Il quotidiano La Stampa di
sabato 5 marzo ha dedicato un lungo articolo alle relazioni particolari
tra USB e M5S nella città di Roma, sino ad affermare l'esistenza di un
negoziato in corso tra M5S e USB in vista delle prossime elezioni
comunali, gestito in particolare da Roberta Lombardi, attorno allo
scambio tra voto organizzato al M5S da parte di USB e concessione di un
assessorato (al bilancio) per Luciano Vasapollo (direttore del Centro
Studi Cestes e dirigente della Rete dei Comunisti).
USB ha smentito la “notizia” (il M5S non ci risulta). Naturalmente prendiamo atto. Ma il punto non è seguire il dettaglio di un'indiscrezione, probabilmente approssimativa e “scandalistica”, quanto capire se esiste o meno un retroterra politico sostanziale che possa averla alimentata. Purtroppo quel retroterra esiste. E non c'è bisogno di guardare dal buco della serratura.
Le manifestazioni sindacali di USB a Roma contro la giunta Marino (sacrosante) hanno ospitato in grande pompa il M5S, fornendogli uno spazio pubblico privilegiato ed ostentato. E non si tratta solo di Roma. In tutta Italia si sono moltiplicati i rapporti pubblici tra USB e M5S, documentati da assemblee, video, filmati, atti istituzionali di vario livello. Numerose iniziative territoriali di USB ospitano regolarmente parlamentari o consiglieri locali del M5S, valorizzandoli come interlocutori privilegiati del sindacato. I parlamentari pentastellati ricambiano l'attenzione (elettoralmente utile) con qualche interrogazione parlamentare (che non costa nulla). In qualche caso (Bologna) si è giunti ad assemblee pubbliche congiunte col M5S sul tema della casa (...quando il M5S cittadino aveva votato in consiglio comunale con Forza Italia lo sgombero poliziesco delle case occupate).
Non si tratta solo, peraltro, di una attenzione strettamente sindacale. La Rete dei Comunisti ha accompagnato con la propria presenza diretta iniziative parlamentari del M5S sul terreno della politica estera, in particolare in occasione delle pose “bolivariane” di Di Battista.
Si dirà: che male c'è? Non a caso il comunicato di smentita di USB rivendica il diritto del sindacato ad «interloquire con tutti», «in particolare con chi mostra interesse per ciò che afferma», al fine di «difendere al meglio i lavoratori». Ecco, questo è il punto. Il M5S è contro il movimento dei lavoratori.
Il M5S è contro il lavoro: tutta la cultura pentastellata del reddito di cittadinanza parte dal presupposto che “il lavoro non c'è più, non ci sarà più, non vale la pena difenderlo”, e per questo occorre un sussidio sostitutivo di cittadinanza (inferiore oltretutto all'importo dell'attuale cassa integrazione). Non a caso il M5S ha rivendicato la chiusura delle acciaierie di Piombino, come oggi rivendica la chiusura dell'Ilva, in contrapposizione frontale con la lotta dei lavoratori e con ogni progetto che miri a difendere insieme lavoro e salute.
Il M5S è contro i lavoratori pubblici in particolare: siccome occorre liberare risorse da destinare alla piccola-media impresa (referente sociale centrale del M5S come di tanti movimenti reazionari), siccome occorre abolire l'Irap (come M5S rivendica dal 2013, alla coda dei settori più oltranzisti della destra), le risorse vanno prese dalla «zavorra parassitaria del pubblico impiego», come tante volte il M5S ha denunciato. È un caso che proprio Roberta Lombardi a Roma abbia annunciato una terapia d'urto contro i dipendenti comunali della città in caso di vittoria elettorale a 5 Stelle, con «inevitabili scioperi e disordini»? La collaborazione istituzionale preventiva di Lombardi col prefetto Tronca a Roma è di per sé inquietante.
Il M5S è contro il sindacato in quanto tale: se il lavoro non c'è più e non vale la pena difenderlo, che ragione ha di esistere un sindacato? Non a caso Grillo ha denunciato il sindacato in quanto tale come «residuo dell'Ottocento» da eliminare (in un comizio a Reggio Calabria, nel 2013); Casaleggio annuncia (nel suo ultimo libro) un futuro in cui «il sindacato non ci sarà più»; Di Maio ripete a ruota, da buon discepolo, il verbo dei Padri. Del resto, in una Repubblica plebiscitaria via web, controllata dalla “nuova democrazia” della rete, che ruolo possono avere rappresentanze collettive della classe lavoratrice? “Uno vale uno” è la cultura dell'atomizzazione individuale, risvolto naturale del potere plebiscitario.
Un sindacato dei lavoratori, a maggior ragione un sindacato che rivendica la propria coerenza sindacale, avrebbe il dovere di denunciare tutto questo. Di chiarire la vera natura del populismo grillino come variante del populismo reazionario, non a caso alleato di Farage in Europa, non a caso ostile agli immigrati, non a caso ambiguo e tartufesco sullo stesso terreno dei diritti civili, come abbiamo visto recentemente in occasione della legge Cirinnà.
A maggior ragione questa chiarificazione controcorrente sarebbe importante oggi, a fronte dell'enorme spazio che il populismo reazionario ha conquistato anche tra i lavoratori, grazie alle capitolazioni delle sinistre politiche e sindacali alle politiche di austerità dentro la crisi capitalistica.
Se invece si copre attivamente la natura del M5S, se addirittura lo si ricerca come propria sponda politica privilegiata, si fa davvero un pessimo servizio. Alla verità. Ai lavoratori. Al proprio sindacato. Sia che si ottenga in cambio la promessa di uno strapuntino istituzionale nella giunta di Roma (improbabile), sia che lo si faccia per esibire una interlocuzione politica “importante” purchessia, nella logica semplice, e antica, di un accreditamento istituzionale.
USB ha smentito la “notizia” (il M5S non ci risulta). Naturalmente prendiamo atto. Ma il punto non è seguire il dettaglio di un'indiscrezione, probabilmente approssimativa e “scandalistica”, quanto capire se esiste o meno un retroterra politico sostanziale che possa averla alimentata. Purtroppo quel retroterra esiste. E non c'è bisogno di guardare dal buco della serratura.
Le manifestazioni sindacali di USB a Roma contro la giunta Marino (sacrosante) hanno ospitato in grande pompa il M5S, fornendogli uno spazio pubblico privilegiato ed ostentato. E non si tratta solo di Roma. In tutta Italia si sono moltiplicati i rapporti pubblici tra USB e M5S, documentati da assemblee, video, filmati, atti istituzionali di vario livello. Numerose iniziative territoriali di USB ospitano regolarmente parlamentari o consiglieri locali del M5S, valorizzandoli come interlocutori privilegiati del sindacato. I parlamentari pentastellati ricambiano l'attenzione (elettoralmente utile) con qualche interrogazione parlamentare (che non costa nulla). In qualche caso (Bologna) si è giunti ad assemblee pubbliche congiunte col M5S sul tema della casa (...quando il M5S cittadino aveva votato in consiglio comunale con Forza Italia lo sgombero poliziesco delle case occupate).
Non si tratta solo, peraltro, di una attenzione strettamente sindacale. La Rete dei Comunisti ha accompagnato con la propria presenza diretta iniziative parlamentari del M5S sul terreno della politica estera, in particolare in occasione delle pose “bolivariane” di Di Battista.
Si dirà: che male c'è? Non a caso il comunicato di smentita di USB rivendica il diritto del sindacato ad «interloquire con tutti», «in particolare con chi mostra interesse per ciò che afferma», al fine di «difendere al meglio i lavoratori». Ecco, questo è il punto. Il M5S è contro il movimento dei lavoratori.
Il M5S è contro il lavoro: tutta la cultura pentastellata del reddito di cittadinanza parte dal presupposto che “il lavoro non c'è più, non ci sarà più, non vale la pena difenderlo”, e per questo occorre un sussidio sostitutivo di cittadinanza (inferiore oltretutto all'importo dell'attuale cassa integrazione). Non a caso il M5S ha rivendicato la chiusura delle acciaierie di Piombino, come oggi rivendica la chiusura dell'Ilva, in contrapposizione frontale con la lotta dei lavoratori e con ogni progetto che miri a difendere insieme lavoro e salute.
Il M5S è contro i lavoratori pubblici in particolare: siccome occorre liberare risorse da destinare alla piccola-media impresa (referente sociale centrale del M5S come di tanti movimenti reazionari), siccome occorre abolire l'Irap (come M5S rivendica dal 2013, alla coda dei settori più oltranzisti della destra), le risorse vanno prese dalla «zavorra parassitaria del pubblico impiego», come tante volte il M5S ha denunciato. È un caso che proprio Roberta Lombardi a Roma abbia annunciato una terapia d'urto contro i dipendenti comunali della città in caso di vittoria elettorale a 5 Stelle, con «inevitabili scioperi e disordini»? La collaborazione istituzionale preventiva di Lombardi col prefetto Tronca a Roma è di per sé inquietante.
Il M5S è contro il sindacato in quanto tale: se il lavoro non c'è più e non vale la pena difenderlo, che ragione ha di esistere un sindacato? Non a caso Grillo ha denunciato il sindacato in quanto tale come «residuo dell'Ottocento» da eliminare (in un comizio a Reggio Calabria, nel 2013); Casaleggio annuncia (nel suo ultimo libro) un futuro in cui «il sindacato non ci sarà più»; Di Maio ripete a ruota, da buon discepolo, il verbo dei Padri. Del resto, in una Repubblica plebiscitaria via web, controllata dalla “nuova democrazia” della rete, che ruolo possono avere rappresentanze collettive della classe lavoratrice? “Uno vale uno” è la cultura dell'atomizzazione individuale, risvolto naturale del potere plebiscitario.
Un sindacato dei lavoratori, a maggior ragione un sindacato che rivendica la propria coerenza sindacale, avrebbe il dovere di denunciare tutto questo. Di chiarire la vera natura del populismo grillino come variante del populismo reazionario, non a caso alleato di Farage in Europa, non a caso ostile agli immigrati, non a caso ambiguo e tartufesco sullo stesso terreno dei diritti civili, come abbiamo visto recentemente in occasione della legge Cirinnà.
A maggior ragione questa chiarificazione controcorrente sarebbe importante oggi, a fronte dell'enorme spazio che il populismo reazionario ha conquistato anche tra i lavoratori, grazie alle capitolazioni delle sinistre politiche e sindacali alle politiche di austerità dentro la crisi capitalistica.
Se invece si copre attivamente la natura del M5S, se addirittura lo si ricerca come propria sponda politica privilegiata, si fa davvero un pessimo servizio. Alla verità. Ai lavoratori. Al proprio sindacato. Sia che si ottenga in cambio la promessa di uno strapuntino istituzionale nella giunta di Roma (improbabile), sia che lo si faccia per esibire una interlocuzione politica “importante” purchessia, nella logica semplice, e antica, di un accreditamento istituzionale.