Istruzione, e su questo bisogna dargli ragione. La “valutazione d'insegnamento” è già presente in quella legge e nelle pratiche del Ministero dell'Istruzione nazionale, il quale si sottopone, già da anni, alle cosiddette prove Pisa, condotte dall'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCDE). La tendenza in questo progetto è comune a tutta la politica dell'istruzione a livello nazionale. Perciò, non soprende che gli oppositori – kirchnerismo e Unencerchino forme per dare consenso al progetto ufficiale.


Valutatori e valutati

L'Istituto di valutazione sarà un organismo autarchico, che ammetterà fondi privati al suo processo di finanziamento. La scuola pubblica pertanto sarà “studiata” dal capitale privato. Ora, cos'è che verrà sottoposto alla valutazione? Nel contesto di un'istruzione colpita dal crollo degli edifici scolastici o il permanente deterioramento dei salari dei docenti, lo Stato si autoesime dal presentare un bilancio sulla sua gestione d'insegnamento. Al contrario, mette il professore sul banco di prova. A gennaio di quest'anno, in occasione della crisi delle iscrizioni online, il Ministero dell'Istruzione della Città promise la sua presenza a quest'assemblea per “quando saranno finite le iscrizioni” e per presentare un bilancio del processo. Sono passati otto mesi. E stiamo ancora aspettando. Lo stesso Stato, insieme al governo, che propugna questa valutazione ha schivato in tutti i modi possibili un esame della propria politica, anche dopo aver lasciato più di 10.000 giovani senza lavoro(?).


Qualità d'insegnamento

Si è parlato tanto di “qualità d'insegnamento”. Voi (i deputati) avete polemizzato sugli “attributi” che sarebbero necessari per quello che si suol chiamare “un insegnamento di qualità”. Noi semplicemente, ci avvaliamo dello stesso concetto di “qualità d'insegnamento” e chiedo ai compagni docenti di non farsi ingannare nemmeno un attimo dal lessico dei nemici dell'insegnamento. La categoria di “qualità dell'insegnamento” ha la pretesa di isolare e sottrarre l'istruzione alle relazioni sociali che la circondano. Quelle relazioni sociali sono però segnate dalla frammentazionee dalla catastrofe sociale, dalla distruzione della famiglia, dalla liquidazione del diritto al lavoro. “Qualità d'insegnamento”? Signori deputati: in alcune delle scuole di questa città che ho visitato, ci sono alunni che raccontano ai professori dei furti che hanno commesso durante la giornata. I professori riescono solo a raccomandarsi di non usare armi per evitare maggiori conseguenze. La pretesa di considerare l'istruzione fuori dalle condizioni sociali imperanti e sottoporla a una valutazione isolata, ha naturalmente un'altra implicazione: si giudica la sua qualità come se si trattasse di un qualunque altro prodotto. È il primo passo, chiaramente, per assimilarla (l'istruzione) come una merce qualunque dandole un valore di mercato. Abbiamo sistemi di qualità anche nell'industria dell'automobile e in molte altre. Bisogna però metterlo in chiaro: tanto nell'istruzione quanto nell'industria, la qualità è antagonista del capitalismo, il proposito del quale non è perfezionare i prodotti del lavoro umano nelle varie aree del progresso collettivo, bensì la ricerca di un beneficio privato. Il “controllo di qualità”, sia dell'insegnamento o industriale, è solo un metodo sistematico di riproduzione del processo di lavoro, in vista di tali benefici. Nel caso dell'istruzione, i “controlli di qualità” rafforzano soltanto l'unilateralizzazione della conosceza a spese degli stessi alunni. È noto, per esempio, quello che succede con le prove Pisa, in cui i docenti, per superare le prove, “specializzano” gli alunni su argomenti che saranno temi d'esame. Il tutto, a spese di un processo di apprendimento integrale. La valutazione dell'apprendimento, pertanto, è solo un altro passo di degrado e impoverimento. Per far uscire l'istruzione dal pantano, signori deputati, è necessario rivoluzionare le relazioni sociali vigenti. La ricostruzione della conoscenza come un processo integrale esige che l'uomo sia di nuovo riunito col prodotto del proprio lavoro, a partire da una regolazione cosciente del processo di produzione sociale.


Istruzione continua

Ad ogni modo, e se qualcuno avesse ancora dubbi, il progetto ufficiale ci dice chiaramente cosa si intende per “qualità d'insegnamento”: negli articoli la conoscenza compare sotto la categoria “abilità e saperi”, naturalmente, “secondo le nuove esigenze tecnologiche e scientifiche”. Più volte si caratterizza l'educazione come “processo continuo”. È la concezione dell'istruzione “continua o permanente”, che le riforme della Banca Mondiale propugnano fin dagli anni '70.
In questa visione, la formazione scientifica e universale è rimpiazzata da “abilità e saperi”; quindi dal dettato di contenuti empirici e di validità momentanea che subordinino l'istruzione alle necessità in continuo cambiamento del mercato capitalista. Seguendo questa via, i percorsi di laurea vengono sostituite da da modici “studi tecnici” l'attualizzazione delle quali apre il passo a un altro filone, quello dei corsi speciali o master a pagamento. “Destra moderna”? Ma per piacere!
Permettetemi di ricordare, signori deputati, al governatore della Rioja1 che un quarto di secolo fa predicava i vantaggi di “studiare informatica invece di sapere filosofia o storia” e con questa visione, incominciò la rigorosa distruzione dell'istruzione pubblica. È in questo modo che questo progetto intende la “qualità dell'insegnamento”, un progetto che come già detto non differisce in modo sostanziale dalle politiche nazionali in materia di istruzione.


Disarticolazione, privatizzazione, precarizzazione lavorativa

Secondo il progetto che abbiamo tra le mani, la politica dell'insegnamento verrà definita a partire da “valutazioni, indicatori e studi” che l'Istituto in questione realizzerà. I sintomi di questa politica però si stanno già presentando, sulla pagina web del governo della Città si può notare l'esistenza di un “Bollettino delle Scuole” e di un “Indice di qualità educatia”. Per spiegarne il significato, il ministro dell'istruzione, Bullrich, ha raccontato ai Media i supposti benefici di un regime di “ricompense” di budget connesso a un “ranking” (classifica) delle scuole. Naturalmente, è un meccanismo che renderà ancora più profonda la frattura del sistema educativo e condannerà definitivamente quelle scuole che già si trovano ad affrontare le più dure condizioni sociali. La “competizione tra scuole” e la differenziazione di budget lascerà sempre più spazio agli “apporti” dei capitali privati per ogni stabilimento e alla manipolazione del processo educativo in funzione degli interessi specifici di questi ultimi. Lo strumento finale di questa privatizzazione della stessa scuola pubblica sarà il voucher scolastico per famiglia, una delle eredità di Pinochet in Cile, paese in cui gli antagonismi sociali si concentrano brutalmente sull'istruzione. Il progetto abbonda di allusioni alla “valutazione della pratica del docente”, omette però qualunque riferimento allo Statuto del Docente, il quale, d'altro canto contempla elementi di valutazione fondate sull'autovalutazone e sulle autorità di ogni scuola, oltre a partire dalla conquista di stabilità lavorativa e riconoscimento dell'anzianità. Il progetto che abbiamo qui invece, mira a istituire un salario per merito, intendendo per “merito” i risultati provenienti dai dubbi indicatori di qualità elaborati dai finanziatori internazionali della privatizzazione educativa. Tornando un attimo al Cile, è bene ricordare che anche la stabilità lavorativa del docente è condizionata da tali valutazioni. È chiaro che un tentativo di riconversione impresariale della scuola pubblica debba iniziare necessariamente imponendo le conseguenze di una relazione impresariale tra lo Stato e il maestro- questo è il cuore di tale valutazione educativa. La scuola pubblica riproduce in questo modo i metodi de “l'industria dell'insegnamento” della scuola privata.

Valutazione e decomposizone capitalista

Finalmente, e come socialista rivoluzionario, mi sento in obbligo di indicare quale sia, a nostro giudizio, il significato di fondo di questa riforma che vuole istituirsi nella città. Ci troviamo di fronte a un altro tentativo di adattare l'istruzione al declino dell'ordine sociale in cui viviamo, alla decadenza del capitalismo. È passato molto tempo da quando il capitalismo esaurì le sue fattezze “progressive”, da quando, per esempio, sosteneva l'istruzione pubblica per formare coloro i quali sarebbero poi stati sfruttati. Dopo questa caduta, il capitalismo, non riesce neanche più a istruire i propri schiavi! Da un lato ha bisogno di liberare la spesa pubblica dalle spese dell'istruzione, per sostenere invece i parassiti usurai del debito pubblico. Dall'altro, si esige che l'istruzione si trasformi, lei stessa, in un altro filone da sfruttare come rimpiazzo per le attività industriali i cui benefici diminuiscono. L'istruzione viene demolita dalla caduta e dall'esaurimento di un'intera organizzazione sociale. Bisogna rivoluzionare tale società per riscattare l'istruzione. Insisto: c'è tutto un regime sociale che spinge a questa nefasta valutazione, e questo si rende evidente quando vediamo l'identità di propositi tra ufficialisti (propugnatori) e oppositori del sistema, oltre le sfumature particolari che li separano in questo dibattito. Avviso tutti quanti della possibilità che questo progetto, che fino ad ora è rimasto un patrimonio solitario del macrismo, finisca, come spesso succede in questa legislatura, per ottenere un altro consenso reazionario. Perciò facciamo un appello fervente ai sindacati dei docenti, ai compagni lotta qui presenti, allo sviluppo di un'intensa deliberazione nelle scuole, per opporci e preparare azioni di lotta contro questo “istituto” reazionario. Questa è la prospettiva, questa opposizione viscerale del nostro blocco Frente de Izquierda al progetto di cui dibattiamo. Grazie Mille.

Note
1 Poche ore prima Pino Solanas aveva fatto riferimento al macrismo come “destra moderna”
Marcelo Ramal [dirigente del Partido Obrero, deputato della città di Buenos Aires per il Frente de Izquierda, e
professore dell'Università di Buenos Aires e dell'Università di Quilmes]

RENZI STOPPATO DALLA LOTTA DEGLI INSEGNANTI CERCA LA VENDETTA SUI PRECARI


La dichiarazione di Matteo Renzi che in qualche modo sospende il disegno di legge sulla scuola, ha un significato politico indubbio. La grande lotta dei lavoratori della scuola ha lasciato un segno inconfondibile nelle urne. Il progetto stesso del Partito della Nazione ha subito un colpo . Per la prima volta in un anno l'arroganza del bullo fiorentino è costretta a recedere. L'argomento che mira ad attribuire all' “ostruzionismo” delle opposizioni ( il numero “eccessivo” degli emendamenti al Senato) le ragioni del passo indietro non spiegano nulla: l'uomo solo al comando non era solito dire che “nessuno mi potrà fermare”? Peraltro proprio la grande mobilitazione dei lavoratori ha moltiplicato le contraddizioni parlamentari e all'interno dello stesso PD. Se Renzi non è in grado di padroneggiarle e ricomporle è perchè la lotta di massa e il suo riflesso elettorale le hanno ulteriormente amplificate. Da ogni punto di vista il passo indietro del governo è un sottoprodotto del movimento di lotta.

Ma il Capo cerca di combinare il passo indietro obbligato con un'operazione odiosa, mirata ad addossare al movimento di lotta la responsabilità della mancata assunzione dei precari nel 2015. E' un'operazione che da un lato serve a mobilitare contro il movimento di lotta il “senso comune” dell'opinione pubblica, dall'altro punta a dividere i lavoratori stessi, aizzando i precari contro gli altri lavoratori e i sindacati. Questa operazione ipocrita va sventata rilanciando una richiesta corale del movimento, da sempre respinta dal governo: si assumano con un decreto legge tutti i precari, si ritiri il disegno di legge sulla scuola. I precari non debbono diventare ostaggi del governo e della sua controriforma scolastica. Il loro diritto all'assunzione immediata è incondizionato. Di certo il movimento di massa contro “la Buona Scuola” di Renzi non si farà ricattare da questa manovra. Che anzi rende ancor più evidente la natura provocatoria del governo Renzi e del suo disegno di legge.

Dopo il passo indietro del governo, l'obiettivo dev'essere tanto più oggi il ritiro della “Buona Scuola”. La Conferenza di Luglio sulla Scuola annunciata da Renzi è solo un'operazione mediatica con cui recitare una finta disponibilità all'ascolto e provare a recuperare immagine, cercando in realtà di salvare il salvabile della controriforma magari imponendo il suo varo a scuole chiuse entro luglio. Questa operazione va respinta. Sul disegno di legge di Renzi non c'è alcun negoziato da fare: va ritirato e basta. Nessuna tregua va concessa al governo. Il suo passo indietro va trasformato in una sconfitta definitiva. La sua sconfitta va combinata con un rovesciamento radicale di scenario: l'apertura di una vertenza generale sulla scuola da parte del movimento di lotta di questi mesi, capace di proiettarsi nel prossimo autunno. Al centro di una vertenza generale sulla scuola vanno poste le rivendicazioni essenziali che hanno percorso il movimento di lotta di questi mesi: massiccio investimento pubblico nella scuola, via i fondi pubblici alle scuole private, cancellazione dei tagli Gelmini , riduzione del numero di alunni per classe, sblocco del contratto nazionale di lavoro con recupero pieno della vacanza contrattuale ( dal 2009). Attorno a questa piattaforma di lotta può svilupparsi un processo di auto organizzazione della categoria e un fronte di lotta dell'intero popolo della scuola.

Domani e dopo domani in diverse città il movimento degli insegnanti farà sentire la propria voce contro il governo. Il PCL e le sue sezioni saranno presenti a sostegno della lotta.
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

UNIRE LE LOTTE PER BATTERE RENZI E LE DESTRE

Viviamo in un periodo nel quale la classe padronale italiana si sta ricompattando con successo in un blocco storico trovando, nel variegato scenario politico nazionale, vaste possibilità di scelta.
Il capetto Matteo Renzi sta offrendo le garanzie più certe ai capitalisti italiani impegnando il proprio esecutivo (non eletto dal popolo e sorto per una manovra interna ai palazzi e sostenuto dai poteri forti) in una forsennata corsa alla distruzione di ogni diritto sociale e democratico. La controriforma della scuola, precarizza il lavoro dei docenti, diminuisce l'offerta formativa introducendo pesanti elementi di privatizzazione e punta a sfruttare gli studenti introducendo, per tutti gli ordini di scuola, il lavoro obbligatorio e gratuito. Il tutto condito da un ritorno al preside–podestà di fascistissima memoria. Nel campo dei diritti sociali il nostro eroico presidente del consiglio è riuscito a spazzare via ogni diritto per i nuovi assunti con il job act e la libertà di licenziamento (cancellando ultime vestigia dell'articolo 18), nonché l’ulteriore limitazione al diritto di sciopero. Allo stesso modo, con i tagli agli Enti locali, vengono falcidiati il diritto alla casa e ridotta l’assistenza sanitaria. Sul piano istituzionale si stanno preparando riforme neoautoritarie: la nuova legge elettorale (Italicum) che prevede un enorme premio di maggioranza e la controriforma della costituzione. Queste manovre reazionarie incontrano solo "oppositori di sua maestà": Salvini e Grillo. Il primo è impegnato in una assurda caccia all'immigrato e al rom, al fine di suscitare una guerra tra poveri, lucrare consensi e distogliere le classi sfruttate italiane dal vedere quale è veramente il proprio nemico: capitalisti, banchieri, faccendieri e le loro consorterie politiche. Il secondo propone di sostituire il diritto dei lavoratori a costruire la propria organizzazione sindacale per difendere diritti e salario, con un’elemosina di Stato spacciata per reddito di cittadinanza.
In tale situazione diventa necessario liberarsi di truffatori e ciarlatani, delle tre destre che oggi si contendono il potere: quella di governo (Renzi) e le due di “opposizione” (Salvini e Grillo).
C’è bisogno di un’alternativa che si basi sull’unità dei lavoratori e delle loro lotte con la costruzione di una vertenza generale di tutto il mondo del lavoro. C'è bisogno di una sinistra che ricostruisca tra le lavoratrici e i lavoratori la coscienza della propria classe. I lavoratori hanno bisogno di un loro partito, autonomo e contrapposto a tutti i loro nemici, unicamente dedito alla loro causa. Un partito che li possa rappresentare e difendere contro il capitalismo.

 

MARTEDI’ 16 GIUGNO ALLE 0RE 21
SALA BENJAMIN via del Pratello 53

INCONTRO CON:

Marco Ferrando - portavoce del PCL

Monica Fontanelli – insegnante del movimento contro la Buonascuola

Un rappresentante del Comitato Inquilini di via Gandusio


CON I LAVORATORI MIGRANTI, PER L'UNITÀ DI LOTTA DEL LAVORO!

[testo del volantino che sarà distribuito sabato 13 giugno alla manifestazione regionale dei migranti a Bologna: ritrovo dello spezzone PCL in piazza dell'Unità alle 15]

 Il Partito Comunista dei Lavoratori marcia oggi al fianco dei migranti dell'Emilia- Romagna nella loro lotta per condizioni di vita decenti, contro la linea politica discriminatoria e razzista adottata, in modo più o meno aperto, da tutti i partiti dominanti e presenti in parlamento.


Parla chiaro la risposta delle istituzioni italiane e europee alla tragedia dei milioni di migranti che anno dopo anno cercano un futuro lontano da disoccupazione di massa, guerre, carestie: blocco delle vie di transito, taglio ai fondi per le missioni di soccorso in mare, campi-lager dove detenere i migranti colpevoli di...volere un vita degna! Tutto questo mentre fuori dall'Europa si continua a inondare di armi i paesi (ex)coloniali, dove si provano gli armamenti più sofisticati e letali (droni, missili, bombe...nucleari! Come quelle sganciate pochi giorni fa in Yemen).
L'Unione Europea intanto si barrica dentro i suoi confini e riduce i fondi per il soccorso dei migranti che attraversano il Mediterraneo. Aver coscientemente e volutamente ridotto il soccorso non poteva ridurre le partenze, poteva solo moltiplicare i morti. A tutti gli effetti, proprio per questo, autentici omicidi. Omicidi di cui portano la responsabilità tutti i firmatari della missione Triton, governo italiano e autorità europee in primo luogo. Come tutte le canaglie razziste reazionarie, dai salviniani ai loro simili in tutta Europa, che costruiscono la propria carriera politica ( stipendi e poltrone incluse) alimentando il gioco cinico della paura dei migranti nel più totale disprezzo di ogni senso umano di pietà.
I capitalisti e i loro partiti non fanno che approfondire la crisi che loro stessi hanno creato, continuando a fare danni dopo aver schiavizzato e spolpato interi continenti.

LE FALSE “SOLUZIONI”
Ora gli stessi responsabili italiani ed europei dell'ecatombe in corso, si affrettano ad annunciare “soluzioni”. Ma le “soluzioni” sono tanto poco credibili quanto coloro che le propugnano.
“Blocco navale davanti alle coste libiche” grida Salvini, “per respingere l'invasione”. Questa “soluzione” significherebbe abrogare il diritto di fuga e di asilo dei profughi di guerra, consegnandoli ai loro aguzzini.
Azione di polizia internazionale, targata UE e ONU, davanti alle coste libiche, per istituire centri di identificazione e smistamento dei migranti” propone Renzi. Questa “soluzione” ipotizzata da ambienti del governo italiano, a prescindere da ogni problema di praticabilità, si scontra con un interrogativo elementare: quale sarebbe il criterio dello smistamento? Si dice che occorrerebbe distinguere tra “migranti economici” e profughi di guerra, i primi da respingere e i secondi da accogliere. Ma non è chiaro che il grosso del flusso è oggi una fuga dalla morte? La verità è che si cerca il modo di bloccare la fuga dalla morte di masse umane disperate istituendo una barriera “legale” e “democratica” di respingimento. Potrebbe essere forse una “soluzione” per Renzi e i governi europei: si fa mostra di bloccare l'afflusso con argomenti “umanitari”, non si paga il prezzo d'immagine delle morti in mare, si contrasta la concorrenza elettorale dei Salvini di turno. Ma sarebbe una “soluzione” per i migranti quella di morire nel deserto, o di tornare nelle fauci delle proprie domestiche dittature sanguinarie, o di finire preda e trofeo dell'ISIS?

L'IPOCRISIA DEI GOVERNI BORGHESI EUROPEI
La verità è che i governi borghesi d'Europa, senza eccezione alcuna, cercano una soluzione per sé, non per i migranti. Di fronte alla più grande migrazione di massa del secondo dopoguerra, ogni regime borghese cerca il massimo utile per gli interessi della propria classe col minimo prezzo in termini di consenso. A questo sono servite e servono le leggi anti-migranti nella UE. Non hanno bloccato la migrazione, perché nessuna migrazione dalla fame e dalla morte può essere bloccata. In compenso hanno trasformato la vita di grandi masse di migranti in un inferno “clandestino” quotidiano, merce ricattabile per il massimo profitto delle imprese, e per di più oggetto di aggressioni xenofobe e concorrenze elettorali.
Oggi la storia si ripete. Di fronte alla nuova tragica impennata del flusso migratorio, per di più “incontestabile” trattandosi di profughi, si cerca di mascherare il loro respingimento con argomenti “umanitari” e persino “democratici”( lotta agli “scafisti schiavisti”, ai possibili “terroristi” ISIS mascherati, alla “tragedia delle morti in mare”). In realtà otterranno solo due risultati: renderanno ancor più difficile e disperata la fuga, accrescendo il rischio di morte. Creeranno una nuova leva di massa di cosiddetti “clandestini” da sfruttare entro le proprie frontiere.
Le grandi migrazioni di masse umane sono sempre state nella storia un riflesso di disuguaglianze e contraddizioni planetarie. Così fu a fine 800 e primo 900 nelle migrazioni europee verso le Americhe. Così è oggi nelle grandi migrazioni africane e asiatiche in Europa.
Quanto agli accoglimenti “legali”, ridotti al minimo, ogni Stato cercherà di scaricare sull'altro il fardello dei relativi costi di accoglienza riducendo al minimo, sotto ogni più elementare livello di decenza, i “costi” di accoglienza della “propria quota”. Non senza mangiatoie di sprechi e ruberie, gestite da cooperative bianche e “rosse” sulla pelle dei migranti, ridotti ad appestati senza diritti nei campi di detenzione senza aver commesso alcun delitto.
La differenza è che le stesse migrazioni prodotte dai crimini imperialisti trovano oggi un'Europa in declino, stagnante, distruttrice di posti di lavoro e di diritti dei propri proletari. E quindi un'Europa ancor meno “accogliente” dell'America di un secolo fa. Dovrebbe essere una ragione in più perché il movimento operaio europeo faccia quanto fece il movimento socialista americano del primo 900: una battaglia contro la xenofobia, contro le leggi anti-migranti, per la fratellanza tra gli sfruttati e gli oppressi al di là di ogni confine e bandiera.

PER UNA SOLUZIONE SOCIALISTA DEL DRAMMA MIGRATORIO

No ai respingimenti, aperti o mascherati, dei migranti.
Per un piano di accoglienza dignitosa dei migranti, a partire dai profughi, su scala europea.
Per una libera circolazione dei migranti in Europa.
Cancellazione delle leggi anti migranti, in ogni paese e su scala europea. A parità di diritti parità di lavoro, tra lavoratori europei e migranti
Ripartizione fra tutti del lavoro esistente, con la riduzione dell'orario di lavoro a parità di paga. A vantaggio dei lavoratori europei e migranti.
Piano del lavoro, in ogni paese e su scala europea, per opere sociali, finanziato dalle grandi ricchezze. A vantaggio dei lavoratori europei e migranti.
Requisizione, in ogni paese, dei grandi patrimoni immobiliari, per dare reale diritto di abitazione a lavoratori europei e migranti.

Altro che balbettii “umanitari” delle sinistre riformiste europee!
Solo un governo dei lavoratori, in ogni paese e su scala europea, può seriamente affrontare la
tragedia migratoria nell'interesse comune degli sfruttati.
Solo gli Stati Uniti Socialisti d'Europa possono incoraggiare in tutti i continenti la lotta e ribellione degli sfruttati contro la dominazione del capitalismo e dell'imperialismo.
Per recidere alla radice la causa stessa dell'emigrazione di massa.
Solo la rivoluzione cambia le cose”. Per tutti: europei e migranti.


 

Per chi è ancora convinto che il M5S sia di sinistra...

La grillina riminese Franchini difende Forza Nuova, in quanto al movimento fascista sarebbe stato "inibito il diritto di manifestare costituzionalmente garantito". L'agibilità ai fascisti, così dichiaratamente e sfacciatamente data dal Movimento 5 Stelle, è ormai qualcosa che non ha più nulla di tragicomico. Non c'è nulla da ridere. Il fascismo storicamente non ha mai preso il potere con dei colpi di stato, ma come insegnano le ascese di Hitler e Mussolini, furono proprio i partiti più conservatori a dare agibilità politica ai fascisti. Noi del PCL siamo stati i primi critici del M5S, mentre altri anche a sinistra dichiaravano che "...è un partito di sinistra...nel movimento ci sono anche i "compagni"...". Nel Movimento 5 Stelle, un movimento padronale che ha dei capò ben noti, ci sono attivisti che ormai non hanno nulla di sinistra, tantomeno si dichiarano antifascisti. Con queste organizzazioni non si può interloquire e nemmeno intavolare alcuna discussione o costruzione politica a sinistra. 
Il Partito Comunista dei Lavoratori ha sempre denunciato la natura reazionaria del movimento di Grillo e Casaleggio. Questo movimento non può che tradire le ragioni dell'antifascismo, dell'antirazzismo (ricordiamo le aperture di Grillo a Casa Pound e la politica estera anti immigrazione del movimento di Grillo e Casaleggio). La sinistra deve prendere le distanze dai grillini, anche quelli "dal volto pulito", ma che nascondono le ragioni dell'opportunità politica in vista delle prossime elezioni comunali riminesi. Opportunismo che si declina da un lato, come visto, nel tentativo di "normalizzazione" dei neofascisti, dall'altro negli spot pubblicitari dell'on. Giulia Sarti che si erge a paladina e interlocutrice privilegiata delle istanze dei movimenti per la casa, come visto recentemente nella vicenda di Casa Madiba.

Il PCL al corteo per la casa di Bologna

300.000 metri quadri sfitti a Bologna che potrebbero risolvere definitivamente il problema di chi non riesce a permettersi una casa. Fabbriche che chiudono. Scuola pubblica e università attaccate con la stessa forza con cui sono stati colpiti i lavoratori.
I padroni non hanno più niente da dare ma tutto da togliere. I loro partiti, PD in testa, eseguono i loro ordini.
La crisi che vogliono farci pagare si può risolvere solo in un modo: togliendo il potere a un pugno di industriali e banchieri, tramite il controllo dell'economia e dello Stato da parte della maggioranza, da parte dei lavoratori, degli sfruttati.
L'unico modo per soddisfare i bisogni vitali della maggioranza è, come sempre, vincere la lotta di classe, nel modo più unitario e organizzato possibile. Con una soluzione rivoluzionaria, con un partito rivoluzionario dei lavoratori.
Il Partito Comunista dei Lavoratori si impegna ogni giorno per collegare le lotte e costruire quel partito che i lavoratori non hanno e di cui però hanno sempre più bisogno.
Sempre al fianco dei proletari, come ieri al corteo del movimento per la casa.

LA BATTUTA D'ARRESTO DEL RENZISMO

I risultati delle elezioni amministrative del 31 Maggio misurano una pesante battuta d'arresto del renzismo. Non necessariamente la sua crisi. Ma la fine della sua dinamica espansiva e lo sgonfiamento della sua bolla elettorale.

PORTATA E SIGNIFICATO DEL VOTO
Il successo straordinario di Renzi alle elezioni europee non stava solo nel 41% dei voti riportati. Stava nell'aver bloccato e sconfitto l'avanzata populista, a danno in particolare del M5S. Questo era il dato che configurava il renzismo come strumento vincente della governabilità borghese agli occhi della classe dominante. E al tempo stesso come strumento di riscatto elettorale agli occhi di ampi settori di popolo della sinistra disorientati e allo sbando.
Le elezioni del 31 Maggio disperdono quel raccolto. Il PD ritorna a proporzioni bersaniane (23%). Il M5S conosce una relativa affermazione (18%, il dato più positivo ottenuto in elezioni amministrative regionali), pur subendo un'erosione a vantaggio di Salvini. La Lega di Salvini, soprattutto, mette a frutto il nuovo corso lepenista: capitalizzando la crisi di FI, sfondando in Centro Italia (v. Toscana e Marche), trainando elettoralmente in misura determinante la vittoria del Centrodestra in Liguria ( dove la Lega quadruplica i voti), riportando un risultato plebiscitario nella roccaforte veneta (dove somma voto a Zaia e voto a Salvini).
La pretesa di Renzi di ridimensionare la sconfitta subita esibendo la conquista della maggioranza delle regioni in palio, o dando al risultato un significato solo “amministrativo”, maschera la realtà. La competizione regionale mai come in questo caso ha avuto un marchio politico generale. Mai come in questo caso Renzi ha investito la propria immagine nella contesa, e l'ha politicamente persa. Lo prova il fatto che paradossalmente le due principali affermazioni elettorali del PD (Campania e Puglia) sono state ottenute da capi bastone locali (De Luca e Emiliano), relativamente autonomi dal renzismo anche se sostenuti da Renzi. In Liguria dove la competizione coinvolgeva più direttamente che altrove la figura di Renzi su diverse frontiere dello scontro politico, la sconfitta è stata inequivocabile. Più in generale il calo verticale del consenso al PD tra elezioni europee e regionali è riconducibile prevalentemente all'esperienza politica del governo Renzi, non a fattori locali.
In questo quadro, la sinistra politica riformista, nelle sue diverse articolazioni e collocazioni, registra un risultato critico. Con una indubbia particolarità in Liguria, dove il dato di Pastorino (9%) è consistente (seppur inferiore alle ambizioni iniziali), frutto anche di una spaccatura verticale del PD genovese: e tuttavia è significativo lo scarto amplio tra il voto al candidato presidente (voto personalizzato anti Paita) e il voto di lista. Nelle Marche, in Campania, in Toscana (seppur nell'ultimo caso con un risultato più rilevante, 6%) le sperimentazioni di laboratorio della “sinistra unita” non riescono a capitalizzare che in misura modesta la crisi del renzismo. Pesa proprio nel quadro di una competizione politica l'assenza di un riferimento politico nazionale capace di polarizzare e motivare il voto “a sinistra”, oltre alla zavorra d'immagine di sconfitte e compromissioni passate. La crescita consistente e relativamente uniforme dell'astensione a sinistra è assai indicativa, a conferma della tendenza già registrata nelle elezioni regionali dell'Emilia Romagna lo scorso autunno.
Complessivamente il dato elettorale fotografa dunque uno scenario politico negativo: la crisi del renzismo è fondamentalmente capitalizzata a destra; le lotte contro il Job Act e la “buona scuola” non trovano una espressione rilevante, attiva e autonoma, a sinistra. L'astensione registra prevalentemente un sentimento di sfiducia passiva in più ampi settori del popolo di sinistra.

LA CRISI DEL “PARTITO DELLA NAZIONE”
Il progetto del Partito della Nazione registra una difficoltà evidente. Il fine dell'operazione era ed è quello di combinare la preservazione del blocco sociale tradizionale del centrosinistra (parte della classe operaia industriale, lavoratori del settore pubblico e pensionati) con lo sfondamento nel blocco sociale del centro destra (piccola e media impresa). Su entrambi i versanti l'operazione segna il passo.
Sul versante del lavoro dipendente, dopo la tele vendita degli 80 euro, la politica del governo paga il costo sociale della guerra vinta contro l'articolo 18, lo scontro frontale col grande sciopero della scuola, il contenzioso sulle pensioni. Il vecchio blocco sociale del PD è stato investito da una frana di consensi su ogni lato.
Sul versante del blocco sociale di centrodestra, i vantaggi assicurati con lo sgravio dell'Irap e dei contributi alle imprese è compensato dalla difficoltà di ridurre la tassazione immobiliare e dal peso elettorale della questione migranti. La conseguenza è semplice: Renzi non riesce a capitalizzare la crisi verticale di Forza Italia che va tutta a beneficio della Lega. Mentre il consenso elettorale del centrodestra complessivamente inteso non solo tiene ma si espande.
Questa battuta d'arresto rivela in realtà una questione di fondo: la difficoltà del renzismo ad alimentare il proprio populismo di governo. Dopo l'operazione strutturale degli 80 euro, dopo la sgravio fiscale e contributivo legato al Job Act, il governo non trova altra benzina per nutrire il Partito della Nazione. L'operazione tentata con la restituzione anticipata del TFR ha fatto un flop clamoroso (500 richiedenti in tutta Italia contro la previsione governativa di un 50% di lavoratori interessati): perché la tassazione imposta per ragioni di cassa l'ha resa svantaggiosa. Il DEF del 2015 è altrettanto indicativo. Il “tesoretto” sperato si è dissolto sotto i colpi della Corte Costituzionale (pensioni) e sotto l'effetto di trascinamento finanziario delle operazioni precedenti. La crescita ulteriore del debito pubblico non consente all'Italia di negoziare in sede UE lo sfondamento del tetto del 3% sul deficit (concesso invece alla Francia). Mentre l'uscita dalla recessione del capitalismo italiano fatica a trasformarsi in reale ripresa (la crescita del 0,1% nel primo trimestre 2015 è dovuta alla crescita degli investimenti fissi lordi, non dei consumi finali; e la crescita degli investimenti a sua volta è quasi interamente dovuta alla FIAT). In questo quadro il governo non riesce a capitalizzare come avrebbe voluto la combinazione fortunata del calo dell'euro, del prezzo del petrolio, degli interessi sul debito pubblico (legato al quantitative easing della BCE). Mentre la crisi greca minaccia ricadute sui titoli pubblici italiani, e nuove sentenze della Corte istituzionale sono in attesa, con le relative incognite, su partite finanziarie consistenti ( blocco degli stipendi pubblici).

RICADUTE E INCOGNITE DEL DOPO VOTO
Il populismo si conferma dunque come delizia e croce del governo Renzi. Nessuna altra forma di governo ha dovuto il proprio successo al richiamo populista quanto il renzismo. Ma proprio per questo il destino del renzismo è affidato alla capacità di alimentarlo. L'intera costruzione del renzismo si fonda sulla raccolta del consenso. Il consenso non è solo il fine della politica di Renzi. E' la leva della sua ambizione bonapartista. E' il mezzo di cui Renzi si serve per scavalcare la relazione coi corpi intermedi della società (sindacati e Confindustria), puntando al diretto rapporto di massa; per riequilibrare i rapporti di forza con altri poteri dello Stato (Magistratura e Presidenza della Repubblica); per polarizzare attorno al proprio progetto un diffuso trasformismo politico negli stessi ambienti parlamentari (fuori e dentro il PD); per ottenere uno spazio negoziale in Europa. Il consenso è insomma la leva centrale del rapporto di forza tra l'aspirante Bonaparte e ogni suo interlocutore o avversario. Ma proprio per questo una crisi di consenso potrebbe investire il renzismo più di ogni altro fenomeno politico. Se cede il consenso cede l'architrave delle fortune del Capo. E un effetto domino rischia in quel caso di rovinargli addosso, con la stessa precipitazione della sua fulminea scalata.
E' presto per valutare se e in che misura l'esito del voto del 31 Maggio avrà effetti sulla vicenda politico parlamentare. I passaggi delicati al Senato su Riforma istituzionale e scuola saranno una prima occasione di verifica. L'impressione è che l'assenza di alternative al renzismo sul piano degli equilibri parlamentari consenta al governo uno spazio di tenuta e di navigazione. Lo stesso esito del voto non prefigura altre soluzioni politiche disponibili a breve per la classe dominante: Confindustria mantiene l'appoggio al governo che più la ignora ma che più ha dato ai padroni; la stampa borghese, con a capo Repubblica, mantiene la scelta di investire su Renzi; lo stesso crollo di Forza Italia, e la crescita parallela di grillismo e salvinismo, rafforzano l'appoggio obbligato a Renzi da parte del capitale finanziario quale unico strumento di governabilità. Né Renzi, presumibilmente, cambierà registro della propria politica e della propria ambizione. Il referendum istituzionale del 2016 resta nel suo disegno l'”appuntamento con la storia”: l'incoronamento plebiscitario del Presidente, la fondazione del nuovo Premierato in pectore.
E tuttavia la battuta d'arresto del 31 Maggio disegna la linea di una prima crepa importante di tale progetto. Lo spazio di una stabilizzazione reazionaria “di regime” attorno a Renzi, che poteva aprirsi dopo la sua vittoria sull'articolo 18, si fa assai più problematico.
Mentre proprio il panorama politico tripartito fra populismi reazionari rivali quale emerge dal voto conferma il punto di fondo: solo l'irruzione sulla scena del movimento operaio può capitalizzare a vantaggio dei lavoratori le difficoltà di Renzi, scomponendo i blocchi populisti e aprendo dal basso uno scenario nuovo. Diversamente quelle stesse difficoltà saranno il trampolino di altre soluzioni reazionarie, contro gli operai e tutti gli sfruttati.

IN QUESTO CONTESTO, IL RISULTATO DEL PCL
In conclusione, qualche notizia sul risultato elettorale del PCL. Ci siamo presentati in un numero limitato di Regioni, a causa delle astruse e antidemocratiche normative elettorali che, proprio per queste elezioni, rendono necessario la raccolta di un numero improponibile di firme (nelle realtà con molte provincie, anche nell’ordine di decine di migliaia). Eravamo presenti quindi solo in Umbria e in Liguria.
In Umbria, eravamo in lista con Casa Rossa di Spoleto, associazione politica locale con cui si è a lungo collaborato in questi anni: abbiamo raccolto lo 0,5% (poco meno che alle politiche del 2013, quando si era ottenuto lo 0,7%), a fronte dell’1,6% di Umbria per un’altra Europa (alternativa al PD) e il 2,6% di Se
In Liguria abbiamo visto una dinamica più articolata. Al voto erano infatti presenti tre diversi candidati di sinistra: Luca Pastorino (che riuniva componenti in uscita del PD con il grosso della sinistra di Rifondazione, Sel e Tsipras), Matteo Piccardi (del PCL) e Antonio Bruno (AltraLiguria, che riuniva componenti di Tsipras e della sinistra ligure, in particolare impegnate nella difesa dell’ambiente e del territorio, critiche con i partiti e la candidatura Pastorino). Matteo Piccardi ha ottenuto lo 0,8%, la lista del PCL lo 0,6% (ma in sole due provincie, Genova e Savona; la lista circoscrizionale era infatti assente ad Imperia e La Spezia). Un buon risultato, quindi, in particolare in confronto a quello delle altre forze: se Pastorino ha raccolto un certo consenso (9%), le liste che lo hanno sostenuto molto meno (4,1% rete a sinistra, 2,5 % la lista Pastorino); l’AltraLiguria di Bruno (lista e candidato) ha raccolto solo lo 0,7%, dietro al PCL nonostante l’appoggio di diverse forze, compresa Sinistra Anticapitalista. Un risultato limitato, quindi, per il numero di realtà in cui siamo stati al voto, oltre che per i consensi ricevuti. Ma un risultato positivo: pur essendo una piccola forza, oramai cancellati dai media (anche da quelli di sinistra), abbiamo dimostrato che è ancora in campo una prospettiva comunista e rivoluzionaria.
L (in alleanza con il PD). Per dare un metro di paragone, nelle scorse elezioni regionali il PCL non si era presentato, la FdS aveva il 6,9% e Sel il 3,4% (entrambi in alleanza con il PD).
PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI