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Il marxismo rivoluzionario ed il riformismo di fronte alla prova della Catalogna

 Ogni precipitazione dello scontro politico e sociale mette alla prova gli orientamenti generali della sinistra e ne svela la natura profonda. La precipitazione dello scontro tra Spagna e Catalogna è sotto questo profilo un caso di scuola. 

Lo Stato spagnolo ha dichiarato guerra alla Repubblica di Catalogna. Rajoy ha definito la dichiarazione di indipendenza “un atto criminale”. Il PP invoca la “repressione della ribellione”. Il Psoe annuncia che “la legalità tornerà in Catalogna con ogni mezzo necessario”. Ciudadanos chiede “un immediato piano di intervento senza limitarsi alle parole”. La magistratura legittima l'arresto dei “responsabili della sedizione” con una imputazione di stampo franchista che prevede decenni di galera. La prima pagina di El Pais grida a titoli cubitali “ Il Parlamento di Catalogna consuma un golpe contro la democrazia, lo Stato si appresta a soffocare la insurrezione” ( testuale, 28/10). Intanto dieci mila militari della guardia civil, ormeggiati nel porto di Barcellona, attendono disposizioni.

A cosa si deve questa minacciosa isteria reazionaria? A un fatto semplice. La Catalogna ha rotto con la monarchia spagnola. Lo ha fatto col referendum del primo Ottobre, quando oltre due milioni di catalani hanno sfidato la repressione poliziesca per esprimere la volontà di indipendenza. Lo ha fatto con la continuità di una mobilitazione di massa, in particolare dei giovani, che ha retto alla paralisi e alle indecisioni del governo della Generalitat e ha finito con l'imporre la dichiarazione della Repubblica. Nulla chiarisce meglio la natura del sentimento nazionale catalano, le sue radici storiche nella rivoluzione repubblicana e nell'opposizione al franchismo, quanto il coraggio della resistenza popolare a Madrid. E nulla chiarisce meglio la contiguità culturale di tanta parte dello Stato spagnolo col passato franchista quanto la furia repressiva contro la Catalogna.

PODEMOS E IZQUIERDA UNIDA CONTRO LA REPUBBLICA DI CATALOGNA 


In questo quadro il dovere elementare di una avanguardia di classe è quello di difendere la Repubblica di Catalogna contro la repressione di Madrid, dal versante di una prospettiva socialista. Dunque dal versante di una aperta battaglia politica dentro il movimento indipendentista per una egemonia di classe alternativa : in direzione di una Repubblica socialista di Catalogna, nella prospettiva degli Stati Uniti Socialisti d'Europa.

Le sinistre riformiste di Spagna e Catalogna fanno l'opposto. La loro subalternità all'imperialismo spagnolo emerge in questi giorni in tutta la sua gravità. Prima hanno supplicato per mesi a mani giunte il “dialogo” tra la Spagna e la Catalogna, nel nome sempiterno della “democrazia”, del “reciproco rispetto”, della “ricerca di una soluzione concordata” tra lo Stato spagnolo e il movimento di massa catalano. Cioè tra oppressori e oppressi. Ora che la frattura annunciata si è definitivamente prodotta, non esitano a dissociarsi dalla dichiarazione di indipendenza. Naturalmente “criticano” l'adozione dell'articolo 155 da parte di Rajoy. Ma si affrettano a rassicurare l'opinione pubblica sciovinista sul fatto che sono assolutamente contrari alla Repubblica di Catalogna. Podemos dichiara che “ non c'è alcuna base di diritto per la dichiarazione di indipendenza” . La sindaca di Barcellona Ada Colau contesta la “scelta unilaterale del governo catalano”. Izquierda Unida afferma che la “dichiarazione di indipendenza è un atto di irresponsabilità e una oggettiva provocazione”..
La risultante di queste posizioni è una sola: la sinistra spagnola cosiddetta “radicale” volta le spalle alla Catalogna nel momento stesso in cui tutta la peggiore reazione spagnola affila le armi contro di essa.

L'INTERNAZIONALISMO DI ALBERTO GARZON 


Alberto Garzon, segretario di Izquierda Unida, cerca di razionalizzare questa posizione con una lunga dissertazione riportata dal quotidiano Il Manifesto.

Non è coerente essere comunista e indipendentista.... il comunismo è internazionalista” dichiara solennemente Garzon. Da qui una filippica interminabile contro una dichiarazione di indipendenza “priva di ogni legittimità”, “un gesto assolutamente antidemocratico” “un fatto di irresponsabilità”e via denunciando...

E' davvero una argomentazione rivelatrice. Il comunismo è internazionalista, non c'è alcun dubbio. Si batte (... a differenza di Garzon) per la rivoluzione socialista internazionale. Ma il programma del socialismo internazionale è chiamato a combattere assieme allo sfruttamento del lavoro ogni oppressione nazionale, ogni oppressione di una nazione dominante su una nazione dominata. Un popolo che opprime un altro popolo non può essere libero diceva Marx, rivendicando l'indipendenza repubblicana dell'Irlanda dalla corona britannica. La Repubblica sovietica di Lenin e di Trotsky, “libera unione di libere nazioni”, riconobbe perciò stesso il diritto di autodeterminazione, cioè di separazione,di tutte le nazionalità oppresse dalla vecchia Russia. Di più: la libera autodeterminazione delle nazionalità oppresse fu una delle bandiere della rivoluzione d'Ottobre e della Terza Internazionale Comunista: in polemica frontale con le posizioni scioviniste di quelle sinistre riformiste , che dopo aver votato i crediti di guerra dei propri imperialismi, rifiutavano di riconoscere i diritti nazionali dei popoli che i propri imperialismi opprimevano evocando.... il“rifiuto del nazionalismo” e i valori dell'Internazionalismo. Esattamente come oggi fa Izquierda Unida, che ai tempi di Zapatero sosteneva il governo dell'imperialismo spagnolo, ma oggi scopre...”l'internazionalismo comunista” per contrapporsi alla liberazione della Catalogna dalla Monarchia di Spagna.

A ognuno la sua coerenza. Nessuno certo contesta quella di Garzon. Ma lasciamo in pace...il comunismo.
Partito Comunista dei Lavoratori


Per la Repubblica Socialista di Catalogna

 Il Parlamento catalano ha votato la dichiarazione di indipendenza della Catalogna, nella forma di Repubblica. Dopo le funamboliche oscillazioni di Puigdemont, alla ricerca disperata di una soluzione concordata con Madrid, l'intransigenza reazionaria del governo spagnolo e la pressione di massa indipendentista hanno imposto uno sbocco che nessuno degli attori in scena aveva né voluto né previsto.

La dichiarazione di rottura della Catalogna con il governo e con la monarchia di Spagna è un fatto importante e progressivo. Corrisponde al diritto di autodeterminazione della Catalogna, quale nazionalità politicamente oppressa. Corrisponde alla volontà espressa dal voto referendario del primo ottobre, difeso dalla repressione poliziesca. Corrisponde alla volontà manifestata dallo sciopero generale in Catalogna del 3 ottobre. Corrisponde alla mobilitazione di massa dell'ultima settimana contro l'arresto dei dirigenti indipendentisti e contro il colpo di stato di Madrid portato con l'applicazione dell'articolo 155 della Costituzione spagnola (scioglimento del governo catalano, commissariamento del Parlament, cambio dei vertici della Tv regionale, destituzione dello stato maggiore dei Mossos e suo rimpiazzo con forze militari di Madrid). Un corso politico reazionario che reca l'impronta inconfondibile di metodi franchisti. E che a maggior ragione valorizza la natura democratica del movimento indipendentista e repubblicano di Catalogna.

Ma la dichiarazione di indipendenza, per quanto progressiva, è solo una dichiarazione. Le grandi questioni storiche non si risolvono con carte da bollo, si risolvono sul terreno dei rapporti di forza.

Si prepara in queste ore uno scontro frontale tra Catalogna repubblicana e governo spagnolo che può concludersi solo con un vincitore. L'applauso scrosciante del Senato spagnolo a Rajoy nel momento in cui poche ore fa chiedeva pieni poteri contro la Catalogna è lo specchio simbolico della determinazione reazionaria di Madrid. Rajoy ha oggi il mandato pieno dello Stato spagnolo, delle gerarchie militari, della magistratura, della Guardia Civil, per “ripristinare la legge e l'ordine” in Catalogna. Si può essere certi che onorerà il mandato, con tutti gli strumenti che l'apparato spagnolo gli consente.

Di fronte alla precipitazione annunciata, si pone l'esigenza di un cambio di linea del movimento indipendentista. Il nazionalismo borghese che guida la Generalitat ha dimostrato in queste settimane tutti i limiti politici che derivano dalla sua natura sociale. Appelli alla Unione Europea, ricerca di una soluzione “pactada” con Rajoy, suppliche interminabili di dialogo con gli avversari della Catalogna, in un gioco tutto istituzionale fatto di furbizie tattiche, continui rimandi delle decisioni, illusioni e speranze su una via d'uscita concordata e indolore. Parallelamente nulla sul fronte sociale, mentre 1500 imprese della borghesia catalana fuggivano dalla Catalogna, e nulla sul fronte dell'organizzazione della resistenza di massa a Madrid. Ora tutto questo corso politico è stato smentito nel modo più clamoroso dalla dinamica degli avvenimenti.

Ora, nelle ore di fuoco che si annunciano, non c'è più spazio per rinvii e furbizie. Ora si tratta di mettersi al passo del livello di scontro che la dichiarazione di indipendenza ha aperto, e che la reazione di Madrid imporrà. Organizzazione della difesa di massa della Repubblica Catalana, estensione e centralizzazione progressiva dei comitati di difesa della Repubblica, nati per difendere il diritto di voto del primo ottobre e poi generalizzatisi in molte realtà cittadine e di quartiere; sciopero generale contro ogni intervento, militare o giudiziario, del governo spagnolo; nazionalizzazione delle banche e delle imprese fuggitive, sotto il controllo dei lavoratori, in tutta la Catalogna; abolizione del debito pubblico della Catalogna verso la Spagna; appello al movimento operaio spagnolo per un fronte comune contro la repressione di Madrid e il governo reazionario di Rajoy, per un programma comune di svolta sociale.

Una svolta di linea del movimento indipendentista è l'unica che può tenere aperta la partita. Ma richiede un cambio di direzione. Solo la classe lavoratrice catalana, mettendosi alla testa della grande mobilitazione della gioventù, può costruire la nuova direzione del movimento indipendentista. Nuova direzione significa a sua volta nuova prospettiva. I fatti dimostrano che senza la rottura con la borghesia catalana, senza misure anticapitaliste, senza la costruzione di un altro potere a partire dalle fabbriche, dai luoghi di lavoro, dai quartieri, difficilmente la dichiarazione di indipendenza si trasformerà in realtà. L'obiettivo di uno “Stato sovrano, democratico e sociale” sottoscritto dal fronte popolare tra Puigdemont e CUP, che dovrebbe inverarsi attraverso un processo costituente dentro l'ossatura dello Stato borghese di Catalogna, a braccetto dei partiti nazionalisti borghesi e secondo la “Legge di Transizione” con questi concordata, è una pura finzione letteraria, che lega le mani ai lavoratori e alla loro mobilitazione indipendente.
Tutto lascia pensare che la Repubblica di Catalogna o sarà socialista o non sarà.

Nell'appellarci a tutte le sinistre italiane, politiche e sindacali, perché si schierino senza riserve al fianco della Catalogna contro la monarchia di Spagna, e perché promuovano la protesta unitaria sotto i consolati spagnoli, ci impegniamo a portare nelle iniziative solidali di mobilitazione questo punto di vista. Che è lo stesso punto di vista dei marxisti rivoluzionari catalani e spagnoli.

Partito Comunista dei Lavoratori

Sosteniamo l'azione di sciopero generale del 27 ottobre

 Il 27 ottobre l'area più classista del sindacalismo di base (SGB, CUB, SiCobas, SLAI COBAS, USI-AIT) ha promosso un'azione di sciopero generale contro il padronato, contro il governo, su una piattaforma di rivendicazioni classiste. Una piattaforma positivamente estranea a pericolose suggestioni sovraniste che oggi attraversano anche ambienti sindacali di avanguardia. 

Il PCL sostiene questa azione di sciopero.

In un contesto segnato dalla continuità dell'offensiva padronale contro il lavoro, da una legge di stabilità che elargisce un'altra pioggia di miliardi ai padroni, da un clima generale di carattere reazionario particolarmente concentrato contro i migranti, l'azione di sciopero del 27 ottobre rappresenta un momento positivo di unità di lotta di settori di avanguardia della classe. Settori di avanguardia già protagonisti di importanti lotte di settore, in particolare nei trasporti e nella logistica, dove la sindacalizzazione e il coinvolgimento di lavoratori immigrati sul terreno della lotta acquista tanto più oggi una valenza politica non solo sindacale.

Al tempo stesso è evidente che proprio la gravità dell'offensiva in corso contro il lavoro pone l'esigenza di ricomporre una risposta di massa della classe lavoratrice, ben oltre la dimensione dell'avanguardia: l'unica risposta in grado di incidere sui rapporti di forza tra le classi e di aprire dal basso un cambio di scenario. Questa esigenza si scontra oggi principalmente con la politica di totale passività della burocrazia CGIL, tutta protesa a ricercare un nuovo quadro di concertazione con padronato e governo. Una burocrazia che oggi rifiuta la via dello sciopero generale persino di fronte alle risposte sprezzanti del governo in tema di pensioni. Una paralisi che contribuisce non solo alla sconfitta sindacale, ma alla deriva politica reazionaria in atto.

Il PCL porterà dunque tra i lavoratori, nelle assemblee annunciate, e nella stessa iniziativa d'avanguardia del 27 ottobre, l'esigenza centrale di un vero sciopero generale di massa contro governo e padronato, chiamando in causa apertamente le responsabilità della CGIL. Dentro questa logica e prospettiva di massa, contrasterà come sempre all'interno dell'avanguardia, laddove si manifesti, ogni logica di frammentazione e autocentratura minoritaria.

Solo una svolta unitaria e radicale del movimento operaio, solo un fronte unico di classe e di massa che rimetta al centro dello scontro politico le ragioni del lavoro, può contrastare efficacemente la valanga reazionaria in atto.
Partito Comunista dei Lavoratori


Santiago Maldonado: un crimine di Stato

 Santiago Maldonado, l’attivista che lottava insieme al popolo Mapuche contro l’usurpazione delle terre del popolo nativo in favore di Benetton, è stato ritrovato. 
Purtroppo, come era immaginabile, è stato ritrovato senza vita.


LA RESPONSABILITÀ DELLO STATO 


Come è stato raccontato nell’articolo “Santiago Maldonado: una desaparicion scuote l’Argentina”, la scomparsa di Santiago avvenne durante la repressione di un picchetto del popolo Mapuche che rivendicava il diritto di questo popolo ad abitare le proprie terre.

La responsabilità dello Stato argentino non consiste solo nell’essere il mandante della repressione e nell’averla eseguita materialmente – basti pensare che, come dicevamo, “il Capo di Gabinetto del Ministero della Sicurezza, Pablo Noceti, era presente in Chubut [e dichiarava] che i militanti Mapuche erano da considerarsi «come membri di un'organizzazione terroristica e che tutti sarebbero stati arrestati senza un ordine del tribunale»”. Ma consiste inoltre nell’essere il responsabile dell’occultamento delle prove, in primis del corpo, che avrebbero potuto incriminare i responsabili diretti.
Solo così si spiega come un corpo appaia dopo tre mesi in un fiume, il Rio Chubut, dopo che lo stesso tratto di fiume era stato perlustrato tre volte (come denuncia la famiglia Maldonado); dopo che il governo, e la stampa legata ad esso, hanno seminato versioni menzognere sulla sua scomparsa, dall’essere fuggito in Brasile all’aver aggredito un poliziotto con un coltello… fino alla clamorosa menzogna, pochi giorni prima dell’apparizione del corpo, da parte della candidata della destra macrista Lisa Carrio alle elezioni parlamentari di Buenos Aires capitale, sulla «probabilità del 20% che Santiago stia in Chile».


I COMPITI DELLA SINISTRA 


In uno scenario politico dove il macrismo fa appello a non «speculare elettoralmente» sulla la scomparsa di Santiago per nascondere le responsabilità del proprio governo, in primis della Ministra della Sicurezza Bullrich; e dove il centrosinistra kirchneriano fa appello a smobilitare le piazze per fini elettorali – le organizzazioni in difesa dei diritti umani cooptate dal kirchnerismo non hanno partecipato alle manifestazioni in seguito al ritrovamento del corpo di Santiago – volendo evitare di passare per estremista e soprattutto volendo evitare una radicalizzazione della propria base popolare; il compito principale della sinistra, del Partido Obrero e del FIT, è quello di fare appello alla mobilitazione per la cacciata della ministra Bullrich e la condanna ai responsabili di questo crimine di Stato.
La manifestazione di sabato 21 ottobre, convocata dal Encuentro Memoria Verdad y Justicia (Incontro Memoria Verità e Giustizia) – organizzazione in difesa dei diritti umani, indipendente dallo Stato e composta dalle varie correnti e partiti della sinistra – che ha mobilitato più di 200.000 persone in Plaza de Mayo, dimostra che la sinistra classista può aspirare ad essere la principale opposizione al macrismo se difende la propria autonomia e alternatività rispetto al centrosinistra kirchnerista.
Grazie all’enorme mobilitazione popolare è stato possibile ritrovare il corpo di Santiago. Solo attraverso la continuazione di quella stessa mobilitazione potranno ora essere trovati, e condannati, anche i responsabili di questo crimine.
Michele Amura

Multedo, migranti e barbarie

A Genova, la reazione razzista di un quartiere popolare e operaio per tradizione, la necessaria risposta classista e antirazzista

La difficoltà della sinistra rivoluzionaria e l'arretramento della coscienza di classe segnano sempre di più il passo anche nei quartieri popolari e di tradizione operaia. Così avviene anche a Genova, dove anche un quartiere come Multedo si accoda alle proteste contro i rifugiati e i migranti che già si sono viste in molte altre occasioni in cui si annunciasse l'istituzione di un centro o di qualche appartamento per l'accoglienza: Villa Ines a Struppa, Via XX Settembre e Via Caffaro in centro, Via Edera a Quezzi.
Ma a Multedo la popolazione, grazie alla campagna messa in piedi tanto da esponenti del PD, tra cui il presidente del Municipio VII Ponente Chiarotti, quanto da esponenti della Lega e della nuova giunta comunale di Bucci, ha raggiunto un livello di mobilitazione reazionaria e xenofoba ai limiti del pogrom: assemblee oceaniche, presidi, blocchi autostradali, striscionate, lanci di pietre e atti di vandalismo contro l'asilo di proprietà della Curia che dovrebbe ospitare i rifugiati, e, la sera del 17 ottobre, una fiaccolata con oltre 200 persone, che tragicamente ha fatto tornare alla mente richiami alle mobilitazioni del Ku Klux Klan.

Multedo è uno dei quartieri più devastati da inquinamento industriale, speculazione edilizia, cementificazione, invasione di camion delle cave del Terzo Valico che attraversano il centro cittadino a velocità pericolosissime disperdendo polveri di amianto. Allo stesso tempo i suoi abitanti in buona parte erano e sono gli operai delle industrie e della cantieristica navale che oggi è sotto costante attacco con licenziamenti, delocalizzazioni, aggressioni ai diritti acquisiti, sfruttamento sempre più sfrenato tramite gli appalti e i subappalti. Eppure quel quartiere non si è mai mosso ed è rimasto sostanzialmente passivo a queste vicende, mentre si mostra immediatamente disposto a mobilitarsi, anche con forme violente, contro "l'invasione dei 50 migranti". Questa è la più grande tragedia che i rivoluzionari, gli anticapitalisti e gli antirazzisti devono affrontare, con serietà e dedizione, analisi e costanza.


I PERCORSI CITTADINI IN CONTRASTO ALLA DERIVA XENOFOBA

In mezzo a questo marasma, per fortuna, alcuni lumicini di risposta in senso contrario cominciano ad apparire, tanto in città come nel quartiere di Multedo. In città, infatti, il quadro non è meno tragico. Dopo l'apertura della sede e le provocazioni di Forza Nuova a Sturla, ora vengono regolarmente annunciate, e poi ritirate all'ultimo istante, le aperure delle sedi di altre due organizzazioni espressamente neofasciste: CasaPound (poco distante da Piazza Alimonda, luogo simbolo delle lotte del G8 del 2001 proprio perché li venne assassinato Carlo Giuliani con una pallottola in fronte) e Lealtà e Azione (quest'ultima sotto le mentite spoglie di "La Superba", una associazione di beneficenza selettiva - solo agli italiani - e con l'ospitalità e la copertura dei Padri Scolopi, uno dei tanti rami della Chiesa cattolica).

In termini più diretti e militanti, contro l'apertura di queste sedi, si è mobilitata l'Assemblea Antifascista Genovese, di cui i nostri militanti sono parte integrante. La stessa assemblea che aveva portato in piazza a Genova il 30 giugno 2017 oltre duemila persone, oggi, sebbene con alcune difficoltà, continua la sua opera di contrasto a queste organizzazioni, così come è stato con le contromanifestazioni del 7 ottobre e il presidio del 14 ottobre.
Dall'altra parte, anche qui su iniziativa di alcune realtà politiche e sindacali cittadine, è nato il Coordinamento Antirazzista. Un coordinamento nato su iniziativa del nostro partito e dei compagni di Si.Cobas, USB, Sinistra Anticapitalista, GenovaCityStrike, Sinistra Classe Rivoluzione, Resistenze Internazionali e dal Comitato Anitrazzista della Valpolcevera "Milet Tesfamariam". Il Coordinamento, sulla base di un documento fondativo caratterizzato da un approccio classista e anticapitalista alla questione delle migrazioni, ha come primo obiettivo quello di costruire interventi nei luoghi di lavoro, nei quartieri e nel mondo dell'accoglienza con la prospettiva di sviluppare l'autorganizzazione dei migranti attraverso piattaforme rivendicative e lotte che possano unificare il proletariato migrante alle lotte dei lavoratori in generale.
Come Partito Comunista dei Lavoratori, ovviamente, interveniamo con la nostra linea classista e rivoluzionaria e con i nostri militanti e aderenti in entrambi questi percorsi, ribadendo sempre la necessità di porre al centro delle valutazioni e delle impostazioni lo scontro tra capitale e lavoro, tra sfruttati e sfruttatori, e con la prospettiva di collegare la lotta contro il razzismo e il fascismo alla lotta al capitalismo e alle tre forze politiche dominanti che ne esprimono la copertura ideologica: Partito Democratico, Lega Nord e Movimento 5 Stelle.

Di particolare interesse è anche il percorso degli Operatori e delle Operatrici X. Un percorso che ha visto la prima presa di coscienza di un sempre più nutrito gruppo di lavoratori e lavoratrici del sociale che si oppone alla trasformazione del proprio ruolo in semplice controllore di chi è in difficoltà, che organizza e ha organizzato corsi di autoformazione sui temi delle migrazioni e delle difficoltà sociali. Un percorso che ragiona anche di prime forme di sindacalizzazione e di assunzione di coscienza delle proprie condizioni estremamente arretrate, in un settore in cui la maggior parte della forza lavoro è composta da volontariato, servizio civile e, nei casi dei dipendenti o dei soci, con forme contrattuali e retribuzioni ai limiti della dignità: insomma manodopera e competenze a titolo gratuito o sottopagato.


MULTEDO: COMITATO ACCOGLIENTE E FIOM IN CAMPO

Nel contesto specifico di Multedo, in prima battuta si è sviluppato, grazie all'attivazione di alcuni abitanti del quartiere e con il supporto dei giovani militanti dello Spazio Libero Utopia e dei compagni della Associazione 3 Febbraio, il Comitato Accogliente di Multedo, il cui scopo era dare voce a tutte quelle persone che non condividono e vogliono contrastare la retorica razzista, la quale mobilita chi non vuole i migranti nel quartiere o chi vorrebbe che fossero loro imposte condizioni concentrazionarie, impedendo loro di uscire, di esprimersi e di muoversi liberamente.
In tutto questo la sproporzione di forze e di potenza mediatica è chiara a tutti. Da una parte la Lega Nord con in testal'assessore Garassino, che si è permesso di dichiarare che avrebbe preso «a calci in culo» qualsiasi migrante che avrebbe visto fare "l'accattone", il presidente del comitato di Multedo e il Presidente del Municipio Ponente, Chiarotti, in quota Partito Democratico, complice e portatore a livello nazionale delle leggi razziali Minniti-Orlando e degli accordi con i governi africani per dar mano libera e sostegno economico nelle operazioni di pulizia etnica e sterminio dei migranti. Dall'altra, un comitato ancora debole, solidale con i migranti, ai suoi primi passi, nonostante il supporto annunciato e ricevuto tanto dal Coordinamento Antirazzista quanto da varie realtà dell'antagonismo genovese.

A questo proliferare di raggruppamenti e interventi si aggiunge, ultimo ma non meno importante, l'intervento della FIOM, della Camera del Lavoro e delle RSU di ILVA e ABBl'ANPI - uscita dal silenzio e dall'immobilismo desolante - e del Centro di Documentazione LOGOS - che sta organizzando mostre sulle Conferenze di Zimmerwald (1915) e Kienthal (1916) - che hanno chiamato, il 19 ottobre a Sestri Ponente, un'assemblea costituente in cui annunciare la discesa in campo della sigla Genova Solidale. Un passaggio fondamentale e da salutare positivamente perché, per la prima volta dopo molti anni, esprime un intervento diretto, massiccio e sostanziale del sindacato e della classe lavoratrice in quanto tale, al di fuori della fabbrica, per difendere i diritti dei propri compagni migranti e per rivendicare lo stretto legame tra la tradizione del movimento operaio e la lotta al razzismo.
Un intervento che si è sostanziato in due presidi con volantinaggi nei quartieri di Multedo e di Pegli, e con la contromanifestazione a Multedo nel giorno della sopracitata fiaccolata contro i migranti. E che ora si protrarrà con la chiamata antifascista del 28 ottobre – anche se con taglio costituzionalista e con le ipocrite e criminali adesioni del Partito Democratico e di MDP-Articolo 1 – e il contropresidio del 25 ottobre all'ennesima fiaccolata chiamata dal comitato di quartiere contro l'arrivo dei primi dodici profughi all'Asilo Govone.

A questa mobilitazione di tutto rispetto fa da contraltare, invece, la dichiarazione di UIL e UILM che si schierano con gli abitanti di Multedo che protestano contro l'arrivo dei profughi, denunciando proprio ciò che oggi invece può considerarsi un passo in avanti della FIOM, ossia la fuorisucita del sindacato dalla semplice gestione della contrattazione sindacale ed economica in termini atomizzati e completamente slegati dal contesto politico e sociale (salvo poi aderire, anche loro, alla chiamata del 28 ottobre).


LA NECESSITÀ DI OGGI

La necessità oggi, che si deve porre ogni organizzazione coerentemente anticapitalista e classista, è la costruzione del più ampio fronte di classe e di massa contro la crescita del razzismo e della guerra tra poveri; una guerra tra sfruttati che lascerà solo macerie per i proletari di ogni provenienza e origine. Macerie su cui già oggi i governi del PD, la demagogia del M5S e della Lega Nord, e la borghesia in generale che di questi si serve, possono marciare per aggredire sempre più indisturbatamente le condizioni di vita e di lavoro di ogni proletario, sia esso italiano o migrante, profugo o clandestino. In questo senso tutti questi percorsi (Coordinamento Antirazzista, Assemblea Antifascista, Genova Solidale etc.) devono saldarsi nella prospettiva di costruire lotte e piattaforme unificanti, che pongano sul terreno della mobilitazione generale le rivendicazioni con cui poter invertire la rotta, pretendendo:

– la ripartizione del lavoro tra tutti a parità di salario e l'abolizione di tutte le leggi che permettono la precarizzazione del lavoro a partire dal Jobs Act fino al Pacchetto Treu;

– case a prezzi popolari per tutti attraverso la requisizione dello sfitto e dei grandi patrimoni immobiliari in mano a Chiesa, banche, grandi proprietari;

– l'esproprio o il mantenimento della proprietà pubblica di tutte le aziende e di tutti i settori legati ai servizi(scuola, sanità, trasporti, assistenza sociale etc.) e l'affidamento della loro gestione direttamente ai lavoratori, per garantirne l'universalità e la gratuità;

– un sistema di accoglienza e integrazione fondato sul lavoro dignitoso, sull'accesso ai servizi e ai documenti, sulla formazione alla lingua e all'autonomia tramite la gestione assembleare diretta dei migranti, e quindi l'abolizione di tutte le leggi razziali, dai decreti Minniti-Orlando alla Bossi-Fini e la Turco-Napolitano;

– l'apertura di canali umanitari garantiti e la cancellazione degli accordi con i governi africani (Somalia, Libia etc.) che forniscono fiumi di denaro a chi si fa strumento di stragi, torture, stupri, massacri e internamenti per chi ha la sola colpa di migrare.

Rivendicazioni che possono essere attuate solo con una prospettiva anticapitalista, che ponga in essere la costruzione degli organi di autogoverno dei lavoratori, degli sfruttati e di tutti gli oppressi, che saranno la base del governo dei lavoratori, il solo governo che possa rappresentare gli interessi di questi contro i padroni, gli sfruttatori, i banchieri, e tutte le cancrene annesse.
Cristian Briozzo

Giù le mani dalla Catalogna!


Le misure annunciate dal governo Rajoy contro la Catalogna sono inaudite. Dopo aver scagliato la Guardia Civil contro persone inermi in coda per votare nel referendum del primo Ottobre, dopo aver arrestato i massimi esponenti del movimento indipendentista con l'accusa di sedizione, il governo spagnolo annuncia la destituzione del governo catalano, il commissariamento del Parlamento di Catalogna, la cancellazione della TV catalana, lo scioglimento dei Mossos e il loro rimpiazzo con forze militari di Madrid.
Si tratta di un vero e proprio colpo di Stato, con metodi di tradizione franchista.
Il Partito Popolare che si appresta a varare tali misure ha appena l'8,5% dei voti in Catalogna. Ma può contare sul sostegno compatto della monarchia, del Psoe, della magistratura, dell'esercito, dei corpi di polizia, del capitale finanziario, delle cancellerie dell'Unione Europea. Tutti uniti contro il diritto di autodeterminazione della nazione catalana, per paura della diffusione del contagio presso altre nazionalità oppresse di Spagna e d'Europa.

E' l'ora della mobilitazione al fianco del popolo Catalano.
Tutte le sinistre italiane hanno il dovere di un pronunciamento netto e incondizionato contro il colpo di Stato di Madrid. Il colpo di Stato di Madrid chiarisce una volta di più la natura oppressiva della Spagna verso la Catalogna. Chiarisce una volta di più le ragioni democratiche e progressive della volontà di indipendenza del popolo catalano dalla Spagna. Le posizioni ecumeniche assunte da tanta parte della sinistra italiana (“ Nè con la Spagna, né con la Catalogna”), o addirittura l'assimilazione demenziale della ribellione catalana al leghismo reazionario di casa nostra ( Il Manifesto), sono smentite clamorosamente dall'evidenza dei fatti. Tra uno Stato che opprime e una nazionalità politicamente oppressa, non si può essere equidistanti. Persistere tanto più oggi nella equidistanza sarebbe complicità con l'oppressione.

Facciamo appello a tutte le sinistre italiane- politiche, sindacali, associative, di movimento- per la più ampia mobilitazione a difesa della Catalogna contro la reazione spagnola. Portiamo la protesta sotto tutti i consolati spagnoli in Italia. No al colpo di Stato di Rajoy! Giu' le mani dalla Catalogna!

Nella mobilitazione unitaria a difesa della Catalogna contro il governo reazionario di Madrid porteremo la posizione indipendente dei comunisti rivoluzionari, già argomentata a più riprese su questo stesso sito:

- Immediata proclamazione della Repubblica Catalana.
- Abolizione del debito pubblico della Catalogna verso la Spagna.
- Nazionalizzazione delle banche catalane, senza indennizzo per i grandi azionisti, a tutela dei piccoli risparmiatori.
- Requisizione delle imprese in fuga dalla Catalogna sotto il controllo dei lavoratori.
- Appello al proletariato spagnolo per una mobilitazione comune contro il governo reazionario di Madrid.
- Organizzazione dell'autodifesa di massa catalana contro la repressione spagnola.
- Sviluppo delle strutture di autorganizzazione di classe e di massa, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università, nei quartieri e loro centralizzazione democratica.

Per una Repubblica socialista di Catalogna nella prospettiva degli Stati Uniti Socialisti d'Europa
.
Partito Comunista dei Lavoratori

Risoluzione del Comitato Centrale del PCL sulla Catalogna

 1) Il popolo di Catalogna ha l'insieme delle caratteristiche (unità e particolarità linguistica, territorio, comunanza di tradizioni e storia, sentimento popolare di identità) che configurano una nazione. 

2) Quanto sopra determina il suo diritto all'autodeterminazione.

3) La nazione catalana è stata storicamente oppressa dallo Stato spagnolo, almeno a partire dal 1714. Il movimento, da più di un secolo a carattere repubblicano, per la liberazione da tale oppressione nazionale dello Stato imperialista monarchico spagnolo ha un carattere progressivo.

4) Per questo, anche di fronte ad uno sviluppo di un movimento di massa nazionale democratico centrato sulla gioventù (che si è espresso nei mesi precedenti al referendum con posizioni radicali in difesa dei diritti dei migranti), la posizione dei trotskisti conseguenti deve essere a favore non solo del diritto democratico di autodeterminazione, ma anche della indipendenza della Catalogna.

5) Da comunisti rivoluzionari noi non proponiamo però una indipendenza senza aggettivi. Noi siamo per l'indipendenza di una Catalogna socialista, basata sul potere dei lavoratori e delle lavoratrici.

6) La posizione di cui al punto 5 non rappresenta però una precondizione per partecipare al movimento di massa e alla lotta attuale. Noi siamo per la Catalogna socialista ma appoggiamo incondizionatamente l'autodeterminazione e l'indipendenza. Per questo rivendichiamo il referendum del 1° ottobre e il suo risultato, condannando la sua oggettiva svendita da parte della borghesia catalana. Nel contempo, i marxisti rivoluzionari devono spiegare che solo una rivoluzione socialista può garantire la realizzazione concreta dell'indipendenza.

7) I marxisti rivoluzionari devono intervenire nel movimento reale di massa cercando di costruire in esso la propria egemonia utilizzando la propaganda e l'agitazione con i propri obbiettivi transitori, a partire dalla rivendicazione dello sciopero generale prolungato ed esteso anche alla classe operaia spagnola in generale, la costruzione di comitati operai, studenteschi e popolari in difesa del processo indipendentista, la nazionalizzazione sotto controllo operaio delle banche e delle imprese che esportano capitale fuori dalla Catalogna come strumento di ricatto nei confronti del processo indipendentista.

8) I marxisti rivoluzionari devono inquadrare la battaglia per l'indipendenza socialista della Catalogna in un quadro più generale, cioè in quello della prospettiva degli Stati uniti socialisti d'Europa. Il movimento di massa indipendentista catalano è nazionalista, ma non sovranista. Si tratta di combattere in esso le illusioni sulla UE e una sua eventuale riforma, e quelle su una Europa "sociale e democratica".

9) Non riteniamo attuale oggi la vecchia parola d'ordine di "Federazione socialista iberica". In questo momento essa apparirebbe al movimento di massa indipendentista come una versione radicale della posizione di compromesso avanzata da Podemos, Izquierda Unida ed En comun-Podem. Qualora però si sviluppasse in Spagna un movimento di massa democratico, antimonarchico e antireazionario che accettasse il diritto di autodeterminazione della Catalogna, questa parola d'ordine tornerebbe di attualità.

10) Non esiste allo stato attuale una oggettiva egemonia proletaria sul movimento di massa indipendentista. Questa situazione, del resto esistente anche negli anni '30, a causa delle posizioni anti-indipendentiste degli anarcosindacalisti, non elimina il dovere e la necessità di partecipare al movimento. Bisogna lottare per costruire tale egemonia. In ciò lottando contro le posizioni interclassiste all'interno del movimento e in alternativa al blocco politico con la borghesia della sinistra catalana (compresa la CUP), ma anche e soprattutto nella classe operaia industriale, compresa quella di immigrazione dagli altri territori dello Stato spagnolo, per farle comprendere che è nel suo interesse di classe appoggiare il movimento indipendentista.

Partito Comunista dei Lavoratori

Cento anni dai giorni che sconvolsero il mondo


Ciclo di conferenze nazionali del Partito Comunista dei Lavoratori sulla storia e attualità della Rivoluzione russa

Cento anni dopo la Rivoluzione d'ottobre, il capitalismo attraversa la crisi più profonda degli ultimi decenni. Il crollo dell'URSS e la restaurazione capitalistica in Cina non hanno prodotto un rilancio storico del capitalismo, ma una nuova contesa per l'egemonia mondiale tra vecchi e nuovi imperialismi. Parallelamente, il vecchio compromesso sociale tra capitale e lavoro, sospinto nel dopo guerra dall'esistenza dell'URSS, lascia il posto ad una profonda regressione di conquiste e diritti della classe lavoratrice. L'Europa è al centro di questa regressione storica. Come un secolo fa, la crisi combinata del capitalismo e del riformismo ripropone la prospettiva della rivoluzione socialista quale unica soluzione progressiva della crisi dell'umanità.

Nel cuore dell'Europa, Syriza e Podemos configurano una nuova illusione riformistica proprio nel momento storico in cui essa è priva di una base materiale. Tutta la loro esperienza è e sarà la documentazione viva di questa illusione. Ogni eventuale simulazione di quel “modello”, non farebbe che riproporne le insuperabili contraddizioni.

La ricostruzione di una sinistra rivoluzionaria non può essere un'improvvisazione. Richiede un bilancio di verità del movimento operaio del '900, a partire dalla pagina tragica dello stalinismo. La riattualizzazione delle concezioni di Lenin, Trotsky, Rosa Luxemburg e Gramsci è parte insostituibile del recupero del nostro patrimonio, così come un secolo fa il recupero e il rinnovamento del programma di Marx fu alla base della nascita della Terza Internazionale e dello stesso successo della Rivoluzione d'ottobre.


Le conferenze nazionali del PCL sulla Rivoluzione russa si terranno a:

- Milano: Sabato 4 novembre 2017 alle ore 15:00 - Sala CAM "Falcone e Borsellino", Corso Garibaldi 27 (M2 Lanza)

- Firenze: Domenica 5 novembre 2017 alle ore 15:00 - Casa del Popolo "Il Progresso", Via Vittorio Emanuele 135

- Reggio Calabria: Sabato 11 novembre 2017 alle ore 16:30 - Sala Fondazione Lucianum, Via Monsignore De Lorenzo 30
Partito Comunista dei Lavoratori

Alternanza Scuola-Lavoro :sfruttare uno studente licenziare un lavoratore


Studente di istituto professionale indirizzo meccanico di La Spezia costretto a 40 giorni di prognosi per frattura alla tibia dovuta ad un muletto ribaltatosigli addosso, presso un' azienda specializzata nella revisione e riparazione di motori nautici e industriali. Quattro studentesse minorenni molestate sessualmente più volte dal tutor esterno in un centro estetico di Monza, a luglio scorso. Studenti e studentesse camerieri gratis in varie catene di fast food e non solo, a lavorare all' Ilva di Taranto, a volantinare e pulire bagni per 12 ore e senza pausa, a spillare birre...

Il governo Gentiloni e la Ministra Fedeli riconfermano un modello che dai tempi della riforma Moratti nel 2005 passando per la Gelmini nel 2010 diventa finalmente obbligatorio grazie alla Buona Scuola l. 107/2015: non solo una scuola dell' obbligo classista ed elitista disegnata sull' esigenze del mercato, con docenti precari con contratti bloccati da quasi otto anni, tagli al budget etc, ma anche soprattutto la legalizzazione dello sfruttamento dello studente medio direttamente sul mercato del lavoro, in linea con le premesse del Jobs Act e grazie all' ultima finanziaria.

L' ALTERNANZA SCUOLA- LAVORO: ENNESIMA FACCIA DELL' UBERIZZAZIONE CONTRO I GIOVANI.

Accanto alla situazione disastrosa che coinvolge gli studenti universitari fra tirocini e stage fra il sommerso  e l' illegale, nonché fra il lavoro gratuito e, in generale, accanto alla situazione dei giovani inseriti, privi di mezzi e tutele con stipendi da fame e zero potere contrattuale, nel mercato del lavoro, grazie ai contratti di apprendistato made in Jobs Act, lavori a chiamata, contratti a tutele crescenti, lo sfruttamento 3.0 dei riders fattorini di Deliveroo, Foodora, Just Eat e altri … Quest' anno l' offensiva continua con l' obbligo definitivo di svolgere c.d. percorsi di alternanza scuola -lavoro per tutte le studentesse e gli studenti del triennio delle scuole superiori italiane. Un milione e mezzo circa di giovani, soprattutto minorenni dovranno dedicare a questa ''parte del percorso formativo'' 200 ore, nei licei, e 400 ore, rispettivamente negli istituti tecnici e professionali. Ma non saranno i primi.
Infatti già nell’anno scolastico 2014/2015 gli studenti partecipanti erano 273.000 e il 54% delle scuole aderiva all' alternanza. Nel 2015/2016 i numeri sono aumentati  a 652.641 studenti.  Gli istituti rientranti nel progetto sono saliti fino al 96%. Si sono moltiplicati i casi da 11.585 a 29.437.
Rispetto solamente agli allievi dell' ultimo anno, se fra il 2014/2015  erano 89.752 in alternanza, quest' anno rientreranno nell' obbligo previsto dalla Buona Scuola ben 455.062 iscritti su 502.725, ovvero il 90, 6 % del totale delle classi terze, per cui sono stati stanziati 100 milioni l' anno dalla legge 107/2015.
Per avere un' ulteriore idea, basti guardare i numeri per indirizzo, fra licei, istituti tecnici e istituti professionali : rispettivamente dai 12.371 del 2014/2015 ai 227.308 quest' anno, da 31.592 a 140.699 oggi, fino ai 45.789  dei professionali che attualmente sono diventati 87.055.
Come si può notare, l' incremento é significativo : dalla sua introduzione facoltativa via via allargata e divenuta obbligatoria, l' alternanza scuola lavoro indica la volontà di istituzionalizzare in maniera fortemente elusiva i diritti sociali e le tutele dei lavoratori dipendenti ; in breve, qualsiasi tipo di rapporto di lavoro normato. Lo studente in alternanza realizza su carta, legalizza, lo stadio ultimo ideale del Jobs Act : zero contratto, zero tutele, zero rimborsi, zero sindacato, zero retribuzione, in balia totale dell' esigenze dei padroni, a scapito dell' istruzione pubblica obbligatoria e del diritto allo studio. L' ennesima manna dal cielo del governo a favore delle imprese in corsa per il profitto.
Ma come funziona nello specifico l' alternanza scuola- lavoro?
Ebbene, si é visto che l' istituto si é modellato in qualche anno, ma la sostanza non é cambiata: si tratta di un c.d. progetto formativo che si distingue dallo stage e dal tirocinio, come dall' apprendistato che comporta infatti un contratto di lavoro; lo studente in alternanza non é  mai un lavoratore, nè é equiparato ad un lavoratore minore nel caso, più frequente, sia minorenne. Non essendo un rapporto di lavoro contrattualizzato, lo studente é merce di scambio fra istituzione scolastica e impresa, le quali stipulano tra loro, studente escluso, una Convenzione relativa alle forme con cui questo percorso dovrà svolgersi, rendendo di fatto l' impresa irresponsabile direttamente rispetto allo studente. Tutor interno alla scuola e tutor esterno nell' ente di riferimento sono le due figure in capo alle quali si ha un ibrido poco chiaro fra potere disciplinare, di controllo e direttivo, che in realtà si configura in un asset autoritario, incontrovertibile e incontestabile su cui lo studente ha zero potere contrattuale : assume semplicemente che se sgarra é fuori, con buona pace di qualsiasi possibilità di esercitare diritti sindacali sul luogo di lavoro per contestare le sue condizioni, di qualsiasi tipo di indennità, già lavorando gratis, nonché sobbarcandosi eventuali conseguenze in termini di andamento scolastico.
Infatti lo studente, o chi per lui se minorenne, si trova a prendere atto del percorso prestabilito da altri (scuola e azienda) attraverso una semplice declaratoria di presa visione, il Patto Formativo, e la possibilità di scegliere per lui stesso, per il suo diritto allo studio, termina così. Doveri di puntualità, obbedire in generale alle direttive dei responsabili di quelle che la Buona Scuola definisce ''strutture ospitanti'', ma soprattutto rispettare gli obblighi in materia di fedeltà aziendale, segreti aziendali e privacy. In breve, e non é difficile capirlo, si tratta di lavoro nero, gratis, anche sfruttamento minorile per azzerare i costi dei datori di lavoro, poiché si tratterebbe a tutti gli effetti di lavoro dipendente mascherato, gratis e sotto- inquadrato, ovvero si avrebbero in astratto elementi, dal lato normativo, ricorrenti in contratto di lavoro subordinato.  Dal punto di vista normativo quindi, in termini di diritto del lavoro, vi é una elusione illegale totale: paradossalmente, si dovrebbe riconoscere a tutti gli studenti, minorenni inclusi, lo status di lavoratori dipendenti, o meglio, come minimo, una paga... Il lavoro o é retribuito o non può essere.
Dal punto di vista educativo, le mansioni che si affidano arbitrariamente a questi studenti non rispondono alle loro esigenze formative, ancora di più, ma ai bisogni dei padroni, sulla base di esclusive valutazioni di profitto. Non a caso poi, l' alternanza si svolge spesso in estate (8 volte su 10), sulla base di offerte <> di privati (81% delle esperienze) o piccole o medie imprese interpellate direttamente dai dirigenti scolastici.

JOBS ACT E BUONA SCUOLA : L' ALTERNANZA SFRUTTAMENTO STUDENTI- LAVORATORI

L' aumento progressivo del numero degli studenti coinvolti e quindi l' allargamento dell' obbligo,  e  l' aumento dei percorsi attivati, oltre che delle strutture ricettive, in breve, la definitiva istituzionalizzazione dell' alternanza scuola- lavoro, non sono casuali, nè tantomeno sono per il bene  educativo degli studenti, come il governo vuole farci credere, ma conseguenze derivanti da  specifici fattori economici e poi di natura previdenziale.
Innazitutto il governo Renzi con la legge finanziaria del 2016 ha previsto incentivi finanziari per le aziende a questo fine, ciò che ha appunto comportato un incremento del +139% degli studenti partecipanti e del 41% delle aziende, diventate 149.795. L' importo dei voucher ed annessi incentivi per le imprese vincitrici, é infatti stabilito del bando istituito presso le Camere di commercio italiane a braccetto con il MIUR, e varia in funzione dei percorsi di alternanza attivati presso l' ente stesso.
Tale politica di favore alle imprese é stata il motore che ha permesso di consolidare il legame tra il MIUR e il mercato, nonché  di dare definitivamente vita all' alternanza scuola- lavoro, visto l' impegno del Ministero a partire dall' ottobre 2016, con la promozione di un incontro ''Campioni di alternanza'' con 16 aziende, ordini professionali, associazioni del terzo settore e PA per un totale di tredici settori coinvolti (servizi, digitale, automotive, alimentare, ristorazione, finanziario, distribuzione, logistica, abbigliamento, arte e cultura, giuridico, manifatturiero, energia) per sancire una partneship con le scuole per l' attivazione di 27mila percorsi. Enti ''campioni di alternanza'' coinvolti nell' accordo con il MIUR: prima di tutti McDonald's, che ha promesso 10 mila percorsi per studenti in 500 locali sul territorio. McDonald's ha circa 20 mila dipendenti in Italia in condizioni vessatorie e l' ingresso di 10mila studenti a lavorare gratis, di certo comporterà delle conseguenze in termini di licenziamenti e aggravamento ulteriore dello status dei suoi dipendenti. Per definire ulteriormente la finalità di profitto a costo zero che nulla a che vedere con un arricchimento formativo per uno studente, gli altri soggetti erogatori sono, oltre a McDonald's: Accenture, Bosch, Consiglio Nazionale Forense, COOP, Dallara, ENI, Fondo Ambiente Italiano, FCA, General Electric, HPE, IBM, Intesa Sanpaolo, Loccioni, Poste Italiane e Zara.
Non a caso tutte imprese e/o multinazionali non certo famose per essere modelli lavorativi ed economici educativi verso i più basilari principi costituzionali che invocano diritti sociali e sindacali, ma che, anzi, negli ultimi anni e all' ora attuale, hanno visto e vedono i lavoratori (dalla logistica ai metalmeccanici passando per il pubbligo impiego e i trasporti) scendere in piazza in asprissime vertenze e  durature lotte contro licenziamenti, taglio al welfare aziendale nelle indennità, nei sussidi, nei fondi pensioni e assicurativi, contro la repressione sindacale e politica, nel rigetto di accordi capestri... non ''Campioni di alternanza'', ma semmai ''Campioni di sfruttamento''. 
Ecco in realtà un' altra ragione per cui si capisce come e perché, secondo il MIUR, l' obiettivo per il secondo anno di obbligo dovrebbe appunto arrivare a 1.150.000 di studenti in alternanza durante questo anno scolastico e 1,5 milioni a regime : per inserire forza lavoro già isolata e priva di mezzi  di critica, grazie al modello autoritario della Buona Scuola, ''vergine'', a fronte di una classe lavoratrice che, nonostante i rapporti di forza globalmente sfavorevoli all' ora attuale, dopo un congelamento della protesta contro il Jobs Act a causa della politica complice delle direzioni sindacali, dà sempre più fastidio perché, in realtà, si dimostra capace di invertire la tendenza e, attraverso la forza dell' autorganizzazione, dà vita a innumerevoli mobilitazioni politiche e economiche sparse nel paese, da ultimo all' Ilva di Genova.

Ma il mondo studentesco non si é dimostrato complice con il mercato contro i lavoratori, come lo dimostra la giornata di mobilitazione nazionale indetta il 13 ottobre, importantissimo inizio affinché ci si doti di strumenti, teorici e pratici, per denunciare e rigettare l' alternanza scuola- lavoro in quanto abuso e attacco diretto contro il diritto allo studio e ad un' istruzione libera e gratuita, accessibile a tutti.

Il secondo fattore, di natura previdenziale, tocca un aspetto cruciale della condizione in cui lo studente in alternanza si trova, ovvero la salute. Lo studente beneficia, secondo Convenzione e Patto Formativo, delle tutele (parzialmente) e dei doveri (interamente), responsabilità, connessi al d.lgs. 81/2008 TU sulla salute e sulla sicurezza sul lavoro in attuazione dell' art. 1 della legge 123/2007 in materia di tutela della salute  e della sicurezza nei luoghi di lavoro, pur non avendo alcun rapporto di lavoro con l' impresa presso cui svolge l' alternanza e ciò infatti solleva diverse obiezioni, alla luce della realtà attuale delle cose.
Il MIUR, fino al 2016, ha previsto l' obbligo a carico delle singole scuole di formare gli studenti prima dello svolgimento del percorso in materia di sicurezza, norme infortunistiche e privacy sui luoghi di lavoro. La formazione a questi fini, in materia di licenza e retribuzione, non é però stata definita contemporaneamente, rispetto ai docenti e/o al personale scolastico. Le scuole si sono  naturalmente trovate spesso e volentieri impreparate di fronte a tale obbligo, penalizzando i lavoratori e gli studenti: con la presenza di corsi di formazione erogati da privati e/o Camere di commercio, i c.d. ''Alternanza day'', a carico economicamente delle scuole e degli studenti stessi, se non anche, sempre, a discapito dell' apprendimento in classe. Lavori gratis e ti formi a pagamento.
Per non parlare del frangente assicurativo: esclusa la convenzione fra istituzione scolastica e INAIL e regime annesso relativamente alla frequentazione degli ambienti scolastici, per i primi due anni di alternanza non vi era nulla più rispetto al d.lgs. 81/2008 a tutela (formale) degli studenti. Lavori gratis, ti formi a pagamento e non hai coperture sufficienti contro gli infortuni, né conoscenze adeguate per tutelarti. Il lavoro o é sicuro o non é.
Un accordo di partenariato INAIL- MIUR é arrivato con la circolare 44 del 21 novembre 2016 per chiarire rispetto ai criteri per la trattazione dei casi di infortunio (e connessi aspetti contributivi). Dopo oltre un anno di buio, in cui le studentesse e gli studenti, oltre che i docenti, sono stati abbandonati a loro stessi, quando gli abusi e gli infortuni gravissimi sono stati e sono all' ordine del giorno e di cui le sole e uniche vittime sono gli studenti. Per formarti, per lavorare non devi rischiare la pelle.
Tuttavia, questa circolare resta lacunosa e non risolve il problema, anzi: non fornisce indicazioni sulla tutela rispetto alle parti dell' alternanza che si svolgono all' esterno della scuola e nei casi di percorsi svolti all' estero. Infatti manca una tutela degli studenti in itinere, ovvero durante gli spostamenti da casa verso il soggetto ospitante, l' azienda e viceversa, quando si tratti di attività svolte al di fuori della scuola; non vi é copertura assicurativa prevista in caso di infortunio, come non vi sono rimborsi previsti relativi ai costi di spostamento, dei trasporti, sempre a carico degli studenti. Da questo discende inoltre che le famiglie potrebbe attivare contenziosi contro la scuola. Non devi pagare per lavorare, nè tantomeno per lavorare gratis e sottoposto/a ad ogni genere di rischio.
Sulla realizzazione di corsi di formazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, l' accordo arriva tardi...In questo anno di applicazione della Buona Scuola sono stati appunto numerosissimi i casi di corsi di formazione erogati a costi enormi da società di consulenza o singoli professionisti, di denunce di pacchetti formativi effettuati ammassando più classi in solo ambiente, etc.
In sostanza, gli studenti non hanno ricevuto una conoscenza essenziale, di qualità e utile, in più dovendo sostenere costi esorbidanti, insieme alle scuole.
Resta perciò fermo il fatto che l' INAIL ha escluso un modello specifico di realizzazione dei corsi riferito agli studenti in regime di alternanza scuola- lavoro.
Rispetto alla tutela anti-infortunistica, in analogia con la normativa generale, questa si applica per i rischi legati ad attività svolta in ambiente di lavoro, inteso come non solamente il luogo fisico del soggetto ospitante, ma anche ''un eventuale cantiere all'aperto o un luogo pubblico, purché in essi si svolga un progetto di alternanza scuola-lavoro”.
Rispetto alle prestazioni che l' INAIL eroga, in caso di infortuni e/ o malattie professionali, le principali sono : economiche (indennizzo del danno biologico in capitale per menomazioni integrità psicofisica pari o superiori al 6%, rendita per menomazioni di grado superiore al 16%, assegno per l' assistenza personale continuativa, integrazione della rendita, rimborso spese per farmaci e rimborso viaggi e soggiorno per cure termali e soggiorni climatici), sanitarie (prime cure ambulatoriali, accertamenti medico- legali) e protesiche (fornitura di protesi, ortesi e ausili).

Emerge che gli studenti non hanno diritto all' indennità per inabilità temporanea assoluta.

Ma soprattutto la responsabilità dell' azienda in caso di infortunio e malattia professionale degli allievi, dove sta ?
In questo caso, infatti, lo studente deve denunciare l' infortunio al dirigente scolastico o al soggetto incaricato nella convenzione tra scuola e soggetto ospitante.  Se lo studente comunica l' infortunio solo all' azienda, quest' ultima deve notificarlo al dirigente scolastico. E' compito suo infatti presentare denuncia all' INAIL di infortunio sul lavoro e di malattia professionale degli studenti in alternanza scuola- lavoro.  Di conseguenza é l' INAIL che può agire in rivalsa sull' azienda.
Infatti sulla carta, solo in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, lo studente in alternanza dovrebbe essere equiparato in tutto e per tutto ad un lavoratore dipendente ; ma, nei fatti, abbiamo visto che non é così.
A carico dell' azienda si configura l' adempimento di almeno tre obblighi fondamentali, prima di inserire lo studente nell' organizzazione produttiva: la sorveglianza sanitaria, per verificare l' idoneità alla mansione o comunque l' idoneità a essere impiegato in un determinato contesto professionale e ambientale; la formazione relativa ai rischi generali e specifici dell' azienda ; la consegna dei dispositivi di protezione individuale (Dpi) necessari e sufficienti per assicurare allo studente la possibilità di svolgere la sua esperienza in assoluta sicurezza (tipo guanti, casco etc.)
Rispetto alla sorveglianza sanitaria, l' azienda ne é, in pratica, totalmente esonerata, visto che le linee guida del Ministero dell' Istruzione prevedono la stipula di accordi in merito affinché gli adempimenti del caso si considerino assolti per il datore grazie ad una semplice visita medica preventiva, da affidare al medico competente dell' istituzione scolastica, ovvero alla ASL. Rispetto alla formazione, si veda sopra, in quanto viene rilasciata in maniera generica, quindi inutile a livello teorico, con costi a carico di scuole e studenti, con zero riscontri pratici. In linea con il dato nazionale, secondo cui in Italia l' investimento aziendale in termini di prevenzione é a livelli minimi se non inesistente, visti i numeri degli infortuni e delle morti sul lavoro. Non sono fatalità.
La previsione resta quindi di dubbia portata in quanto, come ci dimostra l' infortunio quasi mortale subito da studente minorenne a La Spezia, le azienda speculano in maniera folle sugli allievi in termini di rischi appunto, assegnando mansioni assolutamente inutili dal lato formativo ed estremamente pericolose, inadatte sotto ogni punto di vista, dando ampio sfogo a profili di illegalità penale (ammesso anche solo che, per guidare un carrello elevatore, lo studente avrebbe dovuto, come minimo, possedere una patente apposita che mancava, come mancavano evidentemente i Dpi e la formazione relativa all' uso del mezzo). Come ci dimostra il caso pugliese degli studenti mandati all' Ilva di Taranto, per non parlare dello stabilimento di Genova. Un' impresa, quella dell' Ilva, che minaccia da ultimo minimo 4000 esuberi e dove i lavoratori conducono da diversi anni lotte contro condizioni di lavoro disumane  e licenziamenti.
Si ricordi ancora che, come sottolineato in precedenza, gli studenti non hanno in nessun caso diritto all' indennità per inabilità temporanea assoluta nel campo delle prestazioni erogate dall' INAIL.
Tutto ciò quando il mercato italiano vede, nel 2017, un aumento delle morti sul lavoro del 5, 2 %  e zero prevenzione: secondo i dati di settembre, per la prima volta da 25 anni, infatti, infortuni e morti denunciati aumentano nei primi sette mesi dell' anno. 591 morti in sette mesi, significa quasi tre al giorno. Di cui la gran parte (431) ha perso la vita sul posto di lavoro, gli altri 160 (in forte crescita) durante il tragitto dall' abitazione al cantiere o alla fabbrica.
Inoltre, e questo varrà chiaramente anche per gli studenti in alternanza  con montante da specificarsi, bisogna dire che l' indennizzo dall' Inail (per i lavoratori in genere pari a metà della retribuzione) é legato alla dimostrazione, prova a carico del lavoratore/studente, che l' infortunio sia legato al lavoro svolto. E' inoltre necessario essere iscritti all' INAIL prima di perdere la vita. Per i lavoratori viene quindi di solito riconosciuto un 65% dei casi denunciati. Secondo l' Osservatorio indipendente di Bologna che monitora gli infortuni mortali, in teoria, dei numeri del 2017 calcolati fino a settembre, si ipotizza che solo 380 degli incidenti mortali saranno indennizzabili. Come dire che il 35%-40% di queste morti non esista, innanzitutto perché i lavoratori non sono iscritti all' Inail o sono in nero.
A fronte della realtà italiana dove non esiste di base la sicurezza di fabbriche e cantieri e le imprese non investono nella prevenzione tout court, il costo, in termini di salute in primis, ricade solo sullo studente lanciato in un mercato del lavoro dominato da una logica dei profitti oggi più che mai feroce. Dove il Jobs Act che, in linea con la politica liberista del Pacchetto Treu di questi ultimi venti anni, ha fornito il  seguente quadro di cui l' alternanza scuola- lavoro é solo l' ultimo tassello: precariato, zero diritti, attacco alla possibilità di scioperare, retribuzioni da fame, lavoro gratuito, dequalificazione, investimenti solamente in incentivi per le aziende in vista dell' abbassamento del costo del lavoro, ovvero degli studenti e dei lavoratori.

STUDENTI CHE LAVORANO GRATIS E LAVORATORI LICENZIATI: ZERO TUTELE E MASSIMO DEI PROFITTI.

L' alternanza scuola lavoro, la Buona Scuola é quindi l' ennesimo regalo al padronato italiano, dopo il Jobs Act. Il costo per gli studenti e per i lavoratori é altissimo in termini di salute, di formazione, istruzione, di diritti sociali e sindacali. La posta in gioco é troppo alta per restare a guardare la stessa offensiva padronale che colpisce tutti e tutte e per questo la risposta deve essere unitaria.
Il padronato italiano, sgravato da costi e responsabilità, sfrutta tutta la forza- lavoro disponibile per vessarla e mantenerla in condizione di ricatto : la prese in carico di studenti a lavorare gratis, a fronte di licenziamenti di personale, comunque precario, ma ritenuto troppo costoso.
Abbattere i costi, aumentare i profitti e, per farlo, abbattere i diritti, ridurre la formazione, per avere forza- lavoro disorganizzata, divisa e non istruita.
Dal lato degli studenti, nel quadro dell' alternanza- scuola lavoro, il padronato sfrutta la logica dell' uberizzazione: l' auto- realizzazione, la c.d. acquisizione di competenze e strategie produttive per accrescere la propria formazione, volta ad incentivare una filosofia individualista, che con la pretesa generazionale, divide. Secondo cui l' obiettivo dello studente, asservito in realtà al mercato il cui interesse é massimizzare il valore del prodotto, non di chi lo produce, é la schermata dell' auto- imprenditorialità. L' auto- imprenditorialità come obiettivo spacciato dall' economia liberista, alla quale l' istruzione pubblica si piega, nasconde invece realtà di estremo sfruttamento e precarizzazione, come appunto nel caso dei riders di Foodora, spesso universitari, comunque quasi tutti giovani, la cui consegna in Italia é pagata 3,60 euro netti, con spese di manutenzione bici e divise a carico loro, senza premi malattie e indennizzi e coperture sanitarie/ assicurative: sono infatti auto- imprenditori. Per cui la realtà della gig economy attuale cosa dimostra veramente? Che il sogno dell' uberizzazione, dell' auto- imprenditorialità di cui l' alternanza scuola- lavoro viene impregnata, significa produzione dell' isolamento dei lavoratori, impossibilità di esercitare diritti sindacali, di fare sciopero, non essendo formalmente dipendenti da contratto e sottoposizione a rischi a livello di sicurezza e salute a livelli altissimi. Il tutto nella totale esenzione, irresponsabilità della azienda, contro cui legalemente per esempio é non possibile impugnare un licenziamento, non essendoci da contratto un rapporto di lavoro subordinato. Non a caso, emerge che l' unico contenzioso lavoristico verificatosi contro Foodora, in Italia, a Torino, sia quello per riconoscere che ricorrono tutti i presupposti perché il rapporto di lavoro venga riconosciuto come subordinato.
Tutto ciò riesce a dare ancora un altro esempio pratico della portata base che assume l' alternanza scuola- lavoro, ma con contorni, nello specifico, aggravati: in quanto non vi é retribuzione nemmeno a cottimo, é gratuita e non é considerata in alcun modo rapporto di lavoro che sia dipendente o autonomo o finto autonomo. E questo non é  un' ''esperienza '' che lo studente deve fare.

FUORI IL JOBS ACT DALLE SCUOLE E DAI POSTI DI LAVORO !

Contrastare tutto questo significa opporsi alla divisione fra gli studenti, alla divisione fra studenti e lavoratori che i padroni vogliono imporci, quando invece tutti subiamo lo stesso attacco che si concretizza in un presente di precarietà assoluta e disoccupazione, che supera in peggio e in termini quantitativi, perché tocca tutta la classe, la cosiddetta generazione no future.
Questo significa solamente una cosa: é necessario unirsi, attraverso assemblee generali, comitati di mobilitazione, in manifestazioni per rigettare Jobs Act e Buona Scuola e i loro effetti devastanti in soli due anni, come faccia di un' unica medaglia, per rilanciare un movimento contro l' offensiva padronale. Tutto ciò é possibile, come é stato dimostrato dal maggio 2015 quando il movimento degli insegnanti e degli studenti si é mobilitato contro la Buona Scuola, costituendo uno dei momenti di lotta più grandi contro il governo Renzi, e uno dei più importanti da decenni.

A questo serve lo strumento dello sciopero generale, e la giornata del 13 ottobre contro l' alternanza scuola- lavoro, il lavoro gratuito, per un' istruzione garantita a tutti e tutte, può essere l' occasione per intraprendere questa strada, fino ad una nuova data di lotta che sia in piazza con i lavoratori, a partire appunto dallo sciopero generale del 27 ottobre. Una data nata complessivamente dalla stessa esigenza: per garantire il diritto universale alla salute, all' abitare, alla scuola, alla mobilità pubblica e tutele reali di reddito ; per la pensione a 60 anni o con 35 anni di contributi, per l' abolizione della legge Fornero ; contro il TUR 10 gennaio 2014 ; contro la guerra e le spese militari ; per aumenti salariali, riduzione dell' orario di lavoro, per investimenti pubblici in ambiente e territorio ; per difendere il diritto di sciopero dalle leggi che lo vincolano; per abolire le disuguaglianze salariali, sociali, economiche, di genere e quelle nei confronti degli immigrati ; per fermare le privatizzazioni e le liberalizzazioni.
Rifiutiamo l' alternanza scuola- lavoro tutti insieme, per l' autorganizzazione degli studenti e dei lavoratori della scuola e dei lavoratori e degli studenti nei luoghi di lavoro, per la libertà di scegliere e di decidere sulla nostre condizioni di studio, vita e lavoro secondo i nostri bisogni e necessità, non secondo il mercato !

Fuori il  Jobs act dalle scuole e dai posti di lavoro!

Marta Positò

Impedire la marcia di Forza Nuova con una contromanifestazione antifascista

Forza Nuova ha ribadito la volontà di scendere in piazza a Roma «in ogni caso» nella giornata del 28 ottobre. In ogni caso questa manifestazione va impedita.

Non abbiamo alcuna fiducia nel ministro Minniti, che riceve le congratulazioni dei fascisti per la sua guerra ai poveri e ai migranti. Non abbiamo alcuna fiducia nelle cosiddette leggi antifasciste dello Stato (leggi Scelba, Mancino, Fiano) che dietro un sipario di belle frasi coprono la realtà quotidiana (e impunita) delle organizzazioni fasciste, delle loro azioni squadriste, dei loro veleni xenofobi, della loro stessa presenza elettorale e istituzionale. Possiamo avere fiducia solo nell'azione diretta del movimento operaio e nella sua memoria storica.

Per questo non è possibile accettare “in nessun caso” la marcia su Roma di Forza Nuova, né limitarci alla risposta di un innocuo convegno di parole. Occorre contrastare l'organizzazione dei fascisti sullo stesso terreno della piazza, fuori da ogni logica minoritaria e avventurista ma con ogni mezzo necessario. Solo la forza organizzata del movimento operaio può mettere fuori legge i fascisti.

Facciamo dunque appello a tutte le organizzazioni antifasciste, a tutte le sinistre politiche, sindacali, associative, di movimento, per una grande contromanifestazione unitaria il 28 ottobre a Roma con la parola d'ordine più elementare: “I fascisti non marceranno. Via i fascisti!”.

Partito Comunista dei Lavoratori


A sostegno della lotta degli operai dell'Ilva

Il Partito Comunista dei Lavoratori esprime pieno sostegno alla lotta dei lavoratori dell'Ilva.

Si confermano purtroppo le peggiori previsioni sulle conseguenze del commissariamento. La messa in vendita degli stabilimenti ha trovato sul mercato i soliti capitalisti pescecane, disponibili all'acquisto alla sola condizione di amputare lavoro e diritti. È la logica irriformabile del capitalismo.

L'offerta dei nuovi acquirenti Acelor e del governo Gentiloni è irricevibile: migliaia di lavoratori cacciati dalla fabbrica, e cancellazione dei diritti per chi rimane. Non può esservi alcuna trattativa su quel terreno. Posti di lavoro e diritti non possono essere merce di scambio. È necessaria una lotta radicale e prolungata, unitaria e di massa, in tutti gli stabilimenti Ilva per respingere il piano. Il PCL sosterrà tutte le forme di lotta che i lavoratori democraticamente decideranno. La nostra convinzione è che solo l'occupazione degli stabilimenti da parte degli operai, col sostegno di una cassa di resistenza, è in grado di rispondere a padronato e governo. È il momento di una radicalità uguale e contraria a quella dell'avversario.

Ciò vale anche per gli obiettivi. I fatti dimostrano che non ci sono sul mercato capitalisti buoni e generosi disponibili a garantire lavoro, diritti, salute. Tanto più in una fase di crisi e sovrapproduzione. Solo la nazionalizzazione della fabbrica, e di tutta la siderurgia, senza indennizzo per i grandi azionisti e sotto il controllo dei lavoratori, può garantite queste tutele. Il PCL si batte per questa soluzione, dentro la prospettiva di lotta per un governo dei lavoratori, basato sulla loro forza e la loro organizzazione: l'unica soluzione politica capace di rifondare da cima a fondo la società.

È il momento della massima radicalità e della massima unità.
Chiediamo a tutte le sinistre politiche, sindacali, associative, di movimento, di unirsi attorno alla lotta degli operai dell'Ilva, senza tentennamenti e senza riserve.
Partito Comunista dei Lavoratori