Post in evidenza

No alla condanna per antisionismo del nostro compagno Alejandro Bodart (segretario del Movimento Socialista dei Lavoratori e della Lega Internazionale Socialista)

  Raccolta firme internazionale Nella città di Buenos Aires, in Argentina, il 30 dicembre, la Corte di Cassazione e d'Appello Penale ha ...

Cerca nel blog per parole chiave

In ricordo del compagno Pablo Vasco, dirigente del MST e della LIS

 


Abbiamo appreso con enorme costernazione e grande dolore l'improvvisa scomparsa del compagno Pablo “Vasco” Sartore.

Quei pochi di noi che lo avevano conosciuto lo scorso anno in Francia e in Argentina avevano potuto valutare la sua grande umanità e la sua grande preparazione politica, e anche la sua profonda capacità di scrittore nei suoi brillanti testi sulla questione di genere e sulle "dissidenze" sessuali LGBT+, alcune parti dei quali sono state molto utili anche per il nostro dibattito interno.
Non lo dimenticheremo lottando insieme per costruire quella internazionale marxista e rivoluzionaria per cui lui ha sempre combattuto, per creare un mondo finalmente privo di ogni sfruttamento e ogni oppressione.


Pablo ha avuto una lunga carriera nella sinistra rivoluzionaria. Ha militato ininterrottamente dal 1975 nel PST, nel vecchio MAS e poi nel MST, come membro della Direzione Nazionale. È stato impiegato di banca, metalmeccanico e studente universitario. È entrato a far parte della direzione del giornale, della commissione propaganda e responsabile del lavoro internazionale. Pablo ha dedicato uno sforzo particolare alla costruzione della Lega Socialista Internazionale. È stato uno dei pilastri nello sviluppo di questa corrente internazionale sotto vari aspetti, attivo in Francia e nei rapporti politici con diverse organizzazioni. Pablo ha proiettato il suo entusiasmo e le sue capacità in due ambiti in cui ha lasciato un indubbio segno. La lotta per i diritti di genere, dove ha espresso le sue elaborazioni che si sono riflesse in diverse pubblicazioni, ma soprattutto la sua militanza fin dagli anni '70 fino alla fondazione di Libre Diversidad e come leader della Federazione LGBT. E in secondo luogo, attraverso la CADHU (Commmissione Argentina per i Diritti Umani), ha abbracciato con forza la causa della lotta per i diritti umani, contro l'impunità di ieri e di oggi, diventando senza dubbio uno degli artefici dell'Incontro Memoria Verità e Giustizia, e lavorando fianco a fianco con i referenti e con tutte le organizzazioni, impegnandosi per sviluppare la lotta, per l’unità nella diversità, consapevole della necessità di portara avanti la mobilitazione soprattutto nei tempi che stiamo attraversando di repressione e negazionismo.

(dal sito del MST)

Partito Comunista dei Lavoratori

AGGIORNAMENTI DALLA PALESTINA

 


Serata a cura del Partito Comunista dei Lavoratori,
sez. Romagna

24 gennaio ore 21.00
presso il circolo Karl Marx, via Via G. Matteotti, 23 – Forlì




Nessuno stato sionista in Palestina. Stop all’invasione del Libano. Fuori gli Stati Uniti dal Medio Oriente! Per una Palestina unica, democratica, laica e socialista!

Il 7 ottobre segna un anno da quando Hamas ha invaso le difese di confine nel sud di Israele, attaccato obiettivi militari, preso ostaggi – per lo più civili – ed è tornato alle sue basi. L’operazione ha colto Israele di sorpresa, ha distrutto il mito della sua invulnerabilità e ha paralizzato il processo di “normalizzazione” delle sue relazioni con gli Stati arabi complici sponsorizzati dall’imperialismo statunitense. Il dolore per la morte e il maltrattamento di civili inermi non può nascondere il fatto che la parte essenziale responsabile della violenza è lo Stato sionista e colonialista, che ha commesso pulizia etnica e genocidio contro il popolo palestinese dalla fine della prima guerra mondiale, nel 1918, sotto la protezione dell’imperialismo britannico, con un salto drammatico quando lo Stato israeliano è stato fondato nel 1948, 76 anni fa.

 Durante l’ultimo anno, gli attacchi e le operazioni armate di Israele hanno raggiunto anche la Siria, lo Yemen e l’Iran, sempre con il sostegno economico, politico e militare degli Stati Uniti, dell’imperialismo occidentale e dei loro governi. Israele ha anche la complicità esplicita o implicita dei nuovi imperialismi di Russia e Cina, e della maggior parte dei governi capitalisti dei paesi arabi. Al di là della sua retorica anti-israeliana, il regime reazionario e teocratico iraniano non ha sostenuto la resistenza palestinese nella pratica, in conformità con le sue aspettative. Allo stesso tempo, la più grande minaccia alla possibilità di una vera pace nella regione è l’oppressione sionista-imperialista.

Nonostante l’enorme disparità di forze e i massacri, Israele non è ancora riuscito a superare la resistenza palestinese, a smantellare Hamas o a recuperare gli ostaggi. Allo stesso tempo, nei principali paesi imperialisti, nel mondo arabo e a livello globale, con i giovani all’avanguardia, ci sono manifestazioni di massa, accampamenti e altre azioni in solidarietà con la Palestina, e il boicottaggio degli interessi sionisti che espongono il ruolo criminale di Israele. Gli attivisti sfidano la repressione e la persecuzione dei governi complici. Questo crescente rifiuto ha spinto la Corte Penale Internazionale e le agenzie delle Nazioni Unite a emettere risoluzioni di condanna di Israele, chiedendo un cessate il fuoco, l’arrivo di aiuti umanitari e la fine dell’occupazione di nuovi territori. Ma si limitano a dichiarazioni formali, senza sanzioni effettive. L’unico strumento decisivo per la vittoria rimane la resistenza palestinese e la solidarietà attiva dei popoli arabi e del mondo intero.

Il governo di estrema destra di Netanyahu, del Likud e dei partiti religiosi sta approfondendo la sua offensiva antipalestinese di natura chiaramente pogromista. Le proteste in Israele criticano il governo e chiedono che negozi lo scambio di prigionieri con Hamas, ma sostengono la dominazione sionista. I settori progressisti contro l’occupazione sono molto in minoranza. D’altra parte, l’Autorità Palestinese di Abu Mazen e l’OLP in Cisgiordania svolgono un ruolo di collaborazione più o meno aperta con Israele. Per quanto riguarda Hamas, Hezbollah e altre leadership nazionaliste borghesi e jihadiste, il loro progetto politico è uno Stato palestinese capitalista e fondamentalista islamico nello stile dell’Iran, che consideriamo reazionario e autoritario. Siamo separati da questa strategia da differenze inconciliabili, motivo per cui incoraggiamo la costruzione di una nuova leadership palestinese rivoluzionaria, socialista e internazionalista.

Nonostante queste differenze fondamentali, sosteniamo incondizionatamente la causa del popolo palestinese per la sua liberazione e autodeterminazione, il suo diritto a difendersi con tutti i mezzi a sua disposizione e a tornare e recuperare le sue case e terre usurpate. Facciamo appello ai giovani, ai lavoratori e ai popoli; alle organizzazioni popolari e a quelle per i diritti umani, agli attivisti arabi ed ebrei antisionisti negli Stati Uniti, in Europa, in Medio Oriente, nel Maghreb e nel mondo intero per raddoppiare la loro mobilitazione nel ripudio dello Stato di Israele e a sostegno della Palestina. Il primo compito dei socialisti rivoluzionari è quello di promuovere la massima unità d’azione possibile contro il genocidio sionista e in solidarietà con il popolo palestinese. Estendiamo questo sostegno al popolo libanese, oggi sotto attacco impunito da parte di Israele.

Non c’è stata, non c’è e non ci sarà alcuna pace giusta e duratura in Medio Oriente fino a quando persisterà l’oppressione dello Stato sionista, teocratico e terrorista di Israele, artificialmente posizionato come gendarme filoimperialista dei popoli arabi. Né con la fallimentare politica dei due stati, che l’imperialismo e i suoi alleati stanno cercando di ricreare, né con uno stato palestinese capitalista e islamista. Per svolgere un ruolo progressista, la classe operaia e i giovani israeliani devono rompere con il sionismo, rifiutare la sua guerra e sostenere la causa palestinese. La pace sarà possibile solo con la sconfitta definitiva dell’oppressivo Stato israeliano e la sua sostituzione con una Palestina unica, laica, democratica e socialista nel quadro di una rivoluzione socialista regionale.

L'ANP contro la resistenza palestinese

 


L'operazione di polizia in Cisgiordania e il suo significato politico

“Proteggere la patria”: è il nome dato all'operazione di polizia dell'ANP in Cisgiordania contro le organizzazioni della resistenza palestinese.

Mentre il governo Netanyahu dà mano libera ai coloni sionisti della Cisgiordania, liberando dalla detenzione amministrativa i (pochissimi) militanti sionisti incarcerati, Mahmoud Abbas scatena la propria polizia contro i combattenti palestinesi a Jenin e Ramallah. Duemila poliziotti dell'unità d'élite 101, il cuore della cosiddetta forza di sicurezza palestinese in Cisgiordania, sono stati sguinzagliati armi alla mano, per smantellare le cellule della resistenza. Le stesse che da oltre un anno hanno dovuto fronteggiare, nelle peggiori condizioni, l'attacco congiunto delle forze militari di occupazione e dello squadrismo dei coloni, al prezzo di più di ottocento palestinesi assassinati.

Secondo l'OCHA, struttura dell'ONU preposta agli aiuti umanitari in Cisgiordania, si tratta della più grande operazione nella storia delle forze della sicurezza palestinese. Una pugnalata alla schiena della resistenza. L'esatto opposto della “protezione della patria”. Ciò per mano di una ANP corrotta, che ha collaborato sistematicamente con le forze di occupazione, sorveglia le reti social e ogni spazio pubblico, impedisce ai giornalisti di Al-Jazeera di operare in Cisgiordania (esattamente come fanno i sionisti), rifiuta di indire elezioni (che avrebbero dovuto tenersi nel 2021 ma sono state rinviate sine die) per evitare una clamorosa sconfessione da parte della popolazione.

C'è una sola ragione che oggi spiega l'operazione poliziesca dell'ANP in Cisgiordania: la sua candidatura a governare Gaza quando finirà la guerra. Mahmoud Abbas vuole mostrare alle potenze imperialiste le proprie credenziali poliziesche nel controllo del popolo palestinese. Colpire la resistenza, disarmare le sue strutture, vuol essere una prova di affidabilità ai loro occhi.

Le prospettive di questo progetto sono incerte. Il governo Netanyahu, sotto la pressione dell'estrema destra, ha sinora dichiarato la contrarietà israeliana a tale “soluzione” per Gaza. Ma Donald Trump sembra puntare a riesumare gli accordi di Abramo tra Israele e l'Arabia Saudita, e il regno saudita ha difficoltà ad un accordo con lo stato sionista senza la copertura di qualche “soluzione” farlocca per la Palestina.
Dal canto loro, gli imperialismi europei sostengono apertamente le mire di Abbas su Gaza. Il ministro degli esteri Italiano ha già dichiarato che non solo non vede altra soluzione possibile, ma che l'Italia si candida a fornire il proprio sostegno ad una amministrazione dell'ANP a Gaza, inviando se necessario i carabinieri tricolore, già impiegati peraltro a suo tempo nell'addestramento della polizia dell'ANP.

I fatti dimostrano che la (fragile) “tregua” nella guerra di Gaza, dopo un anno di sanguinosa barbarie, non dischiude di per sé alcuna prospettiva di liberazione per i palestinesi, che restano ostaggio dello stato sionista, degli imperialismi che lo armano, delle direzioni palestinesi che con questi collaborano.
Solo il rovesciamento rivoluzionario dello stato sionista, solo la liberazione della nazione araba dalla dominazione imperialista, potranno consentire l'autodeterminazione palestinese. Inseparabile come non mai dalla prospettiva di una rivoluzione araba.

Partito Comunista dei Lavoratori

No alla condanna per antisionismo del nostro compagno Alejandro Bodart (segretario del Movimento Socialista dei Lavoratori e della Lega Internazionale Socialista)

 


Raccolta firme internazionale

Nella città di Buenos Aires, in Argentina, il 30 dicembre, la Corte di Cassazione e d'Appello Penale ha revocato l'assoluzione del nostro dirigente Alejandro Bodart a causa della denuncia dell'organizzazione sionista DAIA (Delegazione delle Associazioni Israeliane in Argentina) contro i suoi tweet contro il genocidio israeliano e a sostegno del popolo palestinese. In questo modo, è stato condannato a una pena sospesa di sei mesi di carcere, al pagamento delle spese e a una sorveglianza che implica essere sotto il controllo della giustizia per due anni, compresa l'eventualità di non permettergli di lasciare il paese.

Come è evidente, se questa sentenza dovesse diventare definitiva, sarebbe un gravissimo precedente antidemocratico contro la libertà di espressione in generale e contro il nostro partito fratello e l'ISL in particolare, con il conseguente danno a tutta la nostra attività politica internazionalista in termini di viaggi, incontri e altri eventi, proprio in un momento in cui le relazioni e la costruzione internazionale si stanno intensificando.

Dal punto di vista giudiziario ci sono altri tre gradi di appello: un'altra camera della stessa Camera, la Corte Superiore di Giustizia della Città di Buenos Aires e la Corte Suprema della Nazione. La prima presentazione sarà fatta dagli avvocati difensori di Alejandro nei primi giorni di febbraio.

Sapendo che più si sale nella piramide del sistema giudiziario, più si è vicini al potere politico borghese, si sta sviluppando una campagna internazionale di solidarietà con l'obiettivo di ottenere l'assoluzione del coordinatore internazionale della nostra organizzazione e direttore di Permanente Revolution, la rivista dell'ISL.

Siamo di fronte a una difficile battaglia politica, perché in molti paesi è in atto un processo di vera e propria colonizzazione del sistema giudiziario da parte dell'apparato sionista per cercare di vittimizzarsi e mettere a tacere le critiche a Israele basate sulla definizione ingannevole dell'IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance) che equipara l'antisionismo all'antisemitismo. Questa pressione è particolarmente intensa in Argentina, approfittando dell'allineamento politico incondizionato del governo di estrema destra di Milei con Israele e gli Stati Uniti.

Il procedimento penale contro Alejandro è stato avviato due anni fa dalla DAIA con l'accusa di antisemitismo per tre suoi messaggi sui social network. Nel maggio 2023 è stato respinto da un giudice di primo grado, ma la DAIA ha presentato ricorso e poi la camera ha ordinato il rinvio a giudizio. In quel processo, con la presenza di leader e personalità di spicco come testimoni a suo favore, una giudice si è dichiarata per l’assoluzione Alejandro per la seconda volta ma poi la camera di consiglio, a maggioranza, ha rivisto la sentenza e lo ha condannato.

In ogni caso, non è impossibile ottenere una vittoria perché, allo stesso tempo, il ripudio e il discredito dello Stato sionista per i crimini brutali che continua a commettere sta crescendo in tutto il mondo. La notizia della condanna di Alejandro ha avuto molte ripercussioni sui media argentini, che hanno dovuto includere le nostre argomentazioni e presentarle come un argomento "in discussione". E Alejandro, il MST e la LIS stanno ricevendo espressioni di solidarietà da organizzazioni e personalità di un vasto arco politico nazionale e internazionale.

In Argentina è un banco di prova che qualunque sia il risultato avrà un'enorme importanza, anche a livello internazionale. La recente condanna è stata celebrata dai media sionisti nello stesso Israele con il pomposo titolo di "sentenza storica". Invertire la rotta sarebbe un duro colpo per l'arroganza sionista e un precedente da usare a favore di altri combattenti che sono anch'essi perseguitati per aver sviluppato solidarietà con la Palestina in diversi paesi.

Per questo vi invitiamo tutti a firmare in questa pagina.

Partito Comunista dei Lavoratori

Verità per Ramy, ucciso dallo stato borghese


 Lo stato ha ammazzato Raiy Elgaml e cerca di salvarsi la faccia. Lo stato ha le mani sporche del sangue dei lavoratori e dei loro figli. Così prova a raccontarci che non è stato ammazzato un ragazzo di 19 anni per la violenza e la prepotenza con cui agiscono le sue forze dell'ordine, ma che è morto un ladro e che è morto un immigrato.

Lo Stato italiano non produce altro che morte e violenza, toglie tutto alle nuove generazioni e le accusa della loro rabbia. Questa mobilitazione è il chiaro esempio che tutto ciò non può più essere la normalità, e non si può più accettare.

Il Partito Comunista dei Lavoratori si schiera dalla parte di Ramy, della sua famiglia dei suoi amici. Continuerà a lottare perché gli oppressi di tutta Italia, che subiscono la stessa violenza da parte dello stato, prendano in mano gli strumenti per costruire un mondo in cui nessun uomo possa ammazzare un altro uomo! Un mondo senza più padroni, un governo dei lavoratori.

Partito Comunista dei Lavoratori

Australia: campagna in supporto alle e agli student3 per la Palestina


 In Australia, nonostante il governo sia oggi in mano ai laburisti, si è andati oltre a quanto avvenuto in altri paesi. Dopo una manifestazione di circa 2500 persone a Melbourne, oltre un centinaio di partecipanti e organizzatori, in genere in base a riconoscimento fotografico, sono stati denunciati per reati che vanno dal blocco stradale alla resistenza alla polizia, e andranno a processo nelle prossime settimane. Diversi di loro sono stati addirittura arrestati, dopo i fatti, con irruzione violenta di squadre di poliziotti nelle loro abitazioni. 

Molti tra gli arrestati sono militanti o simpatizzanti di Azione Socialista (Socialist Action), la principale organizzazione di estrema sinistra in Australia

 I compagn@ australiani hanno lanciato una campagna di raccolta firme internazionale, rilanciata dalla LIS. Invitiamo tutt@ a firmare e a far firmare anche a persone di altre organizzazioni, specialmente se hanno ruoli istituzionali o sindacali. 


Il link per firmare è nel testo. Purtroppo non abbiamo tempo di tradurlo, ma, a parte chi conosce almeno un po' l’inglese, il link è in rosso e quindi facilmente riconoscibile nel testo e le modalità di firma semplici.

 

A questo indirizzo potete trovare il link per la sottoscrizione:

 


Australia: Campaign in support of students for Palestine 

La legge finanziaria del governo Meloni

 


La legge di stabilità del governo Meloni è la prima legge finanziaria dopo il varo del nuovo Patto di stabilità europeo, sottoscritto da tutti i governi capitalisti dell'Unione Europea e dall'insieme della vecchia e nuova maggioranza che sorregge la Commissione Europea (per intenderci, dal PD a Giorgia Meloni, sul versante italiano).


L'obiettivo della manovra economica è dichiarato: ottenere il placet di Bruxelles, dopo la procedura d'infrazione subita in estate, e un giudizio positivo del capitale finanziario e delle relative agenzie di rating, quelle che debbono certificare il grado di solvibilità di un paese sul proprio debito pubblico.
Su entrambi i lati, il governo ha ottenuto ciò che cercava. Ursula Von Der Leyen ha tutto l'interesse a incassare il sostegno di Giorgia Meloni e di buona parte del blocco del Partito dei Conservatori Europei, guadagnando uno spazio di azione più ampio. Meloni a sua volta ha interesse a proseguire sulla linea del proprio accreditamento politico e personale presso le cancellerie del continente, valorizzando la stabilità del proprio governo, a fronte della crisi politica di Francia e Germania, e quindi attestandosi quale diretta interlocutrice della nuova amministrazione americana. La nomina di Fitto tra i vicepresidenti della Commissione UE è un obiettivo successo di questa politica di scambio.

In tale cornice si colloca la manovra Meloni-Giorgetti, che la stessa stampa borghese saluta, con linguaggio improprio ma significativo, come “ritorno dell'austerità”.
7,7 miliardi di tagli ai ministeri, con conseguenze multiple, tra cui 702 milioni di tagli all'università e alla ricerca, e il blocco del turnover al 75% in una pubblica amministrazione già disossata; 5,6 miliardi di tagli agli enti locali, che significano riduzione della spesa sociale, ulteriore ridimensionamento dei servizi essenziali (asili, trasporto locale, welfare) e spinta a un nuovo aumento della tassazione comunale e regionale (IRPEF); continuità dei tagli al disastrato sistema sanitario, ormai ridotto al 6,2% del PIL; ulteriore peggioramento del sistema pensionistico, con l'innalzamento prima a 25 e poi a 30 anni degli anni di contributi necessari (per chi è in regime solo contributivo) al fine di poter accedere alla pensione anticipata a 64 anni, con parallelo rafforzamento della previdenza privata. L'unica spesa pubblica che sale è quella militare, ed in particolare in armamenti, in sintonia con lo scenario mondiale e l'indirizzo UE.

Parallelamente il governo offre un concordato fiscale biennale alle partite IVA (tassazione preventivamente concordata indipendentemente dalla crescita dei profitti, quindi detassazione preventiva degli stessi), combinata con la diretta riduzione dell'IRES sugli utili aziendali (dal 24% al 20%): la cosiddetta “IRES premiale” chiesta a gran voce da Confindustria. Un ulteriore abbassamento, seppur condizionato, della tassa piatta sui profitti, in sé scandalosa. Una tassa peraltro già ridotta verticalmente negli ultimi vent'anni: prima dal secondo governo di Romano Prodi che nel 2007 la portò addirittura dal 34% al 27% (col sostegno di Rifondazione); poi da tutti i governi successivi, in particolare dal governo Renzi.
È la risultante della concorrenza fiscale tra gli stati capitalisti della stessa UE nell'offrire condizioni di favore al capitale. La manovra Meloni è solo l'ennesimo passaggio di questa partita infinita. Le banche italiane sono chiamate a favorire l'operazione con un semplice anticipo, senza pagare un euro in più sui propri utili.

La grancassa propagandistica del governo (“abbiamo aumentato i salari”) ruota attorno al famoso taglio del cuneo fiscale, ora reso “strutturale”, attraverso una combinazione di taglio contributivo e detrazioni fiscali. Si tratta in realtà di una truffa, perchè finge di aumentare i salari quando in realtà mette a loro carico l'operazione attraverso il fisco: in altri termini, una fiscalizzazione della vecchia decontribuzione varata da Draghi, una grande partita di giro a saldo zero. E per di più, nell'ultima versione, persino peggiorativa: perché agendo attraverso il gioco delle detrazioni finisce per ridurre i salari di un'ampia fascia di salariati.
Il vero fine del taglio del cuneo fiscale era ed è quello di proteggere i profitti d'impresa dal rischio di forti rivendicazioni salariali. È un caso che Confindustria sia la più convinta sostenitrice del taglio del cuneo, che infatti vorrebbe ancor più consistente?

Tutto ciò acquista il suo pieno significato nel quadro più generale della cosiddetta dinamica dei redditi. Lo studio condotto al riguardo da un gruppo di ricerca della Facoltà di Ingegneria dell'Università La Sapienza in ottobre, e presentato con disinvoltura dal quotidiano di Confindustria, è eloquente: «Il travaso di ricchezza dal lavoro al capitale è stato pazzesco. I soci hanno prelevato come dividendi l'80% degli utili netti e hanno lasciato il 20% come autofinanziamento di nuovi investimenti... Oltretutto i rari investimenti delle imprese sono stati per il 40% materiali nelle fabbriche e per il 60% finanziari in partecipazioni» (Il Sole 24 Ore, 22 ottobre 2024). Lo scrivono i padroni. È la confessione testuale del parassitismo della borghesia.

A ciò si aggiunge una altrettanto eloquente informativa dell'Istat (29 ottobre): «I 46 contratti collettivi nazionali in vigore per la parte economica riguardano il 47,5% dei dipendenti... i contratti che a fine settembre 2024 sono in attesa di rinnovo ammontano a 29 e coinvolgono il 52,5% del totale dei dipendenti». Significa che la maggioranza dei salariati lavora con contratti scaduti. Con una ennesima diminuzione dei salari.
L'attuale aggravamento della crisi recessiva in Germania, a partire dall'industria automobilistica, viene usata dal padronato come ulteriore leva di chiusura verso le richieste contrattuali, come mostra lo stallo del rinnovo contrattuale dei metalmeccanici.

La richiesta di un forte aumento salariale per tutti i lavoratori e le lavoratrici, di almeno 400 euro netti, si impone sempre più come esigenza generale della classe lavoratrice, al di là dei confini di categoria, assieme alla rivendicazione di una tassa patrimoniale straordinaria del 10% sul 10% più ricco. Paghi chi non ha mai pagato. Paghino i profitti di banche e imprese. È la voce necessaria di una piattaforma unificante per la vertenza generale dell'intero lavoro salariato, pubblico e privato. L'unica via per prendere sul serio l'evocazione della “rivolta sociale”. Evitando di ridurla a recita ipocrita da talk show, o a comizio di piazza una tantum.

Partito Comunista dei Lavoratori