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Contro burocrazie e padroni solo la lotta paga

Volantino distribuito dal PCL ai cortei di Vicenza e Parma contro la repressione delle lotte operaie, 30/1/2016

CONTRO BUROCRAZIE E PADRONI SOLO LA LOTTA PAGA
PER UNA ALTERNATIVA POLITICA
DEI LAVORATORI 


Come sempre, Il Partito Comunista dei Lavoratori sostiene gli operai impegnati nella lotta: siamo a fianco dei lavoratori in manifestazione a Parma e a Vicenza.
Le recenti lotte dei facchini in Emilia e in Veneto indicano un esempio positivo al resto della classe operaia: se non si lotta, si ha già perso in partenza. Chi lotta, può ottenere risultati concreti, può strappare una migliore condizione sul posto di lavoro, può salvare un posto di lavoro che era “scomparso”. I lavoratori in lotta in Emilia e in Veneto, organizzati spesso con SI Cobas e ADL Cobas, hanno mostrato ai lavoratori di CGIL-CISL-UIL che c'è un'alternativa  alle trattative tutte a perdere, alla rassegnazione di fronte agli attacchi dei padroni.
Ma lottare sui posti di lavoro, vertenza per vertenza, non basta.
La lotta che la borghesia, che i padroni ci fanno è una lotta totale, continua, senza tregua, dura, politica. A cui serve dare una risposta altrettanto generale, radicale, organizzata: una risposta politica.
 
Non ci stanchiamo di indicare questa soluzione: una lotta degli sfruttati contro gli sfruttatori, lavoratori contro padroni, generale, che diventi un fronte unico di lotta contro i padroni e il loro governo. In tutti i settori del lavoro, ma che estenda la lotta anche a tutti i temi centrali della nostra società – salute, scuola, ambiente, pace. Perché i nostri nemici vogliono riprendersi tutti i frutti delle lotte passate, e ci portano verso un futuro di distruzione dell'ambiente e della società, di guerra.
Allora, lavoratori, noi vi diciamo: agite per unirvi, per unire le lotte e tutte le grandi e piccole realtà organizzate del movimento operaio! Spingete perché sia sempre più forte un sindacato combattivo, unitario, di classe! Lottare tutti insieme contro i padroni e contro la burocrazia sindacale ovunque essa stia contro i lavoratori, per sconfiggerla e cacciarla! Superare le divisioni sindacali per per cercare la massima unità nella lotta, la massima mobilitazione: solo uniti si può vincere! Ma per vincere cosa? Ogni vittoria strappata ai padroni, grande o piccola, può essere tolta in futuro: i tagli alla scuola, la chiusura degli ospedali ce lo dimostrano. Per vincere veramente, bisogna conquistare il potere politico e economico: l'unica prospettva vincente è un governo dei lavoratori. Non solo in un paese, ma in tutto il mondo: per mettere fine allo sfruttamento di pochi sui molti. Per condurre questa battaglia politica, è necessario un'organizzazione, un partito politico rivoluzionario. Il Partito Comunista dei Lavoratori si impegna a costruire questo partito ogni giorno, fianco a fianco ai lavoratori, senza mai tradirli.


PER UN MOVIMENTO OPERAIO
UNITO NELLA LOTTA
PER FERMARE L'ATTACCO DEI PADRONI
PER MANDARE A CASA IL LORO GOVERNO RENZI

SABATO 23 GENNAIO RICORDIAMO I 95 ANNI DALLA NASCITA DEL PARTITO COMUNISTA D'ITALIA

95 anni fa nasceva il Partito Comunista d'Italia, sezione dell'Internazionale comunista.

Sabato, 23 Gennaio 2016 alle ore 16:00 

Sede PCL Via V.Marini 1/b -  Bologna

Il 21 gennaio 1921, da una scissione del Partito Socialista nasceva il Partito Comunista d'Italia, sezione dell'Internazionale Comunista con il programma di fare la rivoluzione proletaria in Italia, contro il tradimento delle organizzazioni riformiste. 
Ricordiamo l'atto di nascita del comunismo italiano e il suo programma rivoluzionario contro tutte le mistificazioni sia di parte riformista che di parte stalinista.

Introduce Michele Terra della segreteria nazionale del PCL
Seguirà un rinfresco.

Con Domenico Destradis, con i delegati FCA (ex FIAT), difendiamo la resistenza contro Marchionne e la democrazia sindacale in CGIL

Dallo scorso inverno in diversi stabilimenti FCA (ex FIAT) del centro-sud (prima Pomigliano, Sevel e Melfi, poi Termoli), Marchionne ha iniziato ad esigere regolarmente straordinari comandati: sabati e domeniche in fabbrica, estendendo lo sfruttamento di lavoratori e lavoratrici, per garantire continuità nella produzione e saturazione degli impianti. In questo modo, e solo in questo modo, spera di sviluppare un’azienda “drogata di capitale” (come lo stesso Marchionne la definisce), riducendo i debiti e distribuendo valore tra gli azionisti.
È il suo modello, imposto prima a Pomigliano, poi a Mirafiori e quindi in tutto il Gruppo FIAT: un contratto specifico di lavoro (fuori dal Contratto Nazionale metalmeccanico) che cancella i diritti sindacali e quelli individuali, introduce massima flessibilità oraria e malattie non pagate, intensifica lo sfruttamento con i nuovi ritmi dell’Ergo-Uas e la moltiplicazione dei turni (notturni e festivi), vieta di fatto il diritto di sciopero con l’esigibilità contrattuale.

Contro questa ulteriore imposizione, all’inizio dell’anno scorso tutta la FIOM si è opposta, indicendo scioperi in occasione di questi straordinari. Ma nella difficoltà della lotta, sotto le pressioni dei media, con la prospettiva di riconquistare un fronte unitario con gli altri sindacati, ha ben presto abbandonato questa iniziativa. Una parte dei delegati e delle delegate (RSA) FIOM ha ritenuto sbagliata questa scelta: un “epilogo negativo della battaglia che dentro le fabbriche abbiamo sostenuto duramente noi delegati insieme ai lavoratori che rappresentiamo! […] Rinunciare, proprio in questa fase, all’unico strumento di lotta che la FIOM e le sue RSA posseggono per contrastare l’arroganza padronale sarebbe un errore enorme […] I lavoratori ci riconoscono il merito di fare sempre e comunque le battaglie che riteniamo giuste, e non solo quelle convenienti! Ed è da quest’ultimo elemento che dobbiamo ripartire, perché domani le ragioni del nostro sacrificio diventino le ragioni di una vittoria, dura sicuramente, ma che ci vede unico e ultimo baluardo di democrazia in un mondo, quello FIAT, dove spesso la legge si ferma ai cancelli d’ingresso” (dalla Lettera al segretario FIOM di una trentina di RSA FCA e indotto, 1 aprile 2015; (1)

Per questo, nel corso di questi mesi, hanno portato avanti questa lotta, in coerenza con la linea di contrasto al CCSL. Questi delegati e queste delegate, come rappresentanti sindacali nel proprio luogo di lavoro, hanno quindi indetto uno sciopero degli straordinari ogni qualvolta ci fosse occasione, restituendo a lavoratori e lavoratrici questo diritto messo in discussione dal CCSL e garantendo concretamente a loro, sempre e comunque, la possibilità di non venire in fabbrica il sabato e domenica. Nell’ambito dei loro diritti e dei loro poteri. Una lotta aspra e ardua: sottoposti all’ostracismo dell’azienda, nella disattenzione dell’opinione pubblica e della sinistra (pochi gli articoli, i sostegni e le solidarietà), nell’isolamento dello stesso sindacato a cui appartengono. In questo contesto, dalla scorsa primavera è nato un coordinamento, “per contrastare in maniera più incisiva ed efficace la deriva autoritaria persistente negli stabilimenti FIAT a seguito dell’introduzione del CCSL e della nuova metrica del lavoro Ergo-Uas. La finalità di tale iniziativa è esclusivamente quella di riunire i lavoratori e lavoratrici, marciando uniti contro le divisioni promosse dai vertici aziendali, condividendo iniziative di lotta e conflitto, le uniche indispensabili al ripristino di condizioni di lavoro ed economiche migliori all’interno delle fabbriche”. Un coordinamento di scopo, quindi, come in tanti altri settori e in tante altre aziende, che coinvolge delegati e delegate, lavoratori e lavoratrici, di diverse organizzazioni sindacali (USB, FLMU-CUB, SlaiCobas e FIOM-CGIL).

Mimmo Destradis è uno di questi delegati RSA. Come altri, appartiene da tempo all’area "Il sindacato è un'altra cosa - Opposizione CGIL", minoranza anche in FIOM. Per questo, a partire dalla sua rappresentatività in azienda e da questa esperienza di lotta, quest’area lo ha proposto come componente del Comitato Centrale della FIOM, nel quadro di 17 sostituzioni valutate nella sua ultima riunione (8 gennaio 2016). Il gruppo dirigente FIOM ha rifiutato questa indicazione, impedendo la sua elezione in CC. Una scelta grave ed inedita, autoritaria e dispotica, che ha cancellato il diritto di una minoranza di poter individuare i propri rappresentanti negli organismi dirigenti: un diritto statutario, sinora mai messo in discussione in una categoria che ha fatto delle democrazia e della dialettica sindacale un proprio valore.

Il problema sollevato è però ben più grave e ben più esteso. Il rifiuto di inserire Mimmo in CC è stato giustificato sulla base di un “interpello” al Collegio Statutario CGIL (una denuncia interna): i due dirigenti FIOM di Basilicata e Molise hanno chiesto di verificare la compatibilità tra l'adesione alla CGIL e la costituzione di quel coordinamento di base, nato per contrastare il modello Marchionne. Diverse RSA sono quindi coinvolte in questa denuncia (la maggioranza di Termoli, una buona parte di Melfi e della Sevel, oltre che altre in diversi stabilimenti FCA): compagni e compagne fortemente rappresentativi, come testimoniato dalle recenti elezioni RLS (che li hanno visti eletti con centinaia di voti, nei primi posti delle liste FIOM: vedi a titolo di esempio, tra gli altri, la nostra compagna del PCL di Termoli Stefania Fantauzzi (2).

La FIOM, nel 2010, quando Marchionne ha proposto il suo modello, ha rappresentato per milioni di lavoratori e lavoratrici una speranza di resistenza: una resistenza democratica e di classe. Oggi, dopo la chiusura nel vuoto della lotta contro il Jobs Act nel 2015, dopo un autunno gelido che non ha visto movimenti in grado di contrastare Renzi o il padronato, l’eventuale esclusione dalla CGIL delle sue avanguardie negli stabilimenti più grandi dell’ex FIAT sarebbe un segnale devastante per l’insieme della classe. Dopo aver abdicato alla lotta contro il governo nella scorsa primavera, dopo aver contrastato con documenti interni e con comunicati pubblici gli scioperi degli straordinari, la FIOM non può e non deve marginalizzare una parte significativa, quella più combattiva, dei suoi delegati e delle sue delegate in prima linea contro Marchionne!

Abbiamo sempre avuto un atteggiamento critico, a differenza di altri, rispetto alle scelte di Landini e della FIOM. Negli ultimi anni, poi, non abbiamo condiviso per nulla il progressivo scivolamento della sua linea: l’arretramento dello scontro nel 2012/2013, la ricomposizione altalenante con la maggioranza camussiana, la proposta delle primarie per eleggere i gruppi dirigenti in CGIL, gli ammiccamenti interlocutori con Renzi nel momento della sua ascesa, l’illusione di una coalizione sociale limitata all’associazionismo e all’"antagonismo compatibile" con il centrosinistra (naufragata nel vuoto nel giro di una stagione politica). Ma qui si sta sostituendo le ragioni della politica e del confronto con quelle della disciplina e del controllo, tagliando alle radici quella diversità che ha rappresentato la FIOM negli ultimi vent’anni, tornando alle triste fase di Vigevani e Damiano (della FIOM disciplinata dei primi anni Novanta).

Per questo, non solo diamo piena solidarietà a tutti i delegati e le delegati FCA; non solo auspichiamo sia al più presto sanata l’esclusione del compagno Destradis dal CC, ma facciamo appello a tutti i soggetti, le forze ed i singoli della sinistra affinché firmino l’appello alla CGIL ed alla FIOM a non procedere su questa strada disciplinare (3)



(1) http://sindacatounaltracosa.org/2015/04/01/delegati-fiat-lettera-al-segretario-fiom/

(2) http://sindacatounaltracosa.org/2015/06/06/elezioni-rsl-fca-termoli-in-alto-a-sinistra/

(3) Per adesioni: rossidiversiliberi@libero.it, potete trovarla su
 http://sindacatounaltracosa.org/2016/01/13/appello-a-camusso-landini-non-licenziamoli-di-nuovo/
Partito Comunista dei Lavoratori - Segreteria nazionale

UN’ ’OPPOSIZIONE DI CLASSE CONTRO GUERRA E IMPERIALISMO

UN’ ’OPPOSIZIONE DI CLASSE
CONTRO GUERRA E IMPERIALISMO


Lo scorso autunno è stato gelido. Governo e padronato hanno gestito l’applicazione del
JobAct e della controriforma della scuola, il logoramento dei contratti, lo smantellamento
del Servizio Sanitario e nuovi regali fiscali a rendite e capitali. Nel frattempo Renzi ha preso
il controllo anche dello Stato profondo (CDP, partecipate e controllate), cercando la svolta
bonapartista e autoritaria con il Plebiscito sulla Riforma costituzionale.
Tutto questo, senza opposizioni di massa. FIOM e CGIL, dopo la capitolazione sul Job Act,
sono sbandate nella vana ricerca di CISL-UIL: i cortei di novembre (FIOM e pubblici) hanno
conseguentemente registrato una scarsissima partecipazione. Anche il sindacalismo di
base è stato incapace di costruire un appuntamento comune. Il movimento della scuola,
nonostante qualche cenno (assemblee LIP, sciopero 13 novembre), sopravvive solo
carsicamente nel contrasto della legge scuola per scuola. Ed il mondo antagonista dello
sciopero sociale è evaporato, travolto dalle fratture del primo maggio milanese.
Nel contempo la Grande Crisi prosegue. Lo dinamica ineguale e combinata del capitalismo,
insieme all’immane intervento monetario delle banche centrali, ha mantenuto un’instabile
equilibrio nell’economia mondiale. Oggi però il rallentamento della crescita cinese, basata
su un livello spropositato di investimenti (50% del PIL), sta già producendo un effetto di
trascinamento, con nuove recessioni (nei paesi emergenti e non): le bolle finanziarie
gonfiate in questi anni per gestire la crisi, rischiano nuovamente di esplodere.
In questo quadro, crescono le contraddizioni tra i diversi poli imperialisti.
Gli USA, sospinti dalla FED, provano a riproporre una propria (debole) egemonia: rivalutano
il dollaro, delineano Grandi Accordi Commerciali che escludono la Cina (TTP e del TTIP),
rilanciano la NATO come strumento di controllo nel mondo.
La Cina esporta capitali (15 volte quelli del 2000), traccia assi di espansione (vie della seta),
delinea i primi strumenti per un’area di influenza (ruolo internazionale dello yuan e Banca
Asiatica d’investimento), flette i suoi primi timidi tentacoli militari (Mar Cinese Meridionale;
portaerei e sommergibili nucleari tattici; base a Gibuti).
L’Unione Europea è in perenne transizione, un processo di integrazione sempre incompiuto:
polarizzata dagli squilibri di una ristrutturazione produttiva continentale; sottoposta alle
spinte centrifughe della crisi, che rilanciano interessi ed identità nazionali; fratturata dalle
diverse linee di sviluppo dei suoi principali paesi imperialisti.
Nel contempo, alcuni paesi a medio sviluppo (Russia, Turchia, Iran, Arabia Saudita, ecc),
terremotati dal cambio di fase della crisi mondiale, giocano una propria politica di potenza,
difensiva o offensiva, per consolidarsi lungo le linee di frattura internazionali.
La guerra è allora la prospettiva del nostro quotidiano. Anzi, diverse guerre.
Quelle dei poli imperialisti, per consolidare o sviluppare le proprie aree di influenza. Quelle
tra potenze, per ritagliarsi un proprio posto al sole, minacciato dalla crisi. Quelle
nazionaliste o religiose, per salvare il proprio sviluppo capitalista disciplinando l’intera
società dietro esercito (o milizia) e bandiera (o croce, o mezzaluna,..). Quelle democratiche
e popolari, contro oppressioni dittatoriali e forze reazionarie. Quelle infine, sociali, per
garantirsi una sopravvivenza nelle barbarie di uno sviluppo accelerato (con enormi
migrazioni di massa verso le metropoli), precipitato in una Grande Crisi di lunga durata.
In questa moltiplicazione dei conflitti e degli attori, si confonde spesso la radice di classe
degli scontri in corso: i fronti della lotta si intrecciano e si sovrappongono, con alleanze
improbabili, complicità clandestine ed improvvisi cambi di campo.


PER UN  NUOVO INTERNAZIONALISMO
PER UN’ ALTERNATIVA SOCIALISTA


◄ Per queste ragioni il PCL aderisce e partecipa, con l'autonomia delle proprie posizioni e
delle proprie proposte, alla giornata di iniziative unitarie contro la guerra del 16 gennaio
2016, a partire dalle manifestazioni previste a Roma e Milano.
Questo appuntamento rappresenta infatti il primo tentativo di costruire una risposta politica
pubblica alla nuova fase che si è aperta lo scorso autunno, con gli attentati di Parigi ed il
nuovo protagonismo imperialista in Medioriente (compresa l’entrata in scena dell’attore
Russo). Una prima risposta tanto più urgente, dal momento che in queste settimane la
NATO e l’Italia stanno preparando nuovi interventi armati (della diga di Mosul alla Libia).
Siamo in piazza per l’urgenza delle cose e per il silenzio della sinistre.
In questa dinamica complessiva, infatti, non siamo semplicemente di fronte all’ennesima
mobilitazione contro un singolo intervento militare. Siamo di fronte al precipitare combinato
di tensioni fra poli imperialisti, nel pieno di una Grande Crisi mondiale, con guerre sociali,
politiche, religiose e di potenza che fra loro si intrecciano e si imbastardiscono.
Per questo, come PCL, riteniamo importante sottolineare le radici di classe di queste guerre.

In primo luogo, contro il nostro imperialismo: quello italiano. Il nostro coinvolgimento è
diretto: non è subordinato ad altre politiche o influenze; è soprattutto al servizio dei
nostri interessi imperialisti, dell'ENI e del grande capitale italiano, oltre che alle glorie
tricolori del governo Renzi. Per questo la mobilitazione contro la guerra non può essere
una mobilitazione generica, pacifista; interclassista, astratta dai concreti interessi che
sorreggono questi interventi militari: per battersi contro questa guerra, bisogna costruire
l’opposizione sociale e di classe contro governo e padronato.

In secondo luogo, l'opposizione alla guerra ha per noi senso solo nella prospettiva
dell’alternativa socialista, unica vera alternativa alla barbarie dell'imperialismo e del
fondamentalismo reazionario. Per questo appoggiamo nei conflitti le forze classiste e
rivoluzionarie, contro la partecipazione ad ampi fronti popolari o Comitati di Liberazione
Nazionale interclassisti; per l’autodeterminazione dei popoli, ma contro alleanze
nazionaliste con forze borghesi (in Siria come nell’Unione Europea).
Questa sono le nostre ragioni e proposte. Ma pensiamo sia soprattutto necessario
sviluppare un fronte ampio di mobilitazione, contro la guerra e contro tutti gli imperialismi o
le politiche di potenza, al fianco delle masse oppresse e sfruttate della nazione araba, del
Medio Oriente, di tutti i paesi coinvolti nei conflitti.
La mobilitazione di oggi allora non deve concludersi qui, deve trovare forme e modalità per
proseguire e soprattutto per allargarsi, costruendo un fronte unitario della sinistra politica e
sociale. Per questo riteniamo utile la costruzione di comitati unitari attorno alla
discriminante dell'opposizione alla guerra, nella diversità di analisi e posizioni, impegnati
nell'organizzazione dell'iniziativa comune.


PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

Il 16 gennaio contro la guerra


Il PCL aderisce e partecipa, con l'autonomia delle proprie posizioni e proposte, alla giornata di iniziative unitarie contro la guerra del 16 Gennaio, a partire dalle manifestazioni previste a Roma e Milano.

Riteniamo necessario:
-sviluppare un fronte ampio di mobilitazione contro la guerra e contro tutti gli imperialismi e politiche di potenza, al fianco delle masse oppresse e sfruttate della nazione araba e del Medio Oriente.
-contrapporsi all'imperialismo italiano e all'imminente missione in Libia, al servizio dell' Eni e delle glorie tricolori del governo Renzi.
-ricondurre la mobilitazione contro la guerra alla ripresa dell'opposizione sociale e di classe contro governo e padronato.
-collegare l'opposizione alla guerra ad una prospettiva di alternativa socialista in Medio Oriente quale unica vera alternativa alla barbarie: alla barbarie dell' imperialismo e alla barbarie del fondamentalismo reazionario.

Proponiamo la costruzione di comitati unitari attorno alla discriminante dell'opposizione alla guerra, rispettosi delle diversità di analisi e posizioni, impegnati nell'organizzazione dell'iniziativa comune.

Partito Comunista dei Lavoratori


Per un partito dei lavoratori, contro il capitalismo

Volantino politico PCL gennaio 2016


I tre poli dominanti della politica italiana sono nemici dei lavoratori e delle lavoratrici, dei precari e dei disoccupati.

Il governo Renzi si conferma come il governo più reazionario del dopoguerra italiano. Non solo ha regalato al padronato i licenziamenti senza giusta causa, i contratti a termine senza causale, il demansionamento, detrazioni di tutti i tipi. Non solo ha colpito la scuola pubblica, tagliato la sanità, negato i contratti del pubblico impiego per finanziare l'abolizione di Imu e Tasi sulle case di lusso. Oggi prova a varare una riforma istituzionale che concentra i poteri nelle mani del Capo del Governo, a scapito di Parlamento e opposizioni. È un aspirante Napoleone Bonaparte, alla ricerca con il prossimo referendum di un plebiscito che gli consegni definitivamente il potere.

Matteo Salvini ammicca furbescamente ai lavoratori nel nome dell'opposizione alla Fornero, per far dimenticare che la Lega di governo ha varato nei decenni le peggiori misure contro le pensioni (da Dini a Maroni) e a favore della precarizzazione. Utilizza la miseria sociale che ha contribuito a produrre, per dirottare la rabbia dei lavoratori e delle lavoratrici, come dei settori popolari impoveriti, contro chi fugge dalla fame e dalle guerre. Applaudendo alla nuova campagna di Libia del governo Renzi (a rimorchio dell'Eni). I capitalisti ringraziano.

Grillo e Casaleggio si presentano come l'opposizione alla casta, per nascondere il proprio progetto. Quello di una Repubblica plebiscitaria governata dalla Rete, sotto il proprio controllo: dove il lavoro è rimpiazzato dal reddito di cittadinanza (perchè tanto il lavoro non c'è più e non serve difenderlo) e il sindacato in quanto tale viene abolito (perché è cosa dell'800). Per realizzare questa specie di ...califfato, il M5S ha finito con l'appoggiare la riforma elettorale di Renzi sino ad opporsi ad ogni sua modifica: perché solo una legge elettorale così reazionaria potrebbe consentire a Casaleggio di accedere al potere.

Queste tre Destre in lotta tra loro si sono nutrite dell'assenza di una vera opposizione: l'opposizione di classe e di massa dei lavoratori e delle lavoratrici, dei precari, dei disoccupati. Una opposizione che di fatto è stata dispersa dalla burocrazia sindacale, incapace di reagire contro un governo che la tiene sotto schiaffo. Un'opposizione privata di rappresentanza politica da gruppi dirigenti della sinistra, che prima hanno tradito i lavoratori e le lavoratici in cambio di ministeri, poi li hanno abbandonati per inseguire i Di Pietro e gli Ingroia, infine si disputano gli uni contro gli altri le macerie che hanno prodotto. Sempre con la speranza di poter essere un giorno di nuovo reimbarcati dal PD.

Occorre ricostruire l'opposizione di classe e la sua rappresentanza, sull'unico terreno possibile: quello della lotta contro il capitalismo. Per un governo dei lavoratori e delle lavoratrici che liberi la società dalla dittatura dei capitalisti e di tutti i loro ciarlatani. Quelli di governo e quelli di opposizione. Il Partito Comunista dei Lavoratori - l'unico partito che non ha mai tradito i salariati - è impegnato ogni giorno in questa impresa.

Partito Comunista dei Lavoratori

LA LOTTA ALL'ARTONI E LA QUESTURA DI FORLÌ


Pubblicato su Il manifesto - 2 gennaio 2016

Sono mesi che i lavoratori dello stabilimento Artoni di Cesena stanno lottando per la difesa del proprio posto di lavoro. Si tratta di una battaglia vera, che vede contrapposta alla volontà padronale la determinazione di decine di lavoratori che si sono mobilitati più volte, attuando il blocco delle merci e dello stabilimento. Altre sedi dell'Artoni sono state coinvolte in scioperi e blocchi in solidarietà con i facchini di Cesena.
Nella loro lotta i facchini della Stemi-Artoni non sono rimasti da soli: al loro fianco si sono schierati altri compagni e compagne che li hanno sostenuti in questa dura vertenza, come nel caso dei militanti del Partito Comunista dei Lavoratori da subito in prima linea con loro.
È di assoluta gravità, quindi, la decisione della questura di Forlì di utilizzare lo strumento repressivo del foglio di via da Cesena per colpire chi si è battuto assieme ai lavoratori Stemi-Artoni. Tali provvedimenti hanno colpito nei giorni scorsi alcuni militanti del Partito Comunista dei Lavoratori, oltre che iscritti e dirigenti dei sindacati di base coinvolti nella vicenda.
La scelta della questura di Forlì non è un fatto isolato: già in molte altre province e regioni si assiste ad un uso frequente degli strumenti repressivi come il foglio di via e il divieto di dimora. Riteniamo che ciò sia il prodotto di determinate scelte governative che negano apertamente ogni dialogo col conflitto sociale e sindacale per affrontare il tutto solo in termini puramente repressivi.
Il governo Renzi, che già con la nuova legislazione del Jobs Act ha dimostrato di avere una concezione servile del lavoro dipendente, passa senza soluzione di continuità dai riflettori e dagli effetti speciali del nuovismo giovanilista della Leopolda alle più becere politiche in stile scelbiano: dal partito della nazione alla DC anni '50, un filo nero nel segno del padronato.
Di sicuro i lavoratori in lotta e il PCL non si faranno intimidire, anzi ritroviamo nei provvedimenti repressivi nuove ragioni per infondere il massimo impegno nel conflitto di classe.

Michele Terra - Segreteria Nazionale PCL
Leandro Evangelista - Coordinatore PCL Romagna

Intervento di Marco Ferrando alla conferenza internazionalista di Parigi

Audio e testo dell'intervento di Marco Ferrando, portavoce del Partito Comunista dei Lavoratori, alla conferenza internazionale convocata dalle sezioni europee della Frazione Trotskista-Quarta Internazionale lo scorso dicembre. Al link che segue potete trovare la trascrizione in spagnolo dell'intervento.

Articolo da Izquierda Diario

Intervento di Marco Ferrando


È con grande piacere che porto il saluto del Partito Comunista dei Lavoratori a questa festa internazionalista e alla vostra conferenza internazionale. La situazione della Francia e la situazione dell'Italia presentano purtroppo oggi delle analogie forti sul terreno di una deriva reazionaria particolarmente concentrata. La lotta contro l'imperialismo e contro la reazione in entrambi i paesi assume un significato centrale, e poiché la lotta contro l'imperialismo è innanzitutto la lotta contro il proprio imperialismo, vorrei dire a voi, compagni francesi e rivoluzionari, che la vostra lotta contro l'imperialismo francese, contro il governo Hollande, contro L'Union Sacrèe, contro le politiche di polizia è la nostra stessa lotta contro l'imperialismo italiano e il governo Renzi e le sue tendenze bonapartiste.

Il governo Renzi è più prudente del governo Hollande sul terreno della guerra in Siria, non perché sia più pacifista, ma perché punta a guadagnare la gestione e la direzione della futura missione militare in Libia, in concorrenza con l'imperialismo francese, alla coda degli interessi della grande compagnia petrolifera dell'ENI, e per costruire in Libia un nuovo campo di concentramento dei migranti esattamente come all'epoca di Gheddafi. Vedete come è curiosa la storia? Contro tutte le leggende borghesi sul fatto che la storia dell'umanità sarebbe un'evoluzione verso il progresso, noi stiamo osservando, proprio in queste drammatiche settimane, che in realtà la storia torna sempre all'indietro là dove i rivoluzionari non sono stati in grado di costruire un'alternativa, e oggi l'imperialismo torna esattamente sui suoi luoghi del delitto, sui luoghi dei propri delitti di un secolo fa: l'imperialismo francese torna in Siria esattamente dove un secolo fa, assieme all'imperialismo britannico disegnò con riga e compasso i confini della nazione araba, e l'imperialismo italiano torna in Libia esattamente dove un secolo fa sperimentò i gas asfissianti contro la resistenza berbera. Per questa ragione, esattamente come un secolo fa, i rivoluzionari italiani, i rivoluzionari francesi, i rivoluzionari d'Europa sono chiamati a dire, come allora, non un soldo per le guerre coloniali, non un soldo per i bilanci militari, non un soldo per l'Union Sacrèe!

E chi ci dice, e chi ci accusa, che in questo modo noi disertiamo la guerra contro la reazione islamica o contro il fascismo islamico, vogliamo rispondere che la lotta per la distruzione politica della reazione islamica, del fondamentalismo fascista in terra araba e medio-orientale è un obiettivo centrale del movimento operaio internazionale e delle masse oppresse del mondo. Ma proprio per questo non combatteremo quella guerra al fianco delle grandi potenze imperialiste e coloniali che negli ultimi 25 anni hanno costruito in medio-oriente una vera e propria galleria di orrori e di sofferenze. Non faremo questa guerra a braccetto con i responsabili di Guantanamo, di Abu Ghraib, delle bombe al fosforo su Falluja, dell'embargo criminale dell'ONU contro la popolazione dell'Iraq! Faremo questa guerra dal versante esattamente opposto: dal versante della resistenza curda, dal versante della resistenza palestinese, dal versante della resistenza democratica siriana, dal versante delle masse oppresse e sfruttate della terra araba e del medio-oriente che sono le sole che possono costruire un altro ordine di società in quel continente, in quella regione!

Al tempo stesso è evidente che, esattamente come un secolo fa, la lotta contro l'imperialismo è inseparabile dalla lotta contro il riformismo. Quello che è successo in questi mesi all'interno della sinistra europea e sul terreno del suo posizionamento politico generale è un fatto clamoroso e straordinario. La capitolazione di Syriza e di Tsipras alla Troika. La vergognosa capitolazione del Front de Gauche alle leggi reazionarie del governo Hollande sull'ordine pubblico, assieme a Sarkozy e a Le Pen. Le rassicurazioni crescenti di Podemos e del suo gruppo dirigente alla borghesia spagnola a partire dal terreno della politica estera. L'ingresso nell'area di governo del partito stalinista in Portogallo e del Bloco de Esquerda in cambio dell'accettazione pubblica del quadro dell'Unione Europea e della NATO. Il voto della sinistra italiana in parlamento a favore del prolungamento della missione militare italiana in Afghanistan e a favore dell'incremento di un miliardo delle spese del bilancio militare. Tutti questi fatti non sono episodi isolati, non sono singoli cedimenti di questo o quell'altro segretario di partito, di questo o quell'altro gruppo dirigente. Sono la misura della bancarotta del riformismo continentale. Sono la prova del fatto che, sullo sfondo della grande crisi capitalistica e dell'acutizzazione di tutte le contraddizioni dell'imperialismo, non c'è spazio per un compromesso sociale, democratico e riformatore tra capitale e lavoro, governi imperialisti e popoli oppressi. O si sta da una parte o si sta dall'altra. E i gruppi dirigenti e le sinistre riformiste che accettano programmaticamente il quadro del capitalismo, perché non hanno altro obiettivo strategico reale che non accedere al governo del capitalismo, sono trascinate automaticamente sul terreno della regressione storica e delle politiche capitaliste, sul terreno delle controriforme sociali, sul terreno delle politiche di guerra, sul terreno delle politiche reazionarie in fatto di ordine pubblico. E' la riprova del fatto che solo una sinistra rivoluzionaria e anticapitalista è in grado di difendere oggi gli interessi immediati, sociali, politici, democratici della classe lavoratrice e delle masse oppresse.

La costruzione di questa sinistra rivoluzionaria in ogni paese, su scala europea, nel mondo, è il nostro compito. Credo che questo compito passi anche attraverso la realizzazione di un'unificazione politica e organizzativa di tutte le forze coerentemente marxiste-rivoluzionarie che esistono in Europa e nel mondo. Vorrei concludere dicendo questo, con una comunicazione non formale, ma di verità, che esprime un'opinione fortemente presente nel nostro partito e approvata dal nostro congresso. Noi siamo organizzazioni diverse. Diverse per tradizioni, storia, esperienza, per collocazione internazionale, come tutti sappiamo. Ma abbiamo uno straordinario patrimonio comune sul terreno dei principi e del programma generale: l'opposizione ai governi borghesi, la demarcazione da ogni forma di riformismo e di centrismo, il perseguimento del governo e del potere dei lavoratori, la prospettiva socialista in Europa, dell'Europa socialista e degli Stati Uniti Socialisti d'Europa. Questo patrimonio comune, che ci unisce, è esattamente ciò che ci separa da tutte le altre tendenze della sinistra riformista e centrista, in Europa e nel mondo. Se questo è vero, e noi crediamo sia profondamente vero, mi viene da dire, tanto più dopo aver ascoltato la vostra brillante conferenza internazionale di oggi e aver letto i documenti politici che hanno informato la discussione, allora il problema non credo che sia, non crediamo che sia quello di conservare le diverse particolarità, figlie di diverse storie e tradizioni, dentro il recinto organizzativo di frazioni in qualche modo separate fra loro e magari concorrenti fra loro, ma sia quello di unire le nostre forze in un comune soggetto, in un comune partito internazionale, a partire dal comune programma e poi di affrontare dentro a questa cornice organizzativa unificata tutte le inevitabili questioni, confronti, divergenze, discussioni, che inevitabilmente si hanno in qualsiasi organizzazione rivoluzionaria che voglia essere vitale e non una setta.

Concludo dicendo questo: noi abbiamo ascoltato poco fa l'intervento del compagno del Caño, che ci ha riportato la straordinaria esperienza in corso del Frente de Izquierda, che si è raccolto attorno a un programma che recita in calce "obreros al poder". Il programma di "obreros al poder" non è un programma elettorale, men che meno è un programma di fronte unico. E' il programma della rivoluzione, è il programma di un partito rivoluzionario. E noi pensiamo che se i compagni delle tre organizzazioni della sinistra rivoluzionaria argentina, che si sono aggregati attorno a quel programma, lavorassero a costruire, su quel programma, uno stesso partito rivoluzionario argentino, darebbero uno straordinario contributo alla rifondazione della Quarta Internazionale del mondo. Questo è il nostro augurio per l'Argentina, ma è il nostro augurio per l'Europa e per il mondo. Viva la Quarta Internazionale!

Partito Comunista dei Lavoratori