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A sostegno della protesta pro Palestina nelle università

 


Giù le mani dagli studenti! Palestina libera!

Si diffonde la protesta nelle università italiane. Una protesta che unisce migliaia di studenti, docenti, ricercatori, contro la barbarie che si sta consumando a Gaza, dove giorno dopo giorno, in un crescendo di orrore e brutalità senza fine, uomini, donne, bambini vengono privati di cibo, casa, cure, e sono oggetto di una guerra di annientamento; mentre nella vicina Cisgiordania non si contano i rastrellamenti omicidi dell'esercito israeliano contro le forze della resistenza, uniti alla violenza squadrista dei coloni che sequestrano terre, distruggono case, promuovono il terrore contro i palestinesi residenti.

Di fronte a tutto questo, migliaia di studenti in tante università italiane hanno detto semplicemente “basta!”. Lo hanno detto in forme diverse: o contestando la partecipazione a conferenze universitarie di dichiarati esponenti della campagna sionista pro Israele, o interrompendo lezioni ordinarie per leggere e diffondere comunicati di denuncia, o facendo pacifica irruzione nei rispettivi senati accademici per prendere parola e avanzare richieste.
La richiesta comune è la fine della collaborazione delle università italiane con le università israeliane nel campo della ricerca scientifica, tecnologica, militare. Una richiesta sottoscritta da migliaia di docenti ed esponenti della cultura. Una richiesta che sosteniamo.

Contro la protesta studentesca si è prontamente levato il governo a guida postfascista. Giorgia Meloni si è detta preoccupata. Il suo cognato-ministro Lollobrigida ha denunciato il pericolo di un ritorno del terrorismo (!). La peggiore stampa reazionaria ha evocato l'intervento di polizia e carabinieri per "riportare l'ordine” nelle università. La ministra per l'Università Bernini, più cautamente, ha riunito i rettori in conclave per affidarsi alle loro autonome decisioni, inclusa quella di chiamare eventualmente la polizia. Su tutto primeggia l'appello solenne alla “democrazia”, alla “tolleranza”, al “rispetto delle opinioni”, assieme alla rituale denuncia dell'”antisemitismo risorgente”. Una denuncia che... in bocca agli eredi postfascisti dell'Olocausto fa una certa impressione.

La verità è che l'antisemitismo non c'entra nulla, come non c'entra nulla Giorgia Meloni con la democrazia. C'entra invece il sionismo, l'ideologia nazionalista reazionaria che supporta lo Stato d'Israele quale Stato coloniale, costruito sulla cacciata dei Palestinesi dalla loro terra. Un'ideologia che, identificandosi abusivamente con l'ebraismo, non solo ignora e calpesta la migliore tradizione storica di quest'ultimo, ma perciò stesso lo espone in tutto il mondo al rischio dei peggiori rigurgiti antisemiti.
Quando migliaia di studenti chiedono la fine della collaborazione con le università israeliane non chiamano affatto in causa gli ebrei. Chiamano in causa una forma di complicità e di sostegno allo Stato sionista, alla sua ricerca tecnologico-militare, alla sua azione di sequestro della terra, dell'acqua, del cibo, dei palestinesi. Complicità e sostegno che l'Italia continua ad assicurare ad Israele.

“Intolleranza”? Lo scandalo sta semmai nella tolleranza dell'azione genocida, da ormai cinque mesi, da parte della cosiddetta comunità internazionale. Quella che mentre piange lacrime ipocrite per l'”eccesso” di vittime civili a Gaza, continua ad armare lo Stato sionista, ripiana i suoi bilanci, gli mette a disposizione il fior fiore della ricerca. Migliaia di studenti non sono più disposti a tollerare tutto questo, né la negazione di tutto questo.

Di più. Migliaia di studenti oggi si chiedono: come è possibile che l'opinione pubblica mondiale sia a favore del popolo palestinese e invece le principali autorità del mondo difendono lo Stato d'Israele e la sua politica genocida, al punto persino da proibire o minacciare o manganellare le manifestazioni pro Palestina? Dove sta la democrazia, le sue promesse, la sua retorica, se i fatti la sbugiardano ogni giorno? Gaza diventa allora uno squarcio di verità sull'intero scenario del mondo.

E la verità è che la decantata “democrazia” è solo una finzione nella società borghese. Il potere reale si concentra nelle mani di una minoranza privilegiata di grandi azionisti, grandi manager, grandi capitalisti, e degli apparati statali al loro servizio. Il famoso diritto internazionale da tutti evocato è solo il diritto della forza degli Stati imperialisti, vecchi e nuovi, che lottano tra loro per la spartizione del mondo sulla pelle dei popoli oppressi e della maggioranza dell'umanità.

Il colonialismo è inseparabile dall'imperialismo. Il colonialismo sionista non a caso si è appoggiato prima all'imperialismo britannico e poi all'imperialismo americano, che oggi ne costituisce lo scudo assieme agli imperialismi europei. Quanto all'imperialismo russo, sta approfittando della guerra in corso in Palestina per proseguire la propria guerra d'invasione in Ucraina, mentre l'imperialismo cinese si allarga in Africa, in America Latina, e sul Pacifico.
Intanto la corsa gigantesca agli armamenti attraversa tutti i continenti e minaccia in prospettiva una nuova grande guerra.
Così va oggi il mondo. Né potrebbe andare diversamente, nel quadro del capitalismo.

Solo una rivoluzione socialista può liberare l'umanità e tutti i popoli oppressi dalla piaga del capitalismo e dell'imperialismo, e quindi da ogni forma di colonialismo e di guerra. Il sostegno ai palestinesi e alla loro resistenza può e deve connettersi a questa prospettiva storica di liberazione.

A maggior ragione oggi diciamo: giù le mani dagli studenti! Palestina libera!

Partito Comunista dei Lavoratori


ANCORA IL MANGANELLO AL SERVIZIO DEL SIONISMO

 


Il Partito Comunista dei Lavoratori esprime la propria incondizionata solidarietà alle studentesse e agli studenti che ancora una volta hanno subito la repressione violente delle forze del disordine.

È successo mercoledì davanti al Rettorato del Università di Bologna.

Oggi il PCL si associa alla legittima occupazione dello stesso Rettorato da parte delle giovani e dei giovani palestinesi

Stigmatizza il comportamento becero del rettore che ha impedito alle studentesse di esprimere la propria denuncia della complicità istituzionale, compresa quella dell’Università, del genocidio perpetrato dal regime sionista israeliano nei confronti del popolo palestinese, e contro la missione militare dell’imperialismo italiano nel Mar Rosso.

Ritiene indegno questo personaggio, con il suo comportamento da energumeno, a rappresentare il prestigioso ateneo.

Si è già scatenata a comando la canea politico mediatica filosionista che usa come una clava l’accusa di antisemitismo contro il movimento studentesco che solidarizza con la causa palestinese.

Si tratta di una vomitevole ipocrisia e di autentiche lacrime di coccodrillo.

Rigettiamo con forza questa accusa, e anzi rivoltiamo l’accusa di razzismo nei confronti dei mass media, del mondo politico e istituzionale che favoriscono obbiettivamente l’eccidio di un intero popolo.

A istituzioni criminali come queste e ai loro sgherri non si deve ubbidire. Bisogna solamente programmarne il rovesciamento verso una società socialista, l’unica in grado di tutelare il diritto di chiunque di autodeterminarsi, come individui e come popoli.

Nello stesso momento, la stessa canea con le medesime firme scatena un’ondata di odio razzista islamofobo senza precedenti nei confronti degli insegnanti della scuola di Pioltello rei ei di aver interrotto per un giorno le lezioni in occasione della fine del ramadan, dimostrando così in modo esemplare cosa vuol dire una scuola inclusiva e antirazzista.

Mentre il pericolo di antisemitismo viene sbandierato ipocritamente dalle forze eredi del regime fascista che perseguitò a morte gli ebrei, quelle stesse forze spandono il mefitico veleno del razzismo antislamico.

Avanti con la solidarietà al popolo palestinese e alla sua lotta di liberazione

Incondizionatamente a fianco della Resistenza dei partigiani palestinesi

Per la distruzione rivoluzionaria dello Stato di Israele

Per una Palestina, libera laica e socialista nell’ambito di una Federazione socialista del Medio-Oriente.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI - SEZIONE DI BOLOGNA

Le elezioni in Sardegna e la capitolazione della sinistra


 Sinistra Italiana e Rifondazione Comunista come ruote di scorta dei poli borghesi

Le elezioni regionali in Sardegna hanno registrato una sconfitta politica di Giorgia Meloni. Sul terreno strettamente elettorale le liste della destra hanno persino ampliato la propria percentuale di voto rispetto al risultato delle elezioni politiche del 25 settembre 2022. Ma l'impopolarità del candidato Paolo Truzzu, in particolare a Cagliari, ha zavorrato la coalizione trascinandola nel burrone.
Giorgia Meloni si era intestata sia il candidato sia la campagna elettorale, con punte di esibizione macchiettistica nella volata finale. La sconfitta di Truzzu è dunque a suo carico. Investe le relazioni interne alla destra e intacca l'immagine pubblica della premier. Meloni cerca naturalmente di minimizzare la valenza del risultato. Salvini ne approfitta per rilanciare la carta del terzo mandato per Zaia e i governatori del Nord, cercando di sopravvivere alla disfatta del proprio progetto di Lega Nazionale (“Per Salvini premier”). Nessun immediato terremoto in vista, beninteso, ma le acque della coalizione si increspano, in attesa del voto in Abruzzo.

La coalizione tra PD, M5S e Alleanza Verdi-Sinistra ha capitalizzato il tonfo di Truzzu. La candidata pentastellata Alessandra Todde ha beneficiato di un voto più largo di quello della sua coalizione, non senza l'apporto del voto disgiunto targato Lega e Partito Sardo D'Azione.
Il successo politico è stato in ogni caso superiore al successo elettorale. Non ha risolto né poteva risolvere le contraddizioni che attraversano il centrosinistra su scala nazionale, a partire dalla lotta tra PD e M5S per l'egemonia. Ma ha rafforzato Schlein all'interno del PD, disarmando per il momento i malumori interni sul terzo mandato, ed ha legittimato ruolo e ambizioni di Conte.
L'apertura di Calenda al centrosinistra dopo il fallimento dell'operazione Soru è un ulteriore portato del risultato sardo. L'alleanza borghese di liberalprogressisti, liberalconfindustrali e pentastellati rafforza in prospettiva la propria candidatura all'alternanza, in una logica bipolare. È, in prospettiva, un possibile governo di ricambio del capitalismo italiano, in un quadro NATO ed europeista. Il sostegno di PD e M5S alla missione navale nel Mar Rosso, in appoggio allo Stato sionista, riassume la loro natura.

Ciò che invece le elezioni sarde confermano impietosamente è l'assenza di una sinistra autonoma e alternativa ai poli borghesi.
Sinistra Italiana, in compagnia dei Verdi, rafforza il proprio ruolo di ancella subalterna del polo borghese liberale. L'unica vera preoccupazione di Fratoianni era di essere svuotato elettoralmente dall'effetto Schlein e di essere dunque scaricato dalla prossima coalizione di governo. Il 4% e rotti lo ha rassicurato su entrambi i fronti, come il fatto che Calenda non ponga problemi circa la presenza di Alleanza Verdi-Sinistra (AVS) in coalizione. La larga intesa in Abruzzo da AVS a Calenda, e persino a Italia Viva di Renzi, è in questo senso per Fratoianni un successo strategico.

Quanto a Rifondazione Comunista si è coalizzata con... Azione e +Europa di Emma Bonino attorno alla candidatura del padrone di Tiscali Renato Soru. Per noi nessuna meraviglia. Rifondazione Comunista è stata nella giunta di Renato Soru dal 2004 al 2009. Il suo segretario regionale ha rivendicato pubblicamente non a caso l'esperienza di governo con Soru per tutta la campagna elettorale, ringraziando Soru per il riconoscimento di Rifondazione. Il fatto che Soru, in perfetta coerenza con la propria natura padronale, abbia fatto una campagna elettorale denunciando il reddito di cittadinanza come assistenziale, col plauso naturale di Calenda e Bonino, non ha turbato Rifondazione. L'importante per Rifondazione era il proprio riconoscimento da parte di Soru. Penoso.
Non meno penosa l'assenza di una sola parola sul sito nazionale del PRC circa le elezioni in Sardegna. Delle due l'una. O la scelta di Soru era condivisa (o comunque coperta) dalla Segreteria nazionale, e allora era corretto rivendicarla e intestarsela, oppure non lo era, e allora occorreva dissociarsi. Il silenzio è l'opportunismo peggiore, che i militanti del PRC non si meritano.

La battaglia per un partito indipendente della classe lavoratrice sulla base di un programma anticapitalista è l'unica vera risposta alla capitolazione della sinistra politica. Il PCL è oggi l'unico partito che si batte controcorrente, con coerenza, per questa prospettiva. Costruiamolo insieme.

Partito Comunista dei Lavoratori