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Roma, presidio di solidarietà con il popolo catalano

Nel momento in cui la situazione della Catalogna sembra avviarsi verso uno scenario apparentemente senza vie d'uscita, sempre più pressante è l'urgenza di una mobilitazione di classe che si faccia carico di rappresentare le ragioni democratiche e progressive della protesta del popolo catalano, ponendo la rivendicazione dell'autonomia e dell'indipendenza alla base di una più ampia azione di rivendicazione e di lotta che investa i bisogni e gli interessi dei lavoratori catalani e del resto dello Stato spagnolo. 

È sulla base di questa posizione che il Partito Comunista dei Lavoratori ha partecipato al presidio-volantinaggio di solidarietà che si è tenuto nella giornata di ieri a Roma, convocato ed organizzato da Sinistra Anticapitalista, Sinistra Classe Rivoluzione e dall'area di opposizione della CGIL, oltre che dal PCL stesso.

L'appuntamento, che per via dei rapidissimi sviluppi non ha potuto avvantaggiarsi di una maggiore preparazione, ha visto l'attenta solerzia della Questura romana premurarsi di tenere le voci di protesta ben distanti dai palazzi dell'ambasciata spagnola. Ciononostante, il presidio ha visto la partecipazione, oltre ai militanti delle varie organizzazioni politiche e sindacali, di diverse decine di giovani e giovanissimi catalani (e spagnoli) residenti o in visita a Roma. Proprio loro hanno animato la protesta, intonando l'inno catalano e scandendo slogan di lotta, e manifestando l'intenzione di dirigersi in corteo verso l'ambasciata.

Il sentimento che animava i giovani era l'esatto opposto dei tentativi di pacificazione e di "rientro nei ranghi" che giungono da più parti, in Catalogna e non solo. È lo stesso sentimento che animava, nelle prime ore della mobilitazione, i lavoratori portuali di Barcellona e Terragona, che si sono rifiutati di ormeggiare le navi di rinforzo per la Guardia Civil inviate da Madrid, dichiarano disobbedienza ad oltranza.
Ma è anche l'opposto dei balbettamenti imbarazzati di Podemos, e l'opposto dei surreali e ridicoli appelli che i dirigenti della sinistra riformista italiana (Rifondazione Comunista, Sinistra Italiana...) rivolgono al buon cuore dell'Europa, e magari anche del Re («Chiediamo al governo spagnolo e a quello catalano di facilitare la ricerca di [una] soluzione condivisa», «L’Unione Europea [...] non può continuare a ripetere che il conflitto [...] è un affare interno di uno Stato. [...] E’ un affare europeo» (1)).
Verrebbe da chiedere a Maurizio Acerbo e Nicola Fratoianni se l'Europa alla quale si appellano accorati e della quale richiedono un intervento è la stessa Europa che negli ultimi anni è intervenuta - efficacemente, a dire il vero - in Grecia e in Ucraina.
Questo genere di appelli sono l'ennesima riprova non solo della totale cecità politica dei dirigenti di tale sinistra, anche davanti all'evidenza, ma anche della loro incapacità, ormai cronica, di ragionare in termini di indipendenza di classe, neanche quando un intero popolo scende in piazza contro la monarchia e gli intrighi delle forze borghesi.

L'atteggiamento dei marxisti rivoluzionari è un altro, esattamente opposto. Non si tratta di invocare l'UE, o di riconciliare. Si tratta di battersi per una soluzione di rottura anticapitalista alla mobilitazione per l'indipendenza, che conduca la battaglia non solamente contro lo Stato centralista e contro la monarchia, ma anche contro il sistema economico e sociale sul quale queste istituzioni si basano e si sono storicamente basate. E di farlo a partire dall'unità e della conciliazione della classe operaia spagnola ed europea: l'unica conciliazione che ci interessi, e l'unica in grado di far avanzare la lotta.



(1) Vedi l'appello "Catalogna: è un affare europeo".
Partito Comunista dei Lavoratori