♠ in 17 maggio,buona scuola,CGIL,CISL,contratto,Di Maio,GILDA,governo,Opposizione CGIL,regionalizzazione,Salvini,sciopero,scuola,sindacati di base,SNALS,UIL at 01:18
16 Maggio 2019
Testo del volantino che verrà distribuito in occasione dello sciopero del 17 maggio
Quando si parla di regionalizzazione è bene avere presente che non si tratta di sola ripartizione territoriale.
I governi regionali di Lombardia e Veneto (con alla coda la giunta regionale emiliana del PD) chiedono il pieno controllo di tutto il sistema degli incentivi alle imprese, la gestione della cassa integrazione e delle cosiddette politiche attive del lavoro (reddito di cittadinanza incluso); il controllo di autostrade, ferrovie, aeroporti; la regionalizzazione dei rapporti di lavoro nella scuola, dell'alternanza scuola-lavoro, del rapporto con le scuole private; pieni poteri in fatto di sanità, inclusa la gestione dei fondi sanitari integrativi; e persino la gestione della previdenza complementare, della protezione civile, dell'ordinamento sportivo locale.
Insomma, i governi regionali si candidano ad avere mano libera su ogni terreno. La disponibilità di maggiori risorse fiscali consentirà loro di continuare a ridurre le tasse sui profitti, di allargare le regalie pubbliche alle imprese private, di liberalizzare e privatizzare ulteriormente prestazioni sociali e servizi pubblici. Più ridurranno la spesa sociale, più aumenteranno l'assistenza ai padroni. In cambio offriranno qualche piccolo privilegio corporativo ai propri “residenti”, pagato con la frantumazione contrattuale dei lavoratori, e dunque con l'attacco alla loro forza collettiva.
Dopo la riforma Gelmini, che mirava ad accentuare le differenze di classe e a creare studenti di serie A e studenti di serie B, dopo la "Buona scuola", dopo la scuola-azienda, la proposta sulla regionalizzazione dell’istruzione vuole consolidare la divisione fra scuole di serie A e scuole di serie B. Il parametro della ricchezza dei territori farebbe in modo di pagare diversamente gli insegnanti rispetto al resto del paese, come proposto in Veneto e in Lombardia, dove le regioni vogliono decidere sull’organizzazione didattica, gestire il sistema di valutazione e l’alternanza scuola lavoro, bandire concorsi regionali, potendo decidere il fabbisogno di personale docente e occuparsi direttamente delle graduatorie dei precari.
La regionalizzazione dell’istruzione, infatti, porterà 8 miliardi a Lombardia e Veneto (in spregio al già riformato Titolo V della Costituzione e dell’ articolo 117), che otterrebbero potestà legislativa in materia. Mentre in Emilia Romagna la proposta è in continuità con il percorso avviato dalla Buona scuola di Renzi, con la previsione di piani pluriennali di definizione degli organici e dell’autonomia scolastica su base regionale. Si continua quindi a differenziare gli studenti in base al tipo di scuola secondaria scelta, ad esempio.
Quanto ad oggi, già circa ventitremila docenti formati al Sud lavorano al Nord da anni, e i precari si battono fra graduatorie e ricorsi, dal taglio di cattedre con la Gelmini al cambio delle fasce riformulato dalla Buona scuola… Quando i docenti, insieme agli studenti, si trovano in edifici fatiscenti che cadono a pezzi, la cosiddetta autonomia differenziata vuole definitivamente legittimare un declassamento del sistema di istruzione nelle zone del paese che già da anni subiscono le carenze di welfare pubblico fondamentale, dalla scuola alla sanità, dovute a politiche di tagli al settore pubblico, sotto il segno dell’austerity.
Queste erano le ragioni alla base della mobilitazione che aveva portato un vasto fronte sindacale ad indire unitariamente lo sciopero per la giornata del 17 maggio.
In cambio di promesse ed impegni generici, sia per quanto riguarda gli impegni contrattuali che i progetti di autonomia differenziata, lo sciopero è stato revocato da CGIL, CISL, UIL, SNALS e GILDA.
E così al MIUR, mentre veniva siglata l'intesa con le organizzazioni sindacali dell'istruzione e ricerca, quasi in contemporanea si avviava un percorso (per decreto) per rilanciare l'autonomia rafforzata degli Atenei nel quadro di quella regionale, creando veramente una serie A d'eccellenza in grado di fare chiamate dirette e di negoziare individualmente salari e orari di lavoro con i proprio docenti.
A dimostrazione di come gli impegni previsti dall’intesa siano scritti sulla sabbia.
Il punto centrale, però, resta l’autonomia differenziata. Quelle frasi, quelle parole, quegli elementi contenuti al riguardo nell’intesa sono contenute anche, esattamente, nelle stesse intese sull’autonomia rafforzata, strette dal governo con le Regioni, pubblicate da alcuni mesi su diversi siti e diversi giornali.
Per questo il PCL sostiene la decisione importante di diversi sindacati di base, dell'opposizione interna della CGIL, di numerose associazioni di difesa della scuola pubblica, di mantenere e rilanciare lo sciopero della scuola del 17 maggio, a difesa di tutti i lavoratori e le lavoratrici della scuola, contro i progetti del governo Salvini-Di Maio.
Solo lo sviluppo di una opposizione di massa al governo delle destre, dal versante delle ragioni del lavoro, può sgombrare il campo dalle attuali tendenze reazionarie e aprire dal basso una nuova prospettiva.
È l'ora di rilanciare una opposizione sociale e di massa. È necessario costruire un percorso verso uno sciopero generale che unisca i settori colpiti da queste politiche antisociali, a partire dalle lavoratrici e lavoratori della scuola, e dagli studenti.
I governi regionali di Lombardia e Veneto (con alla coda la giunta regionale emiliana del PD) chiedono il pieno controllo di tutto il sistema degli incentivi alle imprese, la gestione della cassa integrazione e delle cosiddette politiche attive del lavoro (reddito di cittadinanza incluso); il controllo di autostrade, ferrovie, aeroporti; la regionalizzazione dei rapporti di lavoro nella scuola, dell'alternanza scuola-lavoro, del rapporto con le scuole private; pieni poteri in fatto di sanità, inclusa la gestione dei fondi sanitari integrativi; e persino la gestione della previdenza complementare, della protezione civile, dell'ordinamento sportivo locale.
Insomma, i governi regionali si candidano ad avere mano libera su ogni terreno. La disponibilità di maggiori risorse fiscali consentirà loro di continuare a ridurre le tasse sui profitti, di allargare le regalie pubbliche alle imprese private, di liberalizzare e privatizzare ulteriormente prestazioni sociali e servizi pubblici. Più ridurranno la spesa sociale, più aumenteranno l'assistenza ai padroni. In cambio offriranno qualche piccolo privilegio corporativo ai propri “residenti”, pagato con la frantumazione contrattuale dei lavoratori, e dunque con l'attacco alla loro forza collettiva.
Dopo la riforma Gelmini, che mirava ad accentuare le differenze di classe e a creare studenti di serie A e studenti di serie B, dopo la "Buona scuola", dopo la scuola-azienda, la proposta sulla regionalizzazione dell’istruzione vuole consolidare la divisione fra scuole di serie A e scuole di serie B. Il parametro della ricchezza dei territori farebbe in modo di pagare diversamente gli insegnanti rispetto al resto del paese, come proposto in Veneto e in Lombardia, dove le regioni vogliono decidere sull’organizzazione didattica, gestire il sistema di valutazione e l’alternanza scuola lavoro, bandire concorsi regionali, potendo decidere il fabbisogno di personale docente e occuparsi direttamente delle graduatorie dei precari.
La regionalizzazione dell’istruzione, infatti, porterà 8 miliardi a Lombardia e Veneto (in spregio al già riformato Titolo V della Costituzione e dell’ articolo 117), che otterrebbero potestà legislativa in materia. Mentre in Emilia Romagna la proposta è in continuità con il percorso avviato dalla Buona scuola di Renzi, con la previsione di piani pluriennali di definizione degli organici e dell’autonomia scolastica su base regionale. Si continua quindi a differenziare gli studenti in base al tipo di scuola secondaria scelta, ad esempio.
Quanto ad oggi, già circa ventitremila docenti formati al Sud lavorano al Nord da anni, e i precari si battono fra graduatorie e ricorsi, dal taglio di cattedre con la Gelmini al cambio delle fasce riformulato dalla Buona scuola… Quando i docenti, insieme agli studenti, si trovano in edifici fatiscenti che cadono a pezzi, la cosiddetta autonomia differenziata vuole definitivamente legittimare un declassamento del sistema di istruzione nelle zone del paese che già da anni subiscono le carenze di welfare pubblico fondamentale, dalla scuola alla sanità, dovute a politiche di tagli al settore pubblico, sotto il segno dell’austerity.
Queste erano le ragioni alla base della mobilitazione che aveva portato un vasto fronte sindacale ad indire unitariamente lo sciopero per la giornata del 17 maggio.
In cambio di promesse ed impegni generici, sia per quanto riguarda gli impegni contrattuali che i progetti di autonomia differenziata, lo sciopero è stato revocato da CGIL, CISL, UIL, SNALS e GILDA.
E così al MIUR, mentre veniva siglata l'intesa con le organizzazioni sindacali dell'istruzione e ricerca, quasi in contemporanea si avviava un percorso (per decreto) per rilanciare l'autonomia rafforzata degli Atenei nel quadro di quella regionale, creando veramente una serie A d'eccellenza in grado di fare chiamate dirette e di negoziare individualmente salari e orari di lavoro con i proprio docenti.
A dimostrazione di come gli impegni previsti dall’intesa siano scritti sulla sabbia.
Il punto centrale, però, resta l’autonomia differenziata. Quelle frasi, quelle parole, quegli elementi contenuti al riguardo nell’intesa sono contenute anche, esattamente, nelle stesse intese sull’autonomia rafforzata, strette dal governo con le Regioni, pubblicate da alcuni mesi su diversi siti e diversi giornali.
Per questo il PCL sostiene la decisione importante di diversi sindacati di base, dell'opposizione interna della CGIL, di numerose associazioni di difesa della scuola pubblica, di mantenere e rilanciare lo sciopero della scuola del 17 maggio, a difesa di tutti i lavoratori e le lavoratrici della scuola, contro i progetti del governo Salvini-Di Maio.
Solo lo sviluppo di una opposizione di massa al governo delle destre, dal versante delle ragioni del lavoro, può sgombrare il campo dalle attuali tendenze reazionarie e aprire dal basso una nuova prospettiva.
È l'ora di rilanciare una opposizione sociale e di massa. È necessario costruire un percorso verso uno sciopero generale che unisca i settori colpiti da queste politiche antisociali, a partire dalle lavoratrici e lavoratori della scuola, e dagli studenti.