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Le banche: strumento indispensabile del sistema capitalista

Le banche, le loro funzioni, il loro fine
Nell'immaginario collettivo borghese le banche assolvono un compito preciso e basilare. Raccolgono l'insieme del lavoro mercificato/monetizzato, lo strumento guida di un sistema che normalmente "funziona" facendo guadagnare profitti da capogiro a chi "investe" e "crea" posti di lavoro nella prospettiva di uno sviluppo economico e sociale sempre decantato come il fine ultimo di questa presunta filantropia, ipocrita, ingannatrice e velenosa. Tutto bene quindi. Fino a quando però sopraggiungono dei problemi legati radicalmente alle dirette conseguenze dei meccanismi di accumulazione/sovrapproduzione estesi a livello produttivo nell' economia reale. Ed è così che i cantori del libero mercato naufragano miseramente quando a rischiare seriamente sono le cosiddette "casseforti della democrazia padronale". Le banche vanno salvate perché altrimenti cosa succederebbe ai poveri risparmiatori e all'economia di un dato territorio? Questo sembra essere lo slogan che giustifica continue azioni d'intervento pubblico con buona pace di ogni specifica regola "imposta" dalla BCE, sempre travisata nell'interesse preminente della salvaguardia dell'ente finanziario di turno.
Intendiamoci: tutto questo non rappresenta una novità e direttamente coinvolte negli scandali finanziari degli ultimi tempi sono perlopiù banche che concorrono a determinare una cosiddetta normalità nella più apparente "anomalia" di ciò che accade con sempre più puntualità.


Il Monte dei Paschi. Dati, disastri e strategie
Il caso del Monte dei Paschi di Siena è il più eloquente in tal senso e nello stesso tempo il più "istruttivo" per far comprendere anche ai più riottosi che la struttura reale del sistema, l'architrave di ogni ingegneria politica, l'idea di ogni ipotetico sviluppo economico e di qualsiasi tenuta di stabilità istituzionale, non risiede sostanzialmente in Italia nelle aule di Montecitorio o Palazzo Madama ma, al contrario, trova radici ben più profonde nelle fondamenta dell'intero establishment finanziario, che ad ogni momento di difficoltà si rivolge tranquillamente allo Stato, suo diretto cameriere e "salvatore". Dal 2008 ad oggi anche negli USA, per esempio, oltre 2500 miliardi di dollari pubblici sono finiti nel giro vorticoso legato con qualche eccezione alla "salvezza" delle banche in un contesto in cui la federalità dell'insieme degli stati è andata a farsi benedire nel nome dei più grandi interessi delle" libertà" finanziarie americane.
Gli uomini posti a capo dei più grandi organismi bancari sono poi tra le figure più potenti del sistema, ultrapagati e quindi successivamente "congedati" con cifre da capogiro (si ricordi solo l'esempio di Profumo la cui buonuscita da Unicredit nel 2010 arrivò a toccare la cifra di 40 milioni di euro). La banca senese, nel novembre del 2007, arriva ad acquistare dal Banco Santander, con espressa autorizzazione di Bankitalia (Mario Draghi presidente) ciò che restava del gruppo Antonveneta arrivando a sborsare la folle cifra di 9 miliardi di euro ( a cui se ne aggiunsero successivamente altri 6 per i Fondi di finanziamento). In quel periodo, il valore di mercato oscillava attorno ai 2 e successivamente il presidente del MPS Mussari ebbe qualche problemino con la giustizia. Difficoltà che, vista l'alta "affidabilità" dimostrata, non gli impedì comunque di diventare successivamente presidente di Abi. Perché quest'operazione?
Il Banco Santander stava fallendo ma la banca spagnola risiedeva nella totale benevolenza degli ambienti dell'OPUS DEI e quindi il perché è presto detto. Grazie a questa felicissima operazione i disastri di bilancio si susseguono (MPS nel 2011 chiude con un buco di bilancio di 4,69 md di euro) ma nessuno degli organi di vigilanza (Consob, Bankitalia ecc) sembra aver nulla da obiettare al punto che, in seguito ad evidenti difficoltà finanziarie della stessa banca ci si rivolge quindi agli aiuti statali. Dapprima con Berlusconi nel 2009 (circa 2 md di euro con i consueti Tremonti-bond), poi nel 2012 (3,4 miliardi di euro attraverso l'acquisizione dei cosiddetti Monti bond e soppressione di 4600 posti di lavoro), quindi con il decreto legge del 22 dicembre 2016 in cui venivano stanziati circa 20 md di euro a tutela e salvaguardia degli enti finanziari in crisi (inclusa ovviamente MPS con circa 6,6 md complessivi) e da ultimo (per ora) la recentissima disposizione di legge del luglio 2017 in cui ancora una volta l'istituto senese, a vario titolo, beneficia di altri 5,4 md di euro a fronte di ulteriori 5500 esuberi. Tali interventi coincidono ovviamente con continue ricapitalizzazioni perennemente fallite a testimonianza inequivocabile di un istituto finanziario ormai decotto e fallimentare.
Sono cifre astronomiche che non serviranno a nulla dal momento che il monte globale dei crediti in sofferenza delle varie banche in Italia ammonta a circa 350 miliardi di euro e puntualmente tali "aiuti" servono solo a tappare il buco di bilancio del momento ma non a risolvere strutturalmente un problema che nella sua dimensione finanziaria risulta irrisolvibile. La crisi di sovrapproduzione mondiale ha generato cadute considerevoli del saggio di profitto in quasi tutti i settori produttivi e, logicamente, l'alta e possibile remunerazione immediata di qualche operazione speculativa a livello finanziario non mette al riparo nessuno da situazioni critiche che si possono ampiamente verificare. Il contesto senese ha poi fatto registrare un misterioso incidente: il "suicidio" del responsabile comunicazioni del MPS David Rossi nel marzo del 2013. Episodio alquanto misterioso ed agghiacciante. Il dirigente sembra avesse manifestato l'intenzione di rivolgersi alla magistratura per fare chiarezza su alcuni passaggi finanziari della banca pochi giorni prima del suo decesso.


I costi occupazionali delle "giostre" speculative

Un altro aspetto tragico legato alle conseguenze dei disastri legati al mondo finanziario sono i continui licenziamenti.
Da gennaio 2017a luglio dello stesso anno sono stati 17500 gli esuberi occupazionali. I numeri più rilevanti sono quelli riferiti ai gruppi bancari maggiori. In febbraio è stato il momento di Unicredit che contestualmente ad una ricapitalizzazione da 13 miliardi di euro ha sottoscritto un'intesa per 3900 uscite aprendo l'utilizzo del fondo di solidarietà di settore fino a 54 mesi.
Nelle settimane scorse l'accordo raggiunto in Intesa San Paolo, nell'ambito dell'operazione sulle banche venete (esposizione complessiva dello stato di 17 md di euro), ha esteso lo stesso utilizzo del fondo fino a 84 mesi per la prima tranche da 1000 esuberi e a 60 mesi per le successive 3000 uscite. Lo stesso piano industriale del MPS 2017/2020 prevede, come è stato detto, circa 5500 esuberi e già 1200 uscite entro la fine dell'anno. Nella primavera appena passata sono stati invece accordati piani di uscita in Banca Marche (270 risorse), Carichieti (69) e Banca Etruria (20) propedeutici all'integrazione in UBI. Chi non si ricorda di questi nomi? Con l'acquisizione di queste tre nuove "Good Bank" UBI ha aggiornato il piano industriale annunciando altri 1318 esuberi che si aggiungono ai 700 ancora da "concordare" come cifra residuale delle precedenti previsioni. Ci sono poi da considerare le 340 uscite sottoscritte a gennaio in Cariferrara preliminare all'acquisizione della banca da parte di Bper. Altro fronte caldo è Carige: a febbraio si stimavano ulteriori 155 esuberi che andavano ad aggiungersi ai 600 già preannunciati. Ora si parla di un possibile innalzamento fino a 900 uscite.
340 (l'accordo è di Aprile) sono i licenziamenti invece nell'Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane mentre 131 sono gli esodi arrivati a maggio in CheBanca!. La Popolare di Bari, infine, ha annunciato circa 500 tagli e si attendono altre "novità" sulle Casse di Rimini, San Miniato e Cesena su cui aleggia l'interesse di Crèdit Agricole: a Rimini si parla di 90 esuberi, circa 140 a San Miniato.

Un'ecatombe! E lo "spettacolo" continua.

Enrico Pellegrini